And I, I
really like it when the moon looks like a toenail
And
I love you when you say my name
17
Giugno.
Finn tendeva le
braccia al cielo, ringraziando Dio, qualsiasi esso fosse,
perché la scuola era finita. Ed era andata bene, infatti non
gli era rimasta nemmeno una materia, nemmeno l’economia, sua
arcinemica sin da subito. Attendeva con ansia queste vacanze,
è vero, ma attendeva ancora con più ansia
l’inizio del secondo anno di liceo, in cui avrebbe fatto
domanda per la squadra di football e i suoi sogni si sarebbero avverati
tutti. Ormai i discorsi con sua madre andavano a finire sempre sul
nuovo anno che lo aspettava. Carole non sapeva più come
gestire la curiosità del figlio, sapeva che era una cosa
bella e sapeva che lo avrebbe spronato a studiare di più.
«Finnie, sai
che per stare in squadra, oltre che a passare un provino, devi
mantenere i voti alti?»
Finn, con uno sguardo
pieno d’innocenza, interruppe la sua mangiata di noccioline e
guardò la madre, che si sventolava una mano davanti alla
faccia. Purtroppo nemmeno quell’ anno sarebbero riusciti a
permettersi un condizionatore. Finn scrollò le spalle e
annuì.
«No, ma ora
lo so. Grazie mà.»
Carole rise
dell’ingenuità del figlio. Oh, era così
bello aver cresciuto una persona così buona e gentile. Ogni
giorno si chiedeva come avesse fatto a farcela. Guardò Finn
ancora una volta, sembrava voler dire qualcosa, e invece fissava
solamente la nocciolina che aveva appena sbucciato. Carole Hudson
odiava quando qualcuno definiva suo figlio stupido. No, Finn non era
stupido. Era solo un po’… abbastanza ingenuo.
Vedeva sempre il meglio nelle persone e non trovava il pericolo nelle
sue azioni. Finn era bello così, nessuno poteva dire il
contrario. Finn era bello. Lei lo vedeva bello ogni volta, anche di
mattina, quando non diceva nulla se non ‘ohsakhdf’
o ‘mi fai un tè?’.Ma Finn era la sua
benedizione, era così bello averlo intorno. Faceva tornare
la voglia di vivere, di parlare e di fare qualcosa di utile. Ecco,
Carole si sentiva utile da quando Finn aveva imparato a parlare. Aveva
insegnato al figlio a leggere, ancora prima di entrare a scuola e Dio,
era stata la soddisfazione più grande di tutte, sentirlo
leggere sebbene arrancasse. Suo figlio era praticamente la sua vita e
lo adorava ogni giorno di più. L’avrebbe adorato
sempre, ogni giorno, qualsiasi decisione spiacevole avesse preso.
Questo era ciò che una madre faceva: amava
incondizionatamente, come se non ci fosse un domani e quello dovesse
essere l’ultimo abbraccio.
«Mà?»
Chiese Finn, catturando l’attenzione della madre che lo
fissava senza sosta.
«Mh?»
«Ti sei per
caso innamorata di me? Mi fissi senza sosta da cinque minuti
buoni.»
«Potrei dire
la stessa cosa per te e la nocciolina. Sicuro che Santana non sia
gelosa? – chiese lei, ridendo. – E sì,
io mi innamoro di te tutti i giorni.» Si piegò per
dargli un bacio, e gli sorrise.
«Potremo
chiamarlo incesto,
Carole Hudson.»
Carole rise di gusto,
portando la testa indietro e facendo sorridere persino Finn che la
guardava. Avrebbe voluto avere una cosa sola che sua madre aveva: la
sua forza. Sua madre era una forza della natura. Sebbene
quest’ultima ci avesse provato a buttarla giù,
sebbene ci fosse quasi riuscita, lei si era rialzata, aveva attutito la
caduta e si era fatta forza. Quello che lui era, era solamente grazie
alla sua mamma, e mai avrebbe pensato di dirlo ma doveva
perché oltre a sentirsi quasi in obbligo era pura
verità: sua madre, ogni giorno della sua vita, era il suo
eroe. E nonostante di tanto in tanto fosse imbarazzante, sua madre
l’aveva cresciuto e reso la bella persona che oggi era.
