A Chiara e ai suoi tre alla
terza anni.
Che tu possa vedere
cento inverni diventare cento primavere!
V PER VENDETTA
SAND
-Gal,
ricordami perché sono qui!
Gal raddrizzò la schiena, approfittò della pausa
per intrecciare di nuovo i lunghi capelli rossi, e sospirò,
alitandosi sulle dita.
-Per mettere a posto il magazzino prima che arrivi il nuovo carico di
sementi. E ci dobbiamo anche dare una mossa, se non la smetti di
lamentarti sicuramente i barili non si metteranno a posto da soli!
-No, intendevo: perché sono in questo posto freddo, a morire
di freddo, a farmi il culo al freddo e destinato a non vedere figa mai
più nella mia misera esistenza!
-E i bruti sciameranno a sud, e il corno suonerà tre volte,
e l’inverno sta arrivando, e i draghi torneranno e
scioglieranno la Barriera… cazzo, Sand, certo che quando ti
metti a fare il tragico sei peggio di Edd l'Addolorato!
-Ma cosa vuoi saperne, tu, nemmeno l’hai mai vista una
donna…
Gal alzò gli occhi al cielo, o meglio, al soffitto umido
delle cantine di Castello Nero.
-Ma se sono venuto con te a Città della Talpa non meno di
quindici giorni fa, e le volte prima, e…
-Non è questo il punto. È che tu non sai niente,
Gal.
-E allora? Volete anche il vino e i dolcetti al limone?
Muovete il culo voi due, invece di chiacchierare!
Rogers aveva messo la testa dentro la stanza, e guardava il lavoro
fatto. Si allentò i lacci dell mantello come se fosse
caldissimo; in effetti, sudava.
Sand si chiese come fosse possibile (grasso a parte) che Rogers avesse
sempre così caldo; lui non riusciva a togliersi il freddo
dalle ossa mai,
ed era estate. Era certo che in inverno sarebbe morto.
-Io non dovrei nemmeno essere qui-, borbottò, prendendo un
grosso barile di malavoglia. –Sono innocente.
Rogers ghignò. Aveva tipo dieci denti in bocca, cinque dei
quali erano marci.
-Sand, ma non lo sai che qui siamo tutti innocenti? Chiedi a tutta la
Barriera, non c’è un solo colpevole tra i
confratelli in nero! Lo sai perché sono qui, io?
Fu Gal a rispondere, sospirando. -Perché hai ammazzato tua
moglie, Rogers. Per quello sei qui. Lo sanno tutti.
-E no! Vedi che non sai un cazzo di niente, Gal? Mia moglie si
è suicidata! Dimmi che colpa ne ho io se si è
suicidata!
-Da quando ci si suicida fracassandosi la testa con un martello?
-Quella puttana si è fatta trovare a letto con un altro,
dimmi se non è suicidio farsi trovare mentre ci si fa
scopare da un altro nel mio letto. Quello è suicidio, eppure
guarda, sono finito alla Barriera.
Gal scosse la testa.
-E adesso datevi una mossa, con quei barili! Se vi sento ancora
parlare, vi avviso, è suicidio!
Gal e Sand sbuffarono, ma si affrettarono a sistemare il magazzino.
-Sai cosa ci vorrebbe, dopo questo, Gal?
-Parla piano. Cosa?
-Un bel giro a Città della Talpa. Per toglierci il freddo
dalle ossa.
-Io non ho freddo.
-Quanti soldi hai, Gal?
-Non abbastanza. Tu?
-Nemmeno io. Andiamo?
Gal sospirò.
-E andiamo.
ISBEL
Isbel
sospirò, trovandosi davanti due paia di occhi, verdi e neri,
che la fissavano con sguardo speranzoso e sorriso conciliante.
-Ragazzi, ve l’ho già detto mille volte che quella
era un’eccezione. Un’eccezione. Non potete tutte le
volte venire qui con i soldi per una puttana sola e pretendere di fare
in due!
-E dai, Isbel, la prossima volta paghiamo doppio, promesso…
-Siamo due confratelli in nero, vi proteggiamo da bruti, estranei,
giganti e cose così, non puoi lasciarci lassù a
morire di freddo!
Lei sollevò le sopracciglia. –Ma per favore,
queste cazzate dei protettori lasciatele a…
-E poi alla fine piace anche a te, perché siamo giovani,
belli e vigorosi.
