Casa
Mikealsohn
“Un
sottofondo tranquillo ma allegro...”
“Seducente.”
Caroline
scrive e sottolinea. “Torna indietro.”
Dio
benedica l'inventore dei cd.
“Troppo
languido per un ballo studentesco. Il Comitato della scuola passerà
la serata a dividere gli adolescenti pruriginosi ed io farò
una pessima figura.”
“Non
sei tu, l'organizzatrice della festa.”
Caroline
alza la penna dal foglio e lo guarda, perplessa. “Sto dando una
mano a April.”
“Il
tuo spirito di sacrificio è ammirevole.”
La
ragazza tira indietro la testa, strofina la nuca sul petto del suo
'ragazzo' e si sbarazza del blocco. Eh sì. Forse è
troppo.
Il
vampiro l'avvolge in un abbraccio morbido e languido e la bacia sui
capelli. E' stata carina a passare prima della scuola, ma mettersi a
lavorare mentre sono a letto insieme...
Sembra
che Caroline non possa fare a meno di toccarlo. E' il suo primo
pensiero la mattina e l'ultimo la sera, e per una che non ha mai
messo il partner davanti ai propri bisogni, è un brutto segno.
Caroline batte le palpebre, le labbra socchiuse, sdraiata addosso al
vampiro. Klaus lascia scivolare le mani lungo il corpo, risale
lentamente e Caroline sospira, di nuovo eccitata. “Nik...”
“Mh?”
Al
sesso è facile arrivarci. Il difficile viene dopo. Si nasconde
dietro il lenzuolo, così come nasconde i suoi pensieri al
vampiro. “E' perfetta, hai ragione...”
La
confessione di una donna, nasconde sempre un angolo di silenzio. Chi
l'ha detto, deve averne conosciute, di donne. Klaus la spinge sul
letto, bloccando metà del corpo col proprio. “C'è
qualcosa che vorresti dirmi... qualcosa che non ha niente a che fare
con questo?”
Ogni
volta che parla in quel modo dolce, la mette in ginocchio. Si è
fatta incantare da due occhioni blu. “Devo andare...”
bisbiglia alzandosi sui gomiti e baciandolo su una guancia. Klaus
aggrotta la fronte, gira il braccio dietro il collo e la divora con
un ultimo bacio finale che la 'sveglia' un'altra volta. Non è
più la reginetta di Mystic Falls e non sta a lei occuparsi
della festa. “Fra poco...”
I
The Searchers raccontano la loro storia in Love Potion
Number 9, e Klaus si raccomanda di trovare una strega in gamba
che gli prepari una pozione d'amore funzionante. Potrebbe addirittura
pagare per averla, invece di minacciare sempre...
Mystic
Falls, Wickery Bridge
Un
lato positivo di quel posto: traffico zero! Dianna allargò le
gambe e la sciarpetta colorata che aveva attorno al collo frustò
l'aria alle sue spalle. “Uaaaa!” La tortura stava per
finire, sarebbe tornata dai suoi bambini… uh, il curvone prima
del ponte! Dianna riportò i piedi sui pedali per avere
maggiore stabilità e strinse il manubrio. Non c'era nessuno,
poteva anche provare la mossa segreta 'senza mani'. Uhhhhmmmm, no,
non aveva tanta stabilità su quel catorcetto noleggiato
all'emporio vicino il giocattolaio. Oh... ma che fa quel matto?!
Il
conducente del veicolo sterzò frenando, e la macchina falciò
la bicicletta, prendendola in pieno. Dianna provò la strana
sensazione di mancanza d'ossigeno nel naso, volò per un lungo
tratto e quando atterrò, l'unica cosa che udì
distintamente fu un crack che proveniva dalla sua spina
dorsale.
***
Era
il 1996, i Creedence Clearwater suonavano a tutto volume e il
suo vestitino campagnolo svolazzava nella calda notte settembrina.
Dianna si era tolta le scarpe e il fuoco della festa le scaldava il
viso. Aveva sedici anni, le margherite fra i capelli e la luna
brillava bassa all'orizzonte. A sedici anni, la vita era crudele con
le ragazze grasse.
Ora,
tutto quello che prova è dolore alla testa e alle mani
graffiate. Non sente la parte inferiore del corpo. Crede di essere
sdraiata - ha effettivamente la faccia premuta contro il sedile –
ma quando cerca di sollevarsi dalla posizione che le provoca la
nausea, non riesce a muoversi.
