VI: "Tutte tartarughe"
VI: "Tutte
tartarughe"
(Rientra,
ha in mano una ventiquattrore.)
(si
ferma a metà strada) Ah,
buonasera. La valigia? (prosegue
fino al bancone, si siede, resta in silenzio per un po')
Doveva
succedere, no? Stanno iniziando ad andare a fondo sui nostri crimini.
Pare che la Lega Pokémon abbia dato il lasciapassare per perquisire
gli archivi del Game Corner, dopo qualche anno di litigi sulla
privacy e cose così. C'è il mio nome, là dentro, non posso più
restare qua a Kanto. Prenderò un treno fino a Saffron e da lì un
aereo.
Curioso,
vero? Lì dove tutto finì.
Dove
andrò? Beh, non si offenda, ma non glielo posso dire. Mi dia retta,
meno sa di me, meno se interrogato dovrà mentire. È un vantaggio
per entrambi. Però posso dirle che l'idea che ha avuto la mia
fidanzata è stata Unova, una regione ben lontana da qua. L'ideale
per farsi una nuova vita lontano dai Rocket.
Come?
No, non penso ci saranno problemi di foto o che altro, anche perché
dalla mia entrata nel Team sono un po' cambiato. E poi dopo gli
avvenimenti di Viridian gran parte delle documentazioni sulle reclute
furono bruciate.
Ah,
non gliene ho ancora parlato? Rimediamo subito, allora. Ah, prima che
me lo chieda, non penso berrò stasera. Sa, preferirei evitare di
ubriacarmi prima di una fuga per la vittoria.
Red,
come può intuire, sventò il piano dell'attacco alla Silph. Con mia
sorpresa riuscì persino a sconfiggere Giovanni, quello vero, non la
sua controfigura sbandata. Ciononostante il boss non si arrese,
dicendo a noi tutti che aveva altri piani, che i Rocket non finivano
lì.
Naturalmente
io sapevo bene che non era vero, perché la sua scrivania non aveva
altro che progetti sulla Silph. Aveva puntato tutto su quella
missione e aveva fallito. Ma cosa vuole, certa gente non sa perdere,
così fui confinato ancora un po' in quel sotterraneo che ormai era
in fibrillazione.
L'avevano
capito tutti, credo. La gente faceva le valigie, salutava i propri
amici, vagava a caso per i corridoi. L'unico che ostentava sicurezza
era Proton, che continuava a predicare calma, dicendo che non era
finito niente. Ma ovviamente nessuno lo ascoltava.
Nel
frattempo Giovanni non si vedeva mai, nessuno sapeva perché. Lo
scoprii tempo dopo: era tornato alla Palestra che gestiva a Viridian.
Come,
non lo sa? Aveva una doppia vita, una copertura per il suo ruolo di
boss dei Rocket. Solo che la Palestra era sempre vuota, perché lui
passava il tempo nel suo ufficio a Celadon. Negli ultimi tempi penso
che qualcuno avesse iniziato a chiedersi perché il più importante
Capopalestra di Kanto non ci fosse mai, e quindi aveva iniziato a
presenziare di più. Forse per quello avevo trovato il suo posto
vuoto, quella mattina.
Fu
in un giorno freddo, non troppo diverso da quello in cui avevo
parlato con Amalia per la prima volta, che arrivò la notizia:
Giovanni era stato sconfitto a Viridian. Non so se mi spiego, non era
mai accaduto da quando si era insediato. L'ultimo a passare la prova
di quella Palestra era stato Lance, ma al tempo il Capopalestra era
un altro che oltretutto si era dimesso dopo quella sconfitta.
No,
non ce lo dissero mai, com'è ovvio, ma sia io che lei sappiamo che
fu certamente Red a batterlo. Qualche tempo dopo, tra l'altro,
divenne anche Campione, in un giro di ruoli che non se ne vedeva di
simili da generazioni. In pratica questo ragazzo sconfisse Lance, e
quasi subito dopo Red prese il suo posto. Tre campioni in trenta
minuti, roba mai vista.
