Andata
Erano le otto e la radiosveglia sul comodino di Giorgia si
azionò improvvisamente spandendo nella stanza la voce di
Samuele Bersani. Giorgia tentò inutilmente di spegnerla a
tentoni, costringendosi ad aprire gli occhi per allungare un dito sul
tasto OFF.
Si alzò in piedi sospirando e spalancò la
finestra della sua stanza: il sole splendeva nel cielo e l'aria di quel
mattino di inizio maggio era già calda. Affacciata al
davanzale ripensò a quanto amasse quel piccolo appartamento
all'ultimo piano: era proprio un'oasi di pace nella caotica Roma.
Giorgia amava la tranquillità di quel posto…
anche se aveva sperato davvero di vedere quella pace solitaria
interrotta da Simone.
Sospirò ancora, quando si accorse di stare pensando a lui
per l'ennesima volta; si erano lasciati da meno di una settimana e
qualunque cosa vedesse glielo ricordava: le presine bruciacchiate che
lui lasciava sempre troppo vicino ai fornelli, il cassetto semivuoto
del mobile del bagno, la mancanza del rasoio elettrico sulla mensola...
dovunque posasse lo sguardo c'era qualcosa che le ricordava che non
solo Simone non si sarebbe mai trasferito definitivamente da lei, ma
che era proprio finita.
Il suono di una sirena la distrasse dai suoi pensieri tristi,
riportandola alla realtà e alla giornata di lavoro che
l'attendeva. Il suo ufficio, al centro di Roma, dipendeva
dall'assessorato alla cultura della Capitale; l'agenzia in cui era
stata assunta un anno prima era nota per i suoi eventi mondani in
occasione dell'apertura dei nuovi siti archeologici e per la cura che
metteva nei restauri.
- Buongiorno! - Esclamò entrando nel proprio ufficio, che
divideva con due colleghi.
Si sedette alla scrivania e, come al solito, si dedicò a
leggere le mail in arrivo.
La prima era scritta in un intenso verde smeraldo e riconobbe il
mittente senza doverlo nemmeno leggere: Elisabetta era solita scrivere
nei colori più assurdi solo per il gusto di essere
alternativa:
"Ciao Giorgia! Oggi ho il turno al pomeriggio, ho dormito finora!
Adesso mi faccio un giro in bicicletta al parco e poi vado a fare un
salutino ai bambini. Fammi sapere quando ti va, mi prendo due giorni di
ferie e ce ne andiamo al mare a Ostia per uno dei nostri weekend di
chiacchiere e relax! Bacio. Tua Elie. "
Giorgia sorrise tra sé: l'idea di due giorni di mare senza
pensieri e con la compagnia della sua migliore amica sarebbero stati un
vero toccasana per i suoi nervi tesi e il suo cuore spezzato.
In quel momento - ma forse da quando si erano conosciute - l'unica
persona di cui Giorgia sentisse il bisogno era proprio Elisabetta.
Peccato che fosse a cinquecento chilometri di distanza e con una lista
infinita di impegni ad occuparle la giornata.
Si ripropose di telefonare alla sua amica durante la pausa pranzo e
tornò a leggere le mail. Non aveva ancora finito quando la
segretaria si affacciò alla porta.
- Ha chiamato il capo. Devi andare subito da lui. -
Giorgia si alzò in piedi, specchiandosi nell'anta di vetro
della libreria e cercando di ignorare la stretta che le chiudeva lo
stomaco: era lì da solo un anno, non poteva già
aver ottenuto una promozione. E se avesse combinato qualcosa di
sbagliato?
Mentre si avviava all'ascensore pensava agli ultimi lavori che le erano
stati affidati: non era mai successo niente di strano, o per lo meno
niente che potesse giustificare una convocazione così
improvvisa.
Salì al quinto piano del palazzo con il cuore che batteva
impazzito.
- Buongiorno, sono la signorina Assisi. - Disse Giorgia alla ragazza
all'ingresso.
- Buongiorno a lei, miss, mister Scotti la sta aspettando. -
Cinguettò la ragazza.
Le fece cenno di entrare e la scortò fino all'ufficio
privato del responsabile, chiudendole la porta alle spalle. Giorgia si
ritrovò da sola nel grande ufficio dai mobili scuri, ferma
su un folto tappeto davanti a una enorme scrivania coperta di fascicoli
e piccoli oggetti d'arte. Il capo, un uomo stempiato sulla cinquantina
vestito con un completo dall'aria molto costosa, era seduto su una
grossa poltrona di pelle al di là del tavolo e la guardava
da sopra le mani intrecciate. La stava soppesando con un'aria di tale
superiorità che Giorgia sentì una punta di
irritazione sostituirsi al disagio.
