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Autore: NoceAlVento    11/02/2013    2 recensioni
Un breve monologo teatrale.
 
Per fortuna c'era Proton. Lui sì che era un grande condottiero. Ci istruì su dove andare, ognuno di noi, ancora mi ricordo il suo modo di parlare, crudele e spaventoso.
(si alza e mima il discorso in una voce impostata e decisa) “122”, diceva, “tu vai a nordest e tieni d'occhio l'accesso… E tu, 67, coprilo qualche metro più in là. Voi due”, e guardava me e Lynn, “venite con me”.
(si sposta verso il lato destro del palco) Ci portò dalla parte quasi opposta, e mise Lynn a fare da guardia all'unica via che ci arrivava. Poi mi diede in mano una pala e mi disse “Avanti, ora scava”. Io non ho mai avuto braccia forti e dopo due minuti già non ce l'avrei fatta più; ma ero nei Rocket, e non obbedire avrebbe significato finirne fuori in un niente.
Una domanda comunque gliela feci. Mi presi questa soddisfazione. “E tu dove vai?”.
“A non farmi prendere dalla polizia”, rispose. Non è che si potesse discutere un granché, con quella partenza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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VI: "Tutte tartarughe"

VI: "Tutte tartarughe"



(Rientra, ha in mano una ventiquattrore.)

(si ferma a metà strada) Ah, buonasera. La valigia? (prosegue fino al bancone, si siede, resta in silenzio per un po')

Doveva succedere, no? Stanno iniziando ad andare a fondo sui nostri crimini. Pare che la Lega Pokémon abbia dato il lasciapassare per perquisire gli archivi del Game Corner, dopo qualche anno di litigi sulla privacy e cose così. C'è il mio nome, là dentro, non posso più restare qua a Kanto. Prenderò un treno fino a Saffron e da lì un aereo.

Curioso, vero? Lì dove tutto finì.

Dove andrò? Beh, non si offenda, ma non glielo posso dire. Mi dia retta, meno sa di me, meno se interrogato dovrà mentire. È un vantaggio per entrambi. Però posso dirle che l'idea che ha avuto la mia fidanzata è stata Unova, una regione ben lontana da qua. L'ideale per farsi una nuova vita lontano dai Rocket.

Come? No, non penso ci saranno problemi di foto o che altro, anche perché dalla mia entrata nel Team sono un po' cambiato. E poi dopo gli avvenimenti di Viridian gran parte delle documentazioni sulle reclute furono bruciate.

Ah, non gliene ho ancora parlato? Rimediamo subito, allora. Ah, prima che me lo chieda, non penso berrò stasera. Sa, preferirei evitare di ubriacarmi prima di una fuga per la vittoria.

Red, come può intuire, sventò il piano dell'attacco alla Silph. Con mia sorpresa riuscì persino a sconfiggere Giovanni, quello vero, non la sua controfigura sbandata. Ciononostante il boss non si arrese, dicendo a noi tutti che aveva altri piani, che i Rocket non finivano lì.

Naturalmente io sapevo bene che non era vero, perché la sua scrivania non aveva altro che progetti sulla Silph. Aveva puntato tutto su quella missione e aveva fallito. Ma cosa vuole, certa gente non sa perdere, così fui confinato ancora un po' in quel sotterraneo che ormai era in fibrillazione.

L'avevano capito tutti, credo. La gente faceva le valigie, salutava i propri amici, vagava a caso per i corridoi. L'unico che ostentava sicurezza era Proton, che continuava a predicare calma, dicendo che non era finito niente. Ma ovviamente nessuno lo ascoltava.

Nel frattempo Giovanni non si vedeva mai, nessuno sapeva perché. Lo scoprii tempo dopo: era tornato alla Palestra che gestiva a Viridian.

Come, non lo sa? Aveva una doppia vita, una copertura per il suo ruolo di boss dei Rocket. Solo che la Palestra era sempre vuota, perché lui passava il tempo nel suo ufficio a Celadon. Negli ultimi tempi penso che qualcuno avesse iniziato a chiedersi perché il più importante Capopalestra di Kanto non ci fosse mai, e quindi aveva iniziato a presenziare di più. Forse per quello avevo trovato il suo posto vuoto, quella mattina.

