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Autore: Phoenix_619    07/02/2013    0 recensioni
Il suo dolore era impotente di fronte alla rabbia di quell'uomo. Sentiva le lacrime pungergli gli occhi, e sapeva che le sue
labbra tremavano per lo sgomento. Si preparò a ricevere un altro pugno, che effettivamente arrivò. Un sinistro ben piantato, che lo inchiodò nuovamente al terreno. Hayate, ormai furioso, lo raccolse nuovamente da terra e lo lanciò contro una colonna. Lawliet si chiese se quel giorno sarebbe stato l'ultimo. Morire per mano di un uomo che poco tempo fa era come un padre per lui, morire in quel chiostro. Doveva solo accettarlo. Il Signore aveva deciso di chiamarlo a sè. Non era successo in cappella, sarebbe successo nel chiostro. Era questione di pochi metri, o lì o là...
No. Si disse fermamente di no. Non voleva morire. O almeno, non in quel modo; doveva sapere il perché.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Near, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 - The revelations - Ehi... si sta svegliando!
- Calmo Matsuda... ora non montarti la testa....
- Ma lui è la prova del fatto che non vi ho detto una bufala...!
- Ho capito ma rilassati, ok?! Ecco così, prendi un bel respiro. - Lawliet era immerso nel buio più assoluto, senza riuscire a percepire la massa del suo corpo. Era come se la sua anima galleggiasse in un liquido molto denso, che ne impediva i movimenti. Pian piano il buio divenne meno vischioso, e il ragazzo cominciò a riprendere conoscenza. Si sentiva libero di respirare, e anche la vista virò a velocità vertiginosa verso il bianco. Schiarendosi, i colori emersero da quel candore accecante, e i lineamenti degli oggetti divennero mano a mano più definiti. La luce della stanza gli ferì gli occhi, e dovette strizzarli e sbattere le palpebre un paio di volte prima di abituarsi. Sentiva un vociare in sottofondo indefinito, ma non riusciva a riconoscere le voci, come era invece successo nella cappella. La cappella... Aveva ormai finito le lacrime, e sentiva solamente una grande tristezza stringergli il cuore. Ci mise un po' per mettere a fuoco la situazione. Tre persone erano ai piedi del letto dove era steso. Un uomo con capelli neri e occhi nocciola, un grosso tizio con capelli di taglio militare e pelle bronzea e l'ultima era una donna bionda e bassa; i tre parlottavano fitto fitto fra loro, e non sembravano notarlo. Nonostante non sentisse le gambe, provò comunque ad alzarsi dal letto. Una fitta al braccio sinistro però lo dissuase dal provarci. Mugolò dal dolore, catturando l'attenzione delle tre persone. Il più giovane fra i due uomini, quello con gli occhi nocciola, si precipitò al suo capezzale.
- Ti sei svegliato? Stai bene? Come ti senti? Ti fa male il braccio? Chi sei? Perché sei corso dietro a quel tipo? Perché... AHIA!! - ricevette un cazzottone sulla testa, a opera della donna bionda.
- MATSUDA! Insomma, si è appena svegliato... lascialo stare!
- Ma Chiyoooo.. - Piagnucolò Matsuda.
- Ha ragione, amico mio: rilassati, ben presto avremo le risposte che cerchiamo. Mi dispiace tanto per l'irruenza del mio collega - Disse l'imponente omone. - Io sono Mogi, lui è Matsuda e lei è Chiyo Amane. Non aver paura, siamo poliziotti. Piacere di conoscerti. Come va? - Il ragazzo, leggermente infastidito da tutte quelle attenzioni, e incapace di capire perchè dei poliziotti dovessero interessarsi a lui, disse:
- m-mi chiamo Lawliet, monaco di Santa Maria Addolorata....
- Nuuuoooooooo non ci credo!!! Vieni davvero da lì?!! - Disse Matsuda che aveva smesso i panni della povera vittima per tornare il solito casinista.
- Ma allora non ti ammazza proprio nessuno, eh?
- MATSUDA! - stavolta fu Mogi che si lasciò andare alla gioia della crudeltà manuale, abbattendo quella palanca di mano sulla testa del già provato collega piedipiatti.
- Ahiahiahiahiahia!!! Mogiiiiiii!! Non vale, tu hai una forza mostruosa... non sei una donna come Chiyo... - Lawliet sorrise a vedere quella scena. Chiyo, intenerita dalle condizioni del ragazzo, gli andò vicino sedendosi sulla sedia accanto al letto.
