Capitolo 10
Love sucks - L'amore ti
succhia l'anima
Fammi essere forte, forte di sonno e di
intelligenza e forte di ossa e fibra; fammi imparare, attraverso questa
disperazione, a distribuirmi: a sapere dove e a chi dare
[…]. A non essere amara. Risparmiamelo il finale, quel
finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in gamba e
sole.
Non farmi disperare al punto da buttar
via il mio onore per mancanza di consolazione; non farmi nascondere
nell’alcol e non permettere che mi laceri per degli
sconosciuti; non farmi essere tanto debole da raccontare agli altri
come sanguino dentro; come giorno dopo giorno gocciola, si addensa e si
coagula. Sono ancora troppo giovane.
-Sylvia Plath
Il
risveglio del mattino seguente fu decisamente traumatico: avevo dormito
parecchio, ma mi sentivo ancora stanca, la testa minacciava di
scoppiare e la nausa imperversava nel mio stomaco. Mi alzai lentamente,
per evitare che la testa mi girasse e mi diressi in bagno. Quella che
vidi riflessa nello specchio era la figura di un mostro: i capelli
erano completamente disordinati, gli occhi erano contornati dal nero
del trucco, le labbra erano bianche. Se mia madre mi avesse vista in
quel momento, avrebbe pensato di trovarsi di fronte ad un cadavere.
Fortunatamente era già uscita. La domenica andavamo sempre a
mangiare da mia nonna, ma, non volendomi svegliare, mi aveva lasciata a
letto ed era andata da sola. La ringraziai mentalmente almeno un
centinaio di volte.
Feci una doccia calda, mi pulii la faccia dal trucco della sera
precendente, asciugai i capelli con cura e mi infilai una tuta comoda
per stare in casa. Poi mi recai in cucina e, dopo aver mangiato qualche
biscotto, buttai giù un antidolorifico per attenuare il
dolore
alla testa. Dopo un po' mi spostai in camera mia, accesi il computer ed
entrai su facebook per vedere se Roberta fosse in linea. Pochi secondi
dopo una finestra di conversazione si aprì: era Alessandro.
"Posso venire da te?"
Lessi almeno due volte il messaggio prima di capirlo per bene.
"Perché?"
gli chiesi confusa.
"Devo chiederti alcune
cose."
Non ci stavo capendo niente, ma non gli avrei mai detto di no. "Ok."
"Tra dieci minuti parto, ok?"
"Va bene. A dopo."
Solo quando chiusi la conversazione e realizzai che lui
stava
venendo da me per parlare, il panico mi pervase. Non avevo la
più pallida idea di cosa mi volesse chiedere, se fosse
arrabbiato, triste, se la sera precedente avessi detto qualcosa di
strano che non ricordavo.
Passai i venti minuti successivi in uno stato di trance, alternando
sospiri d'ansia a momenti di panico in cui passavo e ripassavo le mie
mani tra i capelli appena lavati. Non reggevo molto bene la tensione in
generale, figuriamoci quando si trattava di Alessandro. Lui riusciva a
rendermi più vulnerabile di quanto non fossi già,
mi
portava ad espormi, a fare i conti con la parte di recondita della mia
mente, quella che rifuggiva la razionalità.
Qualsiasi cosa
avesse dovuto dirmi, sapevo che mi avrebbe portata a pensare e
ripensare per ore, mi avrebbe sicuramente messa in crisi. Mia madre mi
diceva sempre che non dovevo fasciarmi la testa prima di essermela
rotta. Certo, avrebbe avuto ragione se non avessi avuto in previsione
di lanciarmi dalla finestra, ma parlare con lui era come fare un salto
nel vuoto, fasciarsi la testa era d'obbligo, mi sarei sicuramente fatta
male.
Quando sentii
squillare il cellulare sobbalzai. Era uno squillo di Alessandro che,
nel nostro linguaggio, voleva dire che dovevo aprirgli. Feci un respiro
profondo e mi avviai verso la porta. La aprii e mi ritrovai di fronte
la sua figura.
-Ciao.- lo salutai flebilmente. Lui non mi rispose, si
limitò a guardarmi.
-Posso entrare?- mi chiese dopo qualche secondo. Annuii.
Per quale diavolo di motivo stava in silenzio? Voleva parlarmi, no?
Allora perché quel comportamento criptico?
Mi schiarii la gola, sperando che iniziasse a parlare, ma non lo fece.
-Allora?- lo sollecitai. Sì, la pazienza non è
mai stata il mio forte.
-Cat, noi siamo amici, no?- mi chiese retorico.
-Certo.- risposi, anche se così certa non ne ero. Ma, in
fondo,
si trattava solo del mio punto di vista, per lui eravamo amici.