Sand aveva sfoderato il sorriso denominato “faccio bagnare le
donne perché sono un affascinante dorniano”, e
Isbel scosse la testa.
-Per l’ultima volta.
-Ultimissima, promesso!
-E la prossima volta mi pagate doppio.
-Doppio! Assolutamente!
Isbel sorrise e li prese per mano.
Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di dirglielo (anche
perché poi loro avrebbero preteso di scopare gratis), ma
quei due le piacevano tantissimo. Erano davvero giovani,
belli e vigorosi, e in più la loro compagnia era piacevole.
Scopare con loro era come prendersi una pausa, anche se di fatto stava
continuando a lavorare.
Scherzavano di continuo, tra loro e con lei, le raccontavano cose
buffe, si lamentavano di un sacco di cose e quando scopavano si
divertivano un sacco, e facevano di tutto perché si
divertisse anche lei. Che invece di fingere si lasciava andare,
prendendosi cura di loro al massimo delle sue possibilità.
Come questa volta, che stava…
-Per i sette inferi!
Isbel, che aveva la bocca impegnata, quando sentì Sand
fermarsi e imprecare gli rivolse uno sguardo interrogativo. Lui fissava
un punto fuori dalla fessura del paravento, la mascella contratta.
–Che c’è?-, gli chiese, interrompendo
quello che stava facendo. Gal mugolò in segno di protesta.
-Quel grandissimo pezzo di merda… è per colpa sua
se sono finito alla Barriera!
MYCKAR
La
strada del Re era ampia, ben tenuta e priva di pericoli se si aveva una
scorta armata come la sua, formata dai suoi uomini più
quelli di Harwood Glover. Myckar non avrebbe mai pensato di andare
così a nord, ma visto che era stato affidato a lui il
compito di scortare sua sorella per darla in sposa al giovane erede di
Lord Glover, tanto valeva vedere quella Barriera di cui aveva tanto
sentito parlare.
Ora che ci pensava, una volta ci aveva pure fatto spedire un tizio,
alla Barriera. Era stato per quella storia degli smeraldi di Valerya.
Valerya aveva questi occhi verdissimi, che tra la pelle di bronzo e i
capelli neri sembravano davvero due smeraldi, e sua moglie aveva un
paio di orecchini di smeraldi che stavano davvero benissimo a Valerya,
ma invece di accontentarsi e portarli quando scopavano, Valerya glieli
aveva chiesti in dono e lui glieli aveva regalati.
Gli era stato chiarissimo che aveva fatto un colossale errore il giorno
in cui sua moglie aveva cominciato a lamentarsi della scomparsa dei
suoi orecchini. E a cercarli dappertutto. Quella stupida donna non li
aveva mai portati, e adesso che non li trovava sembrava che non potesse
vivere senza; Myckar era stato costretto a farseli restituire da
Valerya, che aveva pure avuto il coraggio di fare l’offesa.
Poi non poteva certo darli a sua moglie come niente fosse,
così era stato costretto dalle circostanze a nasconderli tra
le cose del ragazzo che si occupava della stalla e a ordinare che
fossero perquisiti anche tutti i servitori. Il ragazzo della stalla, un
bastardo che Myckar non ricordava nemmeno più come si
chiamasse di nome, aveva protestato la sua innocenza, naturalmente
senza successo; sua moglie avrebbe voluto farlo giustiziare, ma Myckar
aveva fatto il gesto misericordioso di mandarlo alla Barriera. Gli
dèi non gli avrebbero imputato l’omicidio di un
innocente, e la Barriera era abbastanza lontana da Dorne
perché a nessuno venisse mai in mente di farsi convincere
dell’innocenza del bastardo e rimestare nel torbido.
Insomma, comunque c’era questo bastardo alla Barriera che ci
aveva mandato lui, ma a conti fatto non è che la cosa gli
interessasse più di tanto.
Nel frattempo era calata la notte e gli uomini della sua scorta
l’avevano convinto che era inutile proseguire; avrebbero
fatto sosta a Città della Talpa e sarebbero arrivati alla
Barriera il giorno seguente, in mattinata. La Barriera che lacrima
è uno spettacolo grandioso, gli avevano detto, e poi
Città della Talpa è piena di, hehehe, tesori nascosti.
Quindi si erano infilati in una specie di baracca con una stalla di
fronte e una lanterna rossa sulla porta, ed erano scesi sotto terra. E
Myckar aveva capito dov’erano nascosti i tesori.
