Capitolo 4 - The revelations
- Ehi... si sta svegliando!
- Calmo Matsuda... ora non montarti la testa....
- Ma lui è la prova del fatto che non vi ho detto una
bufala...!
- Ho capito ma rilassati, ok?! Ecco così, prendi un bel
respiro.
- Lawliet era immerso nel buio più assoluto, senza riuscire
a
percepire la massa del suo corpo. Era come se la sua anima galleggiasse
in un liquido molto denso, che ne impediva i movimenti. Pian piano il
buio divenne meno vischioso, e il ragazzo cominciò a
riprendere
conoscenza. Si sentiva libero di respirare, e anche la vista
virò a velocità vertiginosa verso il bianco.
Schiarendosi, i colori emersero da quel candore accecante, e i
lineamenti degli oggetti divennero mano a mano più definiti.
La
luce della stanza gli ferì gli occhi, e dovette strizzarli e
sbattere le palpebre un paio di volte prima di abituarsi. Sentiva un
vociare in sottofondo indefinito, ma non riusciva a riconoscere le
voci, come era invece successo nella cappella. La cappella... Aveva
ormai finito le lacrime, e sentiva solamente una grande tristezza
stringergli il cuore. Ci mise un po' per mettere a fuoco la situazione.
Tre persone erano ai piedi del letto dove era steso. Un uomo con
capelli neri e occhi nocciola, un grosso tizio con capelli di taglio
militare e pelle bronzea e l'ultima era una donna bionda e bassa; i tre
parlottavano fitto fitto fra loro, e non sembravano notarlo. Nonostante
non sentisse le gambe, provò comunque ad alzarsi dal letto.
Una
fitta al braccio sinistro però lo dissuase dal provarci.
Mugolò dal dolore, catturando l'attenzione delle tre
persone. Il
più giovane fra i due uomini, quello con gli occhi nocciola,
si
precipitò al suo capezzale.
- Ti sei svegliato? Stai bene? Come ti senti? Ti fa male il braccio?
Chi sei? Perché sei corso dietro a quel tipo?
Perché...
AHIA!! - ricevette un cazzottone sulla testa, a opera della donna
bionda.
- MATSUDA! Insomma, si è appena svegliato... lascialo stare!
- Ma Chiyoooo.. - Piagnucolò Matsuda.
- Ha ragione, amico mio: rilassati, ben presto avremo le risposte che
cerchiamo. Mi dispiace tanto per l'irruenza del mio collega - Disse
l'imponente omone. - Io sono Mogi, lui è Matsuda e lei
è
Chiyo Amane. Non aver paura, siamo poliziotti. Piacere di conoscerti.
Come va? - Il ragazzo, leggermente
infastidito da tutte quelle attenzioni, e incapace di capire
perchè dei poliziotti dovessero interessarsi a lui, disse:
- m-mi chiamo Lawliet, monaco di Santa Maria Addolorata....
- Nuuuoooooooo non ci credo!!! Vieni davvero da lì?!! -
Disse
Matsuda che aveva smesso i panni della povera vittima per tornare il
solito casinista.
- Ma allora non ti ammazza proprio nessuno, eh?
- MATSUDA! - stavolta fu Mogi che si lasciò andare alla
gioia
della crudeltà manuale, abbattendo quella palanca di mano
sulla
testa del già provato collega piedipiatti.
- Ahiahiahiahiahia!!! Mogiiiiiii!! Non vale, tu hai una forza
mostruosa... non sei una donna come Chiyo... - Lawliet sorrise a vedere
quella scena. Chiyo, intenerita dalle condizioni del ragazzo, gli
andò vicino sedendosi sulla sedia accanto al letto.
- Quindi ti chiami Lawliet, giusto?
- Sì.
- E vieni dal monastero distrutto due giorni fa... - Lawliet
spalancò i suoi grandi occhioni.
- Due giorni?
- Sei rimasto incosciente a lungo, mio caro. Hai preso una bella botta.
Ricordi l'incidente?
- Incidente...? Ah, sì...- Le immagini dell'incidente
rivennero a galla solo dopo un non indifferente sforzo memnonico.
- Cosa è successo a quel ragazzo? è ancora
vivo... vero?
- Gli sguardi affranti dei tre fecero crollare tutte le sue speranze.
Si prese la testa fra le mani, sconsolato.
