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Autore: Jane Ale    21/01/2013    1 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
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Capitolo 10
Love sucks - L'amore ti succhia l'anima


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Fammi essere forte, forte di sonno e di intelligenza e forte di ossa e fibra; fammi imparare, attraverso questa disperazione, a distribuirmi: a sapere dove e a chi dare […]. A non essere amara. Risparmiamelo il finale, quel finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in gamba e sole.
Non farmi disperare al punto da buttar via il mio onore per mancanza di consolazione; non farmi nascondere nell’alcol e non permettere che mi laceri per degli sconosciuti; non farmi essere tanto debole da raccontare agli altri come sanguino dentro; come giorno dopo giorno gocciola, si addensa e si coagula. Sono ancora troppo giovane.

-Sylvia Plath







Il risveglio del mattino seguente fu decisamente traumatico: avevo dormito parecchio, ma mi sentivo ancora stanca, la testa minacciava di scoppiare e la nausa imperversava nel mio stomaco. Mi alzai lentamente, per evitare che la testa mi girasse e mi diressi in bagno. Quella che vidi riflessa nello specchio era la figura di un mostro: i capelli erano completamente disordinati, gli occhi erano contornati dal nero del trucco, le labbra erano bianche. Se mia madre mi avesse vista in quel momento, avrebbe pensato di trovarsi di fronte ad un cadavere. Fortunatamente era già uscita. La domenica andavamo sempre a mangiare da mia nonna, ma, non volendomi svegliare, mi aveva lasciata a letto ed era andata da sola. La ringraziai mentalmente almeno un centinaio di volte.
Feci una doccia calda, mi pulii la faccia dal trucco della sera precendente, asciugai i capelli con cura e mi infilai una tuta comoda per stare in casa. Poi mi recai in cucina e, dopo aver mangiato qualche biscotto, buttai giù un antidolorifico per attenuare il dolore alla testa. Dopo un po' mi spostai in camera mia, accesi il computer ed entrai su facebook per vedere se Roberta fosse in linea. Pochi secondi dopo una finestra di conversazione si aprì: era Alessandro.
"Posso venire da te?" Lessi almeno due volte il messaggio prima di capirlo per bene.
"Perché?" gli chiesi confusa.
"Devo chiederti alcune cose."
Non ci stavo capendo niente, ma non gli avrei mai detto di no. "Ok."
"Tra dieci minuti parto, ok?"
"Va bene. A dopo."
Solo quando chiusi la conversazione e realizzai che lui stava venendo da me per parlare, il panico mi pervase. Non avevo la più pallida idea di cosa mi volesse chiedere, se fosse arrabbiato, triste, se la sera precedente avessi detto qualcosa di strano che non ricordavo.
Passai i venti minuti successivi in uno stato di trance, alternando sospiri d'ansia a momenti di panico in cui passavo e ripassavo le mie mani tra i capelli appena lavati. Non reggevo molto bene la tensione in generale, figuriamoci quando si trattava di Alessandro. Lui riusciva a rendermi più vulnerabile di quanto non fossi già, mi portava ad espormi, a fare i conti con la parte di recondita della mia mente, quella che  rifuggiva la razionalità. Qualsiasi cosa avesse dovuto dirmi, sapevo che mi avrebbe portata a pensare e ripensare per ore, mi avrebbe sicuramente messa in crisi. Mia madre mi diceva sempre che non dovevo fasciarmi la testa prima di essermela rotta. Certo, avrebbe avuto ragione se non avessi avuto in previsione di lanciarmi dalla finestra, ma parlare con lui era come fare un salto nel vuoto, fasciarsi la testa era d'obbligo, mi sarei sicuramente fatta male.                                                                                                                                               
Quando sentii squillare il cellulare sobbalzai. Era uno squillo di Alessandro che, nel nostro linguaggio, voleva dire che dovevo aprirgli. Feci un respiro profondo e mi avviai verso la porta. La aprii e mi ritrovai di fronte la sua figura.
-Ciao.- lo salutai flebilmente. Lui non mi rispose, si limitò a guardarmi.
-Posso entrare?- mi chiese dopo qualche secondo. Annuii.
Per quale diavolo di motivo stava in silenzio? Voleva parlarmi, no? Allora perché quel comportamento criptico?