- Quindi ti chiami Lawliet, giusto?
- Sì.
- E vieni dal monastero distrutto due giorni fa... - Lawliet spalancò i suoi grandi occhioni.
- Due giorni?
- Sei rimasto incosciente a lungo, mio caro. Hai preso una bella botta. Ricordi l'incidente?
- Incidente...? Ah, sì...- Le immagini dell'incidente rivennero a galla solo dopo un non indifferente sforzo memnonico.
- Cosa è successo a quel ragazzo? è ancora vivo... vero? - Gli sguardi affranti dei tre fecero crollare tutte le sue speranze. Si prese la testa fra le mani, sconsolato.
- Allora è proprio vero... non si può cambiare il proprio destino... - L'allegro trio di piedipiatti cominciò a pensare seriamente che, contro tutte le diagnosi, quel ragazzo aveva ricevuto danni anche al cervello. E anche seri.Chiyo, con fare materno, si sedette sulla sponda del letto, circondando con un braccio le esili spalle del ragazzo, cercando di cullarlo.
- Hai avuto una brutta giornata, tutto qui. Ora noi ti lasciamo, tu riposati. - Lawliet non volle chiederle perchè una poliziotta veniva a trovare un monaco senzatetto all'ospedale; prima avrebbe analizzato per bene la situazione, e solo in un secondo momento avrebbe elaborato un piano per estorcere più informazioni possibili ai tre. Dubitava di potersi fidare subito di loro; era necessario prima di tutto sondare le loro menti, capirne la personalità e adottare una strategia diversa per ognuno di loro. Aveva una vaga idea del ruolo di ognuno di loro.
Matsuda il pagliaccio della situazione.
Mogi il "leader".
Chiyo il collante fra i due, quella con la testa sulle spalle. Teoricamente.
Davvero divertente, pensò cinicamente. Sospirando lasciò cadere la testa sul cuscino. Avrebbe pensato a tutto dopo.


- Cioè, ora mi credete o no? è L! Credetemi! - Disse Matsuda agitato. Chiyo e Mogi sospirarono esasperati. Matsuda lo interpretò come una rassegnazione alla sua indiscutibile superiorità cerebrale, e gonfiò il petto come un tacchino.
- è lui! Certo però che ha degli occhi strani... - disse pensieroso Matsuda.
- Sono bellissimi - Lo corresse Chiyo. - Per te bello è sinonimo di strano?
- Belli o meno - intervenne l'imponente Mogi - non cambia il fatto che quel ragazzo è un monaco proveniente proprio da quel monastero. Sarebbe bene indirizzarlo a qualche chiesa e trovargli una sistemazione lì.
- Ma come, vorresti lasciare che L se ne andasse? Vorresti perdere un'occasione come questa? - Mogi lo fulminò con lo sguardo, stringendo i pugni.
- Mastuda, lui non è L!!!Può assomigliargli quanto ti pare, ma non riavremo mai Ryuzaki!!! Lui è morto diciassette anni fa, maledizione! - Sbottò irritato Mogi. I suoi colleghi lo guardarono sorpresi. Lui era un uomo calmo e pacifico a dispetto del fisico, e quella reazione non era normale. Capendo ciò che passava per la testa dei poliziotti, l'uomo decise di spiegare il perchè di quella reazione, imbarazzato da quel suo scatto d'ira.
- Insomma, è che... cioè... Matsuda, tu mi capisci, vero? Da quel giorno, quando Light.... anzi no, Kira.... lo uccise... - Matsuda, sorridendo, si avvicinò al compare e gli diede un'amichevole pacca sulla spalla. Non c'era bisogno di parlare. Quando Ryuzaki morì era come se se ne fosse andata una parte di loro. Matsuda da allora faceva continuamente percentuali ed amava in maniera quasi maniacale i dolci, mentre Mogi era molto ma molto più riflessivo di quanto non fosse mai stato e di nascosto, quando non c'era nessuno a guardarlo, si sedeva raccogliendo le braccia al petto e senza appoggiare il didietro alla sedia. Qualche volta aveva addirittura risolto qualche caso intricatissimo semplicemente grazie a quella posizione, che sembrava davvero aumentare del 40% le sue capacità celebrali. Senza contare il fatto che erano gli unici due poliziotti della squadra anti Kira ancora in servizio. Chiyo invece era un ex modella entrata a far parte delle forze del'ordine dieci anni prima. Aveva legato subito con i due, e da allora erano divenuti una specie di task force.  E, anche se indirettamente,  lei aveva avuto a che fare con L. Un'infermiera si avvicinò ai tre, e gli chiese gentilmente di andarsene perchè l'orario delle visite era finito.