- Allora è proprio vero... non si può cambiare il
proprio
destino... - L'allegro trio di piedipiatti cominciò a
pensare
seriamente che, contro tutte le diagnosi, quel ragazzo aveva ricevuto
danni anche al cervello. E anche seri.Chiyo, con fare materno, si
sedette sulla sponda del letto, circondando con un braccio le esili
spalle del ragazzo, cercando di cullarlo.
- Hai avuto una brutta giornata, tutto qui. Ora noi ti lasciamo, tu
riposati. - Lawliet non volle chiederle perchè una
poliziotta
veniva a trovare un monaco senzatetto all'ospedale; prima avrebbe
analizzato per bene la situazione, e solo in un secondo momento avrebbe
elaborato un piano per estorcere più informazioni possibili
ai
tre. Dubitava di potersi fidare subito di loro; era necessario prima di
tutto sondare le loro menti, capirne la personalità e
adottare
una strategia diversa per ognuno di loro. Aveva una vaga idea del ruolo
di ognuno di loro.
Matsuda il pagliaccio della situazione.
Mogi il "leader".
Chiyo il collante fra i due, quella con la testa sulle spalle.
Teoricamente.
Davvero divertente, pensò cinicamente. Sospirando
lasciò
cadere la testa sul cuscino. Avrebbe pensato a tutto dopo.
- Cioè, ora mi credete o no? è L! Credetemi! -
Disse Matsuda agitato. Chiyo e
Mogi sospirarono esasperati. Matsuda lo interpretò come una
rassegnazione alla sua indiscutibile superiorità cerebrale,
e
gonfiò il petto come un tacchino.
- è lui! Certo però che ha degli occhi strani...
- disse pensieroso Matsuda.
- Sono bellissimi - Lo corresse Chiyo. - Per te bello è
sinonimo di strano?
- Belli o meno - intervenne l'imponente Mogi - non cambia il fatto che
quel ragazzo è un monaco proveniente proprio da quel
monastero.
Sarebbe bene indirizzarlo a qualche chiesa e trovargli una sistemazione
lì.
- Ma come, vorresti lasciare che L se ne andasse? Vorresti perdere
un'occasione come questa? - Mogi lo fulminò con lo sguardo,
stringendo i pugni.
- Mastuda, lui non è L!!!Può assomigliargli
quanto ti
pare, ma non riavremo mai Ryuzaki!!! Lui è morto
diciassette anni fa, maledizione! - Sbottò irritato
Mogi. I suoi colleghi lo guardarono sorpresi. Lui era un uomo calmo e
pacifico a dispetto del fisico, e quella reazione non era normale.
Capendo ciò che passava per la testa dei poliziotti, l'uomo
decise di spiegare il perchè di quella reazione, imbarazzato
da
quel suo scatto d'ira.
- Insomma, è che... cioè... Matsuda, tu mi
capisci, vero?
Da quel giorno, quando Light.... anzi no, Kira.... lo uccise... -
Matsuda, sorridendo, si avvicinò al compare e gli diede
un'amichevole pacca sulla spalla. Non c'era bisogno di parlare. Quando
Ryuzaki morì era come se se ne fosse andata una parte di
loro.
Matsuda da allora faceva continuamente percentuali ed amava in
maniera quasi
maniacale i dolci, mentre Mogi era molto ma molto più
riflessivo
di quanto non fosse mai stato e di
nascosto, quando non c'era nessuno a guardarlo, si
sedeva raccogliendo le braccia al petto e senza appoggiare il
didietro alla
sedia. Qualche volta aveva addirittura risolto qualche caso
intricatissimo semplicemente grazie a quella posizione, che sembrava
davvero aumentare del 40% le sue capacità celebrali. Senza
contare il fatto che erano gli unici due poliziotti della squadra anti
Kira ancora in servizio. Chiyo invece era un ex modella entrata a far
parte delle forze del'ordine dieci anni prima. Aveva legato subito con
i due, e da allora erano divenuti una specie di task force.
E,
anche se indirettamente, lei aveva avuto a che fare con L.
Un'infermiera si avvicinò ai tre, e gli chiese gentilmente
di
andarsene perchè l'orario delle visite era finito.
