Capitolo 21
Salve
a tutti! Come state? Finalmente siamo a Marzo, gente! Speriamo che
tutto vi vada bene, lascio i commenti infondo e sopratutto a voi!
Buona lettura!
Alice
Le prime note della canzone che avrebbe aperto ufficialmente la Zambra
di mamma e Carlisle cominciarono a risuonare nel giardino, la nonna si
era accomodata sulla panca di legno sotto all'albero più
alto di
quella zona e accanto a lei c'era il piccolo Juan, che vestito in quel
modo era veramente un bambino adorabile, e soprattutto le sue paroline
ancora poco comprensibili erano divertenti e tenere. Jasper mi aveva
invitato, poco prima, ad uscire di casa per raggiungere tutti i miei
parenti, impegnati al massimo nei saluti, fra chi non si vedeva da
tempo a chi si era visto pochi giorni prima ma era comunque entusiasta
di incontrarsi di nuovo. Dentro, invece, erano rimasti i suoi fratelli
e le mie sorelle, ma in quel momento l'unica cosa che mi interessava
veramente era l'essere lì con lui, parlargli liberamente e
vederlo sorridere, come da tempo ormai non faceva più.
L'ultima
volta in cui eravamo usciti da soli erano più di due mesi
prima,
esattamente il giorno in cui i nostri genitori si erano fidanzati
ufficialmente e in cui Rose era, probabilmente, rimasta incinta.
Anche se non era stata un'uscita romanticissima, ancora ci conoscevamo
poco ed eravamo stati poco da soli, il tempo di comprare l'abito per la
festa ed era già tempo di riunirci insieme agli altri, ed
era
per quello che alla Zambra, vicino all'ombra della casa e accanto ad un
vecchio zio venuto direttamente da Edimburgo per festeggiare insieme a
noi, sordo e molto lento nel camminare, io mi sentivo emozionata e
agitatissima allo stesso tempo.
Finalmente aveva deciso di avvicinarsi a me, in qualche modo, ed ero
curiosa di sapere cosa volesse da me. Anche se in una remota parte di
me, il timore che lui esigesse quello che Emmett aveva avuto da Rose
per un sacco di tempo stava lentamente crescendo.
Ma Jasper e suo fratello erano diversi, lui non era così
materialista e maschilista. Forse la seconda, un pochino, ma mai come
Emmett.
Edward, non sembrava nemmeno fratello loro; aveva preso completamente
dal padre, perchè come lui era educato, gentile e un assiduo
sostenitore del fatto che le donne non erano oggetti, e che quindi si
dovevano rispettare in ogni caso.
Sfortunatamente, noi non avevamo avuto un bel trattamento dai datori di
lavoro precedenti, e la mamma un giorno ci aveva effettivamente detto
che lei e Carlisle ne avevano parlato, perchè non voleva
avere
dei segreti con colui che in pochi giorni sarebbe diventato suo marito.
Gli aveva confidato tutto, e lui ne era rimasto seriamente turbato, da
come mamma lo aveva descritto, ma alla fine aveva capito che lei
infondo lo aveva fatto per noi.
- Alice, è da tanto che non parliamo, noi due. - La voce
soave
di Jasper mi fece tornare con i piedi per terra, e mi fece sobbalzare
il cuore. Aveva detto... noi due?
- Sì, hai ragione, ma questo periodo è stato
veramente
difficile, non trovi anche tu? - Cercai di dare una controllata al tono
della mia voce, e fortunatamente ci riuscii in pochi istanti.
- Fra i preparativi del matrimonio, l'incontro di domani con mia nonna,
e la faccenda di Rosalie, direi che lo stress non manca affatto. - Mi
aveva colpito il fatto che mia sorella, a nostra insaputa, gli aveva
detto della gravidanza, ma non feci in tempo a replicare che subito
Ramon, da lontano, mi chiamò a gran voce, costringendomi
quindi
a girarmi.
- Alice, ormai sono arrivati tutti, dove sono Rosalie e Isabella?* -
Corse verso di me, prima di interrompersi e osservare come Bella ed
Edward stessero uscendo fuori, teneramente.
Intanto, la zia Mercedes aveva aperto le danze con uno scatenatissimo
flamenco, avvolta nel suo vestito apposito rosso a pois neri, e lo zio
Jeronimo, seduto di fronte ai tamburi, la stava accompagnando con un
ritmo incalzante.
Poco dopo, vidi uscire Rosalie, lievemente rossa in viso e agitata, ed
Emmett, che la osservava senza trapelare alcuna emozione da lontano,
come se fosse stato sovrappensiero.
Allora, la nonna si alzò lentamente, e la musica, dopo
l'esibizione della zia, scemò lentamente,
cosicchè tutti
noi potemmo rimanere ad ascoltare ciò che aveva da dire.
