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Autore: Cheonefer86    09/01/2013    1 recensioni
Ci sono anime così diverse e distanti che sono comunque destinate a stare insieme prima o poi, passando per una vita che fa di tutto per tenerli separati perchè così sarebbe giusto.
È una sorta di continuo di "Ossessione".
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
- Questa storia fa parte della serie 'Questo complicato e pazzo amore'
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È metà mattina e sei già stanco, lo sei da quando ti sei alzato dal letto che dividi con tua moglie

Questa storia è una specie di continuo di Ossessione, ma può essere letta anche senza averla letta, ma consiglio comunque di farlo, è breve ;)

 

 

 

È metà mattina e sei già stanco, lo sei da quando ti sei alzato dal letto che dividi con tua moglie. Forse sei stanco di questo. Stanotte non hai dormito, sono giorni che non ci riesci e vorresti semplicemente chiudere gli occhi e aspettare che tutto scompaia, che tutto smetta di far rumore.

Cammini per i corridoi incapace di sentire alcuna parola, con la rabbia sulla pelle che non sai nemmeno spiegare, sono passi pesanti i tuoi, così faticosi da fare, ma questa è la tua vita, la tua dannata routine che ti soffoca ogni giorno non lasciandoti respirare.

La senti sempre più forte e sai che c’è solo un modo per uscire da questo mondo che ti asfissia, è sbagliato, tossico, ma non c’è niente che ti riempia la vita come il profumo della sua pelle e sentire il suo corpo stretto al tuo. Sentirti dentro di lei.

Si avvicina una collega e ti parla, ma sei incapace di sentire le sue parole, vorresti dirle di stare zitta e di togliersi dai piedi, vorresti correre e chiuderti in una stanza da solo senza nessuno a disturbare i tuoi pensieri. Vorresti che si togliesse dai piedi tua moglie, che lo facesse lei, ma più di tutti vorresti sparire tu, svanire in un attimo e ritrovarti dall’altra parte dell’universo dove niente e nessuno possa tormentarti.

Vorresti urlare e mandare al diavolo il mondo, ma sei troppo stanco anche per questo.

Continui a camminare, non sai nemmeno dove stai andando, hai ancora altre ore di lavoro e la rabbia ti cresce dentro perché andresti di corsa a casa, sotto l’acqua calda della doccia, gettarti sul letto sperando che la pesante coperta blu ti nasconda dalla tua vita che ti tormenta e che odi.

Un passo più veloce dell’altro ed esci da quell’edificio che ti sta soffocando, hai bisogno di prendere aria gelida sulla faccia, di svegliare quei sensi che sono giorni che ti hanno abbandonato.

Basta un attimo, una voce ed è come prendere un pugno sul viso, un colpo che fa male e che brucia per ore fino a lasciarti un segno che sentirai anche quando diventerà invisibile.

La sua voce ti apre al mondo, ai suoni che erano scomparsi, la senti parlare di una serata in discoteca, la senti ridere col suo amico e poi d’un tratto la rabbia ti assale quando vedi le sue labbra muoversi per pronunciare le parole “uscita con quel ragazzo”.

Lo senti, vero, il brivido della gelosia che ti attanaglia la spina dorsale, corre lungo la pelle e ti serra la gola?

Vorresti correre da lei e farla smettere di parlare, tapparle la bocca con le tue labbra, in modo da non sentire cosa ha fatto senza di te, lontano da te.

Non puoi, sai che non puoi muoverti, dirle nulla. Puoi solo guardarla mentre si prende gioco di te, dei tuoi sentimenti.

Perché non mi lasci tu?

Se solo ci riuscissi.

E ci hai creduto, vero? Come uno stupido hai creduto alle sue parole sussurrate sulla labbra, in un bacio dal sapore amaro. Riesce benissimo a lasciarti, ad andare con un altro, a stare senza di te, ma non ha il coraggio di dirtelo.

Che cosa pretendi? Quella che vedi non è una donna, ma una ragazzina ingrata che deve tutto a te, sei tu che le hai insegnato a vivere, sei tu che le hai fatto conoscere i piaceri del sesso, e ti ripaga mettendo in pratica i tuoi insegnamenti altrove. Con altri.

Urleresti tutta la tua furia nell’aria ancora fredda di marzo.

Si volta verso di te, ti guarda e ti sorride come se non avesse parlato e tu non avessi ascoltato alcuna parola, e il suo sorriso riesce ad acquietarti e innervosirti al contempo, è come se si prendesse gioco di te.