- Avanti, mangi qualcosa.... - Come un bambino capriccioso Lawliet
girò la testa da un'altra parte, rifiutando categoricamente
di
ingoiare il minestrone estivo servitogli dall'infermiera. Sapeva che se
avesse provato a mangiarlo inevitabilmente si sarebbe ricordato di
padre Harry, il simpatico e magrissimo cuoco del monastero,
scherzosamente soprannominato per questa sua magrezza "polpettone" dai
novizi più scapestrati. Il cuoco che preparava sempre e solo
minestre. Quel cuoco che, contro ogni regola del monastero,
gli
preparava la cioccolata calda nelle fredde serate invernali; solo per
lui metteva da parte mestoli e verdure per preparargliela. Fino
all'età di cinque anni se la gustava con la madre, che lo
prendeva in giro per i baffi di cioccolato che puntualmente si faceva;
anche dopo la sua morte Harry aveva continuato a comprare di nascosto
del cacao e rubacchiare del latte per mantenere vivo quel rituale.
- Insomma! è un ragazzo maturo, non faccia queste scene! -
Disperata l'infermiera prese il cucchiaino e tentò
di
imboccarlo a forza, ma le labbra serrate la fecero desistere.
- Se non mangia sarò costretta a farle una flebo... -
Lawliet
scansò il vassoio con il piatto, incrociando deciso le
braccia.
In quel momento entrò una seconda infermiera, un donnone di
cento chili per un metro e sessanta d'altezza.
- Che succede? Ti sentivo quasi urlare dal corridoio....
- Non vuole mangiare nulla, e guarda i suoi valori! Dovremo fargli una
flebo in questo caso... - L'infermiera grassa diede un'occhiata alla
cartella clinica, prima di sospirare e infilarsi un paio di guanti in
lattice.
- La flebo non basta. Qui c'è bisogno di un catete! Su, su
giri!
- Esclamò brandendo l'attrezzo come se si trattasse di
un'arma
impropria. Il ragazzo osservò terrorizzato il catete che si
avvicinava minaccioso alle sue intimità, e preso dal panico
afferrò il piatto e cominciò a trangugiare la
brodaglia
come se fosse una questione di vita o di morte. La prima infermiera
prese sorpresa il piatto e il cucchiaio lucidi come se
fossero
appena usciti dalla lavastoviglie, e uscì dalla stanza
accompagnata dall'altra donna.
- Incredibile, ha mangiato tutto...!
- Che ci vuoi fare amica mia, il catete ha un potere incredibile sui
pazienti - disse ridendo l'altra mentre si toglieva i guanti
in
lattice. Per intanto, il "paziente" si stava riprendendo dallo
spavento. Si ripromise di mettere da parte i suoi ricordi e mangiare
qualunque cosa gli avessero messo sotto il naso, si fosse pure trattato
di uno scoiattolo essiccato. Prese un bicchiere pieno d'acqua
appoggiato sul comodino, e bevve lentamente per freddarsi la lingua,
poichè per la fretta non aveva nemmeno aspettato che la
minestra
bollente si freddasse un pochino. Tranquillizzatosi, si
rilassò.
Era passato un giorno dalla visita dei poliziotti, e credeva non a
torto che sarebbero tornati. A quanto pare assomigliava molto a
qualcuno di loro conoscenza. In segreto sperava che parlassero di suo
padre... oppure si erano semplicemente sbagliati. Pensava, un po'
negativamente, che dopotutto le possibilità che si
trovasse davanti a delle persone che conoscessero suo padre erano
inferiori al 7%. Non aveva la minima idea di chi fosse, come fosse e
cosa facesse. Buio totale. Se quei tre sapevano qualcosa...
gliel'avrebbe esorto anche con la forza. Infatti, pochi minuti dopo,
quando entrò nella fascia oraria delle visite, quei tre
fecero
capolino dalla porta sorridenti.
- Ciao. Come stai?
- Bene grazie - rispose il ragazzo con voce monocorde. I tre attesero
sperando forse che lui gli chiedesse qualcosa o aggiungesse particolari
inediti, ma dovettero prendere l'iniziativa per interrompere quel
silenzio
imbarazzante.
- Ahem... ecco... siccome sei un monaco e non sei registrato
all'anagrafe dobbiamo portarti in centrale. Sai, spero che capirai, ma
indagare sul tuo passato è d'obbligo...
- Io non mi fido di voi. Da quanto ne so,potreste anche essere dei
membri della Yakuza. Mostratemi i distintivi. - Un po' perplessi e
riluttanti, estrassero i distintivi dalle tasche. Lawliet
scrutò
quei documenti come se nascondessero dei messaggi cifrati, ma dovette
arrendersi all'evidenza.
