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Autore: Jadis96    18/12/2012    3 recensioni
La mattina del 20 novembre, in un modesto appartamento di Londra, un uomo muore. Unico sospettato dell'omicidio: il suo migliore amico.
Sherlock e John si occupano del caso.
La mattina del 21 novembre, un misterioso scambio di corpi sconvolge le loro vite.
Come se la caveranno l'unico Consulente Investigativo al mondo e il suo inseparabile blogger l'uno nei panni dell'altro?
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock annuì impercettibilmente dopo aver soffermato lo sguardo sul corpo di Alan Wilson sul tavolo dell’obitorio.
<< E’ lui >>, dissi.
Notai subito che la ferita sulla spalla di Alan era stata medicata scorrettamente e di fretta, di sicuro non in ospedale. Infatti, si era infettata. Doveva essere stata questa la causa del decesso.
Rabbrividii al pensiero del dolore che Alan… che Samuel aveva sopportato.
Più tardi, Lestrade confermò la mia teoria: Alan era morto a causa dell’infezione.
Era stato trovato in un appartamento abbandonato fuori città. Era morto durante la notte, ma indizi trovati nella casa facevano pensare che fosse arrivato lì subito dopo l’incendio.
C’era soltanto un punto su cui nessuno era riuscito a fare chiarezza: chi era stato con lui durante questi giorni? Chi aveva cercato di medicare la sua ferita e l’aveva assistito fino alla morte?
Sherlock era assolutamente sicuro che ci fosse stata un’altra persona, poiché in nessun altro modo Samuel (o Alan, comunque lo si voglia chiamare) sarebbe potuto arrivare fin lì da solo, né tanto meno avrebbe potuto sopravvivere per una settimana.
Ero certo che Sherlock avrebbe chiesto di vedere l’appartamento in cui era stato trovato il corpo, ma invece mi stupì ancora una volta.
<< Per quanto mi riguarda, il caso è chiuso. Alan Wilson ha tentato di uccidere John, ora è morto. Non occorrono ulteriori precisazioni >>, disse.
Guardai Lestrade, per scoprire che era stupito almeno quanto lo ero io.
Sherlock uscì dalla stanza senza dire altro.
 
<< Quello che hai detto prima… dicevi sul serio? >>, chiesi, mentre aspettavamo un taxi.
Erano le tre del pomeriggio, l’ora peggiore della giornata per trovarsi nel traffico.
<< Certo che no >>, rispose Sherlock. << Mi stupisce che tu l’abbia pensato>>.
Ovviamente, pensai, come sono stato ingenuo a credere che fosse tutto finito!
<< Illuminami >>, dissi. << Come pensi di scoprire chi era il complice di Samuel? >>.
<< Per quello non ci vorrà molto, so già dove cercare. Ma, cosa più importante, dobbiamo scoprire se Samuel è ancora vivo >>.
<< Se Samuel si trovava nel corpo di Alan, deve essere morto >>.
<< E se avesse scambiato il corpo ferito di Alan con quello del suo complice? In quel caso sarebbe lui ad essere morto, e Samuel sarebbe ancora a piede libero >>.
Sospirai. Il ragionamento di Sherlock non faceva una piega, come al solito.
Mi chiedevo come avrebbe fatto questa volta a trovare qualcuno senza saperne assolutamente nulla.
Prima che potessi anche solo pensare ad una domanda da porre, Sherlock aveva iniziato a parlare. Era il tono che usava per esporre una deduzione di cui andava particolarmente fiero.
<< Quando Thomas Carlton è morto, ricorderai che abbiamo ispezionato il suo appartamento oltre a quello di Samuel. Ho notato un particolare odore, che si faceva più intenso in cucina e vicino al guardaroba di Joanne. Ho sentito lo stesso odore quando ho parlato con Joanne in centrale: era il suo profumo. Aveva l’abitudine di indossarne un bel po’ >>.
<< Ebbene? >>.
<< Quando sono andato a casa di Samuel ho notato una donna seduta su una panchina a pochi metri dall’entrata. In quel momento non ho fatto molto caso a lei. >>, poi si affrettò ad aggiungere, << E’ successo solo perché ero nel tuo corpo: in altre situazioni non mi sarebbe mai accaduto di ignorare qualcosa. >>.
Mormorai un “bella scusa”, che Sherlock finse di non sentire.
<< Ma c’è un dettaglio che, nonostante tutto, non mi è sfuggito. Quando le sono passato accanto ho sentito il suo profumo. Era lo stesso che indossava Joanne. >>.
<< Anche se si fosse trattato di lei, non vedo cosa ci sia di strano. Dopotutto, era casa sua >>.
<< L’hai detto tu stesso: era casa sua. Joanne non abita più lì, si è trasferita per stare più vicina all’ospedale dove suo marito è in coma >>.
All’improvviso mi sentii in colpa per quella donna che ancora sperava che suo marito si sarebbe risvegliato. Solo io e Sherlock sapevamo che Thomas Carlton era morto a tutti gli effetti, e per ovvi motivi non potevamo dirlo a nessuno.
Joanne meritava di sapere, ma sarebbe stata in grado di reggere il peso della verità?
<< Quando sono tornato alla casa di Samuel per… tirarti fuori >>. Sherlock stava per dire “salvarti”, ma si corresse all’ultimo momento. Sapeva che non avevo dimenticato il suo gesto sconsiderato. << … ho notato che la donna sulla panchina non c’era più. Sappiamo che Samuel era già scappato e che qualcuno deve averlo aiutato, quindi perché non Joanne? >>.
Riflettei a lungo sulle parole di Sherlock mentre eravamo in taxi. Ignorai il tentativo del tassista di fare conversazione e considerai le implicazioni nella deduzione di Sherlock. Se Joanne aveva aiutato Samuel quando era nel corpo di Alan, allora c’erano solo due alternative: conosceva già Alan e l’aveva aiutato senza sapere che fosse Samuel, oppure, quella che più mi preoccupava, era stata da sempre complice di Samuel.
Sapevo che Sherlock stava riflettendo sulla stessa cosa.
<< Dove stiamo andando? >>, chiesi, notando improvvisamente che non eravamo diretti a Baker Street.
<< A cercare Joanne nel luogo dove è più probabile che sia >>.
La panchina.
 
