raga
Capitolo 19:
Misunderstood
L’allenamento era finito da
un pezzo, ma lei non si era ancora decisa a rientrare, nonostante le tenebre
ormai prossime. Non sapeva dire se lo stesse facendo di proposito oppure no,
davvero non rammentava bene la strada per rincasare, ma oramai erano ore che
girovagava senza meta per Konoha.
Forse perché in tutta la
vita, aveva sempre sopportato le pareti strette di quella prigione dorata che
sua madre le aveva eretto attorno.
«Desiderio di libertà?»
Quanto tempo era passato?
Quanto erano distanti le giornate trascorse sulle spiagge della California, o a
passeggiare per Beverly Hills?
«Nostalgia di quell’altra
mia vita?»
No, anche sforzandosi, non
riusciva a provare alcuna mancanza per quel mondo che da sempre le aveva imposto
le sue regole…
«Ma anche qui ci sono
regole a cui sono sottoposta…Anche perchè, se non le rispettassi, metterei in
pericolo la mia vita»
Inutile: era diverso. Per
la prima volta era stata davvero libera di compiere una scelta da sola, e
assumersene da sola le conseguenze. Era dunque quello il prezzo della
libertà?
Shaula alzò gli occhi al
cielo, dove cominciavano a splendere le prime, fioche
stelle.
“Sto diventando come
Mizar…” sopirò in un sussurro che si perse nel vento.
Desiderò essersi portata
l’orologio per verificare l’ora ma, a giudicare dal suo stomaco ruggente, era
arrivato il momento di tornare a casa, all’appartamento di Tsunade, con Antares,
attendendo il ritorno dalla missione di sua sorella.
La via era deserta, e le
luminarie inesistenti.
«Non mi ricordo d’aver
fatto questa strada…Non c’è in giro nessuno…»
Si fermò, incerta se
addentrarsi nella stradina o meno, quando una voce alle sue spalle la fece
trasalire:”Non è un po’ tardi per passeggiare da sola?”
Sasuke le si avvicinò, le
mani in tasca, un’aria di rimprovero dipinta in volto.
“Konbawa, Sasuke” rispose
lei, arrossendo leggermente.
“Non lo sai che è
pericoloso girare per Konoha di notte?” la redarguì il
quindicenne.
“Potrei dire lo stesso per
te” replicò lei, con ironia.
L’Uchiha le si approssimò
ulteriormente, bloccandola con un braccio al muro di un edificio:”Davvero?Beh,
credo che saprei difendermi discretamente, Shaula, non
credi?”
Cercando di ignorare il
cuore sull’orlo di un infarto, la moretta riuscì a rispondere in un
sussurro:”A-anch’io…anch’io saprei cavarmela…”
“Non lo metto in dubbio…Ma
ciò non toglie che non mi va che tu corra rischi inutili, ok?” disse il giovane,
sfiorandole con una mano le ciocche di capelli che eludevano alla sua vista gli
occhi azzurri della Koga.
“Da quando il Terzo Hokage
è morto –proseguì- la città si è riempita di criminali…Spesso, sono ninja
d’infimo grado che ‘arrotondano’ la paga mettendosi al soldo di canaglie anche
peggiori. Tsunade sta cercando di risolvere la situazione, ma ora come ora, è
Orochimaru ad avere priorità assoluta”
Shaula annuì, senza
riuscire a proferir parola, persa negli occhi d’ebano del
coetaneo.
Sasuke le sorrise:”Dai, è
stata una giornata intensa, sarai stanca…Ti accompagno a
casa”
Senza aggiungere altro, si
scostò appena, prendendola con delicatezza per una mano ed incamminandosi verso
i quartieri alti della città.
La giovane ringraziò il
buio che celò il rossore sulle sue gote, mentre con un sorriso seguì il ragazzo.