- Be', ora ti fidi di noi? - Scosse la testa, guardando fuori dalla
finestra adiacente il suo letto.
- Potrebbero benissimo essere contraffatti, e io non ho le
capacità necessarie per verificare se la mia teoria sia
valida o
meno. Se proprio volete che mi fidi, vorrei poter parlare a quattrocchi
con ognuno di
voi. - Il trio si guardò sorpreso, e decisero all'unanime
che lo
avrebbero accontentato. Mogi si sedette sulla sedia, facendo cenno agli
altri due di uscire dalla stanza. Quando la porta si chiuse, l'indagato
e l'indagatore si guardarono per qualche attimo in silenzio.
- Dunque... Nome e cognome, numero di matricola e grado.
- Mogi Choji, 006736826, tenente. Ma non vedo come queste
informazioni....
- Formazione scolastica.
- Liceo Takamana, Caserma Kota. E ora....
- Il suo obiettivo.
- Portarti in centrale per verificare la tua identità e
indirizzarti a qualche chiesa cattolica disposta ad accoglierti e
trovarti un lavoro. Spero di aver soddisfatto la tua
cusiosità.
- Lawliet annuì poco convinto, mentre si preparava a
strappare ogni segreto che - ne era sicuro - nascondeva l'uomo. Anche
Mogi sapeva che quel ragazzo era furbo, e che probabilmente avrebbe
usato dei trucchi per costringerlo a parlare....
- Perchè mai dei poliziotti si interessano tanto a me? -
Inutile
dire che tutti i piani del poliziotto per svicolare da possibili
inganni crollarono come un castello di carte. Non immaginava
che
sarebbe mai stato così diretto!
- Emh.... be', ecco....
- L'averla preso impreparato vuole dire che tende a sopravvalutare i
suoi avversari.- Mogi lo guardò estremamente sorpreso.
- Eeeh?!?? Avversario? - Lawliet cominciò a giocherellare
con il bordo delle lenzuola.
- In questo momento io e lei siamo avversari, signor Mogi - Disse
guardando pensieroso verso l'alto, senza smettere però di
torturare il lenzuolo. - La nostra è una sfida a chi
carpisce
per primo ciò che nasconde l'altro. Nel caso sia io a
uscirne
vincitore lei signore sarà costretto a soccombere al mio
volere,
poichè potrei essere sia l'innocente monaco Lawliet sia un
criminale ai livelli di Bin Laden. D'altronde, si sa così
poco
di me... - Mogi cominciò a sudare freddo. Stupido
Matsuda.... lui e le sue seghe mentali su un secondo L!
- E se lei cominciasse a pensare che il mio Q.I. sia talmente elevato
da rappresentare una minaccia, sospetterebbe della mia
sincerità, e indagare sul mio passato non basterebbe
più.
Comincerebbero gli spionaggi, cimici nei miei abiti, o addirittura
l'arresto. Se invece vincesse lei, Mogi - e si voltò a
guardare
il diretto interessato con i suoi grandi occhi argentati, che
sembravano uno specchio che rimandava ad una dimensione ultraterrena
-... se vincesse lei, beh, io avrei perso. Credo sia logico. - "Mi ha
fregato!" Pensò Mogi arrabbiato. Era riuscito a metterlo in
agitazione, e non riusciva a stare calmo. Era troppo simile a lui.
Era ormai impossibile pensare razionalmente a una qualche soluzione.
Quel ragazzo aveva ragione. Se lui lo avesse battuto sul tempo, Lawliet
avrebbe dovuto assecondarlo a testa bassa. Se invece fosse stato
fregato - come d'altronde stava succedendo... non sapeva nemmeno lui
cosa sarebbe successo. Si ricompose schiarendosi la gola rumorosamente,
evitando di far notare il sudore che gli imperlava il retro del collo.
- Il dovere di un poliziotto è quello di servire i cittadini
e
proteggerli, Lawliet. E questo significa anche che dobbiamo scoprire
chi sei, perchè proprio come hai detto tu non sappiano
niente
del tuo passato. - Ormai Lawliet aveva la completa e dettagliata
visione della psicologia dell'uomo.
- Ha ragione, non posso certo contraddirla su questo. Prego, esca pure
e inviti dentro l'altro suo collega, quel tale Matsuda. - Senza nemmeno
salutarlo l'uomo uscì dalla stanza con il cuore a mille. Il
ragazzo sentì una breve e concitata discussione, e dopo
qualche
attimo di silenzio Matsuda si affacciò dalla porta.