GAL
-Adesso
mi vendico per bene: Isbel, vestilo da donna e portalo da lui. Gal, tu
lo distrarrai. Io gli fotto tutto il conio che ha, Isbel lo nasconde, e
lo usiamo per pagarci le nostre scopate alla faccia sua!
-Io cosa?-, cercò di protestare Gal, che era precipitato
dall’estasi al vedersi appioppata una tunica azzurra da
femmina. Sand non lo ascoltò nemmeno.
-Vestilo, Isbel. Sai perché mi hanno mandato alla
Barriera? Mi hanno accusato di furto, e hanno ritrovato gli orecchini
della moglie di quel Lord tra le mie cose. Solo che non li ho mai
rubati, quegli orecchini, io!
-Isbel, perché lo stai facendo? Credevo fossimo amici!
-Per il conio, e perché è divertente. Quindi
pensi di essere stato fregato? Ma come fai ad accusare il Lord? Magari
li ha rubati qualcun altro, gli orecchini, e li ha scaricati a te!
Sand scosse la testa, e li incitò a vestirsi più
in fretta.
-Sai quante volte gli ho sellato il cavallo di notte, o quando la Lady
sua moglie non c’era, perché potesse andare da
quella baldracca dell’amante? Quello mi ha incastrato, te lo
dico io. Ha fatto un casino e mi ha incastrato!
-Ma scusa, Sand, come mai non l’hai detto, quando ti hanno
trovato con gli orecchini?
-Certo, la parola di uno stalliere contro quella di un Lord! E poi mi
è venuto in mente solo verso Approdo del Re…
Gal gemette. -E perché non può andarci Isbel, a
distrarlo?
Sand si girò, i suoi occhi scuri sembravano andare a fuoco.
–Perché voglio vedere la faccia che
farà quando si ritroverà con il tuo cazzo in
mano!-, ringhiò.
-Sand, non credo che sia una buona… Isbel!
Lei gli si era avvicinata con una specie di carboncino nero, e glielo
stava passando attorno agli occhi, con espressione concentrata.
-Guarda che begli occhi che hai, sembrano ancora più
verdi… peccato che non ci sia tempo per una treccia, ma i
tuoi capelli sono bellissimi anche così. Toh, avvolgiti
questo e vieni con me!
Gal si ritrovò con un robo leggero e verdino che
cercò di avvolgersi con poco successo attorno alla testa. Ai
sette inferi i suoi capelli, ai sette inferi i suoi lineamenti, ai
sette inferi…
-Sbrigati! Aspetta!
Isbel gli sistemò il velo. –Che bella figa!-,
ghignò Sand. Si era messo un paio di brache e una camicia
che aveva trovato infilando le mani nel cubicolo di fianco al loro.
-Fanculo, Sand, guarda che non ci metto niente a…
Isbel lo trascinò fuori e Gal tacque, tenendo gli occhi
bassi per la vergogna.
Sono fottuto, pensò, quando la sentì dire
–Mio Lord, permettetemi di offrirvi una primizia; questa
bellezza del nord è tutta per voi.
SAND
Sand
sbirciava nervosamente dalla fessura che divideva il paravento dalla
sala comune, facendosi rigirare lo stiletto tra le dita lunghe. La
parte più difficile sarebbe stata evitare di piantarglielo
tra le scapole; per tutto il resto, doveva ringraziare
l’addestramento dei Guardiani della Notte.
Nonostante Sand si fosse sempre vergognato del suo metodo per mantenere
il sangue freddo, che consisteva nel pensare alle sue azioni da
esterno, come se qualcuno stesse scrivendo un libro sulle sue gesta,
tale metodo aveva sempre funzionato benissimo; lo attuò
anche stavolta.
Sei solo un uomo in mezzo a tanti uomini, si disse. Nessuno
farà caso a te. Avvicinati alla tua vittima, non ti
preoccupare, c’è viavai, bevi un sorso di birra e
ridi. Perfetto. Localizza il suo borsello, eccolo, penzola dalla
cintura, non potrebbe essere in una posizione più favorevole
nemmeno se l’avesse fatto apposta. Tu sei solo
un’ombra, un soffio di vento, un… basta cazzate.
Avvicinati.