Corri, vai via da lì, non la guardare, non respirare il suo aroma, scappa da lei e dalla sua voce. Fallo prima che sia troppo tardi.

E lo fai, la osservi un attimo con sguardo duro e poi ti volti per tornare dentro, al caldo bruciante e soffocante, a toglierti quelle parole e quelle labbra dalla testa, a toglierti il viso di tua moglie che ti sorride mentre ti passa una tazza di caffè, ignara che vorresti spaccarlo a terra, urlarle che la tradisci con una ragazzina che potrebbe essere tua figlia, quella che non avete mai voluto. Gridarle che nonostante tutto sei innamorato di quello sguardo giovane e non più del suo, dove ormai qualche ruga appare a descrivere i vostri anni passati insieme.

Sei innamorato di lei che ha deciso di divertirsi altrove e con qualcun altro. E ti arrabbi, stringi il manico della borsa con forza sperando che si rompa nella tua stretta, sperando di farti male per non sentire quella bestia che si muove dentro di te pregandoti di uscire.

Prendi un altro caffè dalla macchinetta, lo mandi giù in un attimo e getti con collera il bicchiere nel secchio, hai bisogno di rimanere sveglio anche se sei stanco, ma l’ennesima dose di caffeina è del tutto inutile.

Soltanto la rabbia ti da forza.

A passo svelto torni in classe, forse sfogarti su dei poveri studenti incapaci può servire a distrarti per qualche ora, e hai bisogno anche solo di pochi minuti lontano dai suoi pensieri, dal suo corpo. Pochi istanti in cui far scomparire anche tua moglie e rimanere da solo.

Con lei.

Sempre e solo con lei nei tuoi pensieri.

Tutto questo comincia a stancarti, come se non lo fossi già di tuo, come se non riuscire a dormire da giorni non fosse abbastanza.

No, non puoi stare qui a parlare ed ascoltare come se nulla fosse, devi assolutamente sapere ogni cosa, ogni singola cosa deve uscire dalle sue labbra, dalla sua bocca che non desideri altro che mordere, baciare, leccare, farla semplicemente tua.

«Andrea, potrebbe uscire un attimo Lucrezia», un attimo, un ora, una vita in cui vuoi urlarle che lei è solamente tua e non ha nessun diritto a giocare in questo modo con te, coi tuoi sentimenti e con tutto ciò che le hai insegnato.

Ti guarda con uno strano sguardo, quasi perplesso, non ha idea di quello che le dirai, e, veramente, non ce l’hai nemmeno tu, sai soltanto che vuoi averla vicino, respirare il suo respiro e sfiorarle la pelle. No, vuoi semplicemente toccarla e che sia tua di nuovo, ovunque e per sempre.

Ti senti quasi un pervertito per questi pensieri, ma l’amore non può essere sbagliato o sporco, in qualsiasi forma esso appare, i tuoi preziosi libri che ti portano fuori dal mondo, ne sono pieni.

Esce in silenzio, guardandoti appena, cammini a passo svelto, rabbioso, non ti importa se rimane dietro, vuoi solo mettere in chiaro chi è che condurrà il gioco d’ora in avanti, vuoi che lei ne sia consapevole fin da subito anche se ti scruta diffidente, magari si sta facendo mille domande.

Domande che francamente non ti interessano, ne hai così tante tu che non le lasceresti comunque tempo di fartene qualcuna. Non ne ha nessun diritto, quello illuso sei tu, quello con il quale sta giocando sei tu.

Chiudi la porta alle sue spalle, a chiave, incastrandola tra te e il legno e la osservi per lunghi, lunghissimi istanti, ti senti un cacciatore che ha appena catturato la sua preda, ma ti rendi conto, guardando i suoi occhi, che sei tu quello che è stato preso, sbattuto e gettato più e più volte.

E di nuovo ti sale l’irritazione, la puoi sentire dentro la carne che si fa pesante.

«Che diavolo hai fatto sabato?» non l’hai detto urlando e ti sorprendi di questo.

«Perché dovrebbe interessarti?» rispondere con una domanda non è un bel modo di iniziare, devi mettere le cose in chiaro e lo sai. Ti arrabbi ancora di più.

«Dimmelo e basta!» stavolta il tono della tua voce si fa più alto, ma lei non si scompone affatto, ti guarda divertita e la rabbia sale, sale e la spingi ancora di più addosso alla porta, il tuo bacino stretto al suo mentre le blocchi i polsi.

