Hold my hand [Gerita]
Salve a tutti! Con questo capitolo si chiude questa piccola raccolta
venuta fuori così, dai pensieri più strani della
Valchiria! :D
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita, recensendo o ricordando o
mettendo fra le preferite questa piccola cosuccia quà!u.u
Siete sempre il mio sostegno!^^
Prima di lasciarvi leggere quest'ultimo capitolo, vorrei precisare una
cosa u.u Credo di aver reso i personaggi un pò OOC (anche se
non dialogano per nulla xD) perchè non potevo fare
altrimenti xD La storia poi avrebbe avuto diecimila capitoli solo per
sto capitolo!XD
Dunque, credo sia tutto, sisi u3u
Spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto :)
Un commentino è sempre cosa buona e giusta u.u
Alla prossima ed un bacione
_Valchiria_
Era quasi giunta l'ora del crepuscolo. Il Sole avrebbe presto lasciato
posto alla Luna.
Presto il Dio avrebbe raggiunto di nuovo l'Olimpo, lasciandosi alle
spalle quel dolce pomeriggio in compagnia delle belle Muse, passato a
raccontare loro come l'amore sia da sempre il sentimento più
puro e vero che l'uomo conosca. E come questo, attraverso semplici
gesti, riesca a sprigionare tutta la sua ipnotica potenza.
Doveva loro il suo ultimo racconto e poi avrebbe spiegato le ali e
avrebbe solcato i cieli del mondo.
Cupido sbadigliò, volgendo poi lo sguardo verso il cielo
rossastro.
"Con le mani, care fanciulle, è possibile fare tutto.."
"Come coprirsi la bocca mentre si sbadiglia, vero Cupido?" disse una
Musa, sorridendogli furbetta.
"Si. Come coprirsi la bocca mentre si sbadiglia, mia cara. Ma le mani
servono anche a comunicare, a raccontare e trasmettere amore... "
Uno schianto. Un rumore sordo seguito da un gemito soffocato e la terra
si alza nell'aria, facendo danzare piccoli frammenti di polvere al suo
interno.
Una voce di un uomo sulla mezza età, avvolto in un chitone
bianco, urla incitazioni a quei due corpi che, avvinghiati e
concentrati in un gioco di muscoli e tensione, cercano di prevalere
l'uno sull'altro, schiacciandosi al suolo.
Sono due giovani ragazzi, i possessori di quei corpi.
Due giovani ragazzi che, anche se la fatica lascia credere il
contrario, hanno al contempo sul viso un'espressione di divertimento,
di..gaudio.
Quello che sembra essere il più piccolo dei due, rossiccio
di capelli e con uno strano ciuffo che svetta da un lato, sembra avere
la peggio nel scontro corpo a corpo, tant'è che il
più grosso, guardandolo con i suoi occhi chiari quanto il
cielo (pare sia un barbaro, uno straniero) ostenta un'espressione
fiera, mentre con le proprie mani blocca le braccia del compagno al
suolo, sulla sua testa.
Pochi secondi e, dopo i singulti di sofferenza del più
piccolo e le urla dell'uomo che fa loro da maestro, la lotta finisce.
Il ragazzo biondo ed alto si solleva dal corpo del più
piccolo (che lo guarda torvo) e gli offre una mano per sollevarsi.
Ed accade sempre questo, fra loro.
Feliciano e Ludwig (il nome dei due ragazzi) ripercorrono quasi sempre
le stesse azioni, gli stessi movimenti che, da quando si conoscono,
usano per stare in contatto, quasi per parlare.
Lottano nel gymnasium, fra la polvere e le incitazioni dei compagni.
Si lacerano e sporcano la pelle in quei momenti di pseudo gloria,
quando anche loro, ancora piccoli per saggiare le vere spade ed il
mondo della guerra, godono della forza che il corpo umano sa generare a
contatto con un altro.
I loro corpi si toccano e stringono in una morsa che potenzia i
muscoli, spegne la mente e avvicina le anime.
Com'è possibile questo?
Come può essere che in una lotta le anime possano entrare in
contatto?
La risposta si racchiude nella complicità, nell'alchimia che
nasce quando due anime sanno di appartenersi, di vibrare all'unnisono
quando, finalmente, riescono a ritrovarsi .
E questo che sanno Ludwig e Feliciano.
E questo che provano nella lotta, ottenebrando gli incitamenti dei
compagni, i rimproveri del maestro, la polvere che solletica le narici,
la pelle che sanguina ogni volta che struscia contro il suolo ruvido.
Tutto questo è forza.
E' amore.
Ludwig offre la propria mano a Feliciano, seduto per terra che lo
guarda dal basso.
Basta solo questo per chiedersi scusa, per fare complimenti su come si
è lottato, per dire che, sempre, l'uno ci sarà
per l'atro.
E Feliciano gliela stringe, sollevandosi da terra e arrivando
più o meno alla sua altezza, per guardarlo negli occhi.
Quella stretta d'aiuto via via diventa più blanda,
più tenera, unendo le mani in una sola, incatenando gli
sguardi con complicità.
"Ben fatto Lud"
"Mi hai tenuto testa Feli. Complimenti"
E le parole, volatilizzatesi chissà dove e quando, lasciano
posto ad una gesto, il più semplice ma, forse, il
più potente di tutti.
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