Il tuo stiletto è freddo e gelido acciaio affilato, e devi
stare attento che la luce non ci balugini sopra in modo sinistro,
e… abbiamo detto basta cazzate. Non guardarlo nemmeno. Bevi
un sorso dal boccale di birra, appoggia il boccale. Un colpo di polso,
zac! Prendilo al volo! Nascondilo! Ok, non sospirare di sollievo,
è ancora troppo presto…
Il sacchetto di cuoio pesa, bene, devono esserci dentro più
scopate del previsto. Non cedere adesso, continua a muoverti come
niente fosse, non avere fretta, scivola verso il paravento mentre non
ti stanno guardando. La confusione è tua amica, sei solo un
uomo nascosto tra gli altri uomini.
Isbel gli passò accanto, ammiccando a un tizio che aveva
approfittato per palparle il culo. Sand passò velocemente il
sacchettino nelle mani di lei, senza nemmeno guardarla.
Sbirciò verso il centro della sala comune. Gal era sulle
ginocchia del Lord, con un sorriso che sembrava una paralisi facciale.
Il Lord stava cercando di convincerlo a slacciargli le brache e nel
contempo cercava di infilargli una mano tra le gambe.
Sand si infilò dietro il paravento. Doveva fare in fretta,
doveva uscire da lì, Isbel lo aspettava all’uscita
secondaria; si tolse la camicia cercando nel contempo di recuperare gli
abiti neri suoi e di Gal.
Lo distrasse un urlo inferocito.
MYCKAR
Tutto
sommato il viaggio verso nord si era rivelato un buon passatempo.
Sua sorella era stata di umore amabile, aveva commentato che il clima
era un po’troppo freddo ma che non vedeva l’ora di
vedere la neve. Il suo promesso sposo era un ragazzino di sedici anni
con gli occhi azzurri della gente del nord, e a sua sorella era
piaciuto. Myckar avrebbe giurato che Occhi Azzurri, di sua sorella,
aveva apprezzato particolarmente le tette.
Myckar non aveva mai capito tutta questa mania per le tette; a lui
piacevano le donne alte, efebiche, con un culo che sembrasse scolpito
nel marmo. Come Valerya. Le aveva comprato un regalo, nei pressi di
Delta delle Acque: un bel ciondolo a forma di V con delle pietre di
luna, che sarebbero state così bene sulla sua pelle bronzea.
Poi, siccome agli uomini della scorta aveva detto che sarebbe andato a
prendere un dono alla moglie, gli era toccato prendere un ciondolo
anche a lei. Li aveva messi entrambi nel borsello e poi se
n’era dimenticato, fino a quel momento.
Poco male. La puttana che gli avevano portato era efebica al punto
giusto, con i capelli rossi e il culo sodo. Parlava poco e a sussurri,
ma era un bene, meno sentiva berciare le donne meglio era. Era persino
arrossita mentre le aveva toccato il culo; forse era vergine e gli era
stata portata apposta per questo.
Il bordello di Città della Talpa era strano, si
ritrovò a pensare Myckar mentre cercava di pensare a dove se
la sarebbe portata. Forse perché era stato scavato sotto
terra, era in pratica un unico grande ambiente, e le stanze, se
così si potevano chiamare, erano ricavate da paraventi e
pareti di fortuna addossati tutto intorno, dipinti con colori vivaci.
La cosa eccitante è che spesso questi paraventi non erano
perfettamente accostati, e così si potevano intravedere,
come una promessa, lampi fugaci e intuizioni di quello che succedeva
dietro di essi.
Myckar cominciava a stancarsi della sua birra, della sua scorta e di
tutta la gente della sala comune. A forza di guardare dietro i
paraventi gli stava venendo duro e non vedeva l’ora di
sbattersi quella presunta vergine del nord. L’avrebbe presa
da dietro, tirandole quei bellissimi capelli rossi.
Le prese una mano e se la portò sulla patta.
Cercò di infilarle una mano tra le gambe; la sua ritrosia lo
eccitò ancora di più. Le forzò la mano
tra le gambe, con l’altra mano cercò il conio per
pagarla, e si accorse di due cose.
Una, che non aveva più il borsello.
Due, che quella puttana aveva i coglioni.
GAL
Gal
si trovò scagliato per terra con Lord Myckar Jordayne che
urlava ed estraeva la spada dal fodero, il tutto dopo avergli dato una
bella toccatina alle parti basse. Cercò di saltare in piedi
solo per inciampare nel suo stesso vestito e cadere di nuovo sul
pavimento, il tutto con in sottofondo il suono minaccioso di molte
altre spade che venivano estratte.
