Oh,
baby,
Tell me how can, how can this be wrong?
Grant my last
request,
and just let me hold you.
Sure I can accept that we're
going nowhere,
but one last time just go there,
Lay down beside
me
(Last
Request, Paolo Nutini)
Aveva
deciso di rimanere fino all'ultimo a Stars Hollow, ma quando
mancavano solo pochi giorni decise di anticipare il rientro, in modo
da avere tutto il week end per prepararsi a quello che avrebbe potuto
essere il lavoro della sua vita.
Il taxi si fermò finalmente
davanti al suo palazzo, illuminato dal sole mattutino, e Rory si armò
di coraggio, definendosi pronta a cominciare una nuova pagina della
sua vita.
Quando girò le chiavi nella toppa quasi si era
dimenticata di avere una coinquilina nuova, ma fu impossibile non
ricordarsene quando aprì la porta e vide il groviglio di braccia e
gambe sul suo divano.
- Ma che...
Si mise una mano davanti agli
occhi, per evitare di intravvedere parti anatomiche non necessarie.
-
Siamo vestiti! - dichiarò Darla, schizzando istantaneamente in
piedi; poi afferrò la maglietta, infilandosela, - Quasi. - si
corresse, - Puoi guardare. Ma non dovevi tornare domenica?
- Mi
sono dimenticata di avvisarvi. Ma se siete entrambi qui chi c'è al
Book&Cafè?
- È il quattro luglio, abbiamo diritto alla
chiusura! - dichiarò fervente Darla, come una perfetta patriota.
-
Tanto tu lo stipendio lo prendi lo stesso... - si stiracchiò Rick. -
Buongiorno Straniera, scusa l'accoglienza.
Darla poi lo guardò,
allarmata, ricordandosi di lui.
- Sì, noi stavamo... ci siamo
addormentati semplicemente e...
A Rory scappò un sorriso, mentre
Rick si alzò.
- Provavamo delle prese di wrestling, come no. -
commentò sarcastico, finendo di sbugiardarla con un bacio, prima di
andare in bagno.
Darla lo guardò storto.
- Scusa se non te lo
abbiamo detto... - iniziò poi, quando furono sole.
- Non ti
preoccupare: non mi hai scioccato, l'avevo già capito e avevo capito
perché volevi tenere il silenzio. Hai dato la disdetta per l'altro
appartamento?
- Sì, siamo a tutti gli effetti coinquiline,
dobbiamo festeggiare! A proposito, stasera si esce, giusto?
Rory
fece una smorfia,
- Ti dovrei aggiornare...
- So tutto della
tua decisione, ma almeno nelle feste anche i parenti che si odiano si
incontrano! - cercò di convincerla.
- Io e Jess non ci odiamo, -
sospirò Rory, - ma è meglio che stiamo lontani. Andrò da Melinda:
lei e Spencer fanno un barbecue, mi avevano invitato.
Rick tornò
in soggiorno,
- Ma poi ci raggiungi? Andiamo a vedere i fuochi,
non puoi mancare: cacceremo Jess, promesso.
- No, Rick, non
cacciate nessuno: vedremo, non vi assicuro niente.
Era da
Melinda, esattamente come l'anno prima.
Con il suo bicchiere in
mano si sedette su una sdraio, in terrazza, lontana dalla confusione
del giardino: Jess arrivava, le sconvolgeva la vita e poi se ne
andava; e ogni volta Rory sentiva che si portava
via qualcosa di lei, lasciandola come un puzzle senza un tassello.
Che quel pezzo mancante fosse lui, fosse come diventava accanto a
lui, oppure la certezza che quella che era veramente, la vera Rory,
fosse solo quella che rivedeva riflessa nei suoi occhi poco
importava; lo accettava, ma il suo rimpianto più grande era quello
di aver detto addio all'amore della sua vita in un vicolo buio, non
appena lo aveva accettato: aveva preso solo l'amaro, di quell'amore,
non era stata capace di rendersene conto prima e poterne gioire per
almeno un istante.