- Avanti, mangi qualcosa.... - Come un bambino capriccioso Lawliet girò la testa da un'altra parte, rifiutando categoricamente di ingoiare il minestrone estivo servitogli dall'infermiera. Sapeva che se avesse provato a mangiarlo inevitabilmente si sarebbe ricordato di padre Harry, il simpatico e magrissimo cuoco del monastero, scherzosamente soprannominato per questa sua magrezza "polpettone" dai novizi più scapestrati. Il cuoco che preparava sempre e solo minestre. Quel cuoco che,  contro ogni regola del monastero, gli preparava la cioccolata calda nelle fredde serate invernali; solo per lui metteva da parte mestoli e verdure per preparargliela. Fino all'età di cinque anni se la gustava con la madre, che lo prendeva in giro per i baffi di cioccolato che puntualmente si faceva; anche dopo la sua morte Harry aveva continuato a comprare di nascosto del cacao e rubacchiare del latte per mantenere vivo quel rituale.
- Insomma! è un ragazzo maturo, non faccia queste scene! - Disperata l'infermiera  prese il cucchiaino e tentò di imboccarlo a forza, ma le labbra serrate la fecero desistere.
- Se non mangia sarò costretta a farle una flebo... - Lawliet scansò il vassoio con il piatto, incrociando deciso le braccia. In quel momento entrò una seconda infermiera, un donnone di cento chili per un metro e sessanta d'altezza.
- Che succede? Ti sentivo quasi urlare dal corridoio....
- Non vuole mangiare nulla, e guarda i suoi valori! Dovremo fargli una flebo in questo caso... - L'infermiera grassa diede un'occhiata alla cartella clinica, prima di sospirare e infilarsi un paio di guanti in lattice.
- La flebo non basta. Qui c'è bisogno di un catete! Su, su giri! - Esclamò brandendo l'attrezzo come se si trattasse di un'arma impropria. Il ragazzo osservò terrorizzato il catete che si avvicinava minaccioso alle sue intimità, e preso dal panico afferrò il piatto e cominciò a trangugiare la brodaglia come se fosse una questione di vita o di morte. La prima infermiera prese sorpresa il piatto  e il cucchiaio lucidi come se fossero appena usciti dalla lavastoviglie, e uscì dalla stanza accompagnata dall'altra donna.
- Incredibile, ha mangiato tutto...!
- Che ci vuoi fare amica mia, il catete ha un potere incredibile sui pazienti  - disse ridendo l'altra mentre si toglieva i guanti in lattice. Per intanto, il "paziente" si stava riprendendo dallo spavento. Si ripromise di mettere da parte i suoi ricordi e mangiare qualunque cosa gli avessero messo sotto il naso, si fosse pure trattato di uno scoiattolo essiccato. Prese un bicchiere pieno d'acqua appoggiato sul comodino, e bevve lentamente per freddarsi la lingua, poichè per la fretta non aveva nemmeno aspettato che la minestra bollente si freddasse un pochino. Tranquillizzatosi, si rilassò. Era passato un giorno dalla visita dei poliziotti, e credeva non a torto che sarebbero tornati. A quanto pare assomigliava molto a qualcuno di loro conoscenza. In segreto sperava che parlassero di suo padre... oppure si erano semplicemente sbagliati. Pensava, un po' negativamente, che dopotutto le possibilità che si  trovasse davanti a delle persone che conoscessero suo padre erano inferiori al 7%. Non aveva la minima idea di chi fosse, come fosse e cosa facesse. Buio totale. Se quei tre sapevano qualcosa... gliel'avrebbe esorto anche con la forza. Infatti, pochi minuti dopo, quando entrò nella fascia oraria delle visite, quei tre fecero capolino dalla porta sorridenti.
- Ciao. Come stai?
- Bene grazie - rispose il ragazzo con voce monocorde. I tre attesero sperando forse che lui gli chiedesse qualcosa o aggiungesse particolari inediti, ma dovettero prendere l'iniziativa per interrompere quel silenzio imbarazzante.
