“Aah… casa dolce casa…” dissero in coro Kurz e Melissa mentre
osservavano la stanza dell’hotel nel disordine in cui l’avevano lasciata molto
tempo prima: un cestino pieno di lattine di birra, la scrivania con almeno un
centimetro di polvere e i vestiti, come sempre fuori posto.
“Cazzarola… ecco dove avevo lasciato la mia maglietta
preferita!”, esclamò Kurz indicando una t-shirt con la scritta PLAYBOY in bella
vista, che indicava la sua vera natura di don Giovanni. Si trovava in fondo al
suo letto, piena di pieghe e macchie. Guardandola disgustata, Melissa commentò:
“Il solito… se lo stilista che ti vestiva quando facevi il modello vedesse in
che condizioni sono i tuoi vestiti, gli verrebbe un infarto!”. Il ragazzo
rispose alzando le spalle e, sbadigliando rumorosamente, si stese sul letto.
Sousuke stava aiutando Melissa ai fornelli mentre Kurz
sonnecchiava disteso sul divano in una posa quasi oscena.
Nell’abitazione aleggiava un buon profumo di verdure e stufato. Non era una cena
giapponese, ma italiana, e persino Sousuke la preferiva alla sua. Finito di
preparare la tavola, quest’ultimò andò a svegliare l’amico.
“Ehi… sveglia. È pronta la cena… come ti senti?”, disse.
“Così così… un po’ di mal di testa, ma comunque… grazie Sou”,
rispose l’altro mostrando un lieve sorriso.
Sagara lo aiutò ad alzarsi ed insieme raggiunsero il loro
superiore.
“Perché?”, pensava Kaname. “Perché sono stata così idiota?
Dovevo parlargli! Ho sbagliato…”. Ormai era tardi per telefonargli: stava per
scoccare la mezzanotte. Voleva sentire la sua voce e parlare con lui… ma non
poteva. Voleva dichiararsi, ma non ci riusciva. In quel momento si chiedeva se
anche Sousuke stesse pensando a lei. “Cosa prova lui per me? Che cosa farà
domani? Mi telefonerà? Ho deciso. Sarò io a chiamarlo!”, e pensando ancora al
ragazzo che amava, s’addormentò stringendo il suo peluches preferito .
Il giorno dopo, 23 dicembre, ore 6.30
Dalle veneziane entravano diversi fasci di luce chi
illuminavano la stanza. Qualcuno arrivava anche al volto di Melissa che per
questo si fregò ripetutamente gli occhi fino a scorgere bene ogni particolare
della stanza. Non fu la prima a svegliarsi: Sousuke gironzolava avanti e
indietro da almeno un’ora.
“Che fai già sveglio?”, domandò Melissa mezza addormentate e
con voce flebile.
“AH… non mi ero accorto che eri sveglia”, rispose. “Comunque
ho già preparato la colazione, bisogna solo scaldarla… svegliamo anche Kurz?”:
La ragazza osservò con un sorriso sornione il compagno che
dormiva nel letto vicino e guardando Sousuke disse: “Mmh… ci penso io!”.
Mao si avvicinò quatta quatta a Kurz. Quest’ultimo, ancora
nel mondo dei sogni, si rigirò nel letto più volte e, ad un certo punto, si
voltò verso la ragazza. Mormorò qualcosa e lei, incuriosita, aguzzò l’udito e
ascoltò: “Ah… Tessa… che carine le tue mutandine …”.
L’espressione di Melissa cambiò fino ad assumere un aspetto
terrificante. Afferrò Kurz per la camicia e lo scaraventò giù dal letto sotto
gli occhi dell’amico.
“AAHIA!!! Che cacchio fai, sorellina??!”, urlò il malcapitato
che giaceva a gambe all’aria sul pavimento. Fortunatamente cadde di schiena e
non subì ulteriori danni alla gamba sinistra.
