E rieccoci
:)
Intanto buon anno a
tutti; che sia un 2013 pieno di felicità, salute, amore,
bellezza.
Passando al capitolo,
spero che sia di vostro gradimento; alcuni dettagli sono stati presi
direttamente dal romanzo New Moon di Stephenie Meyer, parti piccole
della trama che mi sembrava giusto mantenere, sebbene questa sia una
mia rivisitazione personale dei fatti.
Anche più
avanti, deciderò di mantenermi in parte fedele al romanzo
della Meyer, anche per evitare eventuali strafalcioni.
Come al solito un
mega grazie a chi lascia un commento, e speriamo che questa volta il
2013 mi porti più di 2 recensioni a capitolo! : )
Buona lettura
Liz
Mi dispiace per
gli eventuali errori di battitura o grammatica, me se rivedevo tutto il
testo non postavo neppure oggi; prometto che appena ho tempo rileggo e
sistemo ogni errore.
Capitolo 4.
“Di parlare del suo
dolore non aveva voglia, ma con quel dolore nel cuore non riusciva a
parlare d’altro.”
Tolstoj
L’ennesima mattina in cui scendendo in cucina e di Charlie
trovo solo gli avanzi della colazione, non posso far altro che
sospirare sconfitta.
Sono già passati cinque giorni, e come aveva previsto Alice
mio padre non mostra cedimenti nella sua scelta di mutismo assoluto.
“Buongiorno.”
Mi siedo vicino ad Alice su quello che da divano è diventato
il suo letto improvvisato, e stanca mastico un pezzo di brioche
fissando lo schermo spento della televisione.
“ Dormito bene?”
Nascondo il viso tra le mani, facendo finta di stropicciarmi gli occhi;
ogni mattina Alice mi fa sempre la stessa domanda, e ogni mattina il
suo sguardo indagatore sembra riuscire a leggere nelle mie occhiaie e
nelle guance pallide la conferma delle mie bugie.
“Come sempre.”
Il campanello del microonde risuona dalla cucina e pochi attimi dopo
Alice è già di ritorno con la mia tazza
di latte tra le mani.
“Grazie.”
Il latte è caldo, mi scotta la lingua.
“Bella.”
Tengo lo sguardo attaccato all’inutile federa del cuscino,
perché riconosco questo tono di voce, e non voglio ascoltare
quello che ha da dire.
In questi giorni, Alice si è limitata a starmi vicino,
silenziosa ed indispensabile come solo lei sa essere.
Charlie ha accettato relativamente bene il suo ritorno.
Dopo dieci minuti di furente apnea, dove aveva assunto un pericoloso
colorito violastro e le sue corde vocali si erano irrimediabilmente
rovinate a suon di singhiozzi repressi, il potere persuasivo di Alice
aveva cominciato a fare il suo effetto, un misto di occhiate come
cucchiaiate di miele e rassicurazioni melliflue.
Così avevamo concordato che sarebbe rimasta a dormire da
noi, tutto il tempo necessario finché non fosse ripartita
per New York.
La versione ufficiale era che aveva approfittato delle vacanze
scolastiche per farmi visita, e Charlie non se l’era sentita
di lasciarla tornare in quella grande casa, tutta da sola.
Io avevo facilmente trovato le lacune nella versione di Alice, ma non
avevo chiesto nessun chiarimento.
Ogni qual volta le sue domande ci portavano verso terreni
più accidentati, cambiavo argomento o inventavo una scusa
per allontanarmi, sempre più annegata nella vergogna per il
mio comportamento, ma protetta dalla debolezza di un cuore in parte
rattoppato.
Come avrei potuto sopportare un nuovo dolore ora che ero assuefatta dal
miracolo della sua presenza?
“Scusami, vado a farmi una doccia, ne ho realmente
bisogno.”
Scappai letteralmente al piano di sopra, chiudendomi in bagno e
restando sotto il getto d’acqua fredda per un tempo smisurato.
Non potevo del tutto la curiosità che mi divorava
dal primo momento; il perché del suo ritorno, il spasmodico
bisogno di sapere se gli altri membri della famiglia stavano bene - la
dolce e comprensiva Esme, Carlisle e il suo sorriso saggio, Jasper con
i suoi sensi di colpa e anche Rosalie, la glaciale sorella con Emmett,
il suo sposo-bambino.
