Epilogue
Se
avesse
mai potuto scegliere qualcosa da far sparire dalla faccia della terra,
Celine
avrebbe senz’altro optato per il campanello.
Era
un
oggetto così fastidioso e così inutile, che
probabilmente la sua dipartita
avrebbe reso felici milioni di fanciulle che, come lei, erano costrette
a
sopportare altrettanti individui come Julian.
Non
ne
poteva davvero più, di trovarselo in mezzo ai piedi, giorno
e notte. Ancora un
po’ e le sarebbe toccato presentargli una diffida. Certo,
l’avrebbe licenziata
e sarebbe stato un casino, ma per lo meno si sarebbe tolta di torno la
sua
presenza fastidiosa.
Gli
aveva
ripetuto circa un miliardo di volte che era fidanzata con Harry e che,
pertanto, non era interessata affatto ad approfondire la loro
conoscenza, se non
il tento necessario che ci si aspettava in un rapporto datore di
lavoro/affittuario e dipendente/sfigata che paga l’affitto.
Julian
continuava a ripeterle, imperterrito, che Harry non andava affatto bene
per
lei, visto che erano sei mesi che non si faceva vedere e che, comunque,
la
differenza d’età tra di loro era assolutamente
incolmabile.
Celine
aveva rinunciato a spiegargli che il motivo per cui Harry non era
lì accanto a
lei era il tour mondiale che stava seguendo con i One Direction:
dopotutto, quando
uno è stupido, è stupido.
E
Julian
era molto stupido, perciò parlare con lui era fiato sprecato.
Sospirò:
erano passati già sei mesi, dall’ultima volta in
cui aveva visto Harry, ed era
inutile dire che le mancava da morire e che, ormai, pensare di stare
senza di
lui era diventato quasi insostenibile.
Si
sentivano spesso tramite telefono, quasi tutti i giorni, ma Celine
avrebbe dato
qualsiasi cosa per poterlo baciare o abbracciare, o anche solo mangiare
un po’
di biscotti con lui.
In
ogni
caso, Harry la sera prima le aveva garantito che sarebbero tornati
presto e che
avrebbero avuto un lungo periodo di pausa. Celine aveva sorriso e gli
aveva
detto che, forse, gli avrebbe concesso un appuntamento.
Anche
se
a quel punto, in effetti, avevano superato da un po’ la fase
del primo
appuntamento. Ma una promessa era una promessa, e lei era una di quelle
persone
che mantenevano sempre la parola data.
Il
suo
umore migliorò nettamente, quando il telefono
cominciò a squillare e sul
display comparve il nome di sua sorella Lottie.
Si
affrettò a rispondere, perché non la sentiva da
un paio di giorni e le era
mancata terribilmente.
«Piccola!
Come stai?» domandò, senza neanche dare a Lottie
il tempo di salutarla.
«Benissimo. Ho appena mandato mamma al
diavolo, credo di non essermi mai sentita meglio!»
cinguettò Lottie,
entusiasta.
Celine
rise e alzò gli occhi al cielo.
«E
Zayn?»
«È qui con me. Ti saluta.»
«Ed
Harry…?» domandò, un po’
più circospetta.
«Non lo so, è uscito, credo. Raggio di
sole,
sai dov’è Harry?» ci fu
qualche istante di silenzio, in cui Celine attese
con trepidazione, dopodiché Lottie mugugnò un
“mmm” e ridacchiò.
«Zayn dice che non lo sa, ma ho come
l’impressione che stia sparando una cazzata di dimensioni
epiche. Vero,
pasticcino?» Zayn sibilò qualcosa che
Celine non riuscì a comprendere,
dopodiché ci fu una breve colluttazione – o
almeno, era quello che sembrava – e
cadde la linea.
Un
po’
perplessa ma non troppo sorpresa, si ripromise di chiamare Lottie
più tardi,
per cercare di capire, ancora una volta, cosa ci fosse di tanto
sbagliato nel
suo cervello.
«Povero
Zayn.» sussurrò, prima di scuotere la testa con
aria divertita e dirigersi
verso l’ingresso.
Nemmeno
a
dirlo, il campanello aveva cominciato a suonare.
Ormai,
a
dire la verità, cominciava quasi ad abituarsi a quel suono
fastidioso. Anzi,
era più che fastidioso: era semplicemente odioso, ma dopo un
po’, si era
rassegnata al fatto che Julian non le avrebbe dato scampo.
Sembrava
quasi che non fosse in grado di afferrare il concetto di giorno libero.
Non era
così difficile, dopotutto. Due semplici parole, di
altrettanto semplice
significato.
Ma
evidentemente non c’era da sperarci troppo. La deficienza di
Julian doveva
essere incurabile.