Fu in un giorno freddo, non troppo diverso da quello in cui avevo parlato con Amalia per la prima volta, che arrivò la notizia: Giovanni era stato sconfitto a Viridian. Non so se mi spiego, non era mai accaduto da quando si era insediato. L'ultimo a passare la prova di quella Palestra era stato Lance, ma al tempo il Capopalestra era un altro che oltretutto si era dimesso dopo quella sconfitta.

No, non ce lo dissero mai, com'è ovvio, ma sia io che lei sappiamo che fu certamente Red a batterlo. Qualche tempo dopo, tra l'altro, divenne anche Campione, in un giro di ruoli che non se ne vedeva di simili da generazioni. In pratica questo ragazzo sconfisse Lance, e quasi subito dopo Red prese il suo posto. Tre campioni in trenta minuti, roba mai vista.

Tornando a quel famoso giorno, Giovanni sciolse il Team. Per tutta la mattina là sotto fu solo un viavai dei generali che bruciavano documenti e quant'altro, ma nessuno aveva la chiave dell'ufficio di Giovanni, quindi gli archivi massimi rimasero intatti.

Io? Come può immaginare non ne fui altro che felice. Potevo finalmente farmi una nuova vita. Ripresi a frequentare la gente, incontrai la mia fidanzata, dopo un po' andai a convivere con lei e via discorrendo. Tutto tornò alla normalità, se tale si poteva definire un mondo senza Rocket. Fu una cosa strana, all'inizio, non dover rendere conto a nessuno di quello che facevo, e c'è da dire che i primi tempi quasi avevo paura a uscire di casa, temendo aggressioni da parte dei civili. Poi la serie di suicidi non aiutò certo, si parlava addirittura di una maledizione.

Poi la cosa si stabilizzò e per tre anni non successe più nulla. A un certo punto, non si sa come, il Team tornò alla ribalta. Non a Kanto, o meglio, qui ci fu soltanto un furto di qualcosa dalla Power Plant, nulla di che. Ma a Johto si fu davvero vicini alla rinascita di quell'incubo.

Io stesso andai a indagare, lasciando Kanto per la prima volta in vita mia. Non volevo riunirmi, ci mancherebbe altro, dopo tutta la fatica fatta per uscirne… Ero solo curioso. E poi là vendono Iramelle a chili, e io vado matto per quei dolci. Non potevo mica tirarmi indietro.

A quanto pare lo scioglimento dei Rocket non era stato granché inteso come tale. Mi spiego, quella di Kanto era sì la divisione più importante del Team, ma pur sempre una divisione. Quando Giovanni dichiarò lo sbando alcuni, tra cui quasi tutti i generali, confluirono nella sezione di Johto, che continuò ad agire nell'ombra.

Fino appunto a tre anni dopo, quando decisero di uscire allo scoperto con una serie di crimini senza capo né coda, si faticava a definirlo Team Rocket senza la brillante mente di Giovanni a guidare il tutto.

Così ebbero la trovata di richiamare il loro boss. Attaccarono la Goldenrod Radio Tower, sperando di diffondere il loro messaggio su scala nazionale e rintracciare così Giovanni. Forse sarebbe anche andato a buon fine, come piano non era niente male. Se mi hanno raccontato bene però un ragazzo li sconfisse costringendoli alla ritirata. No, non Red, non è chiara la sua identità, ma non era sicuramente lui.

Ma tanto era un progetto destinato a fallire in partenza. In confronto ai Rocket originali erano un esercito di mosche cieche, un tentativo di resuscitare ciò che è già morto e sepolto. I morti restano tali, se lo ricordi, per questo so che il Team non tornerà mai più.

È un bene?

Non ne sono sicuro. È un bene per me, lo sarebbe stato per Amalia, arrivo a dire che tutti prima o poi potranno dire di averci guadagnato. Ho aperto gli occhi. Non facevamo il bene della gente, questo è certo.

Ma non facevamo nemmeno il male per loro. Eravamo egoisti, forse, ma non malvagi. Ciò che i secondi Rocket non compresero è che il volere di Giovanni non era ostentare la propria potenza, bensì arricchirsi alle spalle degli altri. Era un uomo molto lucido, nel suo egocentrismo.

