Questa storia è una specie di continuo di Ossessione, ma può
essere letta anche senza averla letta, ma consiglio comunque di farlo, è breve
;)
È metà mattina e sei già stanco,
lo sei da quando ti sei alzato dal letto che dividi con tua moglie. Forse sei
stanco di questo. Stanotte non hai dormito, sono giorni che non ci riesci e
vorresti semplicemente chiudere gli occhi e aspettare che tutto scompaia, che
tutto smetta di far rumore.
Cammini per i
corridoi incapace di sentire alcuna parola, con la rabbia sulla pelle
che non sai nemmeno spiegare, sono passi pesanti i tuoi, così faticosi da fare,
ma questa è la tua vita, la tua dannata routine che ti soffoca ogni giorno non
lasciandoti respirare.
La senti sempre più forte e sai
che c’è solo un modo per uscire da questo mondo che ti asfissia, è sbagliato,
tossico, ma non c’è niente che ti riempia la vita come il profumo della sua
pelle e sentire il suo corpo stretto al tuo. Sentirti dentro di lei.
Si avvicina una collega e ti
parla, ma sei incapace di sentire le sue parole, vorresti dirle di stare zitta
e di togliersi dai piedi, vorresti correre e chiuderti in una stanza da solo
senza nessuno a disturbare i tuoi pensieri. Vorresti che si togliesse dai piedi
tua moglie, che lo facesse lei, ma
più di tutti vorresti sparire tu, svanire in un attimo e ritrovarti dall’altra
parte dell’universo dove niente e nessuno possa tormentarti.
Vorresti urlare e mandare al
diavolo il mondo, ma sei troppo stanco anche per questo.
Continui a camminare, non sai nemmeno dove stai andando, hai ancora altre ore di lavoro e
la rabbia ti cresce dentro perché andresti di corsa a casa, sotto l’acqua calda
della doccia, gettarti sul letto sperando che la pesante coperta blu ti
nasconda dalla tua vita che ti tormenta e che odi.
Un passo più veloce dell’altro ed
esci da quell’edificio che ti sta soffocando, hai bisogno di prendere aria
gelida sulla faccia, di svegliare quei sensi che sono giorni che ti hanno
abbandonato.
Basta un attimo, una voce ed è
come prendere un pugno sul viso, un colpo che fa male e che brucia per ore fino
a lasciarti un segno che sentirai anche quando diventerà invisibile.
La sua voce ti apre al mondo, ai
suoni che erano scomparsi, la senti parlare di una serata in discoteca, la
senti ridere col suo amico e poi d’un tratto la rabbia
ti assale quando vedi le sue labbra muoversi per pronunciare le parole “uscita
con quel ragazzo”.
Lo senti, vero, il brivido della
gelosia che ti attanaglia la spina dorsale, corre lungo la pelle e ti serra la
gola?
Vorresti correre da lei e farla
smettere di parlare, tapparle la bocca con le tue labbra, in modo da non
sentire cosa ha fatto senza di te, lontano da te.
Non puoi, sai che non puoi muoverti, dirle nulla. Puoi solo guardarla mentre si
prende gioco di te, dei tuoi sentimenti.
Perché non mi lasci tu?
Se solo ci riuscissi.
E ci hai creduto, vero? Come uno
stupido hai creduto alle sue parole sussurrate sulla
labbra, in un bacio dal sapore amaro. Riesce benissimo a lasciarti, ad andare
con un altro, a stare senza di te, ma non ha il coraggio di dirtelo.
Che cosa pretendi? Quella che
vedi non è una donna, ma una ragazzina ingrata che deve tutto a te, sei tu che
le hai insegnato a vivere, sei tu che le hai fatto conoscere i piaceri del
sesso, e ti ripaga mettendo in pratica i tuoi insegnamenti altrove. Con altri.
Urleresti tutta la tua furia
nell’aria ancora fredda di marzo.
Si volta verso di te, ti guarda e
ti sorride come se non avesse parlato e tu non avessi ascoltato alcuna parola,
e il suo sorriso riesce ad acquietarti e innervosirti al contempo, è come se si
prendesse gioco di te.
Corri, vai via da lì, non la
guardare, non respirare il suo aroma, scappa da lei e dalla sua voce. Fallo
prima che sia troppo tardi.