Tornando
a quel famoso giorno, Giovanni sciolse il Team. Per tutta la mattina
là sotto fu solo un viavai dei generali che bruciavano documenti e
quant'altro, ma nessuno aveva la chiave dell'ufficio di Giovanni,
quindi gli archivi massimi rimasero intatti.
Io?
Come può immaginare non ne fui altro che felice. Potevo finalmente
farmi una nuova vita. Ripresi a frequentare la gente, incontrai la
mia fidanzata, dopo un po' andai a convivere con lei e via
discorrendo. Tutto tornò alla normalità, se tale si poteva definire
un mondo senza Rocket. Fu una cosa strana, all'inizio, non dover
rendere conto a nessuno di quello che facevo, e c'è da dire che i
primi tempi quasi avevo paura a uscire di casa, temendo aggressioni
da parte dei civili. Poi la serie di suicidi non aiutò certo, si
parlava addirittura di una maledizione.
Poi
la cosa si stabilizzò e per tre anni non successe più nulla. A un
certo punto, non si sa come, il Team tornò alla ribalta. Non a
Kanto, o meglio, qui ci fu soltanto un furto di qualcosa dalla Power
Plant, nulla di che. Ma a Johto si fu davvero vicini alla rinascita
di quell'incubo.
Io
stesso andai a indagare, lasciando Kanto per la prima volta in vita
mia. Non volevo riunirmi, ci mancherebbe altro, dopo tutta la fatica
fatta per uscirne… Ero solo curioso. E poi là vendono Iramelle a
chili, e io vado matto per quei dolci. Non potevo mica tirarmi
indietro.
A
quanto pare lo scioglimento dei Rocket non era stato granché inteso
come tale. Mi spiego, quella di Kanto era sì la divisione più
importante del Team, ma pur sempre una divisione. Quando Giovanni
dichiarò lo sbando alcuni, tra cui quasi tutti i generali,
confluirono nella sezione di Johto, che continuò ad agire
nell'ombra.
Fino
appunto a tre anni dopo, quando decisero di uscire allo scoperto con
una serie di crimini senza capo né coda, si faticava a definirlo
Team Rocket senza la brillante mente di Giovanni a guidare il tutto.
Così
ebbero la trovata di richiamare il loro boss. Attaccarono la
Goldenrod Radio Tower, sperando di diffondere il loro messaggio su
scala nazionale e rintracciare così Giovanni. Forse sarebbe anche
andato a buon fine, come piano non era niente male. Se mi hanno
raccontato bene però un ragazzo li sconfisse costringendoli alla
ritirata. No, non Red, non è chiara la sua identità, ma non era
sicuramente lui.
Ma
tanto era un progetto destinato a fallire in partenza. In confronto
ai Rocket originali erano un esercito di mosche cieche, un tentativo
di resuscitare ciò che è già morto e sepolto. I morti restano
tali, se lo ricordi, per questo so che il Team non tornerà mai più.
È
un bene?
Non
ne sono sicuro. È un bene per me, lo sarebbe stato per Amalia,
arrivo a dire che tutti prima o poi potranno dire di averci
guadagnato. Ho aperto gli occhi. Non facevamo il bene della gente,
questo è certo.
Ma
non facevamo nemmeno il male per loro. Eravamo egoisti, forse, ma non
malvagi. Ciò che i secondi Rocket non compresero è che il volere di
Giovanni non era ostentare la propria potenza, bensì arricchirsi
alle spalle degli altri. Era un uomo molto lucido, nel suo
egocentrismo.
E
che dire delle reclute con poca personalità, i sottomessi quale ero
io al mio arrivo nei Rocket? Per loro senz'altro non è stato
piacevole ritrovarsi catapultati nel mondo senza una guida. Ci
saranno sempre gli impauriti, quelli che hanno bisogno di essere
comandati, ma a differenza nostra non avranno nessun Proton, nessun
Archer, nessun Petrel a indicare loro la via della maturità.
Qualcuno forse prenderà il loro posto, ma quando? E quanto saranno
vicini al loro carisma?