Mi schiarii la gola, sperando che iniziasse a parlare, ma non lo fece.
-Allora?- lo sollecitai. Sì, la pazienza non è mai stata il mio forte.
-Cat, noi siamo amici, no?- mi chiese retorico.
-Certo.- risposi, anche se così certa non ne ero. Ma, in fondo, si trattava solo del mio punto di vista, per lui eravamo amici.
-Quindi se io avessi un problema tu mi aiuteresti a risolverlo?- mi domandò ancora.
Non ci stavo capendo quasi niente, ma non volevo mostrarmi titubante ai suoi occhi. -Ovvio che sì!-
Mi fissò per qualche istante, assicurandosi che fossi completamente sincera. -Potrai reputare stupido quello che sto per dirti, ma non so con chi parlarne. Hai presente Lilian?-
Non appena sentii pronunciare quel nome mi irrigidii. Come potevo non aver presente Lilian? Aveva torturato la mia mente per giorni con la sua immagine da perfetta inglesina, l'avevo odiata con tutta me stessa e le avevo augurato di rompersi tutte e venti le unghie che possiedeva in venti dolorosi modi diversi, e lui mi chiedeva se l'avevo presente? Certo, Alessandro non sapeva questi retroscena che la mia mente aveva fantasiosamente partorito, in fondo non credeva che io fossi gelosa di lei, ma soltanto che mi sentissi tradita come amica. Nonostante tutto, non sopportavo di sentir nominare il nome di  quella, mi rendeva particolarmente nervosa.
-Sì.- fu tutto quello che risposi.
-Ecco, vedi, inizialmente, dopo il ritorno a casa, ho sentito parecchio la sua mancanza..-
-Me lo ricordo!- lo interruppi un po' troppo bruscamente. Fortunatamente mi ignorò.
-E ci siamo sempre mantenuti in contatto. Insomma, stamani ho trovato una sua mail in cui mi chiedeva di andare qualche giorno da lei durante l'estate. Lo so che è una cosa stupida e, probabilmente, non capirai, ma io vorrei andare.- concluse tutto d'un fiato.
-E dov'è il problema?- gli chiesi freddamente.
-Ho bisogno di sentire la tua opinione.- mi disse fissandosi le scarpe.
Ero sempre stata convinta del fatto che il mondo avesse un'ironia propria che, proprio ironica non era, ma avevo dovuto accantonare l'idea quando mia madre aveva definito i miei pensieri "manie di persecuzione". In quel momento, però mi dovetti ricredere: non solo l'universo aveva sfoderato quella stramaledettissima ironia, ma mi stava prendendo bellamente per il culo! Brava Caterina, adesso diventi anche volgare!
-La mia opinione?- La voce uscì un po' più stridula del dovuto. Per quanto cercassi di mantenere un'espressione neutra, la mia voce risentiva della guerra in corso all'interno della mia testa.
Lui mi fissò ed annuì. -Sì, devo sapere cosa ne pensi.-
-Perché?- gli chiesi con un filo di voce.
-Perché sei la mia migliore amica e credo tu sia la persona adatta a darmi consigli di questo genere.- "Frase fatta", pensai.
-Perché io? Perché non Emanuele? Anche lui è il tuo migliore amico e per di più è un maschio.- continuai.
-Voglio sentire cosa ne pensi tu, non Emanuele.- mi rispose pronto.
-Okay, dunque tu vuoi sapere cosa penso del fatto che Lilian ti abbia invitato da lei quest'estate. Bene, credo sia una grandissima cazzata.- gli risposi con estrema calma. Voleva la mia opinione? Certamente non gli avrei mentito, non era mai stato nel mio carattere evitare di dare risposte sincere. Eppure mi sentivo così meschina: lui si apriva con me e mi dava fiducia, mentre io pensavo solo a me stessa assecondando i miei interessi. Maledetto senso di colpa!
-Insomma..- continuai prima che lui potesse replicare. -Più che una cazzata ritengo che sia improduttivo e deleterio per te. Non puoi negare di esserti affezionato a lei, sono convinta che, anche se non lo vuoi ammettere, ti manca ancora. Che senso avrebbe andare da lei per poi stare male dopo? Sai che questa storia non potrebbe avere futuro.- conclusi e, questa volta, sinceramente.
-Lo so, ma non posso farci niente. Da una parte so che andando commetterei uno sbaglio, ma dall'altra..-
-Ale, so che vuoi il mio aiuto e sono più che disposta a dartelo, ma non sono in grado di dirti ciò che vorresti sentirti dire.- gli confessai. Mi dispiaceva non poter essere per lui quell'amica che avrebbe voluto, ma non potevo ignorare quello che provavo per lui, sarebbe stato controproducente, per me in particolare.