Non notò il velo di tristezza negli occhi di Sasuke, quando per un istante
questi volse lo sguardo alla via lasciata alle spalle, dove ancora sventolava,
su un’insegna macilenta, un vessillo strappato e sbiadito con un ventaglio
bianco e rosso dipinto al centro…
L’aria fresca della notte
ormai prossima le scompigliò i capelli, giocherellando con i ciuffi ribelli che
il nastro non riusciva ad imprigionare nella lunga coda, nonostante le sembianze
maschili ancora celassero le sue reali fattezze; ma non era il vento a farla
rabbrividire, con le sue folate improvvise che s’insinuavano oltre la coltre
tiepida del mantello da viaggio, bensì la vicinanza di Itachi. Da quando erano
usciti dalla taverna, non le aveva rivolto parola e ancora seguitava a
trascinarla dietro sé, stringendole il polso. Dove diamine stava andando, così
di fretta? ”Insomma, vuoi lasciarmi andare?!”
Per tutta risposta la morsa
delle dita del jonin sul suo braccio si fece ancora più
forte.
“Ahi!”
«Brutto stupido, giuro che
te la farò pagare…prima o poi…»
Giù per una stradina in
discesa, per poi svoltare in un dedalo di viuzze senza fine, finchè non si
ritrovarono fuori dal caos della città di Mitsuya, al limitare della sconfinata
foresta che circondava quel luogo.
“Guarda che so camminare da
sola!Ehi, dico a te, Uchiha!Non far finta di non
sentir…EHI!”
Itachi si girò di scatto,
strattonandola ancor più vicino a sé:”Tu chiacchieri troppo”
Mizar si sentì gelare, e
distolse immediatamente lo sguardo dallo sharingan.
“Lasciami” sibilò, cercando
di divincolarsi.
“Zitta. Che t’è saltato in
mente prima, me lo spieghi?Perché sei intervenuta, quando t’avevo detto di
restarne fuori?E sciogli quella ridicola trasformazione,
kami–sama!”
Mizar avvampò, mentre in
una nuvoletta di fumo ricomparve il suo vero aspetto:“L’ho fatto per impedirti
di fare stronzate! Itachi, la tua identità è nota ovunque, l’hai forse
scordato?Non è molto intelligente girare con lo sharingan in bella mostra, tanto
vale che ti metti anche il mantello di Akatsuki!”
Lo sguardo dell’Uchiha si
fece sottile, come due lame di ferro incandescente che la trapassarono da parte
a parte; subito la biondina chiuse gli occhi, ma il ragazzo le afferrò il viso
con una mano, forzandola a fissarlo.
“Guardami quando ti parlo”
sibilò, quasi fosse un ordine.
Gli occhi azzurri della
Koga si persero in quelle braci ardenti che le fecero mancare il respiro;
avverti perfettamente la forza latente celata oltre quelle iridi di sangue, e
non riuscì ad evitare che un brivido le corresse lungo la schiena. Il ninja se
ne accorse, e sorrise divertito dal pessimo tentativo di autocontrollo della
compagna di squadra.
“Abbiamo paura…Strano, non
me lo sarei mai aspettato da te” sentenziò sardonico.
“N-non…dire
idiozie”
“Le tue pupille sono
dilatate, la tua voce è malferma, e il tuo cuore ha accelerato di colpo…I segni
sono inequivocabili”
La biondina non rispose:
per quanto tentasse di distogliere lo sguardo, si sentiva inspiegabilmente
attratta dallo sharingan dell’Uchiha.
Forse era già sotto
l’effetto di un genjutsu…
“Non è mia abitudine
attaccare i compagni di squadra” l’anticipò secco Itachi, quasi le avesse letto
nel pensiero.
Mizar lo fissò, senza
replicare; lui sbuffò, scuotendo la testa:”Sei senza speranze. Muoviamoci, sono
stanco di sprecare tempo con te”
Si fermarono soltanto
diverso tempo dopo, quando la notte era ormai calata fra le fronde fitte degli
alberi.
Mizar aveva le gambe
doloranti per il lungo camminare, e le sembrava che, anziché essere partita
quella mattina, fosse in viaggio da giorni.
Quando Itachi arrestò il
passo, al limitare di una piccola radura erbosa, fu quasi tentata d’abbracciarlo
per la gioia della tanto agognata sosta.