"Se continua a guardarmi come se fossi un pezzo di carne da comprare o
no, mi giro e me ne vado."
Combattendo contro il suo istinto, però, si forzò
di sorridere.
- Aveva chiesto di vedermi? - Domandò.
- Sì, Assisi. Siediti pure. -
A disagio, Giorgia si sedette su una delle grandi poltrone di fronte al
suo capo, sentendosi molto piccola e molto fuori posto in quell'ufficio
elegante.
- Ascoltami con attenzione. Un'organizzazione culturale della
città di Monza ha chiesto una consulenza per una mostra
all'aperto. Tu conosci già l'ambiente e hai affiancato
diverse persone nell'organizzazione delle mostre. Credo che sia ora di
farti provare da sola. -
- Io… io non so che dire… - Disse Giorgia,
incerta: non aveva nemmeno capito bene di cosa si trattava.
L'unica cosa che le martellava in testa era la parola "sola". Provare
da sola. Una mostra curata interamente da lei. L'idea la faceva
sciogliere dalla contentezza.
Il capo riuscì a leggere quello che stava pensando
dall'espressione stupita e felice dipinta nei suoi occhi,
perché si lasciò andare ad un vago sorriso.
- Emily ti manderà via posta elettronica tutto il materiale
in mattinata, le date e i numeri dei responsabili. Attenderò
la sua conferma per il primo pomeriggio. - Disse. - Ma le dico subito
che rifiutare non sarebbe una mossa intelligente. -
Giorgia si alzò, salutando educatamente, e tornò
nel suo ufficio.
Solo quando fu seduta sulla sua sedia girevole azzurra si rese conto di
quello che le era stato proposto: organizzare una mostra da sola. Era
la sua occasione, non poteva sprecarla.
Il trillo della posta elettronica attirò la sua attenzione e
quando si allungò per prendere il mouse lo sguardo le cadde
sulla tartarughina di ambra marrone che Simone le aveva regalato per
Natale: la usava come fermacarte per i biglietti da visita e in pratica
doveva prenderla in mano duecento volte al giorno.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto mentre il pensiero di Simone
si sovrapponeva alla voglia che aveva di cambiare aria, di voltare
pagina. Tornare a casa le avrebbe fatto bene e chissà,
poteva anche essere l'occasione per rivedere Elisabetta: per una volta
sarebbe andata lei a trovarla e non il contrario.
La mail arrivava direttamente dal suo capo e conteneva tutti i dettagli
del lavoro che le sarebbe stato affidato: l'idea era quella di una
mostra di giovani talenti tenuta nel centro storico della
città.
Giorgia sapeva che se si fosse fermata a pensare ai pro e ai contro di
quella situazione avrebbe perso un sacco di tempo. O, peggio, avrebbe
rinunciato: Monza era una città che detestava e non le
piacevano i giovani pittori, troppo spesso cercavano di vendere delle
croste facendole passare per elevati capolavori d'arte concettuale.
E poi, se Simone avesse deciso di tornare da lei, lei non ci sarebbe
stata.
Lo sguardo le cadde di nuovo sulla tartarughina d'ambra e si disse che
era abbastanza da stupidi sbattere la porta in faccia a una proposta
così interessante e promettente solo per la remota
possibilità di vedere ricomparire alla sua porta un ragazzo
che le aveva detto con molta chiarezza di "non provare più
per lei le stesse cose di un tempo".
Alzò la cornetta e chiamò il centralino per farsi
passare l'ufficio del capo.
- Pronto, signor Scotti? - Disse tutto d'un fiato, quando la voce
burbera dell'uomo rispose al telefono. - Sono Assisi. Accetto il
lavoro. -
Ho scritto questa storia alcuni anni fa, quando io e la mia migliore
amica
eravamo in piena crisi universitaria post-maturità:
scegliere a diciotto anni la strada da percorrere per la tua vita non
è facile.
Quindi questa storia è dedicata a lei, la mia meravigliosa Fra, e anche a tutti quelli che
sono su EFP
invece che sui libri per la maturità.
Spero che questo
incipit vi sia piaciuto.
Grazie di aver letto, alla prossima!
Bacibaci
Flora
|