Per un’intera estate i loro volti erano diventati parte delle
mie giornate, e il mio cuore si era riempito progressivamente
d’affetto e riconoscenza ad ogni piatto di lasagne di Esme o
ad ogni sorriso strappatomi da Emmett.
Nel profondo però, sapevo d’aver perso ogni
diritto d’essere compresa nel grande disegno della loro
famiglia appena colui che a loro mi aveva legata da principio
s’era andato, lasciandomi sola, tagliandomi fuori.
Non lo aveva detto lui stesso? La loro natura permette di distrarsi
così facilmente, ed io non ero stata altro che un piccolo
imprevisto umano nella loro lunga esistenza eterna.
Non avrei dimenticato però, di questo ne ero certa.
Non si dimentica chi ti da amore, ma non si dimentica neppure coloro a
cui dai amore, anche se non sei più ricambiata.
Quando i denti cominciarono a battere incontrollati sulla lingua
martoriata decisi che era il caso di uscire, e infagottata
nell’asciugamano ritornai in camera.
Alice mi aspettava appollaiata ai piedi del letto, inquietantemente
rilassata.
“Allora, come va
all’università?”
La domanda mi prese in contropiede, e rimasi a fissarla
interdetta.
Non era certo questo quello che avevo immaginato.
“Bene direi. I docenti mi piacciono e riesco a mantenere il
passo in quasi tutti i corsi.”
“Fantastico! Sapevo che ti saresti trovata bene, e ho visto
che ti sei diplomata con un buon punteggio!”
Il suo sorriso era lo stesso di quando si parlava di shopping o di
rivoluzionare l’arredamento di una camera.
Cercai di interpretare il suo entusiasmo mentre accendevo il computer.
Sembrava realmente contenta, per nulla intenzionata a farmi la
ramanzina che mi aspettavo.
La casella della posta elettronica era traboccante di e-mail non lette,
quattro di una preoccupata Renèe che si lamentava di non
ricevere più mie notizie, una di Claire che mi chiedeva che
fine avessi fatto, il resto spazzatura e pubblicità.
Con poche righe risposi ad entrambe, liquidando la mia assenza con
un’immaginaria influenza; a Charlie avevo detto che volevo
stare vicino ad Alice, e rassicurato del fatto che avevo già
brillantemente passato gli esami del primo trimestre, non aveva
insistito più di tanto.
“ Forza Bella, devi assolutamente raccontarmi tutto! Seattle,
il lavoro … Charlie mi ha solo accennato alcune cose, ma io
non voglio perdermi nulla!”
Però se l’era perso, pensai, si era persa tutto,
perché non c’era stata.
“Non è così fantastico e meraviglioso
come te l’ha descritto Charlie.”
Alice annui contrariata, sembrava sul punto di aggiungere qualcosa, ma
poi mi fissò per una attimo, e mi fece segno con la mano di
continuare.
Contro ogni proposito mi ritrovai a raccontarle dell’ultimo
anno di liceo, del trasferimento temporaneo a Seattle, del piccolo
Thomas.
Quando finì di spiegarle perché avevo scelto di
frequentare il corso di scrittura, chiusi la bocca di scatto, e rimasi
ad ascoltare le mie ultime parole disperdersi nella camera.
Non mi ero resa conto di quando mi mancasse parlare con qualcuno
finché non l’avevo davvero fatto con Alice, e
sorpresa sentì parte del peso che mi opprimeva lo stomaco
sciogliersi sotto il suo sguardo attento.
Non era stato neppure così difficile come avevo ipotizzato;
d’altronde lui faceva parte del passato, e per
quanto ogni notte ritornassi sempre di fronte alla sua figura diafana,
il tempo era andato avanti anche senza il mio permesso, e parlare del
presente non implicava più il suo sorriso o i suoi occhi
dorati.
“Sono felice che … che le cose vadano bene per te,
Bella.”
Alice mi prese la mano, e io mi nascosi nell’incavo della sua
spalla.
Non le risposi, ma nelle vibrazioni dolorose che si trasmettevano tra i
nostri corpi ritrovai la verità che anche lei cercava di
nascondere, ma che entrambe cercavamo di evitare.
Aveva capito, aveva capito fin da subito quanto gli anni non avessero
annullato lo strazio, la pena e la disperazione impregnate nella mia
anima, quanto non sarebbero bastati altri milioni di giorni per
ritornare a quell’idilliaco momento di felicità,
dove ogni cosa sembrava andare nel verso giusto, e per la prima volta
la felicità era a portata di mano.