Si rialzò reggendosi il vestito solo per sentire il sibilo
di una spada a pochi centimetri dal suo orecchio, e poi Sand che lo
prendeva per un braccio tirandolo lontano da lì.
-Tu!-, gli urlò dietro Lord Jordayne, -Io ti conosco! Sei il
bastardo delle stalle!
Sand mostrò il dito medio al Lord, senza smettere di
trascinare Gal verso il fondo della sala. Gal si stupì di
averlo sentito, dato il casino che c’era in quel momento;
Sand imprecò e fu costretto a cambiare direzione,
perché un tizio mezzo nudo gli aveva sbarrato la strada.
Ovunque c’erano puttane che strillavano, gente che usciva dai
cubicoli per vedere cosa stava succedendo, gente che tirava in aria
caraffe di birra perché sì, la scorta di Lord
Jordayne che sventolava le spade e Lord Jordayne stesso che urlava
insulti, mentre cercava di prenderli.
A un certo punto Gal adocchiò Isbel che gli faceva gesti
frenetici. Scartò bruscamente nella sua direzione, facendo
inciampare Sand. Uno degli uomini della scorta di Lord Jordayne
cercò di colpire Sand, che però
approfittò della scivolata per fargli lo sgambetto.
Tra loro e Isbel c’era un lungo tavolo. Si guardarono in
faccia, poi saltarono sulla panca, sul tavolo e su un tizio che si
godeva lo spettacolo bevendo birra, dall’altra parte. Per
buona misura rovesciarono il tavolo.
Isbel era scomparsa, ma loro si infilarono nella porticina nascosta da
un drappo che lei gli aveva indicato; doveva essere l’uscita
secondaria.
Il trambusto alle loro spalle gli fece capire che anche gli uomini di
Lord Jordayne gli erano alle calcagna. Un –Ti ammazzo,
bastardo, stavolta ti ammazzo!- suggerì che lo stesso Lord
Jordayne era del gruppo.
-E se non lo farà lui lo faccio io!
-Zitto e corri, Gal!
Si precipitarono fuori dall’uscita secondaria come se
avessero l’altofuoco al culo.
E finirono dritti tra le braccia del confratello Yoren.
MYCKAR
Myckar
era furibondo. Non solo l’avevano derubato, non solo gli
avevano fatto fare la figura dell’idiota, ma quel maledetto
corvo pretendeva pure che rinfoderasse la spada e se ne andasse, dato
che “si era trattato solo di uno scherzo”.
-Uno scherzo! Quel bastardo è stato mandato alla Barriera
per aver commesso un furto, e pare che non gli sia passata
l’abitudine!
Yoren gli lanciò un’occhiata raggelante. Myckar si
zittì.
-Quando un uomo entra nei Guardiani della Notte tutti i suoi precedenti
crimini vengono dimenticati. Lord Jordayne, avete delle prove che siano
stati i miei uomini, qui, ad aver commesso il furto?
-Se li perquisiste…
-Questo-, e Yoren allungò uno scappellotto a Sand,
-è nudo a parte un paio di pantaloni che non sono suoi. E
quest’altro-, scappellotto anche a Gal, -mi pare che sia
stato perquisito più che bene da voi stesso, mio lord.
Gli uomini della scorta di Myckar sghignazzarono. Lui si fece paonazzo.
-Sono certo che se perquisirete questo posto…
-Voi state affermando che, in un posto pieno di gente, a derubarvi
siano stati sicuramente questi due idioti? Avete dei motivi seri per
formulare questa accusa?
Myckar aprì la bocca per parlare, ma si trattene. Il
bastardo delle stalle lo fissava con un odio talmente scoperto che
Myckar si rese conto che doveva aver capito tutta la faccenda degli
orecchini, almeno a grandi linee, e si era voluto vendicare. Solo che
non poteva dirlo a quel dannato corvo davanti a tutta la sua scorta
armata, non senza che l’intera storia venisse fuori. Tacque.
Yoren lo fissò di nuovo.
-Questi due li prendo in consegna io. Verranno giudicati dal Lord
Comandante in persona e puniti adeguatamente. E voi due, recuperate le
vostre uniformi e salite a cavallo, veloci… così
come siete, bamboline. Voglio proprio godermi la faccia di Lord
Mormont, quando vi vedrà.
