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Autore: Liz_95    01/01/2013    3 recensioni
“Se è vero che la natura umana è fragile e contraddittoria, è vero allora che non si può fermare l’amore per ciò che ti fa sentire amata, ed io dopo tanto tempo ero di nuovo amata.”
Dopo quel giorno nella foresta, Edward se n’è andato e non è più tornato indietro.
Bella è rimasta da sola, abbandonata nelle macerie di un cuore ferito, con un corpo incapace di sentire di nuovo.
Con Jacob, il suo dolce e paziente Jake, la luce di una vita quasi dimenticata sembra tutto d’un tratto più vicina.
Non cedere al suo amore è quasi impossibile.
Ma che cosa succederebbe se in un giorno di pioggia Edward facesse ritorno nella cittadina di Forks? Come reagirebbe Bella, divisa tra la fedeltà al suo nuovo fidanzato licantropo e il suo indelebile amore per il vampiro?
Storia ambientata dopo i primi eventi di New Moon, la mia personalissima versione degli eventi che vedrà i nostri tre amati protagonisti impegnati in nuovo, complicato triangolo amoroso.
* EDIT: SISTEMATO PROBLEMA CON I CAPITOLI: ORA SI PUO' LEGGGERE IL PROLOGO.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun libro/film
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E rieccoci :)
Intanto buon anno a tutti; che sia un 2013 pieno di felicità, salute, amore, bellezza.
Passando al capitolo, spero che sia di vostro gradimento; alcuni dettagli sono stati presi direttamente dal romanzo New Moon di Stephenie Meyer, parti piccole della trama che mi sembrava giusto mantenere, sebbene questa sia una mia rivisitazione personale dei fatti.
Anche più avanti, deciderò di mantenermi in parte fedele al romanzo della Meyer, anche per evitare eventuali strafalcioni.
Come al solito un mega grazie a chi lascia un commento, e speriamo che questa volta il 2013 mi porti più di 2 recensioni a capitolo! : )
Buona lettura
Liz

Mi dispiace per gli eventuali errori di battitura o grammatica, me se rivedevo tutto il testo non postavo neppure oggi; prometto che appena ho tempo rileggo e sistemo ogni errore.


Capitolo 4.


“Di parlare del suo dolore non aveva voglia, ma con quel dolore nel cuore non riusciva a parlare d’altro.”
Tolstoj

L’ennesima mattina in cui scendendo in cucina e di Charlie trovo solo gli avanzi della colazione, non posso far altro che sospirare sconfitta.
Sono già passati cinque giorni, e come aveva previsto Alice mio padre non mostra cedimenti nella sua scelta di mutismo assoluto.
“Buongiorno.”
Mi siedo vicino ad Alice su quello che da divano è diventato il suo letto improvvisato, e stanca mastico un pezzo di brioche fissando lo schermo spento della televisione.
“ Dormito bene?”
Nascondo il viso tra le mani, facendo finta di stropicciarmi gli occhi; ogni mattina Alice mi fa sempre la stessa domanda, e ogni mattina il suo sguardo indagatore sembra riuscire a leggere nelle mie occhiaie e nelle guance pallide la conferma delle mie bugie.
“Come sempre.”
Il campanello del microonde risuona dalla cucina e pochi attimi dopo Alice è già di ritorno  con la mia tazza di latte tra le mani.
“Grazie.”
Il latte è caldo, mi scotta la lingua.
“Bella.”
Tengo lo sguardo attaccato all’inutile federa del cuscino, perché riconosco questo tono di voce, e non voglio ascoltare quello che ha da dire.
In questi giorni, Alice si è limitata a starmi vicino, silenziosa ed indispensabile come solo lei sa essere.
Charlie ha accettato relativamente bene il suo ritorno.
Dopo dieci minuti di furente apnea, dove aveva assunto un pericoloso colorito violastro e le sue corde vocali si erano irrimediabilmente rovinate a suon di singhiozzi repressi, il potere persuasivo di Alice aveva cominciato a fare il suo effetto, un misto di occhiate come cucchiaiate di miele e rassicurazioni melliflue.
Così avevamo concordato che sarebbe rimasta a dormire da noi, tutto il tempo necessario finché non fosse ripartita per New York.
La versione ufficiale era che aveva approfittato delle vacanze scolastiche per farmi visita, e Charlie non se l’era sentita di lasciarla tornare in quella grande casa, tutta da sola.
Io avevo facilmente trovato le lacune nella versione di Alice, ma non avevo chiesto nessun chiarimento.