Era meglio non dircelo, convincersi che fossimo andate avanti,
perché una volta anche lei mi aveva amato, e ammettere la
mia sconfitta avrebbe significato riconoscere in parte anche la sua.
“ Bella, credo che stia arrivando qualcuno per te.”
Alice si staccò dal mio abbraccio e indicò con lo
sguardo il piano di sotto.
Riconobbi la stessa espressione disgustata che aveva avuto davanti a
Jacob.
Corsi giù per le scale, lasciandola in camera.
Jacob.
Per un attimo valutai la possibilità di non aprirgli, di
fargli provare un briciolo del senso di rifiuto e della
rabbia che ogni chiamata persa a casa sua aveva provocato in me.
Avevo cercato di contattarlo per giorni interi, finché Billy
disperato mi aveva confessato che suo figlio non voleva parlarmi.
Avevo perfino pregato Alice di vedere qualcosa, qualsiasi cosa che mi
potesse aiutare ad arrivare a fine giornata, a non impazzire
dall’ansia, ma lei aveva scosso la testa, rassegnata.
“Te l’ho detto Bella, non riesco a vedere i
licantropi. Ogni volta che si trasformano perdono la loro pelle, e
sfuggono anche al tempo.”
Quando posai la mano sulla maniglia, la voglia di rivedere la sua pelle
scura e il sorriso luminoso era così forte da piegarmi lo
stomaco.
“Ciao Bella.”
Seth mi sorrideva impacciato, dietro di lui appoggiato al cofano della
macchina Embry lo controllava agitato.
“Seth.”
La delusione mi piegò le ginocchia, e crollai a sedere sui
gradini dell’entrata, esausta.
“Ha intenzione di non vedermi più, non
è vero?”
Seth si sedette accanto a me e mi appoggio premuroso una mano sulla
spalla.
“Lo conosci, sai quanto impulsivo e testardo sia. Vedrai,
è solo un momento, gli passerà presto.”
Il senso di colpa mi bloccò le corde vocali, e tutto
ciò che usciva dalla mia bocca erano singhiozzi indefiniti e
borbottii indecifrabili.
Il dolore che avevo procurato a Jacob si mescolò al mio in
un mix letale di nostalgia e rimpianto, e nonostante quella
piccolissima parte di me che ricordava il suo ultimo, tagliente
commento e i suoi occhi pieni d’odio cercasse di aizzarmi
contro di lui, non c’era spazio per la rabbia.
“ Almeno dimmi se sta bene.”
Sentivo lo sguardo furente di Embry bruciarmi da lontano, ma non mi
importava.
“Io credo … non sono esattamente bravo con queste
cose sai, e di sicuro centra il fatto che la sanguisuga sia tornata
… ma ecco, sembrava così arrabbiato …
io Bella, io credo che sia solo geloso.”
Appannata dalle lacrime guardai Seth, non riuscendo a dare senso alle
sue parole.
Jacob geloso di Alice?
Dio, se solo avessi potuto averlo qui con me, guardando i suoi occhi
avrei potuto risolvere ogni sua stupida supposizione.
Embry sbuffò contrariato e Seth cominciò ad
agitarsi.
“Bella, in realtà non sono venuto qui per Jacob,
cioè anche per lui, sapevo che saresti stata in
pensiero.”
Non ero sicura di riuscire a reggere un’altra parola.
Volevo solo entrare in casa, chiudermi in camera e dimenticare
l’ennesima persona che aveva intenzione di abbandonarmi.
“ Vedi, gli altri e Sam non volevano dirtelo, ma io credo che
sia giusto avvertirti, d’altronde centri anche tu, e non
è colpa tua se …. Bhe, se le cose sono
cambiate.”
Quasi sorrisi; se solo avessero saputo quanto avevo desiderato che le
cose cambiassero.
“ Adesso che la … tua amica è tornata,
questo è territorio dei Cullen. Non possiamo più
difenderti quando sei a Forks, e anche se continueremo a dare la caccia
alla rossa, Sam ha deciso che interverremo solo se minaccerà
la riserva. “
Si torceva le mani a disagio mentre parlava, poi il suo sguardo si
accese deciso e mi fissò intensamente, avvicinandosi.
“Il che è assolutamente ridicolo secondo me,
perché sappiamo tutti che è te che sta cercando,
e non ha senso lasciarti qui …”
“Fermati Seth, di che cosa stai parlando?”