E lo fai, la osservi un attimo
con sguardo duro e poi ti volti per tornare dentro, al caldo bruciante e
soffocante, a toglierti quelle parole e quelle labbra dalla testa, a toglierti
il viso di tua moglie che ti sorride mentre ti passa una tazza di caffè, ignara
che vorresti spaccarlo a terra, urlarle che la tradisci con una ragazzina che
potrebbe essere tua figlia, quella che non avete mai voluto. Gridarle che
nonostante tutto sei innamorato di quello sguardo
giovane e non più del suo, dove ormai qualche ruga appare a descrivere i vostri
anni passati insieme.
Sei innamorato
di lei che ha deciso di divertirsi altrove e con qualcun altro. E ti arrabbi,
stringi il manico della borsa con forza sperando che si rompa nella tua
stretta, sperando di farti male per non sentire quella bestia che si muove
dentro di te pregandoti di uscire.
Prendi un altro caffè dalla
macchinetta, lo mandi giù in un attimo e getti con collera il bicchiere nel
secchio, hai bisogno di rimanere sveglio anche se sei
stanco, ma l’ennesima dose di caffeina è del tutto inutile.
Soltanto la rabbia ti da forza.
A passo svelto torni in classe,
forse sfogarti su dei poveri studenti incapaci può servire a distrarti per
qualche ora, e hai bisogno anche solo di pochi minuti lontano
dai suoi pensieri, dal suo corpo. Pochi istanti in cui far
scomparire anche tua moglie e rimanere da solo.
Con lei.
Sempre e solo con lei nei tuoi
pensieri.
Tutto questo comincia a
stancarti, come se non lo fossi già di tuo, come se non riuscire a dormire da
giorni non fosse abbastanza.
No, non puoi stare qui a parlare ed ascoltare come se nulla fosse, devi assolutamente sapere
ogni cosa, ogni singola cosa deve uscire dalle sue labbra, dalla sua bocca che
non desideri altro che mordere, baciare, leccare, farla semplicemente tua.
«Andrea, potrebbe uscire un
attimo Lucrezia», un attimo, un ora, una vita in cui
vuoi urlarle che lei è solamente tua e non ha nessun diritto a giocare in
questo modo con te, coi tuoi sentimenti e con tutto ciò che le hai insegnato.
Ti guarda con uno strano sguardo,
quasi perplesso, non ha idea di quello che le dirai, e, veramente, non ce l’hai nemmeno tu, sai soltanto che vuoi averla vicino,
respirare il suo respiro e sfiorarle la pelle. No, vuoi semplicemente toccarla
e che sia tua di nuovo, ovunque e per sempre.
Ti senti quasi un pervertito per
questi pensieri, ma l’amore non può essere sbagliato o sporco, in qualsiasi
forma esso appare, i tuoi preziosi libri che ti portano fuori dal mondo, ne
sono pieni.
Esce in silenzio, guardandoti
appena, cammini a passo svelto, rabbioso, non ti importa
se rimane dietro, vuoi solo mettere in chiaro chi è che condurrà il gioco d’ora
in avanti, vuoi che lei ne sia consapevole fin da subito anche se ti scruta
diffidente, magari si sta facendo mille domande.
Domande che francamente non ti interessano, ne hai così tante tu che non le lasceresti
comunque tempo di fartene qualcuna. Non ne ha nessun diritto, quello illuso sei tu, quello con il quale sta giocando sei
tu.
Chiudi la porta alle sue spalle,
a chiave, incastrandola tra te e il legno e la osservi per lunghi, lunghissimi
istanti, ti senti un cacciatore che ha appena catturato la sua preda, ma ti
rendi conto, guardando i suoi occhi, che sei tu quello che è stato preso,
sbattuto e gettato più e più volte.
E di nuovo ti sale l’irritazione,
la puoi sentire dentro la carne che si fa pesante.
«Che diavolo hai fatto sabato?»
non l’hai detto urlando e ti sorprendi di questo.
«Perché dovrebbe interessarti?»
rispondere con una domanda non è un bel modo di iniziare, devi mettere le cose
in chiaro e lo sai. Ti arrabbi ancora di più.
«Dimmelo e basta!» stavolta il
tono della tua voce si fa più alto, ma lei non si scompone
affatto, ti guarda divertita e la rabbia sale, sale e la spingi ancora
di più addosso alla porta, il tuo bacino stretto al suo mentre le blocchi i
polsi.
«In una
discoteca con degli amici. Adesso sei più contento?» no che non
lo sei, che ti importa della discoteca e degli amici, vuoi solo sapere
chi è quel “qualcuno”, se l’ha sfiorata, toccata, baciata, se…
Un pugno al muro e speri di
romperlo perché quel dolore sarebbe meno intenso di quello che stai sentendo in
questo momento nelle viscere, puoi sentirne persino l’odore.