Ogni qual volta le sue domande ci portavano verso terreni più accidentati, cambiavo argomento o inventavo una scusa per allontanarmi, sempre più annegata nella vergogna per il mio comportamento, ma protetta dalla debolezza di un cuore in parte rattoppato.
Come avrei potuto sopportare un nuovo dolore ora che ero assuefatta dal miracolo della sua presenza?
“Scusami, vado a farmi una doccia, ne ho realmente bisogno.”
Scappai letteralmente al piano di sopra, chiudendomi in bagno e restando sotto il getto d’acqua fredda per un tempo smisurato.
Non potevo del tutto  la curiosità che mi divorava dal primo momento; il perché del suo ritorno, il spasmodico bisogno di sapere se gli altri membri della famiglia stavano bene - la dolce e comprensiva Esme, Carlisle e il suo sorriso saggio, Jasper con i suoi sensi di colpa e anche Rosalie, la glaciale sorella con Emmett, il suo sposo-bambino.
Per un’intera estate i loro volti erano diventati parte delle mie giornate, e il mio cuore si era riempito progressivamente d’affetto e riconoscenza ad ogni piatto di lasagne di Esme o ad ogni sorriso strappatomi da Emmett.
Nel profondo però, sapevo d’aver perso ogni diritto d’essere compresa nel grande disegno della loro famiglia appena colui che a loro mi aveva legata da principio s’era andato, lasciandomi sola, tagliandomi fuori.
Non lo aveva detto lui stesso? La loro natura permette di distrarsi così facilmente, ed io non ero stata altro che un piccolo imprevisto umano nella loro lunga esistenza eterna.
Non avrei dimenticato però, di questo ne ero certa.
Non si dimentica chi ti da amore, ma non si dimentica neppure coloro a cui dai amore, anche se non sei più ricambiata.
Quando i denti cominciarono a battere incontrollati sulla lingua martoriata decisi che era il caso di uscire, e infagottata nell’asciugamano ritornai in camera.
Alice mi aspettava appollaiata ai piedi del letto, inquietantemente rilassata.
“Allora, come va all’università?”
La  domanda mi prese in contropiede, e rimasi a fissarla interdetta.
Non era certo questo quello che avevo immaginato.
“Bene direi. I docenti mi piacciono e riesco a mantenere il passo in quasi tutti i corsi.”
“Fantastico! Sapevo che ti saresti trovata bene, e ho visto che ti sei diplomata con un buon punteggio!”
Il suo sorriso era lo stesso di quando si parlava di shopping o di rivoluzionare l’arredamento di una camera.
Cercai di interpretare il suo entusiasmo mentre accendevo il computer.
Sembrava realmente contenta, per nulla intenzionata a farmi la ramanzina che mi aspettavo.
La casella della posta elettronica era traboccante di e-mail non lette, quattro di una preoccupata Renèe che si lamentava di non ricevere più mie notizie, una di Claire che mi chiedeva che fine avessi fatto, il resto spazzatura e pubblicità.
Con poche righe risposi ad entrambe, liquidando la mia assenza con un’immaginaria influenza; a Charlie avevo detto che volevo stare vicino ad Alice, e rassicurato del fatto che avevo già brillantemente passato gli esami del primo trimestre, non aveva insistito più di tanto.
“ Forza Bella, devi assolutamente raccontarmi tutto! Seattle, il lavoro … Charlie mi ha solo accennato alcune cose, ma io non voglio perdermi nulla!”
Però se l’era perso, pensai, si era persa tutto, perché non c’era stata.
“Non è così fantastico e meraviglioso come te l’ha descritto Charlie.”
Alice annui contrariata, sembrava sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi mi fissò per una attimo, e mi fece segno con la mano di continuare.
Contro ogni proposito mi ritrovai a raccontarle dell’ultimo anno di liceo, del trasferimento temporaneo a Seattle, del piccolo Thomas.
Quando finì di spiegarle perché avevo scelto di frequentare il corso di scrittura, chiusi la bocca di scatto, e rimasi ad ascoltare le mie ultime parole disperdersi nella camera.
Non mi ero resa conto di quando mi mancasse parlare con qualcuno finché non l’avevo davvero fatto con Alice, e sorpresa sentì parte del peso che mi opprimeva lo stomaco sciogliersi sotto il suo sguardo attento.
