La
violenza sulle donne,un tema sempre troppo
attuale.
Spero dunque, di dar voce a quelle
persone che silenziose continuano a subire o
che non vengono ascoltate a dovere. Con l'augurio che possano trovare
giorni
sereni e trovino sempre la forza di denunciare i loro aguzzini.
Innocenti
Rose
Bianche
LACRIME AMARE
La
pioggia scrosciava a gran voce, urlando al mondo tutta la sua
inquietudine.
E lei era
lì, con l’orecchio teso ad ascoltare quelle grida
silenziose che provenivano dal cielo. Era lì, fradicia,
sotto quella pioggia a piangere sommessamente. Seduta su una panchina
proprio davanti alla fermata dell’autobus, scorgeva i
passanti camminare stringendo il proprio ombrello e sorpassarla senza
nemmeno averle donato un misero sguardo, ora troppo indaffarati per
accorgersi di lei.
Avrebbe desiderato che
quella pioggia misericordiosa non smettesse mai.
Voleva che quelle
fredde gocce d’acqua la liberassero da quelle dure colpe. Da
quelle angosce che le attanagliavano il cuore e ne dilaniavano
l’anima.
Le mani tremanti
afferravano l’acqua desiderando la salvezza e gli occhi gonfi
di lacrime bramavano il passato perduto. Quel bellissimo passato, che a
tratti pareva un fresco dipinto colmo di calore.
Se solo ne avesse
avuto il potere, sarebbe tornata a quei giorni senza nemmeno porsi
domande inutili.
Perché era
finita in quella situazione?
Cosa aveva fatto per
meritarsi quella punizione?
Perché
l’unica persona di cui era sicura di poter amare per il resto
della sua vita, le faceva questo? Perché la torturava?
I sentimenti
d’amore che gli donava, non erano abbastanza forti per
dissipare i dubbi e la gelosia che lo divoravano?
Perché
doveva finire tutte le volte a quel modo?
Perché,
nonostante lo amasse più di se stessa, si sentiva sempre
dolorante e disperata?
Lo percepiva ancora
chiaramente, quel senso di malessere che travolgeva il suo corpo.
Aveva freddo, certo,
era bagnata da capo a piedi, ma quello per lei non era dolore.
Il vero dolore che
provava proveniva dal petto, dal cuore per essere onesti, e si
diffondeva velocemente in tutto il corpo, sino a farlo pulsare e
trepidare.
I lividi sulle sue
gambe erano ancora freschi e questi, più di quelli sulle
braccia, le dolevano profondamente. – Aveva la mano pesante.
– Ammise a se stessa.
Non contava
più i giorni trascorsi dall’inizio di
quell’inferno in Terra.
La sua carne si
lacerava con la stessa velocità con cui le onde del mare
s’infrangevano sulla battigia. Non aveva neanche il tempo per
abituarsi a quel dolore, che subito ne veniva investita
un’altra volta.
Lo amava. Era tutto
quello che aveva.
La sua voce era dolce
e armoniosa, terribilmente suadente, eppure non vi era giorno in cui
non la sentisse strepitare infuriata.
Le sue mani erano
affusolate e ricolme di calore e speranza, eppure ogni volta la
picchiavano con una ferocia inaudita, sino ad intorpidirle le ossa.
I suoi occhi erano
vivaci e generosi, davvero perfetti, ma troppo spesso si mostravano
indifferenti e cinici. Sempre pronti a dettar legge.
Perché il
calore di quel suo abbraccio aveva la facoltà
d’ustionarle la pelle?
L’odore di
bruciato era sempre più intenso. - Sarebbe riuscita a
toccare ancora una volta il suo cuore o, avrebbe continuato a bruciarsi
per l’eternità?
Se i loro sentimenti
erano sinceri, allora perché essere gelosi?
Non si fidava
minimamente di lei.
Perché
tutta quella violenza? A cosa serviva?
Aveva così
paura a ritrovarsi da sola con lui, nonostante l’amasse
profondamente – Non le piaceva essere denigrata e nemmeno
sentirsi più indifesa di una piccola formica solitaria.
Perché per
quante volte urlasse “basta”, lui non si fermava
mai?
Una malinconica
sinfonia risuonava nell’aria, note di violino si scioglievano
nelle sue orecchie.
Le lacrime scivolavano
via, veloci come la pioggia.
La faceva piangere.
Lui la faceva piangere
sempre. – Questa era la verità.
Era il suo uomo, la
sua vita… E allora perché non si sforzava di
scorgere il suo volto e quell’innocente supplica che i suoi
occhi invocavano? Lei era sempre lì, davanti a lui, eppure
sembrava non guardarla mai per davvero.
La tristezza chiudeva
lentamente il sipario fra i singhiozzi disperati e quella voglia di
fuggire, ormai assopita. Per quanto avesse potuto correre lontano da
lui e da quella sua brama di folle ed impetuoso possesso, lui
l’avrebbe presto raggiunta e per l’ennesima volta,
avrebbe sancito quel suo atto di appartenenza sulla sua candida pelle.
Lei era sua. Sua soltanto. Come un trofeo da esibire.
Si sentiva come una
mesta marionetta nelle sapienti mani di un prodigioso marionettista.
Era desolante stargli
accanto ogni giorno, mentre la vita scorreva lacerando la sua stessa
esistenza. Eppure, per qualche strano motivo, non riusciva davvero a
fuggire.
L’amore
l’aveva resa stupida e fragile quanto un fiore.
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