La
stazione radio cambiò all'improvviso, e i Gipsy Kings
esplosero dalle casse posteriori. Il guidatore accompagnò il
ritmo sincopato tenendo il tempo sulla leva del cambio. Frenò
poco dopo e si voltò a guardarla. Aveva un qualcosa di
familiare. Qualcosa nel taglio degli occhi o nella curva della
mascella. Il ragazzo aprì lo sportello dalla sua parte, la
prese in braccio e Dianna si chiese il perché della sensazione
ovattata che le toglieva sensibilità agli arti. Gentile, però.
L'aveva investita e invece di lasciarla sul ciglio della strada, la
stava portando all'ospedale. Però non sembrava l'ospedale ma
l'ingresso di una casa privata.
“Passi
a salutare il tuo fratellone e guarda un po' che cosa investi! Un
regalino per scusarmi dello scherzo alla biondina!”
Dianna
sentì il collo ciondolare all'indietro e quando fu scaricata
sul pavimento, giacque inerme a fissare le crine del tappeto. Li vide
apparire contemporaneamente, con la coda dell'occhio. Uno dei due,
voltò il suo viso verso sinistra. Klaus non tradì
alcuna emozione. “Non devi portare a casa tutte le bestiole
ferite” mormorò inginocchiandosi accanto alla sua testa.
“Che ha di tanto speciale?”
“I
tatuaggi. Ci sono cinque nuovi cacciatori di vampiri in attesa di
essere smembrati.”
Dianna
capì che le aveva sollevato il maglione sullo stomaco, ma non
sentì nulla. Non provò nulla. Il tatto sembrava
svanito.
“Potevi
ucciderla, perché l'hai portata qui?”
Dianna
aveva cominciato a fare due conti. I cacciatori erano longevi ma
venivano feriti come tutti. L'urto doveva aver provocato un danno
alla schiena. Il ragazzino l'aveva riconosciuto. Lo stesso sguardo di
Klaus, la stessa mascella di Elijah. Non ricordava i dettagli, ma
poco importava. Non deponeva a suo favore.
“Eh,
avete parlato di un'orda di licantropi e mi sono precipitato!”
“E'
successo cinque giorni fa!”
“Come
passa il tempo... beh, io mi faccio una doccia. Bekah è in
casa?”
“Piscina
comunale, sta prendendo lezioni di nuoto.”
“Posso
usare il tuo bagnoschiuma?”
“No.”
Appena
la porta dietro di lui si chiuse, Klaus morse il polso e lo spinse
contro la bocca di Dianna, costringendola a bere. Il dolore scoppiò
in testa e si propagò lungo la spina dorsale, fino a
scomparire con un sospiro di liberazione. “Grazie...”
bisbigliò con un'occhiata sorda ai palmi delle mani intonse
“Sparisci.”
Dianna
tirò indietro la treccia sfatta e sorrise, alzando appena un
angolo della bocca. Il risultato fu una brutta smorfia di paura che
Klaus ignorò volutamente. Se avesse mostrato empatia, sarebbe
scoppiata a piangere. E poi non voleva farlo, quella ragazza era
sempre insopportabilmente felice. Non poté invece ignorare il
bacetto che gli scaraventò sul bordo della mandibola. Inspirò,
strusciò la mano sul punto incriminato e rabbrividì,
contraendo tutti i muscoli. “Fila!”
Liceo
di Mystic Falls, palestra.
“La
prima lettera del nome è come se non ci fosse. Apparirà
una B o una F o una M quando dico Bo, aggiungi una B … uah!
Me la ricordo!” *
E
se la ricorda... Caroline sospira e gratta la nuca con la penna. “Il
tuo contributo è tutto qui? Provare i cd?” Stefan le ha
chiesto di trovare qualcosa da fare a Rebekah e non ha potuto negare
un favore ad un amico. “Sei la nostra nuova dj, contenta?
Aaron, falle un corso accelerato. Matt, quelle decorazioni devono
sparire. Voglio vedere Don Draper, sigarette e cappelli di feltro.
Siamo in Madmen, dolcezza, non c'è spazio per Grease!”
Caroline ha parlato a raffica, ricalcando un tono che ha sentito
troppo spesso. Si schiarisce la voce, gira il foglio e sospira di
nuovo. “Ok. Chi si sta occupando dei rinfreschi?”
Una
violenta onda sonora le drizza i capelli. Caroline spalanca gli
occhi, ficca un dito nell'orecchio e lancia un'occhiataccia alla
vampira che sta facendo pratica con le mille levette della postazione
musicale. Un Originale contento, è un Originale che non
attenta alla tua vita. O alla sua, pensa con un altro enorme
sospiro, spostando il peso da una gamba all'altra.
“Come
va?”
“Lavoro
sempre e non mi diverto mai. Disturbami di nuovo e troverò
qualcosa da fare anche a te.”