- E' un piacere sapere la nostra famiglia riunita per un'occasione
così speciale, il matrimonio della mia figlia prediletta,
Esme.
Da molto tempo non abbiamo organizzato nulla, per poterci incontrare
tutti insieme, e finalmente sono riuscita a vedere tutti voi, uniti,
per l'ennesima volta. Ancora non so quante volte mi
ritroverò in
una situazione del genere, e vorrei ringraziarvi, miei cari parenti,
per tutto ciò che avete fatto per me.* - Quindi tutti noi ci
riunimmo attorno a lei, compresi i Cullen e Carlisle, che aveva fatto
da poco il suo ingresso trionfale assieme ad un altro cugino della
mamma.
- Bella, tesoro della nonna, per favore aiutami tu, vorrei che
ringraziassi da parte mia il carissimo Carlisle, che presto
sarà
mio genero, per tutto ciò che ha fatto per vostra madre, e
per
voi stesse. Digli che sono orgogliosa di entrare a far parte di una
famiglia così per bene come la sua, e che spero sia lo
stesso
per lui.* - Mia sorella, dopo essersi rivolta ai Cullen, disse loro
ciò che le aveva chiesto la nonna, mentre Rosalie, fra le
lacrime, cercava di calmarsi lentamente.
Era sensibile, infondo, e sapere che in pochi minuti sarebbe arrivata
la mamma, e con Carlisle avrebbero compiuto il primo passo, ovvero il
matrimonio gitano, aveva emozionato tutti, ma soprattutto lei.
I due mazzi di fiori, piantati dentro a due grandi vasi posizionati
apposta per la zambra, erano ben in vista e Carlisle, accompagnato da
nostra nonna, vi si diresse, arrivandovi vicino e aspettando,
impaziente, l'arrivo della sposa.
Dopo pochi minuti, tutti noi ci girammo verso la casa, da dove, a passo
lento, emozionata e a braccetto di zio Jeronimo, la mamma stava
lentamente uscendo, con un abito bianco e dei voile sulla gonna che la
rendevano magnifica.
Fra i capelli, aveva dei fiorellini bianchi e un nastro nero glieli
spingeva indietro, nemmeno uno era fuori posto o sulla fronte, il
trucco abbastanza naturale e i piedi scalzi, campanellini attaccati al
corpetto e una collana di perle.
Ramon, probabilmente grazie agli insegnamenti dello zio,
cominciò ad intonare una canzone con la chitarra, una delle
preferite da me e Socorro. (Shakira - Gitana)
Zia Mercedes, nota in tutta la famiglia per la voce cristallina,
cominciò a cantare, mentre la mamma, sempre scortata dallo
zio,
raggiunse Carlisle, visibilmente emozionato.
Si presero per mano, sorridendo incantevolmente e facendomi stringere
il cuore dalla commozione, e cominciarono a ballare lentamente, a ritmo
della musica, e tutti noi li seguimmo, seppure con un'attenzione
particolare su di loro.
Bella era visibilmente agitata, temeva che in breve tempo la stessa
cosa l'avrebbe dovuta fare lei, con un uomo che mai aveva visto e che
non amava affatto, e noi due, Rose ed io, eravamo preoccupate per lei,
e in pensiero.
La mamma faceva delle giravolte, lente ed aggraziate, e Carlisle le
teneva delicatamente la mano, lasciandola fare e osservandola come
incantato; alla fine della canzone, cominciò la cerimonia
vera e
propria, e in quel momento non seppi veramente dire con esattezza
quanta fosse la commozione, Bella ed io, insieme alla zia Mercedes,
alla zia Sol e alla nonna avevamo gli occhi lucidi, Rosalie piangeva da
tempo seduta sulla panca, sempre allestita per il matrimonio, in prima
fila, fra Emmett e Jasper, tenuta sotto controllo da entrambi, ma
soprattutto dal biondo, per mia grandissima sfortuna.
Juan le si avvicinò, triste nel vederla piangere
così, e
si allungò per farsi prendere in braccio, e lei subito
cambiò umore, come succedeva ormai da giorni, e lo strinse
dolcemente al suo petto, con gli occhi ancora rossi e seguita da un
sorriso di Jasper. Il mio stomaco ebbe una morsa d'acciaio, vederli
così, come
se fossero stati una famigliola felice, mi rese quasi
disperata.
Edward aveva affiancato Bella, poco distanti da noi, e stavamo
parlottando, a bassa voce, senza ovviamente perdersi nemmeno una mossa
dei nostri genitori.