Dopo più di un’ora trascorsa a percorrere un tragitto che ne avrebbe richiesta mezza, con Sherlock che stava diventando sempre più impaziente, chiesi al tassista di fermarsi anche se mancava ancora qualche isolato alla nostra destinazione.
Sherlock saltò fuori dall’auto con evidente sollievo. Ero certo che non avesse osato proporre prima di proseguire a piedi a causa della difficoltà che ancora avevo a camminare, ma stare in auto e percorrere un metro al minuto iniziava a spazientire anche me.
<< Sicuro di farcela? >>, mi chiese.
<< Voglio arrivare in fondo a questa faccenda. Dopotutto, al mio racconto manca ancora un finale >>, risposi, affrettando il passo per quanto mi era possibile.
 
Quando iniziai ad intravedere la casa di Samuel dal lato opposto del marciapiede provai una fitta di emozione. Era come tenere in mano l’ultimo tassello di un puzzle ed essere pronto a metterlo al suo posto per poter finalmente ammirare l’opera completa.
Sherlock mi indicò una panchina, sulla quale potevo intravedere una figura seduta.
La sua supposizione, come sempre, si era rivelata esatta.
Joanne Carlton era l’immagine della tristezza. Tutto in lei, dall’abbigliamento scuro e anonimo, agli occhi privi di qualsiasi luce, trasmetteva un profondo sconforto. Aveva il cappuccio alzato, che le copriva in parte il volto e la proteggeva dalle sottili gocce di pioggia che iniziavano a cadere.
Inizialmente non diede segno di accorgersi della nostra presenza, poi voltò lentamente la testa, ci osservò, soffermandosi in particolare su di me, e si scostò leggermente verso il bordo della panchina, invitandoci a sederci.
Accettai l’offerta, sedendomi il più distante possibile da lei, mentre Sherlock rimase in piedi.
La sua espressione sarebbe parsa impenetrabile a chiunque altro, ma io lo conoscevo abbastanza bene da capire che stava riflettendo, e che in quei pochi secondi era già giunto a conclusioni a cui io non sarei mai arrivato.
Per la prima volta notai il profumo di cui aveva parlato Sherlock. Era penetrante, ma tutto sommato piacevole.
<< Sapevo che mi avreste cercata >>, disse Joanne. La sua voce era molto diversa da come la ricordavo. L’avevo udita solo una volta, quando Sherlock aveva insistito per parlare personalmente con lei, eppure sembrava appartenere ad un’altra persona.
<< E’ stato Samuel a dirglielo? >>, chiese Sherlock.
<< Ha detto anche che lui era morto >>, rispose lei, indicandomi con un cenno della testa.
<< Lo credeva, ma come vede non lo sono >>, risposi.
Joanne non diede segno di essere sorpresa. In effetti, sembrava che non le importasse che io fossi vivo oppure no. Ci guardava come se non fossimo altro che ombre.
<< Perché è stata complice dell’omicidio di suo marito? >>, chiese Sherlock.
Mi voltai di scatto verso di lui, lanciandogli uno sguardo di rimprovero. Poi iniziai a riflettere sulle sue parole e sull’enormità di quello che stava affermando.
Persino Joanne sussultò leggermente prima di rispondere.
<< Mi sta accusando di aver ucciso Thomas Carlton? >>, chiese, inarcando un sopracciglio.
<< No. Le sto chiedendo perché l’ha fatto >>, rispose Sherlock, sostenendo il suo sguardo.
Joanne rimase in silenzio per qualche secondo, come se stesse considerando cosa dire, poi parlò con immensa calma.
<< Samuel mi ha detto che voi sapete di lui e del Potere, quindi vi dirò come sono andate realmente le cose. Al momento siete le uniche due persone al mondo che possono credere alle mie parole >>.
Trattenni un sospiro di sollievo. Significava che Samuel era davvero morto.
<< Thomas non era come tutti credevano che fosse. Era freddo, terribilmente irascibile e spesso violento. A volte sospettavo che fosse del tutto immune dai sentimenti.