Stefan
sorride e indica la vampira col mento. “E' brava?”
“Se
la cava. Va dai ragazzi e aiutali ad appendere quel tendaggio, Sembra
che i giocatori di football pompati di anabolizzanti non abbiano la
forza sufficiente per sollevarlo...” sospira di nuovo spuntando
un'altra voce. “Non ho ancora trovato il vestito, porca
miseria!”
“Hai
un fidanzato che invia fiori e poesie...”
“Io
non ho un fidanzato!” esclama sollevando la testa di scatto. “E
non sono innamorata di lui!”
Stefan
sorride e annuncia che si occuperà del tendaggio. Caroline
annuisce bruscamente e si immerge nelle disposizioni che essa stessa
ha scritto e che conosce a memoria.
“Ah,
è così? E' solo una scopata?”
La
penna le cade in terra e quando Caroline si china a raccoglierla,
Rebekah vi poggia il piede sopra. Per favore, non ora. Per
favore!, pensa strappandola da sotto la scarpa della ragazza. “Va
a fare pratica o ti tolgo l'incarico.”
Rebekah
la studia, pensierosa. “Se avessi un ragazzo che tenesse a me,
sarei felice.”
“Trovati
un ragazzo e poi ne riparliamo.” Caroline si umetta le labbra,
lanciandole un'occhiata. Non ha cambiato posa e la sta ancora
studiando. “Non volevo essere sgarbata...”
“Stefan
ti ha raccontato cosa ho fatto.”
“Se
posso esprimere un parere in merito, l'ho trovato davvero stupido”
ammette, incrociando le dita, il blocco premuto contro lo stomaco.
“Chi pensavi di impressionare? Una che tenta di suicidarsi non
lascia un bigliettino d'addio al fratello con le istruzioni su dove
trovarla! Hai coinvolto April in una cosa più grossa di lei, e
reputati fortunata che Stefan si sia preso il disturbo di venire da
te, bellezza! Poteva fregarsene e lasciarti marcire nella
cripta dei Lockwood per il resto dei secoli!”
“Care,
stai gridando...”
“E'
inaccettabile che una donna moderna si comporti così! Noi non
ci disperiamo se un ragazzo non ci guarda, noi ce lo prendiamo!”
ribatte, secca. “Tu sei una che prende?!”
Rebekah
la fissa, ipnotizzata. Caroline si avvicina, assottigliando le
palpebre. “Sì o no, dolcezza? Non ho tempo da
perdere con te!”
“Parli
come Nik.”
“Hai
chiamato la signora Bell?!”
“Ho
un appuntamento nel pomeriggio...”
“Bene!”
Caroline scioglie le braccia e la guarda in malo modo. “Voglio
vederti volteggiare su quella pista con un bel vestito. Parrucchiera,
manicure. Devi prenderti cura di te stessa. Un uomo non è mai
la soluzione, ma un piacevole passatempo. Stefan!”
Il
vampiro salta dalla scala verso di loro e stira le labbra, allegro.
Caroline è sempre la soluzione a tutti i problemi di natura
comportamentale. “Presente!”
“Portatela
via, mi sta infastidendo e devo ancora contattare Jeremy per il
rinfresco. Rebekah non ha il cavaliere. Sarai tu il suo cavaliere!”
“Credevo
di essere il tuo.”
Caroline
lo fissa, sfidandolo a ripetere la sciocchezza appena detta.
“Agli
ordini” sussurra con un saluto militare, prendendo Rebekah
sottobraccio che lancia un'ultima occhiata spaventata alla ragazza.
Avrebbe rimesso in riga anche il fratello, con quell'atteggiamento da
sergente maggiore!
Stanza
13, Car Park Motel, pomeriggio
Dianna
non era mai stata morsa da un vampiro in tutta la sua vita e non
avrebbe lasciato impunito il mocciosetto che l'aveva investita e data
in pasto al vampiro cattivo. Continuare a frignare era un modo
per sfogare la tensione prima della battaglia, perciò
finì un pacchetto di fazzoletti mentre preparava
l'attrezzatura e rinforzava il parco 'paletti'. Si chinò sotto
il letto e sfoderò l'artiglieria pesante. Prese un paletto di
quercia bianca e lo fece roteare con decisione. Con un colpo
avrebbero ammazzato cento indiani, pensò e disfò la
treccia, lisciando i capelli aggrovigliati con le dita. Gli occhiali
erano andati perduti. Aveva perso il regalo di Elijah. Il viso
scivolò fra le mani e Dianna tirò indietro i capelli,
fissando la tv spenta. Eliminò la sciarpa dal collo e la posò
in un mucchietto sul letto. Fece la stessa cosa col resto dei vestiti
e quando l'acqua della doccia fu bella calda, lavò via il
sangue raggrumato sulle ginocchia, il brecciolino dai capelli e la
brutta esperienza dalla testa.