«Sei impazzito per caso?» ti
chiede prendendo la mano tra le sue, un gesto che ti scalda e ti gela.
«Se imparassi ad ascoltare meglio, o dovrei dire spiare meglio, sapresti che la mia
frase era riferita ad una mia amica che non è venuta in discoteca perché è
“uscita con qualcuno”, razza di idiota.»
Ti senti veramente un perfetto
idiota, vorresti urlare e ridere, e spaccare tutto.
Vorresti correre da tua moglie e
dirle: “Sai, ho fatto l’isterico tutta la mattinata perché pensavo che la donna
che amo mi avesse tradito.” e lei probabilmente ti risponderebbe che non ti
tradirebbe mai e tu ridendo le diresti che è una stupida, non parlavi assolutamente
di lei.
Lo vorresti, vero?
Falsa. Quante volte quando tu non
c’eri andava a divertirsi con il suo capo che hai
sempre saputo che era più di quello, ma non te ne fregava nulla, poteva anche
andare con uno, due, dieci uomini, purché ti stesse lontano.
Hai perso persino il conto di
quanto è passato dall’ultima volta che ci sei andato a letto.
Tua moglie. L’hai sempre ammirata
e un tempo anche amata, ma adesso la guardi e vedi
soltanto un’estranea, te la ritrovi nel letto e non sai neppure chi sia.
Quante volte in piena notte saresti voluto andare vie e non tornare più.
Andare da lei, prenderla e
portarla via con te, lontano, dove non c’era posto che per voi due, dove amarvi
non sarebbe stato così sbagliato e tossico.
«Non darmi dell’idiota, mi devi
sempre rispetto, ragazzina, siamo pur sempre a scuola e
io sono pur sempre un tuo insegnante.» non ci credi nemmeno tu a quello che
dici, vero?
«Quando ti fa comodo.» appunto.
Sorridi, sai che ha perfettamente ragione, ti è sempre piaciuto giocare questo
ruolo in cui tu comandi e lei obbedisce, tu hai il potere e lei fa ciò che
vuoi. Un gioco apparenta, in cui ti ha sempre lasciato fare
anche se certi ruoli non sono mai stati chiari tra di voi.
«E tu
che hai fatto in discoteca? Non sei andata con qualcuno? Non hai sperimentato
tutti i miei insegnamenti con qualche ragazzo?»
«Hai finito o hai altre domande?»
ti spinge via fortemente con i palmi ben piantati sul tuo petto e tu fai altro che
sentire delle scosse lungo il corpo, non ti importa della polvere che colora questa
stanza, non ti importa della lampada rotta che non permette di vedere bene
quando il sole scompare dietro una nuvola. Tanto il suo corpo lo sai a memoria,
potresti dire di conoscere ogni suo centimetro, ogni dannatissimo pezzo che ti
fa impazzire, chiudi gli occhi e la vedi, nuda, profumata, pronta per farsi
completamente tua.
Ed è così che la vuoi adesso.
Ti ricordi in che luogo ti trovi,
vero?
Al diavolo!
Ti ricordi qual è il tuo ruolo,
vero?
Stai zitto!
Vuoi solo sentire la sua pelle nuda
sotto le tue mani, al diavolo tutto il resto!
«Se volessi divertirmi con altri lo farei e tu non avresti nessun diritto di dirmi
alcunché, per prima cosa, e ti lascerei all’istante… se solo potessi…», l’hai
già sentite queste parole, uguali o simili, poco ti importa, sai soltanto che
ogni volta che lo dice è come se ti piantasse un coltello nel cuore e lo
rigirasse ripetutamente.
«Se potessi
lo faresti?» adesso vuoi una risposta precisa, anche se quello che hai in mezzo
ai pantaloni ti sta supplicando di non metterti a fare domande o congetture o
altra perdita di tempo, ma non lo ascolti anche se diventa difficile, e
continui a fissarla aspettando una risposta anche se dentro di te senti la
lussuria gridare sempre di più.
Ti guarda un attimo, quello sguardo
che le strapperesti per portarlo sempre con te, la polvere che si muove lenta
intorno ai suoi passi, poi chiude gli occhi per un istante.
«No.» è tutto ciò che volevi
sentire, non ti interessa di nient’altro, la stringi a
te e la baci, ascoltando finalmente la lussuria dentro di te e quel cuore che
può finalmente esploderti perché null’altro avresti voluto sentire.