«In una discoteca con degli amici. Adesso sei più contento?» no che non lo sei, che ti importa della discoteca e degli amici, vuoi solo sapere chi è quel “qualcuno”, se l’ha sfiorata, toccata, baciata, se…

Un pugno al muro e speri di romperlo perché quel dolore sarebbe meno intenso di quello che stai sentendo in questo momento nelle viscere, puoi sentirne persino l’odore.

«Sei impazzito per caso?» ti chiede prendendo la mano tra le sue, un gesto che ti scalda e ti gela.

«Se imparassi ad ascoltare meglio, o dovrei dire spiare meglio, sapresti che la mia frase era riferita ad una mia amica che non è venuta in discoteca perché è “uscita con qualcuno”, razza di idiota.»

Ti senti veramente un perfetto idiota, vorresti urlare e ridere, e spaccare tutto.

Vorresti correre da tua moglie e dirle: “Sai, ho fatto l’isterico tutta la mattinata perché pensavo che la donna che amo mi avesse tradito.” e lei probabilmente ti risponderebbe che non ti tradirebbe mai e tu ridendo le diresti che è una stupida, non parlavi assolutamente di lei.

Lo vorresti, vero?

Falsa. Quante volte quando tu non c’eri andava a divertirsi con il suo capo che hai sempre saputo che era più di quello, ma non te ne fregava nulla, poteva anche andare con uno, due, dieci uomini, purché ti stesse lontano.

Hai perso persino il conto di quanto è passato dall’ultima volta che ci sei andato a letto.

Tua moglie. L’hai sempre ammirata e un tempo anche amata, ma adesso la guardi e vedi soltanto un’estranea, te la ritrovi nel letto e non sai neppure chi sia.

Quante volte in piena notte saresti voluto andare vie e non tornare più.

Andare da lei, prenderla e portarla via con te, lontano, dove non c’era posto che per voi due, dove amarvi non sarebbe stato così sbagliato e tossico.

«Non darmi dell’idiota, mi devi sempre rispetto, ragazzina, siamo pur sempre a scuola e io sono pur sempre un tuo insegnante.» non ci credi nemmeno tu a quello che dici, vero?

«Quando ti fa comodo.» appunto. Sorridi, sai che ha perfettamente ragione, ti è sempre piaciuto giocare questo ruolo in cui tu comandi e lei obbedisce, tu hai il potere e lei fa ciò che vuoi. Un gioco apparenta, in cui ti ha sempre lasciato fare anche se certi ruoli non sono mai stati chiari tra di voi.

«E tu che hai fatto in discoteca? Non sei andata con qualcuno? Non hai sperimentato tutti i miei insegnamenti con qualche ragazzo?»

«Hai finito o hai altre domande?» ti spinge via fortemente con i palmi ben piantati sul tuo petto e tu  fai altro che sentire delle scosse lungo il corpo, non ti importa della polvere che colora questa stanza, non ti importa della lampada rotta che non permette di vedere bene quando il sole scompare dietro una nuvola. Tanto il suo corpo lo sai a memoria, potresti dire di conoscere ogni suo centimetro, ogni dannatissimo pezzo che ti fa impazzire, chiudi gli occhi e la vedi, nuda, profumata, pronta per farsi completamente tua.

Ed è così che la vuoi adesso.

Ti ricordi in che luogo ti trovi, vero?

Al diavolo!

Ti ricordi qual è il tuo ruolo, vero?

Stai zitto!

Vuoi solo sentire la sua pelle nuda sotto le tue mani, al diavolo tutto il resto!

«Se volessi divertirmi con altri lo farei e tu non avresti nessun diritto di dirmi alcunché, per prima cosa, e ti lascerei all’istante… se solo potessi…», l’hai già sentite queste parole, uguali o simili, poco ti importa, sai soltanto che ogni volta che lo dice è come se ti piantasse un coltello nel cuore e lo rigirasse ripetutamente.

«Se potessi lo faresti?» adesso vuoi una risposta precisa, anche se quello che hai in mezzo ai pantaloni ti sta supplicando di non metterti a fare domande o congetture o altra perdita di tempo, ma non lo ascolti anche se diventa difficile, e continui a fissarla aspettando una risposta anche se dentro di te senti la lussuria gridare sempre di più.

Ti guarda un attimo, quello sguardo che le strapperesti per portarlo sempre con te, la polvere che si muove lenta intorno ai suoi passi, poi chiude gli occhi per un istante.