Non era stato neppure così difficile come avevo ipotizzato; d’altronde lui faceva parte del  passato, e per quanto ogni notte ritornassi sempre di fronte alla sua figura diafana, il tempo era andato avanti anche senza il mio permesso, e parlare del presente non implicava più il suo sorriso o i suoi occhi dorati.
“Sono felice che … che le cose vadano bene per te, Bella.”
Alice mi prese la mano, e io mi nascosi nell’incavo della sua spalla.
Non le risposi, ma nelle vibrazioni dolorose che si trasmettevano tra i nostri corpi ritrovai la verità che anche lei cercava di nascondere, ma che entrambe cercavamo di evitare.
Aveva capito, aveva capito fin da subito quanto gli anni non avessero annullato lo strazio, la pena e la disperazione impregnate nella mia anima, quanto non sarebbero bastati altri milioni di giorni per ritornare a quell’idilliaco momento di felicità, dove ogni cosa sembrava andare nel verso giusto, e per la prima volta la felicità era a portata di mano.
Era meglio non dircelo, convincersi che fossimo andate avanti, perché una volta anche lei mi aveva amato, e ammettere la mia sconfitta avrebbe significato riconoscere in parte anche la sua.
“ Bella, credo che stia arrivando qualcuno per te.”
Alice si staccò dal mio abbraccio e indicò con lo sguardo il piano di sotto.
Riconobbi la stessa espressione disgustata che aveva avuto davanti a Jacob.
Corsi giù per le scale, lasciandola in camera.
Jacob.
Per un attimo valutai la possibilità di non aprirgli, di fargli provare un briciolo del senso di rifiuto e  della rabbia che ogni chiamata persa a casa sua aveva provocato in me.
Avevo cercato di contattarlo per giorni interi, finché Billy disperato mi aveva confessato che suo figlio non voleva parlarmi.
Avevo perfino pregato Alice di vedere qualcosa, qualsiasi cosa che mi potesse aiutare ad arrivare a fine giornata, a non impazzire dall’ansia, ma lei aveva scosso la testa, rassegnata.
“Te l’ho detto Bella, non riesco a vedere i licantropi. Ogni volta che si trasformano perdono la loro pelle, e sfuggono anche al tempo.”
Quando posai la mano sulla maniglia, la voglia di rivedere la sua pelle scura e il sorriso luminoso era così forte da piegarmi lo stomaco.
“Ciao Bella.”
Seth mi sorrideva impacciato, dietro di lui appoggiato al cofano della macchina Embry lo controllava agitato.
“Seth.”
La delusione mi piegò le ginocchia, e crollai a sedere sui gradini dell’entrata, esausta.
“Ha intenzione di non vedermi più, non è vero?”
Seth si sedette accanto a me e mi appoggio premuroso una mano sulla spalla.
“Lo conosci, sai quanto impulsivo e testardo sia. Vedrai, è solo un momento, gli passerà presto.”
Il senso di colpa mi bloccò le corde vocali, e tutto ciò che usciva dalla mia bocca erano singhiozzi indefiniti e borbottii indecifrabili.
Il dolore che avevo procurato a Jacob si mescolò al mio in un mix letale di nostalgia e rimpianto, e nonostante quella piccolissima parte di me che ricordava il suo ultimo, tagliente commento e i suoi occhi pieni d’odio cercasse di aizzarmi contro di lui, non c’era spazio per la rabbia.
“ Almeno dimmi se sta bene.”
Sentivo lo sguardo furente di Embry bruciarmi da lontano, ma non mi importava.
“Io credo … non sono esattamente bravo con queste cose sai, e di sicuro centra il fatto che la sanguisuga sia tornata … ma ecco, sembrava così arrabbiato … io Bella, io credo che sia solo geloso.”
Appannata dalle lacrime guardai Seth, non riuscendo a dare senso alle sue parole.
Jacob geloso di Alice?
Dio, se solo avessi potuto averlo qui con me, guardando i suoi occhi avrei potuto risolvere ogni sua stupida supposizione.
Embry sbuffò contrariato e Seth cominciò ad agitarsi.
“Bella, in realtà non sono venuto qui per Jacob, cioè anche per lui, sapevo che saresti stata in pensiero.”
Non ero sicura di riuscire a reggere un’altra parola.
Volevo solo entrare in casa, chiudermi in camera e dimenticare l’ennesima persona che aveva intenzione di abbandonarmi.
“ Vedi, gli altri e Sam non volevano dirtelo, ma io credo che sia giusto avvertirti, d’altronde centri anche tu, e non è colpa tua se …. Bhe, se le cose sono cambiate.”