Ti immagini
morto, disteso sul pavimento tra la polvere e le impronte di tutti quelli che
hanno messo piede tra la stanza e ti chiedi se lei piangerà per te. Se tua
moglie accorrerà addolorata a piangere il marito che non c’è più o verrà
ridendo perché finalmente è libera di portarsi a letto il suo capo anche a casa
vostra, nel vostro letto.
E se ci portassi lei? Ora, in
questo momento, la prendessi e la portassi a casa tua e la presentassi a tua
moglie con l’erezione tra le gambe? Potresti, è a casa e vi vedrebbe entrambi.
Sono a casa, tesoro, se non ti dispiace io
andrei in camera nostra a fare sesso con la mia amante, non ti importa vero? Tanto
tu faresti lo stesso con quel viscido del tuo capo. Ci vediamo a cena, amore.
Tra l’altro, non è nemmeno la prima volta che viene qui.
E tua moglie si
infuria, ti maledice e ti lancia anche un vaso.
So che te la fai con il tuo capo.
E allora si ferma, ti guarda, sai
di aver vinto e che probabilmente quando hai finito
non la troverai più lì a fissare il muro, probabilmente in un attimo sarà sotto
casa dell’uomo che si porta a letto, sorridente come non le capitava da molto
di fare.
E allora saprai di essere felice
anche tu, finalmente libero di amare.
«Sei sicura?» le chiedi mentre le
sfili la maglietta, non riuscendo più a frenare l’istinto di sentire il profumo
della sua pelle, la sua morbidezza sotto le dita.
«Sfortunatamente sì.» ti risponde
sorridendo.
«Che significa sfort…» non ti da tempo di
replicare perché le sua labbra calde fermano ogni tua parola e senti le sue
mani aprire la cintura e scivolare nei tuoi pantaloni, hai un brivido a quel
contatto che ti scuote tutto il corpo.
Un passo dietro l’altro e
stavolta ti ritrovi tu con le spalle al muro, ma non vuoi stare da nessun altro
posto al mondo in quel momento, desideri soltanto che lei esplori il tuo corpo,
farti baciare, toccare, carezzare per ore e poi entrare in lei, delicato e
furioso, assetato e silenzioso.
Non puoi lasciare che conduca il
gioco, non dopo quello che ti ha fatto passare questa
mattina, non dopo giorni passati a non dormire e a fissare tua moglie che
stringeva il cuscino.
Ti basta un attimo per
incastrarla di nuovo tra te e il muro, ma non ci sta, ti spinge nuovamente via,
ormai ti è chiaro che la partita è un mano sua e, in
fondo, non aspetti altro che ogni sua mossa
perché ti piace terribilmente, puoi sentirlo tra le tue gambe.
Quante volte, nel buio dei tuoi
pensieri hai fantasticato su di te e lei in questa stanza, spesso non riuscivi
nemmeno a frenare le immagini che ti apparivano così nitide, dovevi far forza
per reprimere ogni impulso, spesso stringevi i pugni così forte da piantare le
unghie nel palmo.
Adesso sei qui, la tua fantasia
che sta diventando reale e vorresti ridere, ridere fino a non avere più fiato,
fino a quando ti rendi conto che la realtà è molto meglio
di qualunque finzione.
Senti la superficie liscia del
tavolo dietro di te sul quale poggi le mani per non cadere, per non cedere il
passo a quella ragazzina che ti sta facendo impazzire, lo puoi sentire dentro
la testa, dentro il cuore… tra le gambe.
Il bottone. La
lampo. E in un attimo ti ritrovi con i pantaloni alle caviglie, soltanto
con i boxer a separare il tuo membro dalle sue mani. Soltanto pochi secondi e
ti ritrovi davanti al suo sorriso che si fa sempre più malizioso e sensuale.
Inizi a riflettere se qualcuno vi
trovasse in quella situazione cosa potrebbe pensare. Non c’è molto su cui
ragionare, è una scena talmente chiara che non ci sono supposizioni che
tengano: siete un professore e un alunna che stanno
facendo sesso, non trovi ci sia poco da riflettere?
Vorresti che da quella porta
entrasse tua moglie, guardi per un attimo la maniglia che non si muove, la
polvere smossa sul pavimento che ti toglie il respiro in quella stanza con il
lampadario rotto.
Ti senti rotto anche tu?
