Il
principe di Londra
Capitolo 3
Nonostante fosse trascorsa una settimana dalla rapina in caffetteria
Mike era ancora agitato e, quando il suo umore non era dei migliori,
non era facile stargli accanto. Fortuna, però, che quello
era il mio giorno di festa.
Grace era
all’università così decisi di andare a
fare un giro al parco vista quella rara e calda giornata di sole. La
primavera era ormai alle porte e l’aria sembrava
già acquistare il dolce profumo dei fiori. Le panchine di
ferro battuto erano disposte in senso circolare intorno a quella che
era una grande aiuola centrale, ricca di svariate piante. Il resto del
parco consisteva in sentieri di pietra, tra le ampie distese di verde,
ancora però, ricoperte di foglie qua e là. Il
violento odore di smog tuttavia non risparmiava neppure quel luogo
dedicato alla natura. Solo una lieve brezza portava un po’ di
purezza all’aria.
Una donna
sfilò fiera davanti a me che me ne stavo seduta e
rannicchiata quasi nella mia giacca. Aveva lunghi capelli lucidi e
curati di un energico color caramello. I suoi occhi erano coperti da
grandi lenti da sole scure e le labbra erano tinte di un peccaminoso
rosso ciliegia. La sua camminata decisa riproduceva il suono ritmico
dei tacchi alti, che indossava e portava con alterigia. Una
delle mani era occupata a tener su la borsa da giorno incastonata da
dettagli oro, mentre, l’altra, reggeva all’orecchio
un telefono di ultima generazione.
- Si, me
l’ha chiesto! Ci sposeremo a fine mese. Sono così
emozionata Diana…
Le sue parole
volarono tra il vento nella manciata di secondi durante i quali
attraversò quel tragitto che mi era vicino. La guardai con
invidia, un’invidia buona e malinconica.
Il matrimonio
a me spaventava. La mia testa non riusciva proprio a capacitarsi del
perché la gente decideva di sposarsi nonostante conoscesse
perfettamente le conseguenze di quell’unione. I fidanzati
sono amanti, coloro sposati, invece, sono conviventi. Non potevo fare a
meno di pensarla in quel modo. Il matrimonio sembrava corrodere tutto
ciò che negli anni o nei mesi precedenti si era costruito
con amore. Entrava in ballo la diffidenza, la gelosia,
l’egoismo e l’esasperazione. E ciò che
era peggio, è che non si poteva tornare indietro. Non era,
per me, una coronazione dell’amore, ma una condanna vera e
propria, che portava alla frantumazione del rapporto e
all’autodistruzione.
Si, lo so, la
mia opinione al riguardo era alquanto pessimista ma, dalla mia
esperienza, non riuscivo a vederla diversamente. Era stato forse il
matrimonio dei miei genitori a farmi avere questa negativa
considerazione dell’argomento. Le persone cambiano e
purtroppo, quando si è vincolati in un legame del
genere, non si può mollare tutto, nonostante la persona al
tuo fianco non sia più la stessa.
Fu alla
locanda londinese di mio padre che si incontrarono i miei genitori. Mia
madre, Eliza, era in viaggio con un’amica e, durante una sera
estiva, incontrò questo alto e affascinante Hank. Si
innamorarono e mia madre dopo diversi viaggi di andata e ritorno decise
di rimanere in città. Nacque Fiona, mia sorella e solo dopo
il matrimonio decisero di dare alla luce un'altra figlia,
cioè io. Ricordo gli anni a Londra come i migliori.
Un’infanzia felice, spensierata e alquanto agiata. La locanda
di mio padre aveva successo e i guadagni erano sempre molto buoni. Mia
madre poteva permettersi di restare a casa ed occuparsi delle faccende
domestiche nonostante lei stessa, però, non riuscisse a
stare senza far nulla. Il rapporto con mio padre era speciale. Lui mi
coccolava, mi raccontava la favola della buonanotte e mi proteggeva.
Era il mio gigante buono e io ero per lui un piccolo fagotto da
difendere dal mondo esterno. Ricordavo ancora le lunghe passeggiate
quando mi portava con lui a lavoro oppure quando, con la sua vespa, mi
accompagnava a scuola ogni mattina. Ero la sua bambina anche
all’età di tredici anni. Smisi però di
esserlo a quattordici.
La morte di
mio nonno provocò in Hank, è così che
poi cominciai a chiamarlo, un profondo dolore tanto da mutare il suo
carattere, il suo atteggiamento e forse i suoi sentimenti. La sua
famiglia era come scomparsa e tutta la sua vita cominciò a
ruotare intorno a ciò che lo distruggeva giorno dopo giorno:
l’alcol.