“Ci fermiamo qui: il
castello del daimyo dista poco più di un ri, e siamo in un’ottima posizione per
poter osservare le sue mosse senza correre pericoli” asserì l’Uchiha, rivolto
più a sé stesso che alla ragazza, la quale non riuscì a trattenere uno
sbadiglio.
Ciò non sfuggì ad Itachi,
che non si esimette dal commentare sarcastico:”Già stanca, Koga?Non me ne
sorprendo”
“Non sono stanca, Uchiha! E
finiscila di chiam…EHI!”
Il ragazzo le aveva
lanciato contro uno shuriken, mancandola di un soffio.
“Che accidenti
fai?!”
“Sì, decisamente dormi in
piedi, hai i riflessi spenti. Inutile aggiungere che, ridotta così, mi saresti
solo d’intralcio, quindi me la cavo da solo” disse il ninja, sbrigativo e per
niente preoccupato di dover agire senza partner.
Mizar lo fissò truce,
incrociando le braccia:”Te lo scordi. Ci hanno messo in squadra,
rammenti?”
Il diciottenne inarcò un
sopracciglio:”E da quando ti importa qualcosa del lavoro di squadra,
Koga?”
“Differentemente da te, io
la missione l’ho presa sul serio, e non ho passato tutto il tempo a lamentarmi
di chi mi è stato affiancato come compagno!” ribattè la biondina,
caustica.
Itachi alzò le spalle, poi
d’improvviso scattò, intrappolandola contro il tronco di un grande albero.
Sorrise al vedere la preoccupazione celata dallo sguardo duro della
ragazza.
”Forse hai dimenticato che
una squadra dovrebbe fondarsi sulla cooperazione reciproca, oltre che sulla
fiducia, Koga” le sussurrò, il viso a pochi centimetri dal
suo.
Gli occhi azzurri di Mizar
lo fissarono, glaciali:”Fidarmi? Se qualcuno se l’è scordato, non sono io a
dovermi render degna di fiducia, non sono io ad aver sulla coscienza…”
s’interruppe di colpo, ed Itachi sorrise, sardonico.
“Vai avanti…perché non
finisci la frase?”
“Hai capito benissimo”
ringhiò lei in risposta, a disagio per il fatto che lui le fosse così
vicino.
“Invece no. Sono curioso di
sentirti: se hai qualche problema, me lo dici, ora e subito” aggiunse, con la
voce sempre più gelida.
“Non ho niente da
dirti!”
Le iridi cerulee della Koga
dardeggiarono nel buio, mentre una falce di luna scarlatta comparve in
esse.
“Tsuki no Kokoro…davvero
divertente, Koga. Quando non sai più come rispondere, ti atteggi con queste
pagliacciate. È facile parlare a sproposito, quando non sai un
ca…”
SCIAFF!
Uno schiaffo secco lo colpì
in pieno sulla guancia, facendogli spostare appena la testa.
“Adesso stai zitto. Non me
ne frega niente di te, ne di ciò che hai fatto, né che sei classificato come
mukenin di classe S. Ora abbiamo una missione da portare termine…Parli di
fiducia, ma tu non fai nulla per farti riconoscere degno di
essa!”
Itachi si sfiorò con una
mano la guancia arrossata, la pelle bollente nel punto in cui aveva subito il
colpo.
Non faceva male, no, aveva
smesso da tempo di percepire dolore per quelle futilità…Almeno fisicamente,
perché ne suo animo fu come ricevere un pugnalata dritta al
cuore.
Gli occhi del
ninja dardeggiarono nell’oscurità, leggendole sin nel più profondo dell’anima,
togliendole il respiro.
La mano sinistra di Mizar
sfiorò la tsuba della masamune, già pronta a far scattare la destra
sull’impugnatura della spada, comunque poco convinta che questo la potesse
aiutare contro lo Tsukuyomi…
“Adesso basta” sussurrò
improvvisamente Itachi, facendola trasalire. Con un gesto rapido le afferrò il
braccio destro, allontanandolo dall’elsa della masamune; in meno d’un secondo,
Mizar si ritrovò disarmata, in completa balia
dell’Uchiha.