No, affatto, non sei mai stato meglio ed è ora di smetterla di pensare sempre a tua moglie,
qualcuno potrebbe pensare che sei ancora innamorato di lei.
Anche adesso vorresti ridere?
No, ti viene in mente tua madre
che piangeva il giorno del tuo matrimonio, a quanto era felice che ti fossi sposato una cosi bella e intelligente donna.
Una puttana.
Ma lei
che ne poteva sapere, così chiusa nella sua vita semplice e quasi fuori dal
mondo, vedere il proprio figlio sposato e con un ottimo lavoro, era per lei la
migliore delle felicità. Non sapeva che tu morivi dentro ogni giorno che
passavi a guardare quegli occhi chiari che non facevano altro che mentirti,
bugie su bugie dal quel giorno in chiesa dove vi siete
giurati amore eterno agli occhi di Dio.
E ti senti quasi un eretico che
merita di bruciare sul rogo.
Poi vedi lei, i suoi occhi blu
come il mare in cui ti perdi ogni volta che la guardi e vorresti non ritornare
mai più, perso in quelle acque che ti cullano insieme a
lei, dentro di lei.
«Se avessi la possibilità
mi tradiresti?» che razza di domanda è, anche se fosse non te lo direbbe mai,
non credi?
«Se dovessi tradirti
ti lascerei direttamente, ma visto che mi è difficile, la risposta mi sembra
piuttosto ovvia.» non ha tutti i torti.
«Non mi hai mai tradito?» perché
continuare su questa strada, cosa speri di ottenere?
«Anche volendo
non avrei tempo per dedicarmi a qualcun altro.»
«Anche volendo?»
«La pianti con queste domande
idiote?! È da stamattina che fai l’idiota, anzi sono
giorni che lo fai, veramente.»
«Perché non mi hai chiamato
questi giorni?»
«Vedi
che sei idiota, sei tu che mi hai espressamente vietato di farlo perché dovevi
“passare il week end con la tua deliziosa mogliettina”. Sei con le mutande alle
caviglie, l’erezione molto in corso , e ti metti a
fare queste domande stupide? Ci manca solo che ti metti a pensare alla tua
mogliettina.» ecco il qualcuno che lo ha pensato,
ormai ti conosce così bene che le basta uno sguardo per vedere cosa ti passa
per la testa.
Ti spinge ancora, furente, i
pugni sul tuo petto a farti male, ma non ti importa,
il suo tocco vale tutto il dolore che puoi provare e che vuoi provare, perché
non c’è sofferenza quando vedi quegli occhi e afferri il suo respiro.
Neanche il tempo di rispondere
che senti la sua lingua umida che ti carezza il membro, chiudi gli occhi e il
respiro si fa più affannato, sei così sorpreso da quelle attenzioni che ti
muovi appena, incapace di compiere alcun movimento, di dire alcuna parola. In
un attimo lo senti dentro la sua bocca, calda, accogliente e gli ansimi si fanno sempre più alti e difficili da trattenere.
Al diavolo tua moglie, al diavolo
tua madre, al diavolo questa scuola in cui lavori, al diavolo pure te che ti sei lasciato condizionare la vita e adesso
finalmente sei deciso a vivere come vuoi tu, con chi vuoi tu. E vedendo quella
ragazza col tuo membro in bocca, sei ormai sicuro di volere solo lei nella tua
vita.
Senti il piacere che aumenta ogni
volta che entri ed esci dalle sue labbra, il calore della sua bocca che riesce
a scaldarti il corpo e la mente così gelida di mille pensieri.
All’improvviso si ferma,
distruggendo l’orgasmo che sarebbe arrivato tra non molto, si alza e ti guarda
senza dire una parola.
«Che diavolo fai?»
«Devo
tornare a lezione, professore. Non vuole che io la
salti, vero?» la guardi furioso, sorpreso e senza alcuna parola che ti esca
dalla bocca, e i pantaloni ancora abbassati.
«Questo è perché non ti fidi di
me, pensi che ti tradisca e hai ancora la mente occupata da tua moglie e non
posso nemmeno lamentarmi perché lei è tua moglie e io
non sono nulla.» senza aggiungere altro esce dalla stanza lasciandoti solo.
Adesso sai che aveva ragione, sei
un completo idiota e ora sì, ti metti proprio a ridere tra la polvere e i
pantaloni di nuovo chiusi che non nascondono l’erezione che ancora hai.
Tra le risate vorresti gridarle
che non è vero che lei non è nulla, lei è tutto per
te, ma ormai è troppo lontana per poter sentire.