E che dire delle reclute con poca personalità, i sottomessi quale ero io al mio arrivo nei Rocket? Per loro senz'altro non è stato piacevole ritrovarsi catapultati nel mondo senza una guida. Ci saranno sempre gli impauriti, quelli che hanno bisogno di essere comandati, ma a differenza nostra non avranno nessun Proton, nessun Archer, nessun Petrel a indicare loro la via della maturità. Qualcuno forse prenderà il loro posto, ma quando? E quanto saranno vicini al loro carisma?

Io, io sono maturato. Il prezzo che ho pagato è stato altissimo, ma senza esso sarei ciò che sono adesso? O sarei un disilluso, uno che ha scoperto che il mondo è troppo brutto per i suoi propositi? Io sono sceso nei bassifondi di Celadon e poi ne sono risalito: per questo la civiltà mi è apparsa idilliaca quando i Rocket sono caduti.

Non so davvero dire se sia meglio o peggio non avere il Team che imperversa per Kanto. Immagino che, come tante cose in questo mondo, solo il tempo potrà dare una risposta.

Ma non sarà mai definitiva. Rimarremo per sempre nel dubbio, nell'incertezza. E questo sospetto sarà ciò che manterrà ancora i Rocket vivi, come accade per i mostruosi regimi autoritari che nella mente dei posteri vengono distorti in positivo.

Sarà tutto sbiadito, come in una vecchia foto in cui il sangue è celato dall'usura e dalla tinta di seppia.

(guarda l'orologio da polso, si alza) Beh, credo che sia giunta l'ora di andare. Il mio treno partirà tra poco.

(inizia ad allontanarsi verso le quinte, poi si ferma a metà strada) Come dice?

Sì, le hanno riferito bene. La Silph aveva un sistema di sicurezza che il Team ha provato a usare per bloccare eventuali interventi.

Vede\

\

\

Io feci trovare l'Apriporta a quel ragazzo. Non avevo più niente da regolare con lui. Ho fatto ciò che Amalia avrebbe fatto.

(sorride malinconicamente) Ha ragione, forse non sono stato tanto inutile dopotutto.

\

\

\

Sa, ricorda la storiella delle tartarughe? La trovai, la risposta. Durante la mia permanenza a Johto soggiornai a Ecruteak City, una bella cittadina molto legata alle tradizioni. È un mito cinese, se ho ben capito da quel monaco che incontrai.

Da lì in poi sono tutte tartarughe”.

(ride) Non ha senso, vero? Ha perfettamente ragione. È assurdo. L'ultima tartaruga dovrà pur poggiare su qualcosa, altrimenti cadrebbe nel vuoto.

Eppure\

(si volta e rivolge uno sguardo beffardo all'interlocutore immaginario) Eppure il mondo sta su, dico bene?

\

\

\

\

Quel giorno\

Amalia mi diede anche qualcos'altro. (estrae il pezzo di carta riposto in tasca all'inizio) Lo rileggevo poco prima di incontrare lei in questo bar. È la sua poesia, quello che scriveva durante le lezioni a Celadon. Una specie di prefigurazione di quello che il Team poi sarebbe diventato, dannatamente profetica per quando fu scritta.

Ma non ha importanza. Per me resterà sempre e solo l'unica prova che ho della sua esistenza. Non importa quanto possa invecchiare, quanto la mia memoria possa vacillare, perché lei sarà sempre impressa qui, tra le mie mani.

\

\

Crede che sapesse quello a cui stava andando incontro?

Immagino resterà un quesito senza risposta per entrambi, vero? Rimarrà sempre una storia incompleta, frodata dal tempo e da un'organizzazione che forse nemmeno aveva compreso quanto fosse profondamente marcia al suo interno.

\

\

\

\

\

Addio, dunque. Chissà che non ci incontriamo di nuovo, un giorno. (torna ad avviarsi verso le quinte)

\

\

(Esce.)



Qualcuno entrava nei Rocket perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.

Perché sentiva la necessità di una morale diversa.

Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno.

Era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.

Perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso,

Era come due persone in una.

Da una parte la personale fatica quotidiana,

E dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo

Per cambiare veramente la vita.

No, niente rimpianti.

Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare,

Come dei gabbiani ipotetici.

E ora,

Anche ora ci si sente in due.

Da una parte l'uomo inserito,

Che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana,

E dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo,

Perché ormai il sogno si è rattrappito.


Due miserie in un corpo solo.

   
 
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