«No.» è tutto ciò che volevi sentire, non ti interessa di nient’altro, la stringi a te e la baci, ascoltando finalmente la lussuria dentro di te e quel cuore che può finalmente esploderti perché null’altro avresti voluto sentire.

Ti immagini morto, disteso sul pavimento tra la polvere e le impronte di tutti quelli che hanno messo piede tra la stanza e ti chiedi se lei piangerà per te. Se tua moglie accorrerà addolorata a piangere il marito che non c’è più o verrà ridendo perché finalmente è libera di portarsi a letto il suo capo anche a casa vostra, nel vostro letto.

E se ci portassi lei? Ora, in questo momento, la prendessi e la portassi a casa tua e la presentassi a tua moglie con l’erezione tra le gambe? Potresti, è a casa e vi vedrebbe entrambi.

Sono a casa, tesoro, se non ti dispiace io andrei in camera nostra a fare sesso con la mia amante, non ti importa vero? Tanto tu faresti lo stesso con quel viscido del tuo capo. Ci vediamo a cena, amore.

Tra l’altro, non è nemmeno la prima volta che viene qui.

E tua moglie si infuria, ti maledice e ti lancia anche un vaso.

So che te la fai con il tuo capo.

E allora si ferma, ti guarda, sai di aver vinto e che probabilmente quando hai finito non la troverai più lì a fissare il muro, probabilmente in un attimo sarà sotto casa dell’uomo che si porta a letto, sorridente come non le capitava da molto di fare.

E allora saprai di essere felice anche tu, finalmente libero di amare.

«Sei sicura?» le chiedi mentre le sfili la maglietta, non riuscendo più a frenare l’istinto di sentire il profumo della sua pelle, la sua morbidezza sotto le dita.

«Sfortunatamente sì.» ti risponde sorridendo.

«Che significa sfort…» non ti da tempo di replicare perché le sua labbra calde fermano ogni tua parola e senti le sue mani aprire la cintura e scivolare nei tuoi pantaloni, hai un brivido a quel contatto che ti scuote tutto il corpo.

Un passo dietro l’altro e stavolta ti ritrovi tu con le spalle al muro, ma non vuoi stare da nessun altro posto al mondo in quel momento, desideri soltanto che lei esplori il tuo corpo, farti baciare, toccare, carezzare per ore e poi entrare in lei, delicato e furioso, assetato e silenzioso.

Non puoi lasciare che conduca il gioco, non dopo quello che ti ha fatto passare questa mattina, non dopo giorni passati a non dormire e a fissare tua moglie che stringeva il cuscino.

Ti basta un attimo per incastrarla di nuovo tra te e il muro, ma non ci sta, ti spinge nuovamente via, ormai ti è chiaro che la partita è un mano sua e, in fondo, non aspetti altro che ogni sua mossa  perché ti piace terribilmente, puoi sentirlo tra le tue gambe.

Quante volte, nel buio dei tuoi pensieri hai fantasticato su di te e lei in questa stanza, spesso non riuscivi nemmeno a frenare le immagini che ti apparivano così nitide, dovevi far forza per reprimere ogni impulso, spesso stringevi i pugni così forte da piantare le unghie nel palmo.

Adesso sei qui, la tua fantasia che sta diventando reale e vorresti ridere, ridere fino a non avere più fiato, fino a quando ti rendi conto che la realtà è molto meglio di qualunque finzione.

Senti la superficie liscia del tavolo dietro di te sul quale poggi le mani per non cadere, per non cedere il passo a quella ragazzina che ti sta facendo impazzire, lo puoi sentire dentro la testa, dentro il cuore… tra le gambe.

Il bottone. La lampo. E in un attimo ti ritrovi con i pantaloni alle caviglie, soltanto con i boxer a separare il tuo membro dalle sue mani. Soltanto pochi secondi e ti ritrovi davanti al suo sorriso che si fa sempre più malizioso e sensuale.

Inizi a riflettere se qualcuno vi trovasse in quella situazione cosa potrebbe pensare. Non c’è molto su cui ragionare, è una scena talmente chiara che non ci sono supposizioni che tengano: siete un professore e un alunna che stanno facendo sesso, non trovi ci sia poco da riflettere?

Vorresti che da quella porta entrasse tua moglie, guardi per un attimo la maniglia che non si muove, la polvere smossa sul pavimento che ti toglie il respiro in quella stanza con il lampadario rotto.