Glielo dirai, questo è certo
quanto il suo amore per lei, non prima di aver avuto quello che ti spetta.
Adesso sorridi col suo sapore tra
le labbra e tra le gambe.
Sei di nuovo a camminare per i
corridoi, con un sorriso ebete stampato in faccia e un’eccitazione che nascondi
dietro la borsa sperando che nessuno ci faccia caso.
Sai come sarebbe divertente.
Dannata ragazzina, se incontro qualcuno come diavolo mi giustifico?
«Professore, si sente bene?» sì. No, stavo bene fino a cinque minuti fa
quando lo avevo nella bocca di una studentessa, mentre adesso mi ritrovo con
ancora l’erezione nelle mutande, le pare che posso stare bene?
Sì, adesso ti senti veramente un
idiota, un ragazzino brufoloso in preda agli ormoni che si aggira tra i
corridoi della scuola pieni di polvere e maleodoranti di studenti appena
tornati dalla palestra e caffè di scarso livello delle macchinette.
Avresti bisogno di un buon
bicchiere di vino.
Di una bottiglia.
Guardi l’orologio. Che ore sono?
Le 12:10, hai ancora tempo per rinchiuderti in bagno e fare…
Mio dio, sono anni che non mi masturbo, avrò perso la mano?
Che battuta infelice che hai fatto, razza di idiota,
veramente pessima; sì, adesso sei proprio il te stesso al liceo che si chiudeva
in bagno con le riviste rubate a suo zio.
Adesso ti viene davvero da
ridere, e lo fai, infischiandotene di chi ti guarda come se fossi pazzo e ti
rendi conto di esserlo davvero. Lo sei diventato da quella sera in cui te la
sei ritrovata in macchina per portarla a casa, e non ci siete andati a casa,
almeno non subito.
Ti ricordi l’imbarazzo che avevi
i giorni successivi, adesso non te ne importa nulla, ridi, la tua sanità
mentale che va al diavolo e pensi che al momento potresti portarla con te e
prenderla al primo muro libero e poco polveroso della scuola.
E finalmente ti chiudi in bagno.
La giornata è finita e corri in
macchina, e inizi a ridere, ridere di tutto, di te
stesso, della tua situazione, di tua moglie che pensa di farti cornuto a tua
insaputa senza sapere che tu, più furbo ti porti l’amante a casa quando lei non
c’è.
Ridi di tua madre che crede che
il tuo matrimonio vada meravigliosamente così come il tuo lavoro che odi, ma
che ti ha regalato la cosa più bella che potessi desiderare.
Ridi di tuo padre che ti ha
lasciato anni fa senza una parola, senza una lettera, senza dire a tua madre
che si era stancato di lei, di te, del mondo.
Lo avevano ritrovato in un fiume,
e ti viene da ridere anche di questo.
La vedi passare sorridente, quel
ghigno bastardo di chi sa di averti fregato. E la ami per questo. La ami per
tutto.
La chiami per nome, non ti frega
nulla, la chiameresti anche “amore”, “tesoro”, se sono non gli odiassi quegli
epiteti, si avvicina e ti guarda perplessa.
«Sposami.»
«Sei impazzito per caso?»
«Sì, sono pazzo, dannatamente
pazzo e mi viene da ridere, ma questo è il pensiero più serio che riesco a formulare da giorni.»
«Vorrei farti notare, anche se
volessi dirti di sì, che sei già sposato.»
«Chiedo la separazione, divorzio,
non mi interessa, io voglio solo te e basta. Odio
questa maledetta vita e la odio ancor di più se mi tiene lontano da te.»
«Sì, tu sei fottutamente pazzo.»
ride anche lei.
«Allora?»
«Sì.»
«Sì?
Dovrai pazientare.»
«Più di
quello che paziento ora? Pazienterò.»
«Ti amo.» hai dovuto aspettare di
non dormire per giorni, odiare tua moglie come non mai, rimanere con l’erezione
tra i pantaloni per i corridoi della scuola, per dire finalmente quelle due
parole.
Sorride e avvicinandosi ti
sussurra: «Ti amo,» che ti fa vibrare tutto il corpo
«e stasera finisco quello che ho iniziato.»
E di nuovo ti ritrovi a ridere, ridere nell’aria gelida sotto lo sguardo stupito di tutti,
occhi di cui non ti curi, hai deciso dopo tanto tempo che è arrivato il momento
di pensare a te e non allo stupido giudizio degli altri.
Pensare a lei.