Non capivo più nulla.
“ Jacob non te ne ha mai parlato?”
Sembrava confuso.
“Ci penso io, non c’è
problema.”
Riconobbi il profumo di Alice ancora prima di vederla in piedi accanto
a me.
Seth si ritirò subito, prendendo le distanze.
Se c’era una cosa chiara in tutto il suo discorso, era che
licantropi e vampiri non andavano d’accordo.
Embry si era avvicinato fino a metà vialetto, ringhiava in
direzione di Alice.
“ Di pure al tuo capo che non ho intenzione di rompere il
patto e per quanto riguarda Bella è sotto la mia protezione
fin tanto che rimarrà a Forks.”
Seth la fissava stupito, il corpo tremava leggermente, la mancanza di
ostilità nel suo sguardo era riempita dal disgusto che
trapelava da Embry, che rigido al suo fianco ghignò
sarcastico, il fuoco dentro le sue iridi nere.
“ Quanto siete falsi vuoi succhiasangue; il patto
è già stato rotto! Credete che non ci saremmo
accorti della scia a sud della foresta? Non era della rossa, quella
ormai la riconosciamo! Se solo vi avvicinerete ancora alla riserva
giuro che sarò in prima fila per …”
Non ebbe modo per terminare la sua minaccia, perché Alice si
avvicinò di qualche passo, e tutto d’un tratto
ogni traccia di pazienza sparì dal suo viso.
“ Vi siete evidentemente sbagliati. Non ho portato
nessun’atro con me, e io di certo non ho attraversato il
confine. Nessun’altro Cullen è tornato a Forks. Vi
consiglio di dare la caccia a qualcun altro. “
Per la prima volta in assoluto ebbi paura di Alice, algida e potente in
tutta la forza del suo corpo invincibile.
La tensione tra i tre era così fitta che si poteva
raccogliere nell’aria.
“Andiamo Seth, sto perdendo la pazienza. Non
dovremmo essere qui.”
Il più piccolo del branco cedette sotto il peso del comando
e Embry si girò verso il vialetto, non prima
d’aver scoccato ad Alice l’ennesima occhiata
infuocata.
Solo quando era già dentro la macchina Seth si
girò verso di me e accennò un saluto con la mano.
Cercai di dirglielo con gli occhi, un messaggio privato tra noi due, e
lui sembrò capire, perché voltò la
testa ma sorrise triste verso la strada.
D’altronde, non mi importava nulla di quello che avevano
detto, nulla della tossica rivalità che sembrava esserci tra
i lupi e i Cullen, solo un pensiero aveva continuato a martellarmi in
testa.
Ti prego, fallo tornare
da me.
“Dentro.”
Alice mi spinse fino al divano, il viso ancora teso in
un’espressione rabbiosa.
“Che cos’è questa storia Bella? Ora mi
dici tutto, non salti neppure il più piccolo particolare.
Devo vedere.”
Sembravano passati secoli da quando mi aveva pregato gioiosa con quelle
stesse parole di raccontarle della mia vita.
La testa mi faceva male, ma sapevo di non avere altra scelta.
Se volevo proteggere Charlie, dovevo affidarmi ad Alice.
“Un anno dopo che …”
Il fato mi si mozzò in gola; questa volta non ci sarebbe
stato Jacob a ridonarmi lucidità.
“Bella, non serve. Ho capito, continua.”
Il dorato dei suoi occhi brillò per un attimo sotto le
palpebre, poi Alice tornò a chiudere gli occhi, la testa tra
le gambe.
Ora però la sua mano accarezzava il mio ginocchio.
“ … Laurent è tornato. E’
così che sono venuta a conoscenza del segreto di Jacob; lui
e il suo branco mi hanno salvato da Laurent e l’hanno
ucciso.”
Ripercorsi silenziosamente il 13 Settembre di quell’anno, la
delirante sensazione di vuoto che l’arrivo del mio compleanno
mi aveva scavato dentro, la rabbia, la confusione e il dolore che aveva
portato con sé, inarrestabile nella sua corsa fino a
frantumare ogni briciolo di lucidità, ogni rimasuglio di
umanità.
Il bosco mi aveva chiamato a sé come un vecchio amico, e io
mi ero abbandonata a quella marea verde, indefinita e oscura, cercando
tra le foglie e il fango il lontano eco della sua voce, il vento
profumato attorno al suo corpo.