Lui e Samuel erano stati amici, ma negli ultimi tempi i loro rapporti erano tesi. Thomas aveva intuito che Samuel provava interesse per me, e da allora iniziarono le minacce. Temevo per me, ma soprattutto temevo per Samuel. Non mi aspetto che voi capiate, ma in fondo aveva un buon cuore. Il suo potere era la sua maledizione, e sono certa che nessun altro avrebbe avuto la forza per conviverci senza impazzire. Quando Samuel mi parlò del Potere, fu il momento in cui vidi tutte le mie convinzioni sgretolarsi davanti ai miei occhi. Mi promise che saremmo scappati insieme, che Thomas avrebbe avuto il destino che meritava e che nessuno l’avrebbe mai saputo… se solo io fossi stata disposta ad accettarlo in un corpo diverso. Dissi di sì, che l’avrei amato comunque e che l’avrei seguito >>.
Sherlock approfittò della breve pausa per continuare il discorso.
<< Da qui in poi posso ricostruire come sono andate le cose. Samuel ha scambiato il suo corpo con quello di Thomas e poi ha ucciso sé stesso. Doveva sembrare che Samuel si fosse suicidato, e così nessuno si sarebbe accorto del cambiamento di Thomas… ma una cosa non è andata come previsto.
Samuel, subito dopo aver ucciso il suo corpo, ha fatto cadere un vaso e si è ferito la mano. Questo ha fatto sì che Thomas venisse incriminato per l’omicidio.
Lei ha finto, molto abilmente, devo ammetterlo, di essere totalmente all’oscuro di tutto.
Poi Samuel si è impossessato del corpo di un inserviente della prigione, un certo Robert, lasciando quello di Thomas… vuoto, se così si può dire. Dopo aver fatto trascorrere a me e al mio amico uno spiacevole quarto d’ora con un coltello, e dopo averci inviato un cortesissimo messaggio per offrirci il suo aiuto, Samuel ha cambiato corpo ancora una volta, impersonando Alan Wilson, uno studente universitario. Aveva intenzione di dare fuoco alla casa, di uccidere me e John, e infine di fuggire con lei sotto un altro corpo. Con la distruzione della Casa Maledetta il suo potere si sarebbe esaurito e avreste potuto vivere in pace. Con le mani sporche di sangue innocente, ma in pace. Le mie deduzioni sono esatte fino ad ora? >>.
Joanne non aveva mai smesso di sostenere lo sguardo di Sherlock, gli occhi ridotti a due fessure. Era furiosa e al contempo sbalordita dalla conoscenza di Sherlock.
Quest’ultimo ne fu soddisfatto, e continuò imperterrito.
<< Un altro imprevisto nel vostro piano è stato costituito dal sottoscritto, che ha tentato di fermare Samuel sparandogli e a cui è stato restituito il favore.
Posso dedurre il seguito della storia dal suo profumo, signora Carlton, che impregnava leggermente i vestiti di Alan Wilson l’ultima volta che sono andato a trovarlo all’obitorio.
Da lì ho dedotto che doveva essere stata lei ad aiutarlo a sopravvivere negli ultimi giorni. Samuel doveva essersi rifiutato di andare all’ospedale, perché altrimenti sarebbe stato arrestato, e questo ha significato la sua morte. Allora è venuta qui, ad osservare i resti della Casa Maledetta, chiedendosi cosa fare di quello che rimane della sua vita. Mi sbaglio, forse? >>.
Joanne distolse lo sguardo, con gli occhi colmi di lacrime. Tremava, potevo sentirlo.
<< Avete intenzione di dirlo alla polizia? >>, chiese con un filo di voce.
Sherlock esitò per qualche istante, poi rispose, << No, sarebbe troppo poco credibile. E inoltre, nessuna prigione può punirla più di quanto non sia stata già punita >>.
Capii che la conversazione era finita. Mi alzai e, mentre andavo via, mi voltai un’ultima volta ad osservare la figura solitaria di Joanne Carlton.
Quella fu l’ultima volta che la vidi.
 