Tornò in casa, chiedendosi quando avrebbero
iniziato a mangiare.
- Rory promettimi che ci raggiungi: rischio
di buttare Rick in acqua, stasera è insopportabile. - le disse Darla
al telefono, borbottando qualcosa al ragazzo.
- Non so, vediamo
che ora faccio qui... - tergiversò Rory, dubbiosa.
- Devi venire,
e poi Jess non c'è: è appena andato a fare non ho capito che cosa
al Washington Square Park, chi lo capisce è bravo.
- Non lo so,
Darla, non abbiamo ancora mangiato: magari più tardi. - Poi si
bloccò, - Washington Square Park? Quello sulla quinta? - forse era
solo una coincidenza. - Ascolta, facciamo così, ci sentiamo dopo,
quando torno se vengo da voi ti chiamo io, ok?
Chiuse la
conversazione e andò a cercare Melinda.
Si ricordava bene quel
pomeriggio a Manhattan, la bolla temporale in cui si erano ritrovati,
come se fosse un giorno come tanti, quando invece non lo era. Forse
si sbagliava, ma le sembrò una richiesta, ed era tentata di
accettare, in nome di un ultimo saluto, un ultimo istante che non si
erano mai più dati.
Mentre il taxi correva verso Manhattan, con
il sottofondo sonoro di una vecchia canzone anni sessanta, continuò
a chiedersi quanto labile fosse la sua volontà se bastava un accenno
a un parco, neanche un invito diretto, per farla capitolare. Però
aveva bisogno di scoprire se la stava davvero aspettando, aveva
bisogno di stare un altro po' con lui prima di dirgli addio, senza
che le sue lacrime distorcessero il suo ricordo.
Cercò
con lo sguardo, ed esattamente sulla stessa panchina lo vide, con un
libro in mano. Prese coraggio, accettando a tutti gli effetti la
proposta e le sue eventuali conseguenze, limitandosi a sperare che
non fossero distruttive.
- Ciao. - gli disse, dietro di lui.
Come
la prima volta.
- Come stai? - disse Jess girandosi, come se non
si vedessero da un paio di giorni. Come la prima volta.
- Bene, tu
come stai?
- Bene. Hai fame?
- Da morire.
- Conosco un
posto.
Sorrise, mentre lui si alzava e le faceva strada, e lo
seguì.
- Quindi lunedì è il grande giorno, sei contenta? - le
chiese, mentre camminavano.
- Non vedo l'ora, ho un po' di paura
a dire la verità. - gli confessò, come se l'ultima volta che si
erano visti lei non gli avesse detto addio.
Camminarono,
chiacchierando del più e del meno, come una normale coppia di amici,
ma specialmente come erano sempre stati, Jess e Rory.
Ogni tanto
il cuore le batteva, quando incrociava il suo sorriso, ma lo
accettava, cercando di non fuggire con lo sguardo ma affrontare
anche quelle emozioni. Per quella sera non voleva rimpianti.
-
Tu hai mai paura? Quando cambi vita? - gli chiese, quando, finito il
loro hot dog, ritornarono nel parco.
Jess fece una smorfia,
-
Evolvere è la mia vita, forse la mia paura è quella di non riuscire
a fermarmi.
- Tu spingi le persone, Jess; fai sembrare tutto
possibile, non so se te ne rendi conto. Per noi, comuni umani, il
cambiamento è qualcosa di folle, impossibile; poi arrivi tu e ci fai
sembrare sciocchi.
- Parli del tuo lavoro?
- Non solo, ti
ricordi quando sei venuto da me e mi hai chiesto che cosa stessi
facendo della mia vita? Forse, se sono qui, è solo grazie a te.
Jess
appoggiò la schiena alla panchina, guardando il cielo stellato.
-
Non darmi meriti che non ho, Rory.