ISBEL
Sand
e Gal avevano appena imboccato la porta dell’uscita
secondaria quando Isbel si rifugiò nel suo cubicolo,
approfittando della confusione per esaminare il contenuto del borsello
di Lord Jordayne. C’era un bel po’di conio, se lo
avesse amministrato saggiamente sarebbe stata tranquilla anche durante
il prossimo inverno quando il lavoro calava, e Gal e Sand si erano
assicurati un bel po’ di scopate.
A un certo punto le sue dita toccarono qualcosa di morbido. Isbel tolse
dal borsello due sacchettini di velluto, uno rosso e uno blu. Li
aprì con cautela, e guardò dentro.
Per i sette dèi.
C’erano due gioielli come Isbel non ne aveva mai visti, e uno
aveva delle pietre chiare, traslucide. Lo appoggiò alla sua
pelle, tra i seni; si sentiva una Lady, una rosa d’inverno,
una…
Poi il suo spirito pratico ebbe la meglio: non poteva tenerli. Anche se
avesse tentato di venderli l’avrebbero accusata di averli
rubati, come in effetti era, e avrebbe passato dei guai. Doveva fare in
modo che, almeno quelli, il nobile li ritrovasse.
Mise il denaro sotto il pavimento, nel suo nascondiglio segreto. Poi
infilò i gioielli nei sacchettini di velluto (quello con le
pietre era in quello rosso o in quello blu? Non ricordava) e
rientrò nella sala comune, dove le altre puttane stavano
cercando di sistemare il trambusto e gli uomini ridevano forte.
Zel la sgridò perché per aver aiutato quei due
tizi in nero a fare i coglioni era successa tutta quella confusione.
Isbel si finse particolarmente pentita, poi si offrì di
sistemare tutto e ne approfittò per far cadere il borsello
con i gioielli sotto a una panca.
Quando poco dopo il nobile tornò e pretese di perquisire il
locale, uno dei suoi uomini lo trovò e lui parve soddisfatto
di aver recuperato almeno i gioielli. Isbel sospirò di
sollievo.
SAND
Il
Lord comandante Mormont, nel vedersi davanti Sand e Gal conciati in
quel modo, si limitò a fissarli come se avesse davanti due
mucchi di sterco. Sand, che si era quasi divertito a sentire i lazzi
dei confratelli (aveva anche mandato un paio di baci), davanti a quello
sguardo abbassò gli occhi.
-E così avete voluto fare uno scherzo a un
nobilotto dorniano venuto fin su al Nord e determinato a visitare la
Barriera… abbiamo dei guitti tra i confratelli e non ne ero
stato informato, a quanto pare.
Sand strinse i pugni. –Lord comandante… sono
finito sulla Barriera per colpa sua. Io ero innocente.
Jeor Mormont scoppiò in una risata di scherno.
-Ma sono tutti innocenti, qui, non lo sapevi? Non
c’è un solo colpevole alla Barriera, Sand!
-Sand, Sand, Sand-, gracchiò il corvo del Lord comandante.
Sand l’avrebbe strozzato, quel corvo.
-Quel dorniano voleva visitare la Barriera. Forse vi sfugge che siamo a
corto di uomini e che l’inverno arriverà anche
troppo presto per i miei gusti; se quello che avrebbe visto gli fosse
piaciuto, avremmo potuto convincerlo a mandarci rinforzi, magari
qualche cavaliere capace, e non della gente come voi due idioti!
-Idioti, idioti-, rimarcò il corvo. –Idioti-. Sand
gli lanciò un’occhiataccia, ma l’uccello
se ne infischiò.
-Vi siete giocati dei possibili aiuti e avete messo in ridicolo tutto
l’ordine. E voi sareste la spada nelle tenebre? Voi siete una
spada nel culo!
Questa volta il corvo ebbe il buon senso di non ripetere. Sand chiuse
gli occhi come se lo avessero schiaffeggiato.
-Avete qualcosa da aggiungere?
Fu Gal a rispondere, con un tono mogio mogio. –No, Lord
Comandante. Chiediamo perdono, Lord Comandante. Siamo stati stupidi e
non lo rifaremo.
-Sand?
-Non lo rifaremo, Lord Comandante.
-Mi fa piacere sentirlo. Per un mese, pulirete le latrine.
-Grano, grano, grano-, fu l’incongruo commento del corvo.