13
Luglio
Santana voleva andare
al mare, eppure sapeva bene di doversi accontentare di qualcosa molto
vicino ad un lago o un fiume, ecco. Bastava fosse acqua. Bastava
sentirsi libera, mentre nuotava. Uno stagno, un fiume, un
lago… persino una piscina, sebbene fosse allergica al cloro:
aveva bisogno di sentire fresco e questa volta non bastava il
condizionatore a farla sentire meglio. Uscì di casa,
dirigendosi con l’asciugamano verso la piscina. Finn aveva da
fare: lui e Noah passavano tutto il tempo ad allenarsi col loro nuovo
amico, un vecchio amico, Mike Chang. Erano tutti intenzionati ad
entrare in squadra. La latina era sicura ci sarebbero entrati tutti e
tre, perché li aveva visti giocare e di recente anche quelli
‘professionisti’ e non c’era molto
distacco tra Finn e l’attuale quarterback della squadra, Sean
Merthur. Sapeva che il suo ragazzo ce l’avrebbe fatta e poi
loro si sarebbero visti la sera, come ogni sera da tutti quei mesi che
aveva smesso di contare in cui si trovava felice ogni volta che
poggiava la testa sul cuscino. Era una sensazione di casa, quella che
la felicità aveva. Una sensazione che si prova poche volte
nella vita e lei voleva godersela a pieno, amando ogni giorno di
più Finn Hudson, che le riempiva di amore il cuore, come se
non ci fosse un domani. Lo amava in quella maniera, come fossero un
otto capovolto, quella parola che, però Santana non avrebbe
mai detto, perché era come vedere un gatto nero attraversare
la strada. Tutto quello che vide, però fu Brittany. Brittany
col suo sorriso contagioso, Brittany con la quale usciva tutti i
giorni, Brittany e i suoi folti capelli biondi che ornavano un visino
carino con gli occhi blu e le lentiggini. Brittany che era
così carina ai suoi occhi e ancora, Santana, non aveva
capito perché non avesse un ragazzo. Si rendeva conto di
essere stata cattiva in passato, noiosa e spesso lamentosa, ma in cuor
suo sapeva di meritare Finn, perché aveva saputo aspettare
la persona giusta e aveva portato pazienza, tanta tanta,
così sapeva di meritarselo ed era felice, finalmente. Ma si
sentiva finalmente felice anche quando incontrava Brittany…
e confusa. Sì, confusa quando la vedeva. Sapeva che era come
la sua migliore amica, ma si sentiva confusa, perché quando
la vedeva sentiva la vista offuscarsi, come se stesse guardando il sole
e provava una certa cosa, che forse può essere classificata
come ansia, prima di vederla. Era ansiosa di incontrare Brittany.
«Ciao,
principessa!» Salutò Santana, agitando la mano
quando fu davanti a lei. Si erano messe d’accordo per
telefono per incontrarsi all’incrocio ed andare in piscina
assieme. Finn adorava Brittany, adorava il fatto che, finalmente, anche
Santana avesse delle amiche. Perché sapeva che in fondo, lei
stava male sapendo di non avere nessuno al suo fianco che non fosse
Javier o Marisol o addirittura i suoi amici.
«Pensi
davvero che io sia una principessa, San?» Chiese lei, con un
musetto da cucciolo, al quale Santana non poté resistere e
sorridere.
«Sei
talmente speciale che sei un unicorno,
BriBri.»
Fastidiosissima, si
ripeteva, mentre ascoltava le sue stesse parole uscire fuori dalla sua
bocca senza nemmeno poterle fermare. Dio. Patetica.
Cos’era quello che stava provando per la ragazza che era
solamente sua amica?
«Oh,
Santana, mi hai detto una cosa bellissima!» Brittany si
avvicinò alla ragazza e la strinse in un goffo abbraccio,
mentre i pensieri di Santana volavano lontani, come la sua mente.
