20 Liam
Quando mi svegliai era ancora buio. Lanciai una rapida occhiata
alla sveglia infastidita dalla luce al led, non erano ancora le sei.
Mi rigirai su un fianco tirandomi le coperte fin sopra la testa
portandomi le gambe al petto. Avevo ancora tempo prima di dovermi
iniziare a preparare per partire per Cambridge. Durante l'ultimo
giorno non avevo fatto altro che pensare che quando sarei tornata
Liam sarebbe già stato dall'altra parte del mondo. Avevo rifiutato
ogni sua chiamata fino al punto di staccare il telefono. La
consapevolezza che dovevo stargli lontana era tanta quanta la voglia
di vederlo. Non riuscii a riprendere sonno così mi alzai e andai in
bagno per farmi una doccia, lasciai i vestiti sul pavimento prima di
infilarmi sotto il getto di acqua bollente, mi insaponai dalla testa
ai piedi con un bagnoschiuma alle fragole, non volevo partire, non
volevo allontanarmi più di quanto avessi già fatto. Mi stavo
imponendo da sola di stare male, non ci avrei messo niente a correre
fino a casa sua, ero così stupida a negarmi la felicità dopo tutto
il tempo che l'avevo cercata. Quale idiota si negava l'amore?
Dopo essermi stretta nell'asciugamano per impedire al calore sul
mio corpo di andarsene mi passai una crema fresca sulla pelle liscia,
completamente depilata e trattata il giorno prima. Anche le unghie
delle mani e dei piedi erano state perfettamente messe a nuovo. Se
fosse dipeso da me ne avrei volentieri fatto a meno ma Jess aveva
insistito tanto e farle compagnia non mi costava niente. Indossai
l'intimo e poi con cura asciugai e stirai con la piastra i capelli,
spazzolai i denti con scrupolo e poi mi vestii. Feci scivolare sulle
gambe il tessuto freddo dei jeans, una volta abbottonati mi resi
conto che stavo perdendo peso. Passai sul viso e sul collo uno strato
di fondotinta e lasciai gli occhi struccati mentre passai sulle
labbra un rossetto dalla tinta tendente al fucsia. Dalla finestra
vidi che il terreno e le macchine erano ricoperte di ghiaccio così
scelsi una sciarpa e un cappello di lana. Infilai nel trolley le
ultime cose e poi lo portai fino all'ingresso, i miei genitori
stavano facendo colazione in cucina e decisi di fare colazione con
loro.
“Buongiorno tesoro, ho fatto le frittelle con lo sciroppo
d'acero, tieni.” mi disse mia madre porgendomi un piatto. La
guardai piuttosto sorpresa, credevo non avesse mai toccato una
padella in vita sua. Le sorrisi e iniziai a mangiare, erano
straordinariamente buone.
“Ti accompagno io con la macchina fino a scuola.” mio padre
stava sorseggiando un caffè caldo mentre guardava distrattamente il
notiziario.
“No grazie, voglio camminare.” risposi cercando di sembrare
affabile.
“Sei sicura? Fa freddo fuori e non è tanto vicino.” mia madre
cercò di dissuadermi.
“Si sono sicura.” dissi alzandomi da tavola. “Ci vediamo
domenica.” lasciai a entrambi un bacio sulla guancia e dopo aver
preso il mio trolley me ne andai. Per una volta ero io a lasciarli
soli. Mi tirai la sciarpa sopra la bocca e cercai di accelerare il
passo per scaldarmi. I miei piedi stavano congelando nonostante gli
stivali. Una macchina improvvisamente mi sbarrò la strada, non mi
mise sotto per un secondo. Nell'istante in cui la riconobbi iniziai a
correre nel verso opposto.
“Kate aspetta, non scappare.” Liam mi afferrò per i fianchi e
poi mi fece voltare verso di lui, i nostri visi erano a pochi
centimetri di distanza.
“Liam come devo farti capire che devi starmi lontano?” spinsi
i palmi delle mani contro il suo petto cercando di allontanarlo ma
con scarsi risultati.
“Lo so che non è quello che vuoi, te lo leggo negli occhi.”
smisi per un secondo di combattere contro di lui.
“Invece si, anche se ti amo devi andartene.” mi lasciò andare
ma io rimasi immobile.
“Se mi ami vieni con me, non partire per quello stupido College,
vieni con me.” il suo sguardo disperato mi spezzava il cuore.
“Venire dove Liam? Per cosa poi, per andartene di nuovo?” ci
fu un silenzio che sembrò interminabile prima che mi rispose.
“Posso rimanere se vuoi, posso rinunciare a qualsiasi cosa se
torni.” gli afferrai entrambe le mani per poi portarmele al petto,
erano fredde.
“Non voglio che tu rinunci a tutto, voglio che non rinunci a me,
è diverso.” soffiai un respiro caldo tra le sue dita. Si avvicinò
tanto che la mia fronte sfiorò il so petto e poi sussurrò nel mio
orecchio.
“Allora vieni, passa tre giorni con me prima che me ne vada.
Nessuno saprà dove saremo, solo io e te Kate. Ti amo.” mi
pietrificai. Nascondermi con lui, passare tutto quel tempo insieme
senza preoccuparci di nessuno.