Appena anche l'ultimo passo fu compiuto, l'anziano zio, che dall'inizio
era rimasto nell'ultima panca ad osservare in silenzio e con un
portamento austero ma buono, si alzò lentamente,
appoggiandosi
al bastone con manico d'ottone e camminando per tutta la navata
affodando le scarpe, volute con insistenza per non rischiare di farsi
male, nell'erba fresca del giardino, e appena raggiunse gli sposi,
diede loro la sua benedizione, e poterono scambiarsi un dolce e tenero
bacio, ricevendo applausi a destra e a manca da tutti.
Era arrivato il momento di festeggiare. Ci spostammo in un'altra area
del giardino, mentre i musicisti cominciarono ad intonare una canzone
più movimentata, e la zia distribuì un paio di
nacchere a
tutte le donne presenti, inclusa la mamma.
(Ain't Funny - Jennifer Lopez) Ramon si avvicinò a me,
sorridendo, e mi chiese un ballo; gli porsi una mano, e mi
portò
in mezzo a tutti, cominciando a ballare a ritmo, e io subito lo seguii,
afferrando con la mano libera un lembo della gonna e facendola
sventolare al momento giusto, e poco dopo anche Edward e Bella e
Rosalie e un cugino lontano, di circa vent'anni, ci raggiunsero, tutti
e sei accompagnati dal suono delle nacchere usate dalle zie e dalla
nonna, entusiaste.
La mamma, invece, era visibilmente contrariata, probabilmente per la
storia di Bella, ma non lo diede a vedere a lungo, non voleva ancora
dare spiegazioni a Carlisle a riguardo e non lo avrebbe fatto per
molto, molto tempo.
Emmett e Jasper erano rimasti in disparte, assieme ai musicisti e a
Juan, che cercava disperatamente di salire in braccio a uno dei due,
inutilmente.
Poi, arrivò il momento in cui mamma e Carlisle, mano nella
mano,
si avvicinarono a Rose, Bella e me, prima dell'inizio della canzone
successiva, e ci invitarono a ballare con i ragazzi, come voleva la
tradizione.
Noi tre ci guardammo un attimo, titubanti, poi non potemmo fare altro
che accettare, e avviarci verso di loro.
- Ragazze, credete che sia una buona idea? Infondo loro non potrebbero
affatto immaginare cosa c'è sotto...* - Bella, dal canto
suo,
non avrebbe mai detto ad Edward del matrimonio, e temeva che, rimanendo
con lui, le sarebbe potuto sfuggire qualcosa che avrebbe rovinato
tutto; Rosalie era quasi terrorizzata dal fatto che Emmett, forse
osservandola più del dovuto, avrebbe potuto intravedere il
suo
pancino e sospettare, se non capire.
Io avevo paura di cosa avrebbe potuto dire Jasper, o fare,
perchè quasi ero certa che lui provasse qualcosa per Rose, e
io
non avrei potuto fare assolutamente niente a riguardo.
Ma, li raggiungemmo ugualmente, e li invitammo a ballare, chi in un
modo, chi nell'altro. Accettarono tutti e tre, anche se Jasper e Emmett
faticarono a dire di sì, e ci portammo in mezzo al gruppo di
parenti che, acclamanti e festosi, batterono le mani a tempo di musica
per accompagnarci, e anche mamma e Carlisle ballarono, fortunatamente
attirando tutte le attenzioni su di loro ed evitandoci un grande
imbarazzo.
Continuammo così tutta la sera, e proseguimmo il resto della
Zambra a cena, con piatti tipici della tradizione gitana e inglese.
Alla fine, i parenti si ritirarono, ormai era quasi mezzanotte ed
eravamo tutti stanchi, soprattutto noi tre, dopo aver ballato
praticamente tutto il giorno.
Ci eravamo ritrovati per l'ennesima volta nel salotto, seduti sui
divani e sulle poltrone, e per puro caso, ognuno era seduto vicino a
colui, o colei, che amava.
Edward si era ritrovato accanto a Bella, contenta di questo fatto,
Jasper era accanto a me e a Rosalie, seduta appunto vicino ad Emmett
che la osservava in silenzio, e poi mamma e Carlisle, e lo zio Jeronimo
con la zia Sol.
Gli ultimi due, poco dopo l'uscita dei parenti, si ritirarono e
decisero di tornare a casa loro, quella nuova, insieme ai cugini e alla
nonna.
Si congedarono, dicendo solamente - Ci rivedremo, e tu sarai in bianco,
Esme. -, sorridendo in maniera complice e tenera.
- Alice, sai ora che ci penso tesoro mio...* - Il tono della mamma
subito mi fece preoccupare, e non poco. Perchè ogni volta
che si parlava del suo matrimonio aveva quel sorriso stampato in faccia
e si rivolgeva a noi tre, come se avesse dovuto dirci qualcosa in
particolare?