-Quindi se io avessi un problema tu mi aiuteresti a risolverlo?- mi
domandò ancora.
Non ci stavo capendo quasi niente, ma non volevo mostrarmi titubante ai
suoi occhi. -Ovvio che sì!-
Mi fissò per qualche istante, assicurandosi che fossi
completamente sincera. -Potrai reputare stupido quello che sto per
dirti, ma non so con chi parlarne. Hai presente Lilian?-
Non appena sentii pronunciare quel nome mi irrigidii. Come potevo non
aver presente Lilian? Aveva torturato la mia mente per giorni con la
sua immagine da perfetta inglesina, l'avevo odiata con tutta me stessa
e le avevo augurato di rompersi tutte e venti le unghie che possiedeva
in venti dolorosi modi diversi, e lui mi chiedeva se l'avevo presente?
Certo, Alessandro non sapeva questi retroscena che la mia mente aveva
fantasiosamente partorito, in fondo non credeva che io fossi gelosa di
lei, ma soltanto che mi sentissi tradita come amica. Nonostante tutto,
non sopportavo di sentir nominare il nome di quella,
mi rendeva particolarmente nervosa.
-Sì.- fu tutto quello che risposi.
-Ecco, vedi, inizialmente, dopo il ritorno a casa, ho sentito parecchio
la sua mancanza..-
-Me lo ricordo!- lo interruppi un po' troppo bruscamente.
Fortunatamente mi ignorò.
-E ci siamo sempre mantenuti in contatto. Insomma, stamani ho trovato
una sua mail in cui mi chiedeva di andare qualche giorno da lei durante
l'estate. Lo so che è una cosa stupida e, probabilmente, non
capirai, ma io vorrei andare.- concluse tutto d'un fiato.
-E dov'è il problema?- gli chiesi freddamente.
-Ho bisogno di sentire la tua opinione.- mi disse fissandosi le scarpe.
Ero sempre stata convinta del fatto che il mondo avesse un'ironia
propria che, proprio ironica non era, ma avevo dovuto accantonare
l'idea quando mia madre aveva definito i miei pensieri "manie di
persecuzione". In quel momento, però mi dovetti ricredere:
non
solo l'universo aveva sfoderato quella stramaledettissima ironia, ma mi
stava prendendo bellamente per il culo! Brava Caterina, adesso diventi
anche volgare!
-La mia opinione?- La voce uscì un po' più
stridula del
dovuto. Per quanto cercassi di mantenere un'espressione neutra, la mia
voce risentiva della guerra in corso all'interno della mia testa.
Lui mi fissò ed annuì. -Sì, devo
sapere cosa ne pensi.-
-Perché?- gli chiesi con un filo di voce.
-Perché sei la mia migliore amica e credo tu sia la persona
adatta a darmi consigli di questo genere.- "Frase fatta", pensai.
-Perché io? Perché non Emanuele? Anche lui
è il tuo migliore amico e per di più è
un maschio.- continuai.
-Voglio sentire cosa ne pensi tu, non Emanuele.- mi rispose pronto.
-Okay, dunque tu vuoi sapere cosa penso del fatto che Lilian ti abbia
invitato da lei quest'estate. Bene, credo sia una grandissima cazzata.-
gli risposi con estrema calma. Voleva la mia opinione? Certamente non
gli avrei mentito, non era mai stato nel mio carattere evitare di dare
risposte sincere. Eppure mi sentivo così meschina: lui si
apriva con me e mi dava fiducia, mentre io pensavo solo a me stessa
assecondando i miei interessi. Maledetto senso di colpa!
-Insomma..- continuai prima che lui potesse replicare. -Più
che una cazzata ritengo che sia improduttivo e deleterio per te. Non
puoi negare di esserti affezionato a lei, sono convinta che, anche se
non lo vuoi ammettere, ti manca ancora. Che senso avrebbe andare da lei
per poi stare male dopo? Sai che questa storia non potrebbe avere
futuro.- conclusi e, questa volta, sinceramente.
-Lo so, ma non posso farci niente. Da una parte so che andando
commetterei uno sbaglio, ma dall'altra..-
-Ale, so che vuoi il mio aiuto e sono più che disposta a
dartelo, ma non sono in grado di dirti ciò che vorresti
sentirti dire.- gli confessai. Mi dispiaceva non poter essere per lui
quell'amica che avrebbe voluto, ma non potevo ignorare quello che
provavo per lui, sarebbe stato controproducente, per me in particolare.
-Sì, forse hai ragione.. Ma riflettici, Cate: cosa ci
sarebbe di male se io andassi da lei e poi al ritorno mi mettessi
l'anima in pace? Non farei del male a nessuno e, invece di dimenticarla
adesso, lo farei con qualche mese di ritardo!- disse con un tono
entusiasta.