Ti senti rotto anche tu?

No, affatto, non sei mai stato meglio ed è ora di smetterla di pensare sempre a tua moglie, qualcuno potrebbe pensare che sei ancora innamorato di lei.

Anche adesso vorresti ridere?

No, ti viene in mente tua madre che piangeva il giorno del tuo matrimonio, a quanto era felice che ti fossi sposato una cosi bella e intelligente donna.

Una puttana.

Ma lei che ne poteva sapere, così chiusa nella sua vita semplice e quasi fuori dal mondo, vedere il proprio figlio sposato e con un ottimo lavoro, era per lei la migliore delle felicità. Non sapeva che tu morivi dentro ogni giorno che passavi a guardare quegli occhi chiari che non facevano altro che mentirti, bugie su bugie dal quel giorno in chiesa dove vi siete giurati amore eterno agli occhi di Dio.

E ti senti quasi un eretico che merita di bruciare sul rogo.

Poi vedi lei, i suoi occhi blu come il mare in cui ti perdi ogni volta che la guardi e vorresti non ritornare mai più, perso in quelle acque che ti cullano insieme a lei, dentro di lei.

«Se avessi la possibilità mi tradiresti?» che razza di domanda è, anche se fosse non te lo direbbe mai, non credi?

«Se dovessi tradirti ti lascerei direttamente, ma visto che mi è difficile, la risposta mi sembra piuttosto ovvia.» non ha tutti i torti.

«Non mi hai mai tradito?» perché continuare su questa strada, cosa speri di ottenere?

«Anche volendo non avrei tempo per dedicarmi a qualcun altro.»

«Anche volendo?»

«La pianti con queste domande idiote?! È da stamattina che fai l’idiota, anzi sono giorni che lo fai, veramente.»

«Perché non mi hai chiamato questi giorni?»

«Vedi che sei idiota, sei tu che mi hai espressamente vietato di farlo perché dovevi “passare il week end con la tua deliziosa mogliettina”. Sei con le mutande alle caviglie, l’erezione molto in corso , e ti metti a fare queste domande stupide? Ci manca solo che ti metti a pensare alla tua mogliettina.» ecco il qualcuno che lo ha pensato, ormai ti conosce così bene che le basta uno sguardo per vedere cosa ti passa per la testa.

Ti spinge ancora, furente, i pugni sul tuo petto a farti male, ma non ti importa, il suo tocco vale tutto il dolore che puoi provare e che vuoi provare, perché non c’è sofferenza quando vedi quegli occhi e afferri il suo respiro.

Neanche il tempo di rispondere che senti la sua lingua umida che ti carezza il membro, chiudi gli occhi e il respiro si fa più affannato, sei così sorpreso da quelle attenzioni che ti muovi appena, incapace di compiere alcun movimento, di dire alcuna parola. In un attimo lo senti dentro la sua bocca, calda, accogliente e gli ansimi si fanno sempre più alti e difficili da trattenere.

Al diavolo tua moglie, al diavolo tua madre, al diavolo questa scuola in cui lavori, al diavolo pure te che ti sei lasciato condizionare la vita e adesso finalmente sei deciso a vivere come vuoi tu, con chi vuoi tu. E vedendo quella ragazza col tuo membro in bocca, sei ormai sicuro di volere solo lei nella tua vita.

Senti il piacere che aumenta ogni volta che entri ed esci dalle sue labbra, il calore della sua bocca che riesce a scaldarti il corpo e la mente così gelida di mille pensieri.

All’improvviso si ferma, distruggendo l’orgasmo che sarebbe arrivato tra non molto, si alza e ti guarda senza dire una parola.

«Che diavolo fai?»

«Devo tornare a lezione, professore. Non vuole che io la salti, vero?» la guardi furioso, sorpreso e senza alcuna parola che ti esca dalla bocca, e i pantaloni ancora abbassati.

«Questo è perché non ti fidi di me, pensi che ti tradisca e hai ancora la mente occupata da tua moglie e non posso nemmeno lamentarmi perché lei è tua moglie e io non sono nulla.» senza aggiungere altro esce dalla stanza lasciandoti solo.

Adesso sai che aveva ragione, sei un completo idiota e ora sì, ti metti proprio a ridere tra la polvere e i pantaloni di nuovo chiusi che non nascondono l’erezione che ancora hai.