“Non lo so Liam...” le parole mi morirono in gola, non ero in
grado di dirgli di no.
“Ti prego, ti chiedo solo di amarmi. Sai già come si fa, non è
mai stato difficile per te.” chiusi gli occhi concentrandomi su
quello che dovevo fare, senza proferire parola lo oltrepassai
camminando come niente fosse successo, poi aprii lo sportello del
lato del passeggero e mi accomodai sul sedile di pelle, gli sorrisi
da oltre al vetro. Il suo viso si rilasso e scoprendo i denti in un
sorriso contagioso prese il mio trolley per poi sistemarlo nel
portabagagli e raggiungermi nell'abitacolo.
“Non ho mai voluto andarmene davvero.” mormorai prima che
mettesse in moto. Liam stava per rispondere qualcosa ma fu interrotto
dal mio telefono che squillava, era Adam. Guardai titubante lo
schermo, appena avrebbe saputo dove e con chi ero sarebbe andato su
tutte le furie.
“Adam?” mi morsi l'interno della guancia.
“Dove sei? Il pullman sta partendo.” non sapevo che dirgli,
guardai verso Liam e lui mi fece gesto di rispondere.
“Mi passeresti Jessica?” lo sentii sbottare dall'altra parte.
“Che succede Kate?”
“Sto con Liam, sto andando con lui.” gli sorrisi mentre
parlavo.
“Che cazzo significa che stai andando con lui?” mi chiese
ancora Jess, visibilmente infastidita.
“Significa, che non parto per Cambridge con voi, inventati una
scusa. Passerò questi tre giorni con lui.” mi sentii invadere da
una strana
sensazione. “Dillo con calma ad Adam.” aggiunsi poi.
“Quando
torniamo me la paghi. Potevi avvertirmi prima di una fuga d'amore,
comunque... divertitevi.” sentivo che anche se cercava di tenere la
sua facciata dura era davvero felice per me, come io lo ero per lei.
“Ti
voglio bene.” aspettai una sua risposta e poi riattaccai spegnendo
il telefono. “Dove stiamo andando?” chiesi a Liam guardando fuori
dal finestrino, ci stavamo allontanando sempre di più dal centro e
ormai il solo si stava levando nel cielo pallido.
“Nella
mia casa al mare.” lo guardai inarcando un sopracciglio.
“Dici
sul serio? Non ti sembra una cosa un po' troppo da film?”
“Kate
tutto quello che c'è stato fin'ora tra noi è stato un po' troppo da
film, e poi cosa c'è, non ti va di venirci?” sbuffai alzando gli
occhi al cielo, poi gli accarezzai il braccio.
“Sai
perfettamente che verrei ovunque con te.” baciai il punto che stavo
sfiorando con le dita e poi accesi la radio.
“Alza,
mi piace questa canzone.” il suo indice picchiettava sul volante a
tempo di musica.
“Non
ti ho mai sentito cantare, è strano.” mi ero tolta le scarpe per
poter mettere i piedi sul cruscotto pulitissimo, scivolando con la
schiena lungo il sedile.
“Non
ti preoccupare, ti farò sentire.” la sua mano destra abbandonò la
presa per permettermi di stringerla. Rimanemmo in silenzio mentre lui
continuava a guidare e io cercavo di catturare ogni singolo
dettaglio. Baciai ogni singolo millimetro di pelle, la sfiorai,
morbida al tocco, poggiai il suo palmo sulla mia guancia stringendolo
tra la mia spalla, mentre sentivo il suo pollice accarezzarmi la
tempia mi addormentai, sicura ora che era con me.
Mi svegliai mentre Liam
mi portava in braccio fuori dalla macchina, ero buio e da poco
lontano si potevano sentire le onde infrangersi contro la costa.
Richiusi subito gli occhi facendo finta di dormire. Lo sentii
camminare, poi aprire un cancelletto e richiuderselo alle spalle, poi
si fermò sussurrandomi di svegliarmi.
“Amore
svegliati, siamo arrivati.” lentamente sollevai le palpebre e poi
gli sorrisi mentre mi baciava la fronte, mi resi conto che ancora non
ci eravamo mai baciati da quella mattina. “Devo metterti giù per
aprire la porta.” mi disse mentre mi faceva appoggiare i piedi a
terra, continuai ad appoggiarmi a lui mentre infilava la chiave nella
serratura e apriva la porta.