EPILOGO
LA MOGLIE DEL DORNIANO
Lady
Jordayne si stava sventagliando con un ventaglio di piume di pavone,
mentre la sua ancella le acconciava i capelli. Era caldo, si sentiva
sudare. Ordinò un calice di limonata ghiacciata.
Myckar doveva essere da qualche parte in giardino, sentiva la sua voce
fuori dalle porte finestre spalancate; non poteva credere alle voci che
aveva sentito riguardo il viaggio del marito su a nord.
Che sciocchezze. Non stentava a credere che Myckar fosse stato davvero
in un bordello, anzi, che fosse stato soltanto in uno era una stima
troppo ottimistica per prestarvi credito; ma che si fosse fatto portare
un ragazzino?
A Myckar erano sempre piaciute le donne, anche troppo, tanto che lei
aveva dovuto tenerlo a freno minacciandogli più volte di
togliergli la dote, nel caso l’avesse sorpreso con
un’altra donna… non poteva davvero credere a una
storia del genere. Eppure erano voci che aveva sentito da
più parti, sghignazzi che si interrompevano quando lei
entrava nelle stanze, insinuazioni scherzose ma non troppo.
Sospirò. Non vedeva l’ora che quella maledetta
estate finisse e arrivassero i venti frescolini dell’inverno.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì bussare alla
porta; una servetta entrò, porgendole un sacchettino di
velluto blu su un vassoio d’argento.
-Mia Lady, questo è da parte del Lord vostro marito. Mi ha
ordinato di riferirvi che sarebbe molto compiaciuto se lo indossaste a
cena.
Lady Jordayne sorrise. Se suo marito doveva usare i suoi soldi, tanto
valeva che li usasse per far regali a lei.
Congedò la servetta e si rigirò tra le dita il
sacchettino blu. Poi si fece scivolare il contenuto sulle mani,
eccitata.
Fissò il gioiello con gli occhi spalancati. Il respiro le
venne a meno per un momento.
-Tutto bene, mia Lady? È davvero un regalo bellissimo, il
Lord vostro marito è stato davvero generoso!
Lady Jordayne sussultò, e chiuse il pugno. La sua ancella
non sapeva né leggere né scrivere, ma lei
sì.
Ed era davvero, davvero
curiosa di sapere per filo e per segno cosa avesse spinto Myckar a
regalarle il ciondolo con l’iniziale di un’altra
donna.
Note: Ho sempre detto che non avrei
scritto mai nulla sulle opere di Martin, perché non ne sarei
assolutamente stata capace. La prima parte di questa affermazione
è stata smentita a causa del compleanno di OttoNoveTre, che sta visitando i sette
regni e a quanto pare ci si trova benissimo; la seconda rimane valida.
Se vorrete piantare la mia testa su una bandierina rossa (che garrisce
ad Approdo del Re), sappiate che avete tutta la mia comprensione.
Per cercare di toccare
la trama della saga il meno possibile, questa storia è
ambientata qualche anno prima degli eventi del telefilm (o libro, se
come me siete fan da ben prima che la HBO ci mettesse del suo), durante
l’estate che precede… beh, l’inverno che
sta arrivando!
Dorne, come viene accennato nel telefilm, è il più meridionale dei sette
regni. Il nord e la Barriera, invece, li conoscete tutti.
A parte confratello
Yoren, Jeor Mormont e il suo corvo, tutti gli altri
personaggi sono miei. Sand è il
cognome che danno a Dorne ai bastardi (l’equivalente di
“Snow”); Gal, con i capelli rossi e la treccina,
è un gentile omaggio alla festeggiata, che spero abbia colto!
Il “sono
tutti innocenti, alla Barriera”, è un
rimando-citazione del film “Le ali della
libertà”.
Ringrazio tantissimo vannagio che mi ha betata, che mi ha
suggerito il titolo, e che ha sopportato tutti i miei “ma
cosa mi è venuto in mente di scrivere su Martin?”.
La ringrazio anche per essermi stata vicina in questi giorni;
Giò, grazie mille, davvero.
Ringrazio anche il
signor Martin per aver creato una saga così; zio, guarda che
però devo sposare Tyrion, me l’hai scritto nero su
bianco, adesso non puoi far finta di niente.
E ringrazio anche voi
che siete arrivati fino a qui senza pensare di mandarmi alla
Barriera/farmi soffiare in faccia da Drogon/farmi partecipare a un
banchetto nuziale.
Grazie, grazie, grazie.
E ancora auguri,
patataaaa!
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