Povero Ale, era così ingenuo! Nel suo essere maschio non
aveva ancora capito che i sentimenti non funzionano come la play
station: non puoi mettere tutto in pausa per fare merenda, per poi
riprendere il gioco esattamente dallo stesso punto qualche ora
più tardi! Più vai avanti, più
ciò che provi si solidifica e mette le radici dentro di te.
Io lo sapevo bene.
-Ale, sai che non è questa la soluzione, non funziona
così. Per favore, pensaci bene.- lo pregai.
-Ma io ci ho pensato.- mi rispose serio.
Era nei momenti come quello, nei quali passava improvvisamente
dall'essere il mio Ale all'impersonare un mostro sconosciuto, che mi
chiedevo chi fosse veramente e quanto davvero lo conoscessi.
-Allora prendi le tue decisioni da solo!- gli dissi, alterandomi. -Non
capisco per quale motivo ti rivolgi a me se non posso dirti quello che
vorresti!-
-Me lo chiedo anch'io!- mi rispose lui. Lo guardai: mi stava fissando
con un'espressione arrabbiata sul volto. Lui era arrabbiato? Cosa si
aspettava da me? Lo aveva voluto lui, io ero semplicemente stata
sincera, non aveva nessun diritto di arrabbiarsi. Con un cenno gli
indicai la porta. -Te ne puoi andare.- gli dissi tagliente.
Vidi un lampo di consapevolezza passare nei suoi occhi. -No Cate, non
intendevo questo.. Non voglio che tu mi dica quello che mi voglio
sentir dire, ma avrei bisogno del tuo aiuto senza che tu mi tratti come
un deficiente.-
Avrei davvero dovuto buttarlo fuori, ma non riuscivo a non
rispondergli. -Non ti ho trattato da deficiente! Non l'ho mai fatto in
cinque anni di amicizia, non vedo perché avrei dovuto farlo
adesso! Dico solo che se non riesci ad accettare la mia opinione,
è inutile che tu pretenda il mio aiuto.-
-Forse mi rivolgo a te proprio per questo, forse non voglio sentirmi
dare ragione, ci hai mai pensato?- mi chiese.
-In quel caso non dovresti prendertela con me se ti dico che stai
affrontando i tuoi sentimenti nel modo sbagliato.- Mi pentii quasi
subito di essere stata così brusca, di nuovo.
Mi riservò un'occhiata di disprezzo puro. -Almeno i miei
sentimenti sono riservati ad esseri umani, non ad oggetti!-
-Cosa intendi dire?- gli chiesi furiosa.
-Guardati Caterina: sei una nebulosa di emozioni indisciplinate, non
riesci ad avere rapporti con gli altri semplicemente perché
non riesci ad accettare te stessa. Ma invece di provarci, ti chiudi nel
tuo mondo insieme ai tuoi libri e alle tue immagini di città
che non potrai mai visitare! Non dirmi che sto affrontando i miei
sentimenti nel modo sbagliato, non renderti ridicola in questo modo!-
Le sue parole mi si rovesciarono addosso come un fiume in piena: non si
era risparmiato nessun difetto della mia personalità. Tutti
colpi centrati e ben assestati, uno dopo l'altro mi avevano colpita in
quella zona della cassa toracica sopra lo stomaco, vicino ai polmoni,
lì dove tutte le emozioni erano concentrate.
Quella volta non dissi niente: aprii la porta e gli feci cenno di
andarsene. Lui, senza una parola, uscì.
Non avevo mai creduto all'espressione "l'amore ti succhia l'anima",
ma mi dovetti ricredere.
Quella volta lui si era davvero portato via una parte di me.
-Note dell'autrice-
Salve! :)
Non so come mai mi ritrovo a scrivere sempre le stesse cose, ma devo
assolutamente scusarmi per il ritardo nella pubblicazione. Questo
capitolo è stato davvero difficile da scrivere e il
risultato non è neppure dei migliori.
Nonostante questo sia quasi noioso, nei prossimi capitoli questi due
pazzi sconsiderati faranno il "botto".....sperando non nel vero senso
della parola! :P
Ringrazio le 8
persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 3 che l'hanno
inserita tra le ricordate e le 17
che la seguono. Grazie mille, non sapete come mi rende felice vedere
che c'è qualcuno che apprezza! :')
Un grazie particolare va a 00ebano00,
che è stata così gentile da condividere con me i
suoi pensieri e le sue opinioni. Grazie davvero!
Come sempre, se avete voglia di lasciare una piccola recensione ne
sarò felice. :)
Un bacio,
Jane Ale