- Anche tu e Rose dovreste cominciare a cercare uno spasimante, per
farvi corteggiare e magari...* - Il thè che poco prima ci
aveva servito Trevor mi andò di traverso, e per poco non
soffocai lì, in mezzo a tutta quella gente, mentre Rose per
poco non svenne, bianca come un cencio.
- Sei impazzita, mamma?! Cos'è tutta questa fretta di farci
accasare, con sconosciuti,
eh? Vuoi già mandarci via da casa, veramente ti sei
già stufata di noi?* - Lei scosse la testa, visibilmente
sorpresa dalla mia reazione: certamente non si aspettava che io le
rispondessi così, e forse non aveva nemmeno messo in conto
quell'aspetto della cosa, che di per sè già non
era positiva.
- No amore mio, ma cosa vai a pensare! Come potrei solamente osare una
cosa del genere? Solo, non voglio che voi facciate la mia fine, non che
ne fossi stata contenta alla fine, ma vostro padre...* - Si
rabbuiò, ammutolendosi all'improvviso e non aprendo
più bocca fino alla fine. Se non per dire, - Me ne vado a
dormire, a domani famiglia. -, praticamente sussurrato. Carlisle la
osservò in pensiero, poi si rivolse a noi, che lo
assicurammo dicendogli che doveva andare a riposare, per la stanchezza.
- Speriamo che cambi in fretta idea, la mamma, o mi toccherà
andare da lei e dirle che sono incinta. Già loro mi stanno
guardando male perchè ancora non ci credono, me ne sono
accorta perfettamente, e devo solo sperare che al matrimonio non ci sia
troppo da mangiare o, nei casi peggiori, una folata di vengo che mi
picchi dritta addosso, o addio tentativi per nascondere questa...*-
Rose aveva iniziato a farneticare, e Bella ed io subito la stoppammo,
prima che potesse farsi sfuggire qualcosa di comprensibile anche agli
uomini di casa.
- Andiamo a dormire, è molto meglio per tutti. - Dissi,
lanciando un'occhiata truce a nostra sorella maggiore e alzandomi in
fretta, aggiustando la gonna.
Infondo, sarebbe stata una delle ultime notti prima del fatidico
giorno, che cosa avevamo da perdere? Beh, io e Bella i presunti uomini
della nostra vita, e Rose il padre del suo bambino. Un nulla di fatto,
insomma.
Ci salutammo tutti, e filammo dritti nelle nostre stanze, non ancora
del tutto pronti per affrontare un'altra giornata.
Rosalie
La signora Anne Bertha Cullen, vedova del signor Charles Antony Cullen,
deceduto esattamente ventitrè anni prima, non era il miglior
prototipo della suocera perfetta. Soprattutto se la futura nuora era
straniera, e perdipiù gitana, e suo figlio era uno dei
nobili più ricchi e importanti di tutta Londra.
La sera in cui lei, assieme alla dama di compagnia e al suo fido
servitore, mise piede in casa di Carlisle, suo figlio, e ormai nostra,
non ci fu un momento in cui io, le mie sorelle e nostra madre non
provammo paura, o meglio timore, di quella donna che, pur la sua
statura fosse esile e aggraziata, era così determinata e
forte d'animo da poter abbattere un muro con una sola occhiata.
Alla fine, erano riusciti ad arrivare solo il giorno prima del
matrimonio, e tutti noi eravamo agitati, ormai gli invitati erano
giunti, in tempo fortunatamente, e gli unici che mancavano erano
proprio loro, nessuno era ancora entrato in casa ma i messaggi che i
servitori portavano di persona a Trevor li avevano annunciati
più volte, quindi alla fine potemmo tirare un sospiro di
sollievo, che non durò più di molto.
Non ci guardò affatto bene, e anzi subito
commentò con ciò che mai avremmo voluto sentire.
- E la tua futura consorte, Carlisle? Non dirmi che non si è
nemmeno presentata a vedere la donna che ti ha messo al mondo. - Lui si
avvicinò lentamente alla mamma, fino a cingerle la vita con
un braccio, e le sorrise amabilmente.
- E' lei, mamma, la mia futura sposa. Esme, mia cara, ho il piacere di
presentarti mia madre. - Lei, dopo aver indossato i sottili occhiali,
inforcati sul naso con un gesto sprezzante, osservò nostra
madre dalla testa ai piedi, con un sopracciglio appena sollevato, e
arricciò il naso, storse la bocca e si aggiustò
il cappellino, ritto sulla chioma bianca raccolta in alto.
- Una domestica? Figlio mio, tu stai per sposare una semplice
domestica, per di più vedova e con tre figlie, adulte ma
come posso constatare ancora non accasate, a suo carico? Ma sei
impazzito, per caso? - Nostra madre si raggelò, e il