Io,
io sono maturato. Il prezzo che ho pagato è stato altissimo, ma
senza esso sarei ciò che sono adesso? O sarei un disilluso, uno che
ha scoperto che il mondo è troppo brutto per i suoi propositi? Io
sono sceso nei bassifondi di Celadon e poi ne sono risalito: per
questo la civiltà mi è apparsa idilliaca quando i Rocket sono
caduti.
Non
so davvero dire se sia meglio o peggio non avere il Team che
imperversa per Kanto. Immagino che, come tante cose in questo mondo,
solo il tempo potrà dare una risposta.
Ma
non sarà mai definitiva. Rimarremo per sempre nel dubbio,
nell'incertezza. E questo sospetto sarà ciò che manterrà ancora i
Rocket vivi, come accade per i mostruosi regimi autoritari che nella
mente dei posteri vengono distorti in positivo.
Sarà
tutto sbiadito, come in una vecchia foto in cui il sangue è celato
dall'usura e dalla tinta di seppia.
(guarda
l'orologio da polso, si alza) Beh, credo che sia giunta l'ora di
andare. Il mio treno partirà tra poco.
(inizia
ad allontanarsi verso le quinte, poi si ferma a metà strada)
Come dice?
Sì,
le hanno riferito bene. La Silph aveva un sistema di sicurezza che il
Team ha provato a usare per bloccare eventuali interventi.
Vede\
\
\
Io
feci trovare l'Apriporta a quel ragazzo. Non avevo più niente da
regolare con lui. Ho fatto ciò che Amalia avrebbe fatto.
(sorride
malinconicamente) Ha ragione, forse non sono stato tanto inutile
dopotutto.
\
\
\
Sa,
ricorda la storiella delle tartarughe? La trovai, la risposta.
Durante la mia permanenza a Johto soggiornai a Ecruteak City, una
bella cittadina molto legata alle tradizioni. È un mito cinese, se
ho ben capito da quel monaco che incontrai.
“Da
lì in poi sono tutte tartarughe”.
(ride)
Non ha senso, vero? Ha perfettamente ragione. È assurdo. L'ultima
tartaruga dovrà pur poggiare su qualcosa, altrimenti cadrebbe nel
vuoto.
Eppure\
(si
volta e rivolge uno sguardo beffardo all'interlocutore immaginario)
Eppure il mondo sta su, dico bene?
\
\
\
\
Quel
giorno\
Amalia
mi diede anche qualcos'altro. (estrae il pezzo di carta riposto in
tasca all'inizio) Lo rileggevo poco prima di incontrare lei in
questo bar. È la sua poesia, quello che scriveva durante le lezioni
a Celadon. Una specie di prefigurazione di quello che il Team poi
sarebbe diventato, dannatamente profetica per quando fu scritta.
Ma
non ha importanza. Per me resterà sempre e solo l'unica prova che ho
della sua esistenza. Non importa quanto possa invecchiare, quanto la
mia memoria possa vacillare, perché lei sarà sempre impressa qui,
tra le mie mani.
\
\
Crede
che sapesse quello a cui stava andando incontro?
Immagino
resterà un quesito senza risposta per entrambi, vero? Rimarrà
sempre una storia incompleta, frodata dal tempo e da
un'organizzazione che forse nemmeno aveva compreso quanto fosse
profondamente marcia al suo interno.
\
\
\
\
\
Addio,
dunque. Chissà che non ci incontriamo di nuovo, un giorno. (torna
ad avviarsi verso le quinte)
\
\
(Esce.)
Qualcuno
entrava nei Rocket perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa
di nuovo.
Perché
sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché
forse era solo una forza, un volo, un sogno.
Era
solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la
vita.
Perché
con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso,
Era
come due persone in una.
Da
una parte la personale fatica quotidiana,
E
dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare
il volo
Per
cambiare veramente la vita.
No,
niente rimpianti.
Forse
anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di
volare,
Come
dei gabbiani ipotetici.
E
ora,
Anche
ora ci si sente in due.
Da
una parte l'uomo inserito,
Che
attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza
quotidiana,
E
dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo,
Perché
ormai il sogno si è rattrappito.
Due
miserie in un corpo solo. |