- Prego, si accomodi. - Quel poliziotto aveva un atteggiamento
completamente diverso dall'altro. Se quest'ultimo era estremamente
cauto e sospettoso, Matsuda sembrava pronto a un'amichevole
chiacchierata fra amiconi. Si lasciò cadere sgraziatamente
sulla
sedia, incrociando le braccia e sorridendo ingenuamente al ragazzo.
- Allora tu sei Lawliet, eh? Non è un nome molto comune...
sei americano?
- Non ne ho idea. Sono stato abbandonato da piccolo, non so chi siano i
miei genitori. - Il poliziotto divenne molto dispiaciuto.
- Davvero? Che storia triste... Vabbè non preccuparti! -
Esclamò solare dando una sonora pacca sulla schiena del
monaco,
che mugolò per il dolore.
- Ah, che stupido! Lì avevi dei punti, no? - Se Mogi era un
uomo
pacato ma brillante, Matsuda era semplicemente un cretino. Come
d'altronde immaginava....
- Senta Matsuda, perchè mai dei poliziotti come voi si
interessano a un banale incidente come il mio? - Decise di interpretare
il ruolo del ragazzino ingenuo; con Mogi sapeva che era inutile
recitare, ma con questo credulone poteva fare ciò che
voleva. Un
po' si disprezzava per come trattava quell'uomo, ma d'altronde, se era
necessario....
- Ah, be', noi poliziotti dobbiamo sempre interessarci ai civili
coinvolti in incidenti come il tuo. Sai, i testimoni dicono che stavi
inseguendo uno scippatore, e noi abbiamo bisogno di altri dettagli per
completare il quadro della situazione. - Senza darlo a vedere, Lawliet
rimase molto sorpreso. Mogi non aveva menzionato nulla di simile.
Probabilmente cercava di nascondere qualcosa. Fingendosi sinceramente
convinto, continuò:
- Ah, giusto, non l'avevo consierato. Sapete bene o male cosa
è successo?
- Certo: una donna è stata scippata da un ragazzo con alcuni
precedenti penali. Tu hai provato a fermarlo, ma senza rendervene conto
siete finiti in mezzo alla strada e un'auto non ha fatto in tempo a
frenare.... il ragazzo è stato preso in pieno, tu
fortunatamente solo di striscio.
- Dunque... basta che mi interroghiate e poi mi lascerete libero, vero?
- Cercò di usare il suo tono di voce più debole e
tremolante, come se avesse paura di chissà che cosa. Matsuda
intenerito rispose:
- Massì non preoccuparti. L'unico problema è
accertarci
della tua identità. Se sei stato abbandonato da piccolo non
ci
sono documenti.... - Facendo finta di reprimere a stento un grande
dolore, Lawliet guardò Matsuda stancamente. Tentando di non
compiacersi per le proprie abilità di recitazione, con voce
roca
sussurrò:
- Giustamente bisogna sempre pensare al bene comune. Se è
così, sono pronto a collaborare ventiquattro ore su
ventiquattro. - Commosso, Matsuda si complimentò caldamente
per
il senso del dovere del ragazzo, prima di uscire dalla stanza
asciugandosi una lacrima sinceramente colpito dalle parole del ragazzo.
Alla fine entrò Chiyo, perplessa riguardo alla strana
reazione
del collega. Mogi era uscito sbiancato, Matsuda in lacrime.
- Chiyo Amane. Lei è l'ultima del team.
- Ma quale team e team! Siamo semplicemente amici, tutto qui.
- Certo, certo. Dunque, cosa crede che potrei mai dirle se sono
arrivato a chiedere colloqui privati con ognuno di voi tre? - presa di
contropiede la donna sussultò sorpresa. Pensierosa
cominciò a torturare una ciocca di capelli con le dita.
- Uffaaa, non mi viene in mente niente! Be', forse vuoi semplicemente
conoscerci meglio - disse sorridendo. Lawliet non potè fare
a
mno di pensare di aver appena trovato l'esempio pratico del termine
"oca giuliva".
- Ahem.... sì.... forse.
- Ti avverto però che io sono impegnata con un altro uomo e
tu
sei decisamente troppo giovane per me. - Disse facendo l'occhiolino al
ragazzo. Quest'ultimo trasalì.