Quando Laurent mi aveva trovata accasciata per terra, non avevo neppure
opposto resistenza; non c’era più nulla da
cercare, più nulla da trovare.
Avevo chiuso gli occhi, i denti affiliati del vampiro si erano
appoggiati delicati sulla mia carotide; immaginando che fossero quelli
di Edward, avevo sorriso alla morte, certa di poter rinascere a nuova
vita.
Poi, c’era stato solo silenzio.
Jacob e metà del branco avevano seguito il mio odore fino a
lì e mi avevano raggiunto giusto in tempo, tra schiocchi e
ringhi Laurent era morto sotto i loro denti di lupo, ma tutto quello
che riuscivo a vedere era la perfetta visione del viso di Edward che mi
offuscava la vista, e nella testa la sua voce delicata rimbombava ad
intermittenza come una campana:
Addio, Bella.
“ Credevo che fosse tutto finito. Laurent mi aveva trovata
per caso, ero nel posto sbagliato al momento sbagliato, e lui aveva
bisogno di sangue umano, la dieta vegetariana non aveva
funzionato.”
“Tanya lo aveva accennato a Carlisle, ma io non credevo che
potesse …”
Interruppi Alice prima che potesse continuare.
“ Non potevi prevederlo Alice, lo hai detto anche tu che
quando c’è di mezzo Jacob sei ceca.”
Lei strinse le labbra, seccata, contrariata.
“Solo pochi mesi dopo però Sam ha fiutato una scia
verso sud. Non l’avevano mai sentita prima, ma il branco
cresceva in maniera esponenziale, così decisero di
dividersi, di cercare.”
Quei mesi erano stati i più bui di tutta la mia ripresa.
Certo, niente poteva competere con l’agonia dei primi giorni,
ma poi era arrivato Jacob ad illuminare la via per me.
Me lo aveva insegnato lui, che in due tutto è più
facile, quello che non mi aveva insegnato però era ritornare
a contare solo su me stessa, una volta che anche lui se n’era
andato.
Guardando indietro, adesso riesco a giustificare il suo comportamento -
Sam dopo l’incontro con Laurent gli aveva impedito di
vedermi, era pericoloso, la trasformazione doveva rimanere un segreto-
eppure da qualche parte tra la razionalità e
l’istinto non l’avevo ancora perdonato del tutto.
“ Fu solo durante una mattinata a La Push che la vidi;
Victoria.”
Avevo aspettato Jacob seduta sulla spiaggia, determinata a mettere fine
alla straziante situazione di stallo che annodava il filo invisibile
della nostra amicizia.
Il mare era silenzioso, una distesa d’acqua gorgogliante solo
tra le rocce, chiazzato d’azzurro e verde; la pace che non
c’era in me, la ritrovavo solo nella natura.
E in un secondo eccolo lì, uno schizzo rosso tra le onde,
repentino e scattante come solo un vampiro può essere.
Era in acqua, scappava, e stava nuotando verso di me.
“ La inseguirono per giorni, ma lei era così
veloce … sfuggiva sempre al loro controllo. Stava cercando
qualcosa, ma non sapevamo cosa. ”
La frustrazione sul viso stanco di Jacob si mischiava al sollievo di
poter condividere la sua seconda natura con me, senza dover mantenere
il segreto.
Di pomeriggio si addormentava sempre sul divano di casa mia, le braccia
aperte oltre il petto come un bambino.
Io restavo ad accarezzargli le occhiaie nere sotto gli occhi
finché le rughe sulla fronte non si spianavano
completamente, sentendomi completamente indegna di un tale tesoro da
poter racchiudere tra le mani e il cuore.
“ E poi mi sono ricordata delle parole … delle
parole di Edward.”
Al nome di suo fratello Alice alzò la testa di scatto,
sostenendo il mio sguardo appannato.
Sulla mia lingua, impastata e stanca, il suo nome bruciava come una
meteora sconosciuta.
“ Mi sono ricordata di quanto aveva letto nella mente di
James …. quell’estate … del rapporto
che univa lui e Victoria e … e ho pensato che poteva essere
per quello, che Victoria potesse essere tornata per …
tornata per me.”
Le parole rimbalzavano sul palato e si appiccicavano tra di loro,
faticavano ad uscire come colla, eppure avevo un tale bisogno di
liberarmene, mi stavano riempiendo la gola.