Quasi sorrisi; se solo avessero saputo quanto avevo desiderato che le cose cambiassero.
“ Adesso che la … tua amica è tornata, questo è territorio dei Cullen. Non possiamo più difenderti quando sei a Forks, e anche se continueremo a dare la caccia alla rossa, Sam ha deciso che interverremo solo se minaccerà la riserva. “
Si torceva le mani a disagio mentre parlava, poi il suo sguardo si accese deciso e mi fissò intensamente, avvicinandosi.
“Il che è assolutamente ridicolo secondo me, perché sappiamo tutti che è te che sta cercando, e non ha senso lasciarti qui …”
“Fermati Seth, di che cosa stai parlando?”
Non capivo più nulla.
“ Jacob non te ne ha mai parlato?”
Sembrava confuso.
“Ci penso io, non c’è problema.”
Riconobbi il profumo di Alice ancora prima di vederla in piedi accanto a me.
Seth si ritirò subito, prendendo le distanze.
Se c’era una cosa chiara in tutto il suo discorso, era che licantropi e  vampiri non andavano d’accordo.
Embry si era avvicinato fino a metà vialetto, ringhiava in direzione di Alice.
“ Di pure al tuo capo che non ho intenzione di rompere il patto e per quanto riguarda Bella è sotto la mia protezione fin tanto che rimarrà a Forks.”
Seth la fissava stupito, il corpo tremava leggermente, la mancanza di ostilità nel suo sguardo era riempita dal disgusto che trapelava da Embry, che rigido al suo fianco ghignò sarcastico, il fuoco dentro le sue iridi nere.
“ Quanto siete falsi vuoi succhiasangue; il patto è già stato rotto! Credete che non ci saremmo accorti della scia a sud della foresta? Non era della rossa, quella ormai la riconosciamo! Se solo vi avvicinerete ancora alla riserva giuro che sarò in prima fila per …”
Non ebbe modo per terminare la sua minaccia, perché Alice si avvicinò di qualche passo, e tutto d’un tratto ogni traccia di pazienza sparì dal suo viso.
“ Vi siete evidentemente sbagliati. Non ho portato nessun’atro con me, e io di certo non ho attraversato il confine. Nessun’altro Cullen è tornato a Forks. Vi consiglio di dare la caccia a qualcun altro. “
Per la prima volta in assoluto ebbi paura di Alice, algida e potente in tutta la forza del suo corpo invincibile.
La tensione tra i tre era così fitta che si poteva raccogliere nell’aria.
 “Andiamo Seth, sto perdendo la pazienza. Non dovremmo essere qui.”
Il più piccolo del branco cedette sotto il peso del comando e Embry si girò verso il vialetto, non prima d’aver scoccato ad Alice l’ennesima occhiata infuocata.
Solo quando era già dentro la macchina Seth si girò verso di me e accennò un saluto con la mano.
Cercai di dirglielo con gli occhi, un messaggio privato tra noi due, e lui sembrò capire, perché voltò la testa ma sorrise triste verso la strada.
D’altronde, non mi importava nulla di quello che avevano detto, nulla della tossica rivalità che sembrava esserci tra i lupi e i Cullen, solo un pensiero aveva continuato a martellarmi in testa.
Ti prego, fallo tornare da me.
“Dentro.”
Alice mi spinse fino al divano, il viso ancora teso in un’espressione rabbiosa.
“Che cos’è questa storia Bella? Ora mi dici tutto, non salti neppure il più piccolo particolare. Devo vedere.”
Sembravano passati secoli da quando mi aveva pregato gioiosa con quelle stesse parole di raccontarle della mia vita.
La testa mi faceva male, ma sapevo di non avere altra scelta.
Se volevo proteggere Charlie, dovevo affidarmi ad Alice.
“Un anno dopo che …”
Il fato mi si mozzò in gola; questa volta non ci sarebbe stato Jacob a ridonarmi lucidità.
“Bella, non serve. Ho capito, continua.”
Il dorato dei suoi occhi brillò per un attimo sotto le palpebre, poi Alice tornò a chiudere gli occhi, la testa tra le gambe.
Ora però la sua mano accarezzava il mio ginocchio.
“ … Laurent è tornato. E’ così che sono venuta a conoscenza del segreto di Jacob; lui e il suo branco mi hanno salvato da Laurent e l’hanno ucciso.”