Doveva assolutamente farsi un bagno freddo e rinfrescare le idee,
perché la conclusione alla quale stava arrivando era tanto
patetica quanto assurda e non poteva nemmeno un secondo pensare di far
male a Finn, il suo piccolo e dolcissimo Finn Hudson che ora stava
allenando per portare a termine quello che era il suo sogno.
8
Agosto.
«Hai
fame?» Chiese Finn, buttato sull’amaca
diligentemente legata all’albero di limoni e quello arance.
Sebbene fosse il giardino di Finn, Santana adorava stare lì.
In ogni stagione. Sia che fosse inverno nel quale si stringeva in una
coperta calda leggendo un libro o studiando – ma finendo
sempre per addormentarsi – sia in estate, dove stava
all’ombra e dondolava, dondolava, dondolava come se fosse la
cosa più divertente al mondo. Però la sua
stagione preferita era senza dubbio la primavera, perché
l’arancio fioriva in quel periodo e l’odore dei
fiori che produceva era droga per lei. Era successo che, durante le
vacanze di primavera, Finn e Santana fossero rimasti lì,
fuori al freddo primaverile, a dormire fuori. Tranquilli. Infilati
dentro un sacco a pelo, raccontando storie, le più stupide
quando quelle serie terminavano. A farsi mille risate e a guardare le
stesse cospargersi come polvere sul cielo.
«Cosa
c’è da mangiare?» Chiese lei, che invece
era buttata sull’erba fresca, strappandone un ciuffo di tanto
in tanto e solleticandosi il naso, come fosse una perfetta campagnola a
suo agio in campagna. Quello era il suo posto preferito, per quello era
così a suo agio, sebbene non fosse casa sua. Tutti avevano
un posto e un momento preferito. Il posto preferito di Finn era il
campo la notte, d’inverno. Quando alle sette già
c’era buio e il freddo creava le nuvolette bianche quando
respiravi.
Il cuore martella nel petto e tu
stai facendo il tuo ultimo perfetto tiro, prima di tornare a casa a
raccontare tutto alla mamma. Uno, due, tre –
conti, risparmiando più fiato che puoi affinché
il tiro esca perfetto come vuoi tu. – ora! – ti
spingi a tirare caricando tutta la forza nel tuo unico braccio destro.
– touchdown!
Hai vinto tutto, sei il padrone del mondo. La tua squadra, sebbene in
allenamento, ha vinto la partita contro l’altra fazione di
squadra! Sei una forza e sorridi.
No, il momento
preferito di Finn, però non era quello. Era quello che
c’era prima di ogni partita, anche quella alla tv. Quelle in
cui l’ansia di vincere ti assale, si impadronisce di te e ti
rende schiavo del risultato dell’agonismo.
L’orgoglio e la forza ti scorrono nelle vene e non puoi fare
altro che assecondarlo, dando il massimo. Il suo momento preferito era
quando i tacchetti delle scarpe toccavano l’erbetta
così soffice, pronta per accogliere il suo nuovo vincitore.
Il suo momento preferito era quando il coach dava la carica, pronto a
vederlo fallire solo per potergli togliere il ruolo che da una vita
aspettava. Il football era in generale il suo momento preferito,
perché era davvero fatto di momenti.
Quello di Santana,
invece, era quello prima di svegliarsi. La sensazione che le dava la
pienezza di aver fatto un sonno completo, sebbene fossero solo le sette
e dovesse alzarsi per andare a scuola. Adorava sentirsi riposata e
adorava alzarsi con questa consapevolezza: era pronta per
un’altra giornata intera, in un posto dove, la maggior parte
dei visi, erano amici. Ovviamente questo momento si verificava una
volta ogni mai, perché Santana odiava svegliarsi presto,
andava a letto mediamente nell’ora giusta, ma non era mai
sveglia abbastanza.
«Panino col
tonno!» Disse Finn, che osservava da fuori ciò che
sua madre stava preparando per la merenda.
«Okay.
Quello di tua madre tanto è la fine del mondo.»
«Ma le
cheerleader non dovrebbero stare tipo perennemente a dieta?»
Chiese Finn, osservandola mentre lui era saltato in piedi.
«Andiamo…
è un panino al tonno. Credi davvero che io possa rifiutarlo?