Tra le risate vorresti gridarle che non è vero che lei non è nulla, lei è tutto per te, ma ormai è troppo lontana per poter sentire.

Glielo dirai, questo è certo quanto il suo amore per lei, non prima di aver avuto quello che ti spetta.

Adesso sorridi col suo sapore tra le labbra e tra le gambe.

Sei di nuovo a camminare per i corridoi, con un sorriso ebete stampato in faccia e un’eccitazione che nascondi dietro la borsa sperando che nessuno ci faccia caso.

Sai come sarebbe divertente.

Dannata ragazzina, se incontro qualcuno come diavolo mi giustifico?

«Professore, si sente bene?» sì. No, stavo bene fino a cinque minuti fa quando lo avevo nella bocca di una studentessa, mentre adesso mi ritrovo con ancora l’erezione nelle mutande, le pare che posso stare bene?

Sì, adesso ti senti veramente un idiota, un ragazzino brufoloso in preda agli ormoni che si aggira tra i corridoi della scuola pieni di polvere e maleodoranti di studenti appena tornati dalla palestra e caffè di scarso livello delle macchinette.

Avresti bisogno di un buon bicchiere di vino.

Di una bottiglia.

Guardi l’orologio. Che ore sono? Le 12:10, hai ancora tempo per rinchiuderti in bagno e fare…

Mio dio, sono anni che non mi masturbo, avrò perso la mano?

Che battuta infelice che hai fatto, razza di idiota, veramente pessima; sì, adesso sei proprio il te stesso al liceo che si chiudeva in bagno con le riviste rubate a suo zio.

Adesso ti viene davvero da ridere, e lo fai, infischiandotene di chi ti guarda come se fossi pazzo e ti rendi conto di esserlo davvero. Lo sei diventato da quella sera in cui te la sei ritrovata in macchina per portarla a casa, e non ci siete andati a casa, almeno non subito.

Ti ricordi l’imbarazzo che avevi i giorni successivi, adesso non te ne importa nulla, ridi, la tua sanità mentale che va al diavolo e pensi che al momento potresti portarla con te e prenderla al primo muro libero e poco polveroso della scuola.

E finalmente ti chiudi in bagno.

 

La giornata è finita e corri in macchina, e inizi a ridere, ridere di tutto, di te stesso, della tua situazione, di tua moglie che pensa di farti cornuto a tua insaputa senza sapere che tu, più furbo ti porti l’amante a casa quando lei non c’è.

Ridi di tua madre che crede che il tuo matrimonio vada meravigliosamente così come il tuo lavoro che odi, ma che ti ha regalato la cosa più bella che potessi desiderare.

Ridi di tuo padre che ti ha lasciato anni fa senza una parola, senza una lettera, senza dire a tua madre che si era stancato di lei, di te, del mondo.

Lo avevano ritrovato in un fiume, e ti viene da ridere anche di questo.

La vedi passare sorridente, quel ghigno bastardo di chi sa di averti fregato. E la ami per questo. La ami per tutto.

La chiami per nome, non ti frega nulla, la chiameresti anche “amore”, “tesoro”, se sono non gli odiassi quegli epiteti, si avvicina e ti guarda perplessa.

«Sposami.»

«Sei impazzito per caso?»

«Sì, sono pazzo, dannatamente pazzo e mi viene da ridere, ma questo è il pensiero più serio che riesco a formulare da giorni.»

«Vorrei farti notare, anche se volessi dirti di sì, che sei già sposato.»

«Chiedo la separazione, divorzio, non mi interessa, io voglio solo te e basta. Odio questa maledetta vita e la odio ancor di più se mi tiene lontano da te.»

«Sì, tu sei fottutamente pazzo.» ride anche lei.

«Allora?»

«Sì.»

«Sì? Dovrai pazientare.»

«Più di quello che paziento ora? Pazienterò.»

«Ti amo.» hai dovuto aspettare di non dormire per giorni, odiare tua moglie come non mai, rimanere con l’erezione tra i pantaloni per i corridoi della scuola, per dire finalmente quelle due parole.

Sorride e avvicinandosi ti sussurra: «Ti amo,» che ti fa vibrare tutto il corpo «e stasera finisco quello che ho iniziato.»

E di nuovo ti ritrovi a ridere, ridere nell’aria gelida sotto lo sguardo stupito di tutti, occhi di cui non ti curi, hai deciso dopo tanto tempo che è arrivato il momento di pensare a te e non allo stupido giudizio degli altri.

Pensare a lei.

   
 
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