Il quale, però, non fece
nulla.
Si limitò a fissarla nel
buio di quella notte senza luna, lo sharingan scarlatto che risplendeva nelle
iridi, due fuochi fatui che a stento illuminavano una realtà
incerta.
Perché nessuno avrebbe
potuto capirlo.
È possibile comprendere il
dolore e la sofferenza soltanto se li si prova in prima
persona.
E
lei…
“Itachi…”
“Credo di averti già detto
che tendi a reagire troppo impulsivamente…Non saltare sempre a conclusioni
affrettate, o finirai davvero nei guai”
La diciassettenne deglutì;
lui raccolse la sua sacca posata a terra, e s’incamminò in direzione del
castello, celato da qualche parte, oltre quella muraglia di
alberi.
“I tempi della missione si
restringono sempre più, e pare proprio che dovremo cercare di collaborare, non
credi? Comunque, parlami guardandomi negli occhi, Mizar, o potrei pensare che tu
abbia paura” aggiunse poi lo shinobi, restituendole la
masamune.
La ragazza trasalì, forse
al sentirsi chiamare per nome, o forse perché le ultime parole dell’Uchiha erano
state pronunciate quasi come una…supplica?
Non vi era alcuna
arroganza nella sua voce.
Si arrischiò ad incrociare
di sfuggita lo sguardo del ragazzo, e per la prima volta lesse in quelle iridi
scarlatte non una minaccia, non un pericolo, ma una sconfinata malinconia,
dettata dalla solitudine e dal peso che gravava sulla sua
coscienza.
«I…I can’t
understand…»
“A-arrivo…”
Sì, Itachi aveva ragione:
si stava comportando come una cretina.
«La missione, prima di
tutto»
«Parli di fiducia, ma non
fai nulla per renderti degno di ciò!»
Le parole della Koga gli
rimbombarono nella mente, mentre incedeva con passo sicuro attraverso la fitta
boscaglia, guidato dallo sharingan e da una vita di esperienza negli
anbu.
Era mai possibile che
quella ragazzina riuscisse a sconvolgerlo tanto?Lui, il demone impassibile,
quello che aveva sterminato la sua famiglia senza versare nemmeno una lacrima,
seppur sotto il controllo di Orochimaru. Era solo una mocciosa qualunque, a
quanto ne sapeva neppure di quel mondo…che gliene importava di ciò che pensava
di lui? Niente, non sapeva niente, non poteva comprenderlo, non voleva
comprenderlo e non l’avrebbe mai fatto. Perché era come tutti gli altri: pronta
a distribuire giudizi, ma mai a concedere fiducia e
perdono.
Come
Sasuke…
Sarebbe sempre rimasto da
solo. Ma ormai non gli importava più…
«Il fine del ninja è la
missione…Nessun sentimento, nessun pensiero, nessun
rimorso»
raga
Ciao a tutti raga! Lo
so, è passata una vita dall'ultimo aggiornamento, e non nego che mi sono chiesta
più volte se effettivamente avessi la forza di portare avanti la
storia...
Il dilemma amletico è
nato in una brutta giornata durante la quale un amico ha avuto la pessima idea
di spedirmi tutti gli spoiler possibili ed immaginabili sul Leader di Akatsuki,
su Itachi e quant'altro...Dannata curiosità, a fine lettura mi sono ritrovata a
dire:"E adesso, come faccio con Dark Soul, quando i miei piani erano un poco
diversi..."
Giorni, settimane e
quasi due mesi dopo, sono arrivata alla conclusione che questa fanfiction già
dall'inizio si distaccava dal manga per alcuni eventi(Sasuke redento,
ec...)
quindi...
SHOW MUST GO
ON!
al prossimo
aggiornamento, cioè fra 2 week perchè nel frattempo non crediate che sia stata
lì a disperarmi, ho già scritto 3 nuovi capitoli!!
Baciottoli!
Mizar89
PS: Sorry x
l'attesa.
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