Toc-toc-toc
– toctoc!
Dianna
si risvegliò con un sussulto, il fon in mano e
l'asciugamano attorno al seno. Gridò 'un attimo' e infilò
l'accappatoio caldo e asciutto. Un abbraccio da Elijah era quello che
ci voleva, in quel momento. “Ah!”
“Posso
entrare?”
“No!
Come mi hai trovato?!”
Klaus
sbuffò, già spazientito. “Vuoi parlare in
corridoio del sacrificio umano?”
Dianna
lo afferrò per il braccio e lo tirò dentro, sbirciò
il corridoio e chiuse la porta. “Non è un argomento da
sbandierare ai quattro venti!” sibilò agitata. “Shhh!”
Klaus
alzò gli occhi al cielo, mostrando disinteresse. “Tu sei
paranoica.”
“Anche
tu o non saresti rimasto in vita per tutti questi secoli!”
“Touchè”
ridacchiò sorvolando la stanza con lo sguardo. “Quelli
sono nuovi?”
“Jeremy
li ha finiti al posto tuo.”
“Bene.”
Klaus li arrotolò su se stessi e li strinse nel pugno,
guardandola al contempo negli occhi. “Non sono famoso per la
mia pazienza, dolcezza. Cosa vuoi che faccia, a parte tradurre
i disegni e trovare la cura?”
Dianna
alzò le spalle e scosse la testa, le ciocche ancora umide. “Ho
un gattino, se vuoi dargli da mangiare...”
“Se
ti uccido adesso, tornerai come vampiro” l'avvisò,
tremendamente serio.
Dianna
lo guardò, per niente spaventata dalla minaccia. Elijah
l'aveva messa in guardia sui malumori del fratello. Sbirciò la
sacca aperta e sorrise, ironica. “Tu non dovresti essere vivo.
Tua madre...”
“Non
nominare quella donna!”
Mai
nominare Esther. Mai nominare la donna che li aveva condannati alla
vita eterna e che lui stesso era stato così stupido da
uccidere... per non morire. Klaus l'afferrò, furibondo. “Non
ho più una madre, e non ho più un padre. Li ho uccisi e
farò la stessa cosa con te se non risponderai alle mie
domande!”
Dianna
mantenne il sangue freddo anche se il cuore batteva veloce. “Se
mi uccidi dovrai trovare un altro Cacciatore ed impiegherai secoli a
finire il lavoro.”
“Non
è un problema tuo!” Klaus inspirò e mille odori
lo sommersero. Pelle, bagnoschiuma, sandalo, ricordi. Ricordi che non
aveva mai pensato sarebbero tornati. “Ma chi sei?”
Un
veloce sorriso balenò sulle labbra rosse della ragazza. “Un
nessuno che ti ricorda qualcuno.”
Klaus
la lasciò, di nuovo calmo. Rimirò le sue mani. Dita
lunghe, ben formate, smalto rosso corallo che spiccava sulla pelle
chiara. Girò il dorso e lo baciò, spingendovi a lungo
le labbra sopra. Hanna. Gli ricordava Hanna. La tenera ragazzina
grassa che nessuno voleva baciare. Hanna che aveva un fuoco dentro,
un'energia che scoppiettava dagli occhi e un'attrazione per la vita
che lui invece cercava di sfuggire, subendo il passar del tempo senza
mai poter riposare. Strofinò la barba cortissima sulla pelle
delicata del polso, arrossandola per un lungo attimo. Il suo cuore
batteva sempre più in fretta.
Klaus
lasciò cadere i disegni a terra, rifiutando la possibilità
di essere attratto da lei. Il suo odore era sempre più
avvolgente e la sua pelle profumava di peccato. L'aveva messo in
ginocchio. Fissò i fogli sparsi sul pavimento. Li raccolse uno
ad uno, trattenendo la saliva in bocca. Trattenendo l'impulso di
scostare quei lembi candidi e accarezzare lascivamente ogni singola
piega del centro caldo del suo corpo. Trattenendo l'impulso di
affondare la lingua nell'interno umido delle cosce. Era l'essenza
pura del sesso e l'aveva sentita poche volte nella vita. “Dianna...”
“E'
la prima volta che mi chiami per nome” disse, sorridendo. “Mi
correggo: è la prima volta che non lo sbagli, il mio nome.”
*
The Name Game, S. Hellis
|