Vendemmo la
locanda e dopo mesi e mesi, in cui mio padre si ostinava a non cercar
lavoro, decidemmo di trasferirci ad Ennis, in Irlanda, dove mia madre
riprese la piccola attività familiare. Se Hank non era sul
divano oppure a letto, si trovava sicuramente in qualche bar. Non
diceva buongiorno al mattino e salutava a stento quando si entrava in
casa. Divenne burbero e accigliato. Il suo atteggiamento era lo stesso
tutta la giornata. Allontanò mia madre, allontanò
Fiona e allontanò me. Io, d’altronde, non capivo
il perché. Non capivo perché si comportasse in
quel modo quando proprio per un dolore così intenso, quale
la perdita di una persona cara, avrebbe dovuto cercare
l’affetto e l’appoggio della sua famiglia. Noi
provavamo a spiegare o chiarire, lui sbraitava e mia mamma piangeva.
Io, per quel che mi riguardava, mi arrabbiavo. La rabbia era talmente
forte da scappare di casa per un giorno o due, ma non potevo lasciare
mia madre da sola ad affrontare tutto questo, non potevo non provare a
renderla felice con quel che potevo.
Passai le dita
sotto agli occhi per asciugare la pelle dalle lacrime che volevano
venir fuori prepotentemente. Ricordai di avere dei fazzoletti in borsa
che cercai di afferrare tra il caos di cianfrusaglie che
c’era. Ripulii dal mascara colato gli occhi,
aiutandomi con uno specchietto e prima che potessi rimettere tutto a
posto nella borsa, un husky dal pelo bianco e grigio
cominciò a saltare sulle mie gambe scodinzolando. Per la
sorpresa mi volò via lo specchietto. Adoravo gli animali ed
in particolar modo i cani, quindi non potei fare a meno di accarezzarlo
e concedergli le coccole che mi chiedeva.
- Ciao
cucciolo… - dissi intenerita dai suoi occhi ghiaccio.
Aveva un
guinzaglio nero al collo che penzolava tra le sue zampe. Mi guardai
attorno per cercare il presunto padrone che se l’era fatto
scappare rigettando in borsa lo specchietto.
- Jack! Jack
bello dove sei? Jack!
Mi alzai di
istinto afferrando il guinzaglio di quello che capii chiamarsi Jack.
Cominciai a guardarmi intorno quando con mia sorpresa avvistai il
padrone.
- Non ci posso
credere…
- Mi sa che
è destino allora!
Harley si
avvicinò lentamente e prima che potessi cedergli il
guinzaglio si calò a salutare il suo cane con delle carezze.
- Jack
è affettuoso. – disse rivolgendosi a me come a
giustificare il gesto del cucciolo.
- Nessun
problema, adoro i cani! – risposi con un sincero sorriso,
passando nelle sue mani il guinzaglio mentre si rialzava da terra.
- Credo che tu
gli piaccia parecchio! – disse divertito osservando Jack
farmi le feste.
- E’
davvero meraviglioso. Quanto ha?
- Il prossimo
mese farà un anno e mezzo.
- E’
un cucciolo… - sussurrai mentre Jack si lasciava accarezzare
dalle mie dita che sprofondavano nel suo pelo.
- Come mai
qui? Aspetti qualcuno?
- No, no. Sono
sola. Avevo voglia di stare un po’ all’aria aperta.
- Ti va
di… passeggiare?
Harley quella
mattina pareva più bello del solito. Forse era la luce del
sole che sembrava illuminargli gli occhi. Il suo volto era solare e le
sue labbra sempre distese in un caldo sorriso. Avvampata da un leggero
imbarazzo abbassai lo sguardo.
- Si,
perché no!
Iniziammo a
camminare lungo i sentieri del parco, seguendo Jack che
schizzò avanti entusiasta.
- Come va alla
caffetteria? L’ultima volta che ci siamo incontrati per caso,
era accaduta quella sfortuna…
- Mike, il
titolare, è ancora sotto shock. Lui è un tipo
abbastanza suscettibile e questa cosa ancora non gli passa!
La luce
brillante del sole filtrava tra le foglie degli alberi ancora un
po’ ingiallite, creando un magico gioco di colori. Qualche
fiore qua e là cominciava a spuntare tra l’erba
fitta, tinteggiando di colore le distese di verde. Camminavo catturando
con lo sguardo tutti quei dettagli, forse per non imbattermi nei suoi
occhi oppure semplicemente per seguire il percorso del parco.
- Mi dispiace.
In passato hanno derubato anche casa mia. Presero di tutto, televisori
e oggetti di valore. So che significa, si ha sempre il
terrore che questo possa riaccadere.
- Abiti qui
vicino? – chiesi approfittando per conoscere qualcosa in
più di lui.
- Si, non
lontano da qui.
Dopo qualche
secondo di imbarazzo mi decisi a parlare.