«Minchia,
che odio.» borbottò, già nervosa al
pensiero che avrebbe passato la prossima
mezz’ora a spiegare a quell’individuo stupido che
Harry era in tour e non in
giro a raccogliere margherite.
Non
si
prese neanche il disturbo di guardarsi allo specchio, perché
tanto non ne
valeva la pena: Julian era attratto da qualsiasi essere vagamente
respirante e,
di sicuro, le avrebbe dato il tormento anche se avesse avuto i baffi,
un
cespuglio al posto dei capelli e un fantastico monociglio.
Un
sospiro per raccogliere la poca pazienza che aveva a disposizione,
dopodiché
aprì la porta.
«Hai
visto un fantasma?»
Harry
sorrise, poi, senza attendere nemmeno un secondo, afferrò
Celine per i fianchi,
la attirò a sé e la baciò a lungo,
come se volesse recuperare tutti i momenti
in cui non le era stato accanto.
Celine,
ancora troppo sorpresa per reagire in maniera decente, si
limitò a ricambiare
il bacio con trasporto e a circondare il collo di Harry con le braccia.
Quando
si
separarono, entrambi ansanti e con il fiato corto, si sorrisero.
«Ammettilo…»
mormorò Harry, mentre si incamminava lungo il corridoio,
diretto alla cucina.
Ormai, si muoveva in quella casa come se gli appartenesse,
pensò Celine, senza
sapere bene come sentirsi. Imbarazzata? Stizzita? Al momento non le
veniva in
mente nient’altro che la felicità.
Perciò
lo
seguì, anche se in teoria lui avrebbe dovuto seguire lei, e
lo osservò mentre
afferrava la caffettiera dal pensile e cominciava a riempirla con
l’acqua.
«Pensavi
fossi quello scemo.»
«Chi
è
quello scemo?» domandò Celine, confusa. Poi,
guardando per bene Harry e la sua espressione
infastidita, comprese.
«Julian?
Oh, no. Non viene mai a quest’ora. In genere arriva verso le
cinque, le sei.»
spiegò, con l’aria risaputa di chi, ormai, ha
imparato alla perfezione le
abitudini di un’altra persona.
Harry
rimase stoicamente in silenzio, apparentemente concentrato sulla
caffettiera,
che aveva appena messo sul fuoco.
Celine
si
perse per un istante ad osservare la linea sinuosa della sua schiena,
le spalle
ampie e gli avambracci muscolosi scoperti.
Si
alzò e
lo abbracciò, perché aveva bisogno di un
po’ di contatto con lui, dopo quei sei
mesi in cui il tour li aveva tenuti lontani. Harry sospirò,
le accarezzò la
guancia con dolcezza e si inchinò in avanti per baciarla.
«Quel
tonto non ti troverà a casa, oggi pomeriggio.»
sussurrò, poco dopo.
«Perché?»
«Sono
passati sei mesi, direi che è giunta l’ora che tu
mi conceda quel famoso
appuntamento.»
Un
altro
bacio – il primo di una lunga serie –
dopodiché Celine sorrise.
Harry
era
appena maggiorenne, aveva un sacco di tatuaggi decisamente
antiestetici, era un
cantante famoso e stare insieme a lui probabilmente non sarebbe stato
facile.
Ma
era
irresistibile e tanto bastava.
***
Okay,
eccoci qua. Anche questo è finito.
Spero
non
vi abbia deluso, perché è un po’ corto,
ma davvero avevo in mente di scrivere
qualcosa di semplice, dolce e per niente eclatante.
Se
vi
aspettavate proposte di matrimonio o cose del genere, beh, mi dispiace
di
avervi deluse >.<
In
realtà
non sono un granché soddisfatta, però, boh,
rileggendo, il capitolo non mi
dispiace.
Voi
che
ne pensate? Fatemi sapere, per piacere ^^
Niente,
ho finito.
Vi
ringrazio infinitamente per avermi seguito anche in questa piccolissima
avventura e… spero di sentirvi ancora!
Perciò,
vi ringrazio di cuore per aver seguito, recensito e inserito questa
storia tra
le blablabla. Per avermi contattata su Twitter, Facebook e Ask e anche
solo per
aver sopportato questi pseudo scleri che sono le “note
d’autrice”.
Ultima
cosa, vi informo che la prossima storia che pubblicherò si
intitola “Pretending”
e dovrei pubblicarla verso la fine del mese, quando avrò
terminato “Wedding?
No, thank you.” (se volete leggerla, cliccate sul
link).
Ci
sentiamo presto!
Ah,
se
per caso voleste essere informate sul quando pubblicherò la
storia nuova,
lasciatemi il vostro nick di Twitter , oppure in una recensione. Non
so,
comunque avete capito, dai.
Grazie
mille, siete fantastiche <3
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