Sousuke, ancora attonito, aiutò l’amico a rialzarsi e si
lasciò scappare un sorrisetto che fece incavolare di più Kurz che, con aria
seccata aggiunse:
“… Tsk… andate tutti e due a quel paese!”.
La sveglia di Kaname cominciò a suonare. Aveva un timbro
piuttosto forte che destò la ragazza quasi immediatamente. Ma Kaname non era una
leader nello svegliarsi in fretta. Infatti, dopo essersi seduta sul letto,
cominciò a barcollare fino a richiudere gli occhi. Purtroppo non essendo
sdraiata, finì con lo sbattere la testa sul muro dietro la sua schiena. “Ohi
ohi… che botta”, si lamentò. Ormai sveglia si alzò, tuttavia ancora instabile.
Marciò verso la finestra così lentamente e goffamente da sembrare ubriaca; si
affacciò e osservò sorridente il paesaggio: era tutto
bianco e nevicava ancora molto intensamente. Rimase incantata davanti allo
splendido spettacolo che aveva davanti a se, con alberi innevati e il cielo
colmo di candidi fiocchi di neve che cadevano silenziosi. Un brivido intenso le
percorse tutto il corpo: si stava letteralmente congelando! Chiuse in fretta la
finestra e pensò tra sé e sé: “Che cretina che sono… star lì impalata al
gelo!!!” si vestì e scese per la colazione.
Finito di mangiare rimase per un attimo in silenzio fissando
l’orologio. Erano le nove e un quarto. Aveva l’impressione di dimenticare
qualcosa. Ma cosa? Chinò la testa e rifletté. Poco dopo la rialzò e urlando
disse: “Accidenti!! Devo telefonare a Sagara!!!!”. Cominciò a correre disperata
per tutta la casa in cerca del telefono e, una volta trovato, lo strinse tra le
mani esitando. Stava per premere il pulsante “chiamata” quando si fermò di
scatto. “Ma… ma io… IO NON HO IL NUMERO DI SOUSUKE!!!”.
Nel frattempo la combriccola all’hotel aveva finito di fare
colazione. Kurz aveva proposto di andare all’aperto ad osservare il quartiere
innevato, ma la vera ragione era un’altra. I tre si prepararono e scesero.
Usciti, si trovarono ad ammirare il piccolo giardino ormai tutto bianco con
almeno 30 centimetri di neve.
“Era da molto tempo che non vedevo così tanta neve!”, esclamò
entusiasta Melissa mentre ne tastava un po’.
Sousuke fece un giro completo del giardino guardandosi
attorno, mentre il terzo si appoggiò ad un albero cercando di piegarsi fino a
toccare con le mani la soffice neve. Con questa iniziò a fabbricare della palle.
“Ehi, sorellina! Guarda un po’ qui!”. La ragazza si voltò e non ebbe nemmeno il
tempo di posare lo sguardo sull’amico che le arrivò una palla di neve dritta in
faccia.
“Ah… bastardo!!!”. Mao cominciò a correre verso il biondino,
ma quest’ultimo si nascose dietro l’albero continuando a lanciare neve. Finì in
fretta le munizioni e così lei, consapevole dell’invalidità dell’amico, si fermò
e raccolse un grande mucchio di neve. Per un instante rimasero immobili.
“Preparati a soccombere, stronzetto!”, disse lei ridacchiando, e lanciò l’enorme
mucchio di neve addosso al ragazzo.
In quel momento arrivò Sousuke che ansimando chiese:
“Ho sentito delle urla. È successo qualcosa? Dov’è Kurz??!”.
Mao ridendo indicò la montagnola bianca lì vicino. Sousuke
notò che spuntava un braccio dal cumulo e riportò alla luce il compagno.
Meglio se torniamo di sopra…”, aggiunse Sagara, e così
tornarono nella loro abitazione.
“Cacchio… sono già le undici!”, osservò Mao ricordando a
Sousuke che doveva telefonare a Chidori e gli porse il telefono. “Vi lasciamo
alla vostra intimità…”, concluse Kurz mentre si dirigeva insieme all’amica in
cucina. Sousuke rimase nella stanza da letto, digitò il numero dell’amica e
stette in ascolto.