Ripercorsi silenziosamente il 13 Settembre di quell’anno, la delirante sensazione di vuoto che l’arrivo del mio compleanno mi aveva scavato dentro, la rabbia, la confusione e il dolore che aveva portato con sé, inarrestabile nella sua corsa fino a frantumare ogni briciolo di lucidità, ogni rimasuglio di umanità.
Il bosco mi aveva chiamato a sé come un vecchio amico, e io mi ero abbandonata a quella marea verde, indefinita e oscura, cercando tra le foglie e il fango il lontano eco della sua voce, il vento profumato attorno al suo corpo.
Quando Laurent mi aveva trovata accasciata per terra, non avevo neppure opposto resistenza; non c’era più nulla da cercare, più nulla da trovare.
Avevo chiuso gli occhi, i denti affiliati del vampiro si erano appoggiati delicati sulla mia carotide; immaginando che fossero quelli di Edward, avevo sorriso alla morte, certa di poter rinascere a nuova vita.
Poi, c’era stato solo silenzio.
Jacob e metà del branco avevano seguito il mio odore fino a lì e mi avevano raggiunto giusto in tempo, tra schiocchi e ringhi Laurent era morto sotto i loro denti di lupo, ma tutto quello che riuscivo a vedere era la perfetta visione del viso di Edward che mi offuscava la vista, e nella testa la sua voce delicata rimbombava ad intermittenza come una campana:
Addio, Bella.
“ Credevo che fosse tutto finito. Laurent mi aveva trovata per caso, ero nel posto sbagliato al momento sbagliato, e lui aveva bisogno di sangue umano, la dieta vegetariana non aveva funzionato.”
“Tanya lo aveva accennato a Carlisle, ma io non credevo che potesse …”
Interruppi Alice prima che potesse continuare.
“ Non potevi prevederlo Alice, lo hai detto anche tu che quando c’è di mezzo Jacob sei ceca.”
Lei strinse le labbra, seccata, contrariata.
“Solo pochi mesi dopo però Sam ha fiutato una scia verso sud. Non l’avevano mai sentita prima, ma il branco cresceva in maniera esponenziale, così decisero di dividersi, di cercare.”
Quei mesi erano stati i più bui di tutta la mia ripresa.
Certo, niente poteva competere con l’agonia dei primi giorni, ma poi era arrivato Jacob ad illuminare la via per me.
Me lo aveva insegnato lui, che in due tutto è più facile, quello che non mi aveva insegnato però era ritornare a contare solo su me stessa, una volta che anche lui se n’era andato.
Guardando indietro, adesso riesco a giustificare il suo comportamento - Sam dopo l’incontro con Laurent gli aveva impedito di vedermi, era pericoloso, la trasformazione doveva rimanere un segreto- eppure da qualche parte tra la razionalità e l’istinto non l’avevo ancora perdonato del tutto.
“ Fu solo durante una mattinata a La Push che la vidi; Victoria.”
Avevo aspettato Jacob seduta sulla spiaggia, determinata a mettere fine alla straziante situazione di stallo che annodava il filo invisibile della nostra amicizia.
Il mare era silenzioso, una distesa d’acqua gorgogliante solo tra le rocce, chiazzato d’azzurro e verde; la pace che non c’era in me, la ritrovavo solo nella natura.
E in un secondo eccolo lì, uno schizzo rosso tra le onde, repentino e scattante come solo un vampiro può essere.
Era in acqua, scappava, e stava nuotando verso di me.
“ La inseguirono per giorni, ma lei era così veloce … sfuggiva sempre al loro controllo. Stava cercando qualcosa, ma non sapevamo cosa. ”
La frustrazione sul viso stanco di Jacob si mischiava al sollievo di poter condividere la sua seconda natura con me, senza dover mantenere il segreto.
Di pomeriggio si addormentava sempre sul divano di casa mia, le braccia aperte oltre il petto come un bambino.
Io restavo ad accarezzargli le occhiaie nere sotto gli occhi finché le rughe sulla fronte non si spianavano completamente, sentendomi completamente indegna di un tale tesoro da poter racchiudere tra le mani e il cuore.
“ E poi mi sono ricordata delle parole … delle parole di Edward.”
Al nome di suo fratello Alice alzò la testa di scatto, sostenendo il mio sguardo appannato.
Sulla mia lingua, impastata e stanca, il suo nome bruciava come una meteora sconosciuta.
“ Mi sono ricordata di quanto aveva letto nella mente di James …. quell’estate … del rapporto che univa lui e Victoria e … e ho pensato che poteva essere per quello, che Victoria potesse essere tornata per … tornata per me.