“ Sapevo di aver capito, così ho seguito Jacob nel
bosco e poi lei è arrivata e poi l’hanno
… era pazza, pazza del mio sangue Alice.”
Se fosse arrabbiata per il mio malsano tentativo di fare da esca, di
certo non lo dava a vedere; c’era solo preoccupazione nei
suoi occhi, e sconforto.
“ Quil si è rotto due costole mentre cercava di
trattenerla al suolo, gli ha strappato la carne con i denti.”
I guaiti disperati del lupo dal pelo nero risuonavano nella stanza come
se fosse ancora disteso agonizzante ai miei piedi.
“ Sam è tornato umano, ha acceso un fuoco e
l’hanno … l’hanno gettata nelle fiamme.
A pezzi, la sua testa è finita rossa tra le fiamme, non era
rimasto più niente dopo.”
L’ultima sillaba si infilò testarda tra i miei
denti, dopo di che mi permisi di crollare sul divano.
Avevo il fiato accelerato come dopo una lunga corsa, non mi sentivo
più le gambe.
“Non è possibile.”
Alice era già in piedi, immobile al centro della stanza.
Non aveva detto una parola per tutto il tempo, ora guardava spiritata
fuori dalla finestra.
“Questo cambia tutto, tutto.”
La suoneria metallica del suo cellulare la colpì come fuoco
rovente.
Afferrò la borsa abbandonata ai piedi del divano e ne
rovesciò il contenuto sopra il tappeto.
Si muoveva così velocemente che mi faceva male agli occhi
guardarla.
“Ciao.”
Riversava sul piccolo ricevitore del cellulare argentato parole veloci,
leggere e inafferrabili come il tempo, e intanto non mi staccava gli
occhi dal viso, ma sapevo che non era me che stava vedendo.
“Tienilo lì. Sto arrivando.”
Se fossi stata più lucida, avrei probabilmente avuto la
forza di fermarla, di chiederle che cosa stava succedendo,
perché tutto d’un tratto il pericolo e la
paura avevano cominciato a insinuarsi nelle pieghe della
pelle, ma non c’era vita nella mia bocca, e dare un nome al
comportamento di Alice avrebbe aperto porte rimaste chiuse da troppo
tempo.
“Bella, ho bisogno che tu stia qui e non ti muova, per nessun
motivo. Non uscire di casa, non chiamare nessuno, nemmeno Jacob. Ci
metto un attimo.”
Mi parlava a pochi centimetri dal viso, tenendomi salda per le spalle.
“Alice”
Senza che me ne fossi accorta, aveva quasi già raggiunto la
porta.
No, no, no, no.
Non poteva andarsene.
“Alice!”
Non adesso.
Le afferrai la manica del giubbotto, e lei si lasciò girare,
fermare.
Se avesse voluto, sarebbe già stata lontana.
Lui non mi aveva lasciato la possibilità di fermarlo, di
guardarlo un’ultima volta.
“Alice, ti prego non –“
“Bella, Bella, calmati. Ti prometto che tornerò
prestissimo. Riposa, sei stanca, ne hai bisogno. Quando ti sveglierai,
io sarò con te. Non ti preoccupare.”
Mi baciò una guancia in quel suo modo leggero e dolce, poi
sparì.
Mi trascinai su per le scale e mi misi a letto, non perché
me lo avesse detto lei, ma perché chiudere gli occhi era
l’unica cosa che mi sentivo capace di fare.
Anche al buio, la sua disperazione pulsava ansiosa sotto la pelle,
ribolliva impaziente di esplodere.
Mi attaccai alla sua promessa come un assetato e il suo unico appiglio
nell’immagine di un’inesistente fonte
d’acqua, mi attaccai al ricordo della risata di Jacob come un
malato e la sua ultima medicina; morte queste due speranze, sarei morta
anch’io con loro.
Mi svegliai solo quando tra l’acqua che scorreva dal cielo
oltre la finestra sentii il rumore familiare di un motore sottile e
raffinato.
Gelata fin dentro il sangue, fin dentro l’anima, fui mossa
solo dalla pazzia.
“Credete che
non ci saremmo accorti della scia a sud della foresta? Non era della
rossa, quella ormai la riconosciamo!”
“Vi siete
evidentemente sbagliati. Nessun’altro Cullen è
tornato a Forks.”
Parcheggiata sotto casa mia, una Volvo argentata dentro una cascata di
pioggia
|