Kaname udì il suono del telefono e rispose speranzosa:
“Pronto? Chi parla?”.
“Sono Sagara”. Sul viso di lei comparve un sorriso.
“Ciao… come va?”.
“Bene grazie. Senti… volevo chiederti se domani sei libera…”.
“Sì, perché?”.
“Beh… io e i miei camerati… ehm… amici… volevamo passare la
vigilia e il Natale insieme a te. Vuoi venire?”.
“Sì… dimmi quando”.
“Domani sera alle sei, va bene?”.
“Ok! Allora a domani!”.
“A domani, Chidori. Ti voglio bene…” Click.
Kaname rimase a bocca aperta e con gli occhi spalancati. Cosa
voleva dire con “ti voglio bene”?? il suo viso cominciò ad arrossire e le venne
il batticuore. Non poteva credere alle parole appena pronunciate da quel ragazzo
sempre imbronciato. Aveva sognato? No. Era vero. Chiuse gli occhi sorridendo e
si lasciò cadere sul letto e nei suoi pensieri c’era posto solo per Sousuke.
Quando il sedicenne ebbe finito la telefonata, i suoi due
compagni uscirono dalla cucina. “Ehi, Sou… me daresti il numero di Kaname?”,
disse Melissa facendo l’occhiolino a Kurz mentre Sousuke era voltato dall’altra
parte. “Sì, ma… a che ti serve?”.
“Così… solo per aggiungerlo alla rubrica o per emergenza…”.
Dopo aver pranzato decisero di andare a prendere i regali.
Arrivati in centro si divisero: Melissa si staccò dal gruppo e gli altri due si
diressero assieme verso un negozio di gioielleria. Sagara ammise di non avere
idea di cosa prendere a Kaname e Kurz, sorridendo, disse: “Ci penso io… vedi
quella catenina laggiù?”, e indicò una graziosa collana d’oro con un cuore a
metà. “per me
dovresti prenderle quella… è come se la metà del tuo cuore appartenesse a lei,
che ne dici?”. Il più giovane si avvicinò al vetro e guardò incantato il
gioiello. “Dico che è un’ottima idea… grazie mille, Kurz!”. Mentre il moro
si avviava all’entrata, il biondo si allontanò per poi
scomparire dentro un vicolo.
Nel frattempo l’anziana del gruppo aveva già incartato tre
regali che teneva fra le braccia. Essi le impedivano di vedere dove andava e
infatti poco dopo andò a sbattere contro una persona. Era Kaname. Da poco
lontano Sousuke osservò la scena incuriosito e fece attenzione a non farsi
notare nascondendosi in un cespuglio. Notò che si stavano scambiando qualcosa,
ma le foglie gli impedivano da vedere i dettagli.
Le ragazze si salutarono e così anche lui si allontanò
facendo finta di non aver visto nulla.
Il primo ad arrivare all’hotel fu Kurz che sistemò con cura i
suoi regali sul tavolo. Posò le stampelle al muro e provò a camminare senza, ma
con risultati scadenti: stava per cadere, ma fortunatamente si aggrappò alla
scrivania con una mano. Si rialzò e si mise a saltellare per arrivare alla
finestra. Guardò fuori in cerca dei compagni, ma non c’era traccia di loro. Con
lo sguardo fisso sul panorama nevoso cominciò a pensare all’imminente ritorno
sul Tuahta De Danaan. Come si sarebbe presentato dal maggiore? Quale sarebbe
stata la scusa inventata per l’ingessatura? Kalinin infatti non sapeva ancora
nulla.
I suoi pensieri furono interrotti dal suono delle chiavi
nella serratura. Erano Mao e Sagara. Kurz guardò con aria di rimprovero gli
amici: “Ehi, sono gia le quattro! Sbrighiamoci a preparare tutto altrimenti non
saremo pronti per l’arrivo di Kaname!”.
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