Le parole rimbalzavano sul palato e si appiccicavano tra di loro, faticavano ad uscire come colla, eppure avevo un tale bisogno di liberarmene, mi stavano riempiendo la gola.
“ Sapevo di aver capito, così ho seguito Jacob nel bosco e poi lei è arrivata e poi l’hanno … era pazza, pazza del mio sangue Alice.”
Se fosse arrabbiata per il mio malsano tentativo di fare da esca, di certo non lo dava a vedere; c’era solo preoccupazione nei suoi occhi, e sconforto.
“ Quil si è rotto due costole mentre cercava di trattenerla al suolo, gli ha strappato la carne con i denti.”
I guaiti disperati del lupo dal pelo nero risuonavano nella stanza come se fosse ancora disteso agonizzante ai miei piedi.
“ Sam è tornato umano, ha acceso un fuoco e l’hanno … l’hanno gettata nelle fiamme. A pezzi, la sua testa è finita rossa tra le fiamme, non era rimasto più niente dopo.”
L’ultima sillaba si infilò testarda tra i miei denti, dopo di che mi permisi di crollare sul divano.
Avevo il fiato accelerato come dopo una lunga corsa, non mi sentivo più le gambe.
“Non è possibile.”
Alice era già in piedi, immobile al centro della stanza.
Non aveva detto una parola per tutto il tempo, ora guardava spiritata fuori dalla finestra.
 “Questo cambia tutto, tutto.”
La suoneria metallica del suo cellulare la colpì come fuoco rovente.
Afferrò la borsa abbandonata ai piedi del divano e ne rovesciò il contenuto sopra il tappeto.
Si muoveva così velocemente che mi faceva male agli occhi guardarla.
“Ciao.”
Riversava sul piccolo ricevitore del cellulare argentato parole veloci, leggere e inafferrabili come il tempo, e intanto non mi staccava gli occhi dal viso, ma sapevo che non era me che stava vedendo.
“Tienilo lì. Sto arrivando.”
Se fossi stata più lucida, avrei probabilmente avuto la forza di fermarla, di chiederle che cosa stava succedendo, perché tutto d’un tratto il pericolo e la paura  avevano cominciato a insinuarsi nelle pieghe della pelle, ma non c’era vita nella mia bocca, e dare un nome al comportamento di Alice avrebbe aperto porte rimaste chiuse da troppo tempo.
“Bella, ho bisogno che tu stia qui e non ti muova, per nessun motivo. Non uscire di casa, non chiamare nessuno, nemmeno Jacob. Ci metto un attimo.”
Mi parlava a pochi centimetri dal viso, tenendomi salda per le spalle.
“Alice”
Senza che me ne fossi accorta, aveva quasi già raggiunto la porta.
No, no, no, no.
Non poteva andarsene.
“Alice!”
Non adesso.
Le afferrai la manica del giubbotto, e lei si lasciò girare, fermare.
Se avesse voluto, sarebbe già stata lontana.
Lui non mi aveva lasciato la possibilità di fermarlo, di guardarlo un’ultima volta.
“Alice, ti prego non –“
“Bella, Bella, calmati. Ti prometto che tornerò prestissimo. Riposa, sei stanca, ne hai bisogno. Quando ti sveglierai, io sarò con te. Non ti preoccupare.”
Mi baciò una guancia in quel suo modo leggero e dolce, poi sparì.
Mi trascinai su per le scale e mi misi a letto, non perché me lo avesse detto lei, ma perché chiudere gli occhi era l’unica cosa che mi sentivo capace di fare.
Anche al buio, la sua disperazione pulsava ansiosa sotto la pelle, ribolliva impaziente di esplodere.
Mi attaccai alla sua promessa come un assetato e il suo unico appiglio nell’immagine di un’inesistente fonte d’acqua, mi attaccai al ricordo della risata di Jacob come un malato e la sua ultima medicina; morte queste due speranze, sarei morta anch’io con loro.
Mi svegliai solo quando tra l’acqua che scorreva dal cielo oltre la finestra sentii il rumore familiare di un motore sottile e raffinato.
Gelata fin dentro il sangue, fin dentro l’anima, fui mossa solo dalla pazzia.

“Credete che non ci saremmo accorti della scia a sud della foresta? Non era della rossa, quella ormai la riconosciamo!”

“Vi siete evidentemente sbagliati. Nessun’altro Cullen è tornato a Forks.”

Parcheggiata sotto casa mia, una Volvo argentata dentro una cascata di pioggia
  
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