Il 15 dicembre, Joanne si tolse la vita nelle rovine della sua vecchia casa.
Il 18 dicembre ero seduto nel salotto di Baker Street, contemplando lo schermo del mio portatile.
Avevo terminato il racconto, optando per un lieto fine. Volevo dare a Joanne una vita felice e libera da rimorsi, se non nella realtà, almeno sulla pagina.
<< Exchanges >>, disse ad un tratto Sherlock. Solo allora mi accorsi che era dietro di me e stava leggendo quello che avevo scritto. << Dovresti intitolarlo così >>.
<< E’ troppo banale >>, risposi. << “Lo straordinario caso della Casa Maledetta” è un titolo più adatto >>.
<< Ma non si addice al significato del racconto >>.
<< “Exchanges” sembra il titolo di un libro di fantascienza >>.
<< In teoria è un libro di fantascienza! >>.
<< Il racconto è mio e il titolo è già deciso! >>, esclamai, esasperato.
Sentii la porta aprirsi al piano di sotto.
<< Vado ad aiutare la signora Hudson con le buste della spesa >>, dissi.
 
Al mio ritorno, qualcosa sullo schermo era cambiata.
Exchanges – Lo straordinario caso della Casa Maledetta.
Guardai Sherlock, con uno sguardo a metà tra l’irritato e il divertito.
Lui sollevò le spalle e sorrise. << Il trattino mi sembra un compromesso adeguato >>.
Sì, forse potevo accettarlo.
Spostai il cursore all’ultima pagina e iniziai a scrivere, aggiungendo poche righe al finale che avevo già elaborato.
Gli eventi delle ultime settimane mi hanno cambiato profondamente. Ho vissuto nel corpo di un altro, ho assaggiato un po’ della sua vita e ho guardato il mondo con i suoi occhi. Ma, soprattutto, ho guardato me stesso con i suoi occhi.
Adesso, quando mi guardo allo specchio, vedo un uomo diverso e, allo stesso modo, sento che anche lui è cambiato.
Sono della ferma opinione che questa esperienza ha portato qualcosa di buono ad entrambi.
Lui potrà anche continuare a negarlo, ma io ne sono certo.
 
Londra, 18 dicembre 2012.
 
 
Fine! The end! Finish! Fin!
Eccoci arrivati alla fine dell’ultimo capitolo.
Vorrei ringraziare tutti i lettori, sia quelli “silenziosi” che i recensori.
Spero che vi sia piaciuta e che il finale non vi abbia deluso :)
Un grazie particolare a Patta97, la mia omonima, Ciajka e Klavdiya, che sono state le recensitrici (si dice così?) più assidue.
Un bacio a tutti,
Jadis
   
 
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