Autrice: R i n
Fandom: Glee
Titolo: WhiteRblood
Personaggi: baby!Kurt, baby!Blaine.
Avvertimenti:AU, OOC, Angst, Fluff.
Raiting: Arancione
Note: A fine capitolo. Leggetele,
sono importanti.
WhiteRblood _
Capitolo IV: You are not alone.
Le feste natalizie, così come l’arrivo del nuovo anno,
terminarono con il giorno dell’Epifania.
Una brutta e vecchia megera dagli stracci tutti sporchi, le scarpe rotte,
accompagnata da una scopa, era arrivata, quel giorno, alla clinica St. Mary1
e Blaine giurò di non aver mai visto una strega tanto brutta. Quella strega,
dopo aver salutato i bambini – e Blaine ebbe l’impressione che se li volesse
mangiare, i suoi amici – si era seduta su una poltrona e si era messa a
ciarlare con loro. Nonostante ciò, il piccolo era del parere che quella donna
fosse pericolosa, peccato che i suoi amici non fossero del suo stesso parere,
visto come pendevano dalle sue labbra.
«Sapete, vengo da molto, molto, lontano…» La sua voce era
rauca, quasi un sussurro, eppure i bambini non si perdevano una parola, al
contrario di Blaine. Iniziò a guardarsi attorno, nella speranza di notare Kurt
e andare da lui e lasciar stare quella stupida ciarlatana. Perché, lui, alla
storia che la Befana arrivasse da molto, molto lontano a cavallo di una scopa,
proprio non ci credeva.
Neanche esistevano, le scope magiche!
Incurante della vecchia, Blaine cominciò a gironzolare per
la stanza, alla ricerca del suo amico.
Ma di Kurt, nemmeno l’ombra.
Rassegnato, il piccolo tornò dai suoi amici e quella Befana
- notò Blaine con una punta di sofferenza - era ancora che ciarlava e ciarlava ancora, gli occhi fissi davanti al nulla, senza
accorgersi di niente attorno a lei, tant’è che il piccolo pensò che oltre ad
essere brutta fosse pure cieca.
Blaine ascoltava quella vecchia parlare ma le parole non
raggiungevano mai le sue orecchie, sembrava che si fermassero a metà strada e
poi girassero per conto loro, nella stanza. Di conseguenza, il piccolo si
perdeva a fissare una mosca che gironzolava indisturbata, sopra le loro teste
e, quando ne aveva abbastanza si metteva a giocare con
i lacci delle scarpe.
Non seppe per quanto tempo andò avanti con quello stupido
gioco, ma proprio nel momento in cui ne ebbe abbastanza, la vecchia Befana si
alzò.
Dopo circa dieci minuti buoni – il tempo che la vecchia
impiegò ad alzarsi e raggiungere la cesta, poco lontana, che aveva portato con
sé – il piccolo aveva tra le mani una calza di stoffa, grande quanto il suo
braccio, con dentro tante leccornie.
Blaine, ricevuto il regalo, sicuramente inaspettato, si
sentì giustamente un pochino in colpa – ma giusto un po’ – per non aver
ascoltato quella povera vecchia.
Titubante, il piccolo le si avvicinò
e chiamatola – Blaine dovette urlare parecchio ed anche forte, perché quella,
oltre ad essere vecchia e rauca era pure sorda – la ringraziò del regalo.
Ma Blaine era un bambino altruista
e gli dispiaceva che il suo amico non ne avesse una.
«Posso avere un’altra calza, per favore, vecchia Befana?»
Glielo chiese con dolcezza, e i suoi occhi si fecero grandi
e tondi – occhi pieni di speranza e fanciullezza –
come se fosse un piccolo cucciolo bastonato.
Nonostante ciò, la vecchia Befana non si scompose di un
millimetro e nulla, nemmeno gli occhi dolci di Blaine, la fecero
intenerire.
«Ne hai già una, piccolo
furbacchione!» Gli rispose la vecchia, sputacchiando qua e là.
Il piccolo s’imbronciò e sentiva che gli occhi cominciavano ad inumidirsi perché voleva assolutamente quell’altra calza.
Doveva averla, a tutti i costi!
«Ma non è per me, stupida vecchia
megera!» Le disse, alzando gli occhi al cielo, con fare ovvio – perché lui non
era assolutamente un bambino egoista! – «È per il mio
amico Kurt! Oggi non l’ho visto e forse sta male. E lui non c’è l’ha, la calza,
e non voglio vederlo triste per questo, Signora Befana!»