Quando accese la luce vidi una grande sala
dalle pareti bianche, lunghe tende azzurre permettevo debolmente alla
luce della luna di penetrare all'interno. In fondo c'era una scala
che portava al piano di sopra, accanto a me un divano chiaro posto di
fronte a una televisione, una libreria riempiva il muro rivolto verso
ovest e proprio al centro troneggiava un pianoforte a coda. Liam si
diresse subito verso quest'ultimo e si sedette sul piccolo sgabello
nero, poi si voltò verso di e sorridendo mi fece segno con la testa
di raggiungerlo. Obbedii mettendomi in piedi accanto a lui, i gomiti
poggiati sulla superficie liscia del piano e la testa tra le mani
aspettando che iniziasse a suonare. Lui prima sfiorò delicatamente i
tasti poi iniziò a suonare una melodia ricca di note. Amavo il modo
in cui muoveva velocemente le dita sui tasti, in cui la sua mascella
si contraeva per la concentrazione. Poi iniziò a cantare, la sua
voce era la più bella che avessi mai sentito, sprigionava sentimenti
a ogni singola parola, quella canzone che non avevo mai sentito prima
era perfetta. La vena sul suo collo sporse dalla pelle chiara per lo
sforzo di un acuto, i suoi occhi si chiusero mentre piegava appena la
testa all'indietro. Era bellissimo, non riuscivo a capacitarmi di
come fosse possibile, eppure era lì, per me. Non avevo mai pianto
ascoltando una canzone eppure le lacrime mi pungevano gli occhi,
stava cantando con il cuore, lo sentivo perché era arrivato dritto
al mio, era come se volesse condividere con me ogni cosa che aveva
dentro, rabbia, paura, amore. Aveva smesso di suonare, il capo chino,
le mani ancora sulla tastiera, andai dietro di lui, gli lasciai un
bacio tra i capelli toccandoli, poi scesi lungo il collo, sentivo la
sua schiena alzarsi e abbassarsi contro il mio petto a ritmo del suo
respiro, feci scivolare le mie mani sulle sua braccia fino ad
arrivare le sue e a intrecciare le nostra dita.
“L'ho
scritta per te.” mormorò “Perché non ho mai smesso di amarti,
forse se fossi venuto a suonarla sotto casa tua mi avresti perdonato
prima.” lo strinsi più forte lasciandomi sfuggire un sorriso.
“Anch'io
non ho mai smesso di amarti.” spostai le mani sul suo petto per
sentire il battito del suo cuore. Velocemente con un gesto afferrò
le mie cosce facendomi stringere le gambe attorno ai suoi fianchi
sollevandomi da terra. Per la sorpresa strinsi la presa attorno al
suo collo, poi poggiai la testa sulla sua spalla mentre mi portava al
piano di sopra. Aprì la seconda porta alla nostra destra mostrando
un enorme letto matrimoniale dal legno scuro, fasciato da lenzuola
azzurre, dello stesso colore delle pareti, c'era solo un armadio
dalle ante scorrevoli. Mi fece scendere dalle sue spalle facendomi
sedere sul letto, si tolse le scarpe, i miei stivali erano ancora in
macchina. Si sfilò la felpa e io feci lo stesso, mi misi a
cavalcioni su di lui, intrecciai le dita con i capelli dietro la sua
nuca, poggiai la mia fronte sulla sua. Il suo respiro bollente
soffiava sulle mie labbra, i nostri nasi si sfioravano, le sue mani
si spostavano dalle mie cosce alla mia schiena e ai miei fianchi,
sentii i brividi ricoprirmi, le sue dita solleticavano attentamente
la mia pelle. Mi baciò la guancia, poi il mento, non volevo si
allontanasse dalla mia bocca. Si stava dedicando al mio collo prima
di risalire, feci aderire la mia pancia alla sua sollevandomi sulle
ginocchia, poi lo baciai. Le nostre lingue si accarezzarono, senza
accorgermene gli morsi con forza il labbro inferiore, sentii in bocca
il sapore del suo sangue. Mi fermai allontanandomi di scatto, aspirai
stringendo i denti.
“Scusa.”
lo guardai mentre si passava la lingua dove lo avevo morso.
“Non
fa niente lo capisco, hai ragione.” sapevo che si riferiva al fatto
che pensasse fossi arrabbiata con lui, forse il mio inconscio ancora
lo era un po'. Come per farmi perdonare lo feci sdraiare sul letto,
baciai e accarezzai il suo petto, con tanta delicatezza come se la
sua pelle fosse stata ferita e le mie labbra avessero potuto curarla.
Gli tolsi i jeans e lui mi fece rotolare sotto di lui per fare lo
stesso.
“Cos'è
questa? Prima non ce l'avevi.” mormorò contro la mia coscia, stava
toccando la mia piccola ferita circolare, quasi cicatrizzata.
“Me
la sono fatta con una sigaretta.” gli risposi.
“Dopo
che abbiamo litigato?” non dissi niente e capì che era così. Come
io poco prima avevo fatto con lui iniziò a baciare la mia pelle,
solo che la mia era davvero ferita. La stanza era piena dei nostri
gemiti e respiri, echeggiavano al buio tra lo schioccare delle nostre
labbra, al buio, con solo la pallida luce della luna a permettermi di
ammirare in ogni suo dettaglio la sua bellezza.
Furono
i tre giorni più belli della mia vita, giorni che non tornarono mai
più e che portai dentro di me fino alla fine.
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Eccoci
alla fine, non so se vi aspettavate che questo fosse stato l'ultimo
capitolo non escludo che più in là potrei continuare ma
per ora è finita. Siete state fondamentali per me, senza voi e
Giorgia questa storia non sarebbe andata avanti. Non tornerò
presto con un altra storia, almeno fino a questa estate, mi mancherete
tutte. Vi amo <3
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