- Parlami di
te! L’altra volta risposi solo io alle tue domande…
- Cosa ti va
di sapere? – chiese sorridendomi. Abbassai lo sguardo
impacciata cercando di riformulare le idee.
- Non so. Mi
chiedesti della mia canzone preferita dei Coldplay, la tua qual
è?
- Senza dubbio
Lovers in Japan!
-
Perché? – sussurrai.
- Le parole di
quella canzone spesso mi sembrano così vicine a quella che
è la mia vita! – disse scuotendo leggermente la
testa e socchiudendo gli occhi a causa della luce del sole che ora
abbagliava proprio di fronte a noi. Arricciò le labbra e
passò una mano tra i capelli, per risistemare le ciocche
ribelli che scesero sul suo volto.
- E
com’è la tua vita? – chiesi incuriosita
cercando di non essere invadente.
Harley
titubò un po’ sorridendo e seguendo con lo sguardo
Jack. Aggrottò la fronte e, con la mano libera dal
guinzaglio, prese ad accarezzarsi lentamente la barba rada. I suoi
occhi, per pochi secondi, erano come persi in qualcosa che io non
riuscivo a vedere, qualcosa di invisibile, qualcosa che, probabilmente,
esisteva solo nella sua mente.
- Beh, potrei
definirtela in breve come “ricca di passioni”.
– disse dopo aver emesso un sommesso sorriso.
Voltò
il viso e mi guardò; le sue iridi erano illuminate dalla
luce dei raggi del sole. Il verde giocava ora con il color miele e lo
sguardo profondo si assottigliò quasi a diventare misterioso
e sensuale. Mi guardava come per ammaliarmi, i suoi occhi mi
incatenarono facendomi arrossire lievemente. Ma forse era solo la luce
che gli dava fastidio.
- E quali sono
queste passioni? – gli chiesi staccandomi da quella presa
visiva e abbassando repentinamente lo sguardo sui miei passi.
- Amo la
fotografia. Non sono un professionista, non ho mai studiato. Ma mi
diletto con la mia macchina fotografica. Poi adoro Jack –
sorride guardandolo – e… il giardino di mia nonna!
Incuriosita
non potei fare a meno di chiedergli a riguardo.
-
Cos’ha di speciale? Non fraintendermi, non è per
sminuirlo… - sussurrai titubante.
- E’
la passione stessa con cui lei lo cura e come lo ha sempre fatto.
– sembrò riflettere un istante tra i suoi pensieri
- Il profumo, ecco! Amo il profumo di quel giardino.
- Le fai
spesso visita quindi?
- In
verità abita con me e Amélie. Teoricamente potrei
anche presentarlo come il giardino di casa mia, ma se ne è
sempre occupata mia nonna Yvonne.
- Yvonne,
è davvero un bel nome! – affermai convinta.
- Mia nonna
è francese. Si trasferì qui a Londra dopo il
matrimonio con un alto e aitante militare, mio nonno. – le
sue labbra si distesero leggermente a quel ricordo.
- E il tuo
nome, invece?! I tuoi sono amanti delle moto?
Il suo sguardo
si incupì di colpo. Qualcosa l’aveva toccato per
un paio di secondi e portò la mano al mento accarezzandosi,
come prima, la barba.
- Ti va un the?
Mi prese
completamente alla sprovvista. Mi osservava con un pizzico di
malinconia sul volto ma mi sorrise come se nulla fosse.
- O una
cioccolata?
-
Ehm… Vogliamo passare in caffetteria? – chiesi
senza rendermene conto di aver accettato nell’immediato.
Mi piaceva
stare con lui e non volevo che quegli istanti terminassero. Sembrava
come se non pensassi più a nulla con razionalità.
Io, la persona più razionale di questo mondo… Era
una strana sensazione. Non riuscivo a capire se era lui o
ciò che io ero con lui. I dubbi mi attanagliavano ma ero
incapace di riflettere realmente.
Ci eravamo
fermati e i suoi occhi mi asservirono nuovamente.
- In
verità volevo mostrarti il giardino e farti conoscere mia
nonna Ivonne, se ti va…
Jack
strusciava il suo pelo contro il tessuto spesso e slavato dei miei
jeans mentre la mia mano lo accarezzava istintivamente. Avvampai di
nuovo costretta a prendere una decisione.
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Note:
Eccomi con il terzo
capitolo!!! Spero vi sia piaciuto. Purtroppo vado di corsa ma non
volevo rimandare ancora la pubblicazione. Vi ringrazio di cuore per
aver inserito la storia tra le vostre e un enrome ringraziamento per le
vostre recensioni. Non vedo l'ora di leggerne altre **
Vi ricordo il
link della pagina dove potrete seguire gli aggiormenti e tant altro http://www.facebook.com/PerlaSavvy
Vi mando un
forte abbraccio, Perla ♥
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