Inoltre è di Carole Hudson. E’ la fine del
mondo.» Esclamò lei, attorcigliandosi una ciocca
di capelli intorno al dito indice, senza osservare Finn. Come faceva
quasi sempre. Non lo guardava, quando doveva dire qualche cretinata.
Aveva paura di ridere troppo in fretta così tutto lo scherzo
sarebbe passato e non avrebbe più fatto ridere.
«Mio Dio,
quanto ti amo!» Esclamò Finn, con troppa enfasi,
prima di diventare paonazzo e rendersi conto di quello che aveva detto
senza realmente rendersene conto. Portò le mani sopra la
bocca, arricciando il naso, quando Santana alzò lo sguardo
su di lui, due occhioni castani sbarrati che lo osservavano consci di
quello che il ragazzo le aveva appena detto.
«L’hai
sentito?» Chiese, mentre lei avanzava verso di lui, tenendo
lo sguardo fisso sui suoi occhi.
«Ti prego,
sta zitto e non rovinare tutto.» Gli prese il viso tra le
mani, baciandolo dolcemente. Anche lei lo amava. Lo amava tanto, con
tutto il cuore. Tanto che pensava che sarebbe presto scoppiata con
tutto quell’amore che aveva in corpo. Non pensava di poter
amare così tanto, ma lo faceva. Finn Hudson le aveva rubato
il cuore. Il bacio fu uno di quelli intensi e Finn credette di non
averne mai ricevuti di così belli e forse aveva fatto bene a
farselo sfuggire, perché le labbra di Santana erano
così morbide e dolci.
«Oh, anche
io Finn. Un sacco.» Esclamò lei, allontanandosi
brevemente dal viso del suo ragazzo che amava alla follia.
Carole si
allontanò dalla finestra e rivolse uno sguardo veloce al
soffitto – un gesto più mistico di quello che
sembrava, per la madre del ragazzo che fuori in giardino cresceva a
dismisura, senza che lei se ne rendesse pienamente conto. –
sussurrando un grazie che valeva più di mille altre parole.
Non sapendo che era qualcuno lassù a ringraziare lei,
qualcuno a lei molto vicino, che la ringraziava per aver badato al loro
bambino, qualcuno che li proteggeva entrambi amandoli a dismisura ogni
giorno e rammaricandosi un po’ per essere andato in quel
posto con troppo poco preavviso, rammaricato perché avrebbe
voluto viversi quei momenti con la sua famiglia.
I love the sound of violins
And making
someone smile.
* corymonteithisjfhjdjhf *
Ecco, l'ho detto.
Cioè, ma avete visto le foto dei cca? dear lord! E poi sono
uscite nuove foto di Jon Groff e lo scrivo perché colei che
mi ha betato ( grofflicious ) è stra fan. Andate a cercarvi
le sue ff se siete le la st.berry, migliori delle sue non se ne trovano
con quella ship. Oibò, ad ognuno il suo.
Non lo so, non si toglie il robo per il corsivo, mi sto irritanto e
sinceramente non ho voglia di stralunarmi. LOL.
Ci ho messo una vita più un'altra vita a postare
perché non avevo voglia di sedermi seramente al computer per
scrivere qualcosa di decente. Mettiamola così, sono un po'
svogliata, in questo periodo, ecco...
Comunque nulla, voglio ricordare a tutti coloro che mi seguono che
questo capitolo è scritto mentre io sto male, quindi se
dovesse risultare un po' bruttino è per quello. Io non ci
faccio affidamento, tanto XD Quindi nulla... ugh, quanto sto parlando
oggi... Vi mollo! Grazie a tutti per tutto, anche solo per il tempo che
passate a leggere questa ff, siete tanto amore.
♥
Ps: tieniti stretto quel pezzo, Rob. E' scritto pensando a te. Ti
voglio mazzi bene. ( detto alla sarda, quanto sono simpatica oggi?)
Ciao, ciao. ♥
Pss: thanks to Nick
Jonas, The Jonas Brothers and Camp Rock per la canzone che ho
uttilizzato. Se volete sentirla, si chiama Introducing Me, from Camp
Rock 2!
Nick è un
simpaticone in quella canzone! YAY!
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