- M-ma cosa va a pensare? Io sono un monaco, non posso certo pensare
cose simili!- Ignorando del tutto quest'ultima frase, Chiyo
cominciò a dire con fare sognante:
- Aaaahhh, i sogni proibiti della gioventù! Alla tua
età
anche io ne avevo molti... Ero perdutamente innamorata di un mio amico
giocatore di tennis, anche se già avevo un ragazzo. Era
tremendamente bello! E parecchie volte, quando mi trovavo con il mio
fidanzato, facevo finta che fosse il mio amico tennista a baciarmi e
spogliarmi... - Lawliet si tappò le orecchie e chiuse gli
occhi,
orripilato da ciò che sentiva. Solo dopo dieci interminabili
minuti di racconti estremamente dettagliati la donna si rese conto del
rossore che aveva trasformato il ragazzo in un pomodoro, e
capì
che non era esattamente ciò di cui un monaco amava sentire
parlare.
- Be' è un vero peccato che sei frate. Sei un
così bel
ragazzo! Avresti senz'altro avuto tutte le ragazze che volevi.
- N-non impo... importa - Balbettò Lawliet, dal momento che
alcuni frammenti del racconto erano riusciti ad eludere le sue mani e
giungere fino ai suoi poveri timpani. "E questa sarebbe una
poliziotta?!" pensò estremamente irritato il ragazzo.
"Sembrerebbe la solita oca che non perde occasione per raccontare le
sue avventure....
O santo cielo! Signore allontana questi pensieri dalla mia
mente!" Dovette prendere un bel respiro per calmarsi.
- Lei non sembra poi così professionale... -
Osservò cinicamente. Era
sicuro che la donna avrebbe senz'altro trovato una scusa per quel
comportamento inaccettabile. D'altronde, se aveva raccontato tutto
questo a un ragazzo che nemmeno conosceva...
- Oh mi dispiace tanto! Sai però, io ero una modella e sono
poliziotta da soli dieci anni... - "SOLI??!! Ma quanto è
vecchia?! " - Certo, quando sei una modella tutti pensano che sei
stupida e incapace di fare quattro più quattro. Per questo
sono
entrata nella polizia, per poter riscattare il mio nome! - Lawliet
apprezzava quel nobile movente, ma dovette constatare che se la gente
pensava che lei fosse stupida non è certo
perchè
era una modella, ma per puro concretismo.
- Dunque perchè si è interessata al mio incidente
se lei
non fa parte di una task force con quei due che invece sembra siano
stati mandati appositamente?
- Oh, ti assicuro che nessuno ci ha mandati. Siamo venuti di nostra
spontanea volontà!
- Ma non mi dica... - disse Lawliet sorridendo sinceramente
interessato. Lei stava per riaprire la bocca, quando qualcun altro
s'intromise nella discussione.
- Chiyo, è finito l'orario delle visite, dobbiamo andare....
-
Sorpresa la donna guardò l'orologio appeso alla parete.
- Mogi ma che dici? Mancano ancora due ore...
- E invece ti sbagli, l'orologio va male. Andiamo. A domani Lawliet. -
Con queste parole Mogi trascinò Chiyo di peso fuori dalla
stanza. Matsuda fece capolino dalla porta e fece in tempo a salutare
amichevolmente il ragazzo prima di eclissarsi con i suoi compagni lungo
il corridoio. Lawliet si lasciò andare a una bella risata.
- Certo che se è così facile fregare i
poliziotti... non
sarà molto divertente avere a che fare con loro. - Mogi
caricò in macchina la donna, che si lamentava del
trattamento
rude con veemenza, seguita a ruota da Matsuda. Una volta nel mezzo,
Mogi prese il volante raccogliendo ogni singola briciola di auto
controllo che gli rimaneva.
- Insomma Mogiiiiiiiii!!! Non tenermi il muso, eh! Daaaai, lo sai che a
me non piace avere a che fare con la gente musona <3 <3
- Chiyo, che vuoi che ti dica?! Hai quasi rivelato informazioni
riservate a un perfetto sconosciuto. é vero che mentre
aspettiamo il mandato possiamo agire di nostra volontà,
però c'è un limite a tutto!
- Però Matsuda ha detto che assomiglia tanto a quell' Elle
che... - Si morse un labbro. - Mi dispiace ragazzi.
é che
forse lui... potrebbe scoprire perchè mia sorella... - Il
rombo
del motore coprì le sue ultime parole.
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