- Ahem... ecco... siccome sei un monaco e non sei registrato all'anagrafe dobbiamo portarti in centrale. Sai, spero che capirai, ma indagare sul tuo passato è d'obbligo...
- Io non mi fido di voi. Da quanto ne so,potreste anche essere dei membri della Yakuza. Mostratemi i distintivi. - Un po' perplessi e riluttanti, estrassero i distintivi dalle tasche. Lawliet scrutò quei documenti come se nascondessero dei messaggi cifrati, ma dovette arrendersi all'evidenza.
- Be', ora ti fidi di noi? - Scosse la testa, guardando fuori dalla finestra adiacente il suo letto.
- Potrebbero benissimo essere contraffatti, e io non ho le capacità necessarie per verificare se la mia teoria sia valida o meno. Se proprio volete che mi fidi, vorrei poter parlare a quattrocchi con ognuno di voi. - Il trio si guardò sorpreso, e decisero all'unanime che lo avrebbero accontentato. Mogi si sedette sulla sedia, facendo cenno agli altri due di uscire dalla stanza. Quando la porta si chiuse, l'indagato e l'indagatore si guardarono per qualche attimo in silenzio.
- Dunque... Nome e cognome, numero di matricola e grado.
- Mogi Choji, 006736826, tenente. Ma non vedo come queste informazioni....
- Formazione scolastica.
- Liceo Takamana, Caserma Kota. E ora....
- Il suo obiettivo.
- Portarti in centrale per verificare la tua identità e indirizzarti a qualche chiesa cattolica disposta ad accoglierti e trovarti un lavoro. Spero di aver soddisfatto la tua cusiosità. - Lawliet annuì poco convinto, mentre si preparava a strappare ogni segreto che - ne era sicuro - nascondeva l'uomo. Anche Mogi sapeva che quel ragazzo era furbo, e che probabilmente avrebbe usato dei trucchi per costringerlo a parlare....
- Perchè mai dei poliziotti si interessano tanto a me? - Inutile dire che tutti i piani del poliziotto per svicolare da possibili  inganni crollarono come un castello di carte. Non immaginava che sarebbe mai stato così diretto!
- Emh.... be', ecco....
- L'averla preso impreparato vuole dire che tende a sopravvalutare i suoi avversari.- Mogi lo guardò estremamente sorpreso.
- Eeeh?!?? Avversario? - Lawliet cominciò a giocherellare con il bordo delle lenzuola.
- In questo momento io e lei siamo avversari, signor Mogi - Disse guardando pensieroso verso l'alto, senza smettere però di torturare il lenzuolo. - La nostra è una sfida a chi carpisce per primo ciò che nasconde l'altro. Nel caso sia io a uscirne vincitore lei signore sarà costretto a soccombere al mio volere, poichè potrei essere sia l'innocente monaco Lawliet sia un criminale ai livelli di Bin Laden. D'altronde, si sa così poco di me... - Mogi cominciò a sudare freddo. Stupido Matsuda.... lui e le sue seghe mentali su un secondo L!
- E se lei cominciasse a pensare che il mio Q.I. sia talmente elevato da rappresentare una minaccia, sospetterebbe della mia sincerità, e indagare sul mio passato non basterebbe più. Comincerebbero gli spionaggi, cimici nei miei abiti, o addirittura l'arresto. Se invece vincesse lei, Mogi - e si voltò a guardare il diretto interessato con i suoi grandi occhi argentati, che sembravano uno specchio che rimandava ad una dimensione ultraterrena -... se vincesse lei, beh, io avrei perso. Credo sia logico. - "Mi ha fregato!" Pensò Mogi arrabbiato. Era riuscito a metterlo in agitazione, e non riusciva a stare calmo. Era troppo simile a lui. Era ormai impossibile pensare razionalmente a una qualche soluzione. Quel ragazzo aveva ragione. Se lui lo avesse battuto sul tempo, Lawliet avrebbe dovuto assecondarlo a testa bassa. Se invece fosse stato fregato - come d'altronde stava succedendo... non sapeva nemmeno lui cosa sarebbe successo. Si ricompose schiarendosi la gola rumorosamente, evitando di far notare il sudore che gli imperlava il retro del collo.
- Il dovere di un poliziotto è quello di servire i cittadini e proteggerli, Lawliet. E questo significa anche che dobbiamo scoprire chi sei, perchè proprio come hai detto tu non sappiano niente del tuo passato. - Ormai Lawliet aveva la completa e dettagliata visione della psicologia dell'uomo.
- Ha ragione, non posso certo contraddirla su questo. Prego, esca pure e inviti dentro l'altro suo collega, quel tale Matsuda. - Senza nemmeno salutarlo l'uomo uscì dalla stanza con il cuore a mille. Il ragazzo sentì una breve e concitata discussione, e dopo qualche attimo di silenzio Matsuda si affacciò dalla porta.
- Prego, si accomodi. - Quel poliziotto aveva un atteggiamento completamente diverso dall'altro. Se quest'ultimo era estremamente cauto e sospettoso, Matsuda sembrava pronto a un'amichevole chiacchierata fra amiconi. Si lasciò cadere sgraziatamente sulla sedia, incrociando le braccia e sorridendo ingenuamente al ragazzo.
- Allora tu sei Lawliet, eh? Non è un nome molto comune... sei americano?
- Non ne ho idea. Sono stato abbandonato da piccolo, non so chi siano i miei genitori. - Il poliziotto divenne molto dispiaciuto.
- Davvero? Che storia triste... Vabbè non preccuparti! - Esclamò solare dando una sonora pacca sulla schiena del monaco, che mugolò per il dolore.
- Ah, che stupido! Lì avevi dei punti, no? - Se Mogi era un uomo pacato ma brillante, Matsuda era semplicemente un cretino. Come d'altronde immaginava....
- Senta Matsuda, perchè mai dei poliziotti come voi si interessano a un banale incidente come il mio? - Decise di interpretare il ruolo del ragazzino ingenuo; con Mogi sapeva che era inutile recitare, ma con questo credulone poteva fare ciò che voleva. Un po' si disprezzava per come trattava quell'uomo, ma d'altronde, se era necessario....
- Ah, be', noi poliziotti dobbiamo sempre interessarci ai civili coinvolti in incidenti come il tuo. Sai, i testimoni dicono che stavi inseguendo uno scippatore, e noi abbiamo bisogno di altri dettagli per completare il quadro della situazione. - Senza darlo a vedere, Lawliet rimase molto sorpreso. Mogi non aveva menzionato nulla di simile. Probabilmente cercava di nascondere qualcosa. Fingendosi sinceramente convinto, continuò:
- Ah, giusto, non l'avevo consierato. Sapete bene o male cosa è successo?
- Certo: una donna è stata scippata da un ragazzo con alcuni precedenti penali. Tu hai provato a fermarlo, ma senza rendervene conto siete finiti in mezzo alla strada e un'auto non ha fatto in tempo a frenare.... il ragazzo è stato preso in pieno, tu fortunatamente solo di striscio.
- Dunque... basta che mi interroghiate e poi mi lascerete libero, vero? - Cercò di usare il suo tono di voce più debole e tremolante, come se avesse paura di chissà che cosa. Matsuda intenerito rispose:
- Massì non preoccuparti. L'unico problema è accertarci della tua identità. Se sei stato abbandonato da piccolo non ci sono documenti.... - Facendo finta di reprimere a stento un grande dolore, Lawliet guardò Matsuda stancamente. Tentando di non compiacersi per le proprie abilità di recitazione, con voce roca sussurrò:
- Giustamente bisogna sempre pensare al bene comune. Se è così, sono pronto a collaborare ventiquattro ore su ventiquattro. - Commosso, Matsuda si complimentò caldamente per il senso del dovere del ragazzo, prima di uscire dalla stanza asciugandosi una lacrima sinceramente colpito dalle parole del ragazzo. Alla fine entrò Chiyo, perplessa riguardo alla strana reazione del collega. Mogi era uscito sbiancato, Matsuda in lacrime.
- Chiyo Amane. Lei è l'ultima del team.
- Ma quale team e team! Siamo semplicemente amici, tutto qui.
- Certo, certo. Dunque, cosa crede che potrei mai dirle se sono arrivato a chiedere colloqui privati con ognuno di voi tre? - presa di contropiede la donna sussultò sorpresa. Pensierosa cominciò a torturare una ciocca di capelli con le dita.
- Uffaaa, non mi viene in mente niente! Be', forse vuoi semplicemente conoscerci meglio - disse sorridendo. Lawliet non potè fare a mno di pensare di aver appena trovato l'esempio pratico del termine "oca giuliva".
- Ahem.... sì.... forse.
- Ti avverto però che io sono impegnata con un altro uomo e tu sei decisamente troppo giovane per me. - Disse facendo l'occhiolino al ragazzo. Quest'ultimo trasalì.
- M-ma cosa va a pensare? Io sono un monaco, non posso certo pensare cose simili!- Ignorando del tutto quest'ultima frase, Chiyo cominciò a dire con fare sognante:
- Aaaahhh, i sogni proibiti della gioventù! Alla tua età anche io ne avevo molti... Ero perdutamente innamorata di un mio amico giocatore di tennis, anche se già avevo un ragazzo. Era tremendamente bello! E parecchie volte, quando mi trovavo con il mio fidanzato, facevo finta che fosse il mio amico tennista a baciarmi e spogliarmi... - Lawliet si tappò le orecchie e chiuse gli occhi, orripilato da ciò che sentiva. Solo dopo dieci interminabili minuti di racconti estremamente dettagliati la donna si rese conto del rossore che aveva trasformato il ragazzo in un pomodoro, e capì che non era esattamente ciò di cui un monaco amava sentire parlare.
- Be' è un vero peccato che sei frate. Sei un così bel ragazzo! Avresti senz'altro avuto tutte le ragazze che volevi.
- N-non impo... importa - Balbettò Lawliet, dal momento che alcuni frammenti del racconto erano riusciti ad eludere le sue mani e giungere fino ai suoi poveri timpani. "E questa sarebbe una poliziotta?!" pensò estremamente irritato il ragazzo. "Sembrerebbe la solita oca che non perde occasione per raccontare le sue avventure.... O santo cielo! Signore allontana questi pensieri dalla mia mente!"  Dovette prendere un bel respiro per calmarsi.
- Lei non sembra poi così professionale... - Osservò cinicamente. Era sicuro che la donna avrebbe senz'altro trovato una scusa per quel comportamento inaccettabile. D'altronde, se aveva raccontato tutto questo a un ragazzo che nemmeno conosceva...
- Oh mi dispiace tanto! Sai però, io ero una modella e sono poliziotta da soli dieci anni... - "SOLI??!! Ma quanto è vecchia?! " - Certo, quando sei una modella tutti pensano che sei stupida e incapace di fare quattro più quattro. Per questo sono entrata nella polizia, per poter riscattare il mio nome! - Lawliet apprezzava quel nobile movente, ma dovette constatare che se la gente pensava che lei fosse stupida non è certo perchè era una modella, ma per puro concretismo.
- Dunque perchè si è interessata al mio incidente se lei non fa parte di una task force con quei due che invece sembra siano stati mandati appositamente?
- Oh, ti assicuro che nessuno ci ha mandati. Siamo venuti di nostra spontanea volontà!
- Ma non mi dica... - disse Lawliet sorridendo sinceramente interessato. Lei stava per riaprire la bocca, quando qualcun altro s'intromise nella discussione.
- Chiyo, è finito l'orario delle visite, dobbiamo andare.... - Sorpresa la donna guardò l'orologio appeso alla parete.
- Mogi ma che dici? Mancano ancora due ore...
- E invece ti sbagli, l'orologio va male. Andiamo. A domani Lawliet. - Con queste parole Mogi trascinò Chiyo di peso fuori dalla stanza. Matsuda fece capolino dalla porta e fece in tempo a salutare amichevolmente il ragazzo prima di eclissarsi con i suoi compagni lungo il corridoio. Lawliet si lasciò andare a una bella risata.
- Certo che se è così facile fregare i poliziotti... non sarà molto divertente avere a che fare con loro. - Mogi caricò in macchina la donna, che si lamentava del trattamento rude con veemenza, seguita a ruota da Matsuda. Una volta nel mezzo, Mogi prese il volante raccogliendo ogni singola briciola di auto controllo che gli rimaneva.
- Insomma Mogiiiiiiiii!!! Non tenermi il muso, eh! Daaaai, lo sai che a me non piace avere a che fare con la gente musona <3 <3
- Chiyo, che vuoi che ti dica?! Hai quasi rivelato informazioni riservate a un perfetto sconosciuto. é vero che mentre aspettiamo il mandato possiamo agire di nostra volontà, però c'è un limite a tutto!
- Però Matsuda ha detto che assomiglia tanto a quell' Elle che... - Si morse un labbro.  - Mi dispiace ragazzi. é che forse lui... potrebbe scoprire perchè mia sorella... - Il rombo del motore coprì le sue ultime parole.
   
 
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