-Sì, forse hai ragione.. Ma riflettici, Cate: cosa ci sarebbe di male se io andassi da lei e poi al ritorno mi mettessi l'anima in pace? Non farei del male a nessuno e, invece di dimenticarla adesso, lo farei con qualche mese di ritardo!- disse con un tono entusiasta.
Povero Ale, era così ingenuo! Nel suo essere maschio non aveva ancora capito che i sentimenti non funzionano come la play station: non puoi mettere tutto in pausa per fare merenda, per poi riprendere il gioco esattamente dallo stesso punto qualche ora più tardi! Più vai avanti, più ciò che provi si solidifica e mette le radici dentro di te. Io lo sapevo bene.
-Ale, sai che non è questa la soluzione, non funziona così. Per favore, pensaci bene.- lo pregai.
-Ma io ci ho pensato.- mi rispose serio.
Era nei momenti come quello, nei quali passava improvvisamente dall'essere il mio Ale all'impersonare un mostro sconosciuto, che mi chiedevo chi fosse veramente e quanto davvero lo conoscessi.
-Allora prendi le tue decisioni da solo!- gli dissi, alterandomi. -Non capisco per quale motivo ti rivolgi a me se non posso dirti quello che vorresti!-
-Me lo chiedo anch'io!- mi rispose lui. Lo guardai: mi stava fissando con un'espressione arrabbiata sul volto. Lui era arrabbiato? Cosa si aspettava da me? Lo aveva voluto lui, io ero semplicemente stata sincera, non aveva nessun diritto di arrabbiarsi. Con un cenno gli indicai la porta. -Te ne puoi andare.- gli dissi tagliente.
Vidi un lampo di consapevolezza passare nei suoi occhi. -No Cate, non intendevo questo.. Non voglio che tu mi dica quello che mi voglio sentir dire, ma avrei bisogno del tuo aiuto senza che tu mi tratti come un deficiente.-
Avrei davvero dovuto buttarlo fuori, ma non riuscivo a non rispondergli. -Non ti ho trattato da deficiente! Non l'ho mai fatto in cinque anni di amicizia, non vedo perché avrei dovuto farlo adesso! Dico solo che se non riesci ad accettare la mia opinione, è inutile che tu pretenda il mio aiuto.-
-Forse mi rivolgo a te proprio per questo, forse non voglio sentirmi dare ragione, ci hai mai pensato?- mi chiese.
-In quel caso non dovresti prendertela con me se ti dico che stai affrontando i tuoi sentimenti nel modo sbagliato.- Mi pentii quasi subito di essere stata così brusca, di nuovo.
Mi riservò un'occhiata di disprezzo puro. -Almeno i miei sentimenti sono riservati ad esseri umani, non ad oggetti!-
-Cosa intendi dire?- gli chiesi furiosa.
-Guardati Caterina: sei una nebulosa di emozioni indisciplinate, non riesci ad avere rapporti con gli altri semplicemente perché non riesci ad accettare te stessa. Ma invece di provarci, ti chiudi nel tuo mondo insieme ai tuoi libri e alle tue immagini di città che non potrai mai visitare! Non dirmi che sto affrontando i miei sentimenti nel modo sbagliato, non renderti ridicola in questo modo!-
Le sue parole mi si rovesciarono addosso come un fiume in piena: non si era risparmiato nessun difetto della mia personalità. Tutti colpi centrati e ben assestati, uno dopo l'altro mi avevano colpita in quella zona della cassa toracica sopra lo stomaco, vicino ai polmoni, lì dove tutte le emozioni erano concentrate.
Quella volta non dissi niente: aprii la porta e gli feci cenno di andarsene. Lui, senza una parola, uscì.
Non avevo mai creduto all'espressione "l'amore ti succhia l'anima", ma mi dovetti ricredere.
Quella volta lui si era davvero portato via una parte di me.



-Note dell'autrice-

Salve! :)

Non so come mai mi ritrovo a scrivere sempre le stesse cose, ma devo assolutamente scusarmi per il ritardo nella pubblicazione. Questo capitolo è stato davvero difficile da scrivere e il risultato non è neppure dei migliori.
Nonostante questo sia quasi noioso, nei prossimi capitoli questi due pazzi sconsiderati faranno il "botto".....sperando non nel vero senso della parola! :P

Ringrazio le 8 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 3 che l'hanno inserita tra le ricordate e le 17 che la seguono. Grazie mille, non sapete come mi rende felice vedere che c'è qualcuno che apprezza! :')

Un grazie particolare va a 00ebano00, che è stata così gentile da condividere con me i suoi pensieri e le sue opinioni. Grazie davvero!

Come sempre, se avete voglia di lasciare una piccola recensione ne sarò felice. :)

Un bacio,
Jane Ale
  
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