Guardò
anche lei verso l'alto, senza vederlo davvero, perché l'unica cosa
che percepiva erano loro due sulla stessa panchina, una forza forte
quanto distruttiva, perché così come sentiva la sua presenza
riusciva troppo bene a indovinare il sapore che avrebbe avuto la sua
mancanza.
- Perché siamo qui, stasera? - gli chiese, poi. Le
stelle rimbombavano davanti ai suoi occhi, il suono della sua stessa
voce le sembrava strano.
- Ci siamo incontrati.
Si girò verso
di lui, incontrando i suoi occhi e rendendosi conto che era l'unica
ancora con la testa verso l'alto.
- Non è così, lo sai.
Continuò
a guardarla, sollevando amaramente l'angolo della sua bocca.
-
Perché non mi avevi salutato.
Allungò una mano, trovandolo, e
intrecciò le dita con le sue.
Il cuore davvero ora le martellava
nel petto, quasi come in un assolo di batteria: mano nella mano, gli
occhi nei suoi, era felice e straziante allo stesso tempo.
Sospirò,
sapendo che avevano raggiunto il punto di non ritorno.
- Addio,
Jess. - disse, alzandosi in piedi. Si allontanò, tenendo la sua mano
fino a quando fu possibile.
- Rory? - la chiamò, prima che
uscisse dal parco. Si voltò e lo vide, ancora in piedi accanto alla
panchina. - Questo ti sembrava un addio?
I suoi piedi si mossero
verso di lui, come se fosse stato Jess a comandarli, più veloce,
come se la forza di gravità non la tenesse più a terra: il nuovo
centro era lui, e più Jess si muoveva verso di lei, più quella
forza era potente, tanto da annebbiarle la mente e farle perdere ogni
logica.
Quando gli fu di fronte poté solo aggrapparsi a lui, con
la disperazione di un vero addio, mentre le loro labbra si
incontravano e con la sua stessa necessità lui la sollevava da
terra.
Mezzanotte, lo scoppio dei fuochi artificiali si confuse
con il battito del suo cuore.
- Non deve per forza finire così. -
le disse poi.
Rory si allontanò un poco, per permettere a quella
minima distanza di ossigenarle nuovamente il cervello.
- Parli
così perché è adesso, è questo momento. - cercò di convincersi,
- Quante altre volte ci dobbiamo andare a sbattere contro? - sarebbe
stato facile dirgli di sì, acconsentire a quella pazzia, ma c'era un
motivo per cui erano lì quella sera, e doveva tenerlo bene a
mente.
- No, Rory: il nostro problema è che non abbiamo mai
parlato chiaramente, fin da subito. Ci siamo sempre limitati a
scontrarci a vicenda, omettendo di dirci come stavano veramente le
cose finché diventavano semplicemente troppo evidenti.
- Può
essere, - acconsentì allora, - ma a questo punto che differenza può
fare? Jess, se stiamo insieme, ora, e finirà, non ci sarà più
niente da salvare.
Di lei.
- Ricominciamo tutto da capo, dammi
un altra possibilità.
Come poteva esserci un nuovo inizio se
quando lo guardava voleva vedere solo sé stessa accanto a lui? Non
aveva semplicemente senso.
Colora la mia vita con il
caos dell'inquietudine.
Aprì
la bocca, lentamente, dentro di sé la paura folle per quello che
stava per dire, per quella parola che avrebbe spazzato via tutto.
Era
come essere su una macchina che correva, al limite dei suoi cavalli:
il volante era fuso con le sue mani, ogni brivido l'avrebbe fatta
schiantare; i suoi occhi erano sulla strada, un imprevisto e non
c'era modo per frenare.
Cercò la sua mano, un contatto con lui,
con la realtà.
- Ok.
Non era un albero di guacamole in
giardino, ma era altrettanto spaventoso, eppure in quel caso l'unica
paura ad attanagliarla era il pensiero di come sarebbe stata la sua
vita se avesse rifiutato.