La Befana finse – un po’ troppo, per i gusti di Blaine – di
esser sorpresa e mentre borbottava qualcosa che il piccolo non riusciva ad
afferrare, cominciò a trafficare nella cesta, alla ricerca della calza. Dopo
infiniti minuti, gliene porse una.
«Va', corri dal tuo piccolo amico!»
Gli disse la vecchia e Blaine non se lo fece ripetere due volte.
Cominciò a trottolare con due calze che sbattevano di qua e
di là e arrivò alla camera di Kurt, e qui si fermò, perché, dopo aver aperto la
porta – e bussato due volte, per educazione –lo vide, sdraiato sul suo letto
che respirava affannosamente, proprio come Blaine, reduce dalla corsetta.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò.
«B-Blaine» .
La voce di Kurt era appena un sussurro, eppure alla vista di
Blaine, sorrise.
«Stai male?» domandò stupidamente il riccio, ma il biondo lo
rassicurò che non era nulla di cui preoccuparsi.
«Ti ho portato questa» gli disse Blaine «l’ha portata la
Befana, una vecchia megera» concluse, mettendogli la
calza sul letto, in modo che fosse a portata di Kurt. «Sai,
dice che viene da lontano, quella lì, e su una scopa. Roba da matti, vero, Kurt?»
Il bambino tossicchiò un «Grazie» e
sorrise.
Entrambi iniziarono a scartare le leccornie – e ce n’erano davvero di tutti i
gusti e di tutti i tipi, tutte incartate in vari colori – e ce n’erano talmente
tante che ad un certo punto Kurt dovette fermarsi e
con una mano spostarsi il ciuffo impregnato di sudore. Così facendo alcuni
capelli gli rimasero nella mano e Kurt, con la coda dell’occhio, guardò Blaine
–tanto intento a scartare di qua e di là da non accorgersi di niente – mentre
con un gesto veloce buttò i capelli per terra e tornò a scartare le sue
leccornie, facendo finta di nulla.
«Kurt, assaggia questo!» Gli disse, ad
un certo punto Blaine, porgendogli un cioccolatino.
Fu in quel momento che il riccio si fermò a guardare prima le leccornie i dolci ancora da scartare e poi Kurt, tutto
sudato.
«S-Stai bene, Kurt?» Gli chiese, di nuovo, Blaine.
Odiava vederlo in quello stato e nonostante Kurt continuasse a dire di si, il piccolo era sicuro che gli stesse nascondendo
qualcosa.
«Sì, Blaine. Sì, s-sto bene»
Ma Blaine continuava a non crederci e notò che a ogni sforzo
che faceva gli mancava il respiro.
Sembrava stanco, affaticato.
Blaine voleva aiutarlo, lo voleva
davvero. Solo… non sapeva come.
Poi gli venne un’idea – ed era proprio una grande, geniale,
bellissima, idea – e Blaine rise della sua stessa genialità, dandosi
mentalmente dello stupido per non esserci arrivato prima.
Si scusò con Kurt – perché lui era un gentiluomo, dopotutto!
– e sfrecciò in camera.
Cominciò a rovistare nel grande armadio alla ricerca del
travestimento che gli aveva regalato Cooper, quello dal mantello blu.
Si mascherò talmente in fretta che non si accorse di aver
indossato due scarpe di color diverso e la maschera al contrario.
Nel giro di cinque minuti, ritornò da Kurt, vestito da… Da
cosa era vestito, esattamente?
«B-Blaine…Come
ti sei conciato? Ma i cap- i capelli, B-Blaine?» Gli disse
Kurt, tra un eccesso di risa e l’altro. «Ti sei v-visto i capelli, Blaine?» E
Blaine, imbronciandosi, si passò una mano tra i ricci, borbottando un “non è
colpa mia se ho se ne ho tanti”.
«E comunque, mio giovane amico, mi
presento. Io essere Sogeking2, il Re
dei Cecchini, futuro Re dei Pirati. Mi ha mandato il mio amico Blaine per una
missione!» Gli disse, inchinandosi una volta che ebbe
finito.
In tutta risposta Kurt alzò un sopracciglio e corrugò la
fronte.
«Sono quasi sicuro che tu sia Blaine, invece.»
«No, mio giovane amico. Io essere Sogeking!»
«No, invece!»
«Si, invece!»
E alla fine Kurt si arrese e decise di stare al gioco di
Blaine, dopotutto, vestito così era davvero divertente.
«Ok, Snopegink!3 Hai vinto.
Ehm, d- dov’è l’Isola dei Cecchini?» Chiese Kurt, con
curiosità.
Non poteva far una domanda migliore, perché Blaine per tutta
risposta si illuminò – e credetemi, il suo sorriso era
talmente grande da abbagliare persino il sole d’estate – e allargando le
braccia gli esclamò : «A Neverland, l’Isola che non c’è!»
«Anche qui esiste un posto chiamato Neverland, sai…» iniziò
a dire Kurt, ma venne bloccato da Blaine che iniziò a
ripetere, tappandosi le orecchie, «No! No! No! No!»
«Kurt, non capisci proprio niente!
Neverland esiste davvero, credimi! Bisogna prendere un po’ di polvere di fata e
seguire una stella».
«Una stel-?» chiese Kurt, ma non
fece in tempo a finire la domanda che Blaine lo interruppe di nuovo.
«Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto
fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta
all’isola che non c’è.4» Gli cantilenò Blaine, e Kurt ne rimase incantato tant’è
che batté le mani a più non posso, nonostante un movimento del genere lo
affaticasse troppo e, ripresosi, si limitò a domandare.
«Ma c- come posso trovare un’Isola che non c’è?» gli chiese Kurt.
«Credendoci, Kurtie, solo credendoci5!»
Per tutta risposta Kurt si limitò ad alzare un sopracciglio,
perché quella non era una risposta.
Per niente.
«Come dovrei fare, per crederci?» chiese Kurt, scettico.
Quella domanda, Blaine non se l’aspettava.
Insomma, quando Cooper aveva detto la prima volta, lui ci aveva creduto subito.
Per cui, il piccolo ci mise un po’ prima di rispondere
perché stava pensando un modo per far credere a Kurt che l’Isola che non c’è
esistesse per davvero.
Ma come, Blaine non ne aveva idea, per cui iniziò a
passeggiare per la stanza, facendo svolazzare il mantellino
blu. Con i pollici sulle tempie borbottava “spremiamo le
meningi. Le meningi spremiamo” come se fosse un
rituale sacro e ... oh!
«Kurt» disse Blaine, con voce seria, mentre si sistemava la
mascherina che gli scendeva lungo il naso. «Ascolta.
Una volta, mi imbattei in un elefante rosa che st-»
Il racconto, però, venne smorzato
da Kurt, che alle parole elefante rosa era scoppiato a ridere – e
questo ferì un poco Blaine, perché non gli piaceva quando lo prendevano in giro
ma d’altro canto era felice di veder ridere così di gusto Kurt – e tra un
singhiozzo e l’altro il biondo gli disse che non o esistevano gli elefanti
rosa.
«Certo che esistono!» Esclamò Blaine, sul quasi orlo della
disperazione.
Perché Kurt era così
diffidente verso la fantasia?
«Ti dico di no, Bl- Songenking!»
«Invece ti dico di si» Rimbeccò Blaine. «E te lo
dimostrerò!»
«Come? Vuoi portare un elefante?» Lo schernì Kurt.
«No! È troppo pesante, Kurt. Però, l’ho visto io! Un elefante tutto rosa!»
«Non ci credo.»
«Si, invece! Lo farai!»
«No, Blaine! Gli elefanti sono
grigi!»
«Non sono Blaine!» Lo sgridò Blaine, muovendo il dito come
da avvertimento. «E gli elefanti sono grigi perché
sono sporchi, Kurt! Dopo che si tuffano dell’acqua,
tutta quella sporcizia va via ed escono rosa, Kurt. Rosa. Sono elefanti rosa!
L’ho visto in televisione. Esistono per davvero. Devi credermi,
Kurt!»
Ci fu un lungo silenzio dopo quella rivelazione. Silenzio
che fu interrotto da Kurt, shoccato dalla scoperta.
«Quindi… stai dicendo… che… che
quando sono grigi sono tutti… sporchi?»
domandò, incerto.
«Si, esatto!»
Blaine era davvero contento che Kurt gli desse, finalmente,
ragione.
«Sono contento che tu ci creda,
Kurt! Questo è il primo passo per diventare come me!»
«Cioè, un idiota?» gli rispose Kurt, ghignando.
«No, un sognatore!6»
Per tutta risposta, Kurt scoppiò a ridere e Blaine fu
davvero contento di esser riuscito nella sua missione.
«Oh, grazie, Songegink!»
«Di nulla, Kurt!» gli disse Blaine, domandandosi se l’amico
storpiasse il suo nome apposta.
«Ora
devo andare, Kurtie! Ho un’altra missione da compiere! Ti porterò Blaine, va
bene?»
Kurt fece cenno di sì e mentre il piccolo fece una piccola
piroetta su se stesso, facendo svolazzare il mantellino
blu e quando fu davanti alla porta sussurrò qualcosa che Kurt non riuscì ad
afferrare bene.
Blaine, mentre ritornava in camera per togliersi il
travestimento, non riusciva a smettere di essere felice. Ci impiegò diversi
minuti a togliersi il travestimento – non si sapeva come, era riuscito persino
a ingarbugliarsi con i fili – e quando ritornò nella camera di Kurt, la trovò
vuota.
Preoccupato, iniziò a cercare Kurt ovunque – sotto il
tavolo, sotto il letto, negli armadi e persino nel water, perché aveva
l’irrazionale paura che l’avessero rapito gli alieni – e cercò guardò persino
nel corridoio, dietro le piante, sotto le panche finché non s’imbatté nella
Dottoressa Sorriso e quasi le saltò addosso.
«Dottoressa! Dottoressa! Kurt!
Kurt… è sparito! Gli alieni!» Ansimò Blaine.
«Calma, Blaine. Kurt è andato a
fare una visita di controllo.»
«Oh. Tornerà presto?» chiese il piccolo. Aveva voglia di Kurt.
«…Per oggi, le visite a Kurt sono
finite, Blaine. Quando tornerà sarà molto stanco e
avrà bisogno di riposo.»
Blaine, a quelle parole, si dispiacque molto e sperò che
Kurt si riprendesse il più presto possibile. Perché vederlo
felice era l’unica cosa bella in quel posto così triste.
«Posso lasciargli il mio
orsacchiotto, Dottoressa? Credo che ne abbia più bisogno lui di me!»
La Dottoressa annuì e Blaine ritornò di nuovo in camera a
prendere il suo peluche e un bigliettino di carta, che successivamente
lasciò sul letto del suo amico.
Ciao Kurt,
Spero che ti
riprenderai presto. Ti lascio il mio Eroe, Neko – non
è solo un peluche, non farti ingannare! – che ti proteggerà quando non ci sono!
Il tuo amico, Blaine.
Ps: Ogni tanto dagli
qualche caramella! È un peluche molto goloso!
«Ed ora, andiamo a trovare la
Ciurma!» disse Blaine, una volta lasciata la camera di Kurt, avviandosi verso
la sala, alla ricerca dei suoi compagni.
Quando li trovò, era già pomeriggio inoltrato – se non fosse
stato per le varie e stupide infermiere che lo avevano trattenuto un minuto sì
e l’altro pure, Blaine era certo che li avrebbe trovati subito! – e la ciurma,
come amava chiamarla Blaine, stava giocando all’aperto quando li raggiunse.
Se Blaine avesse avuto un po’ di sale in zucca – era
ingenuo, non stupido! – avrebbe fatto dei passi indietro e sarebbe rimasto
all’interno dell’edificio, al sicuro. Invece, il piccolo – ingenuo, non
stupido! – fece un passo avanti e poi un altro ancora e si ritrovò nel cortile,
ricoperto di neve, e i suoi amici stretti in un cerchio a parlottare.
«Ehi, Ciurma!» Li raggiunse, finalmente. Blaine era ancora
sorridente e non notò le labbra serrate di Justin e il suo sguardo – come quegli della maggior parte dei bambini – shoccato.
«Ehi, ragazzi! Oggi è succ-» Iniziò Blaine, ma venne
interrotto bruscamente da Justin.
«Non sei più il nostro capitano, Blaine.» Gli disse Justin,
sputando parola per parola.
A Blaine quasi crollò il mondo addosso, perché lui adorava essere il Capitano.
Voleva essere il Capitano.
«Non possiamo accettare che tu
passi più tempo con quello strano anziché noi e poi i capitani sono alti,
Blaine. Alti, Blaine.» Lo derise il compagno, incrociando
le braccia al petto e con un ghigno sul viso.
A quel punto il mondo di Blaine crollò definitivamente e con
esso Blaine stesso, tanto che, con il volto rigato dalle lacrime, spinse Justin
e gli gridò: «Non è strano! E il suo nome è Kurt!»
A volte la verità fa male. Brucia.
Blaine si sentiva proprio così, bruciare.
Bruciare di rabbia e di vergogna, perché quello che aveva
fatto e stava facendo –spingere Justin e gli altri –
gli si stava rivoltando contro. Se Blaine avesse avuto un po’ di sale in zucca
–era stato stupido, non ingenuo! – se ne sarebbe andato. Invece no, continuava
a spingere Justin e a venir colpito a sua volta. C'era
chi incitava Blaine, chi Justin e chi urlava, come il
povero Marc, di smettere.
Blaine, che veniva sballottato di
qua e di là, mentre la testa gli girava e le parole “non ti vogliamo” gli
rimbombavano nella testa, stava per scoppiare.
Sentiva che la sua testa stava per esplodere.
Fu in quel momento –
mentre Justin lo spingeva di nuovo forte all’indietro – che successe quello che
il piccolo aveva giurato, a sua madre e suo fratello, che non sarebbe mai
successo.
Nella spinta, mentre attorno a lui
tutto girava, Blaine, non sapendo dove mettere i piedi, scivolò.
Cadde lì, sui gradini che portavano all’ingresso
dell’edificio – proprio dove la neve era stata spalata e ammucchiata tutta di
lato – e sbatté la testa.
Sentì la tempia pulsare e la testa spaccarsi in due,mentre un rivolo di sangue scivolava dalla sua fronte, e
Blaine perse i sensi.
Di nuovo, un grido terrorizzato echeggiò nell’aria, mentre
il sangue bagnava tutta la neve attorno al capo di Blaine; dall’altra parte
dell’edificio, ciocche di capelli castani tappezzavano il pavimento.
Note:
1. La clinica “St.Mary” è frutto della mia
fantasia.
2. Songeking
è un personaggio della ciurma di Monkey D. Rufy, del
famoso manga One Piece di
Oda. Songeking (ossia Usopp
travestito) appare per la prima volta nella saga di Eines
Lobby.
3. Sempre nel manga One Piece,
saga di Eines Lobby, Nami
storpia – volontariamente, credo – il nome di Sogeking.
Lo stesso fa Kurt, con Blaine.
4. “
L'isola che non c'è di Edoardo Bennato.
5. Famosa citazione presa da
Neverland, adattandola al testo. “Solo credendoci, Peter. Solo
credendoci!”
6. «Cioè, un idiota?» «No, un
sognatore!» Questa citazione l’ho trovata sul web e sinceramente non ricordo da
dove sia presa.
N/A:
Ed eccoci qui, con un enorme ritardo!
Mi scuso con tutti i miei lettori, ma sono stata indaffaratissima, oltre a
drogarmi di Doctor Who – e si, prende il resto della giornata che mi rimane – non sono
più riuscita ad aggiornare.
Inoltre questo capitolo è, per ora, il mio preferito. Una dose insolita
di fluff e demenza che mi ha consumato ogni linfa vitale. Eh si,
gli elefanti rosa. *fissailvuoto*
Prima dei ringraziamenti un ultima cosa: gli
aggiornamenti.
Dato che sono in blocca da circa due settimane
con il quinto capitolo, NON so quando aggiornerò.
Nel caso, mettete la storia nelle
seguite/ricordate/preferite e non vi perderete l’aggiornamento oppure mi
contattate tramite mp e vi aggiorno J
Ringraziamenti:
Questa storia ha, finora, 17 recensioni, 6 preferite,
3 ricordate e ben 44 seguite.
Questo mi riempie d’orgoglio, dico davvero. La mia bambina sta crescendo :’)
Inoltre ci tengo a ringraziare virtualmente in modo particolare : fallingslowly, _Pookie_, fanklain e
smiledef14 che (spero tanto di non sbagliarmi) ha fatto questo magnifico,
fantastico, stupendo,
banner .
Non so come ringraziarvi, davvero. Ogni vostra parola mi
fa scoppiare il cuore. *hugga forte*
Se avete dubbi, domande,
curiosità o per sapere quando aggiorno potete trovarmi alla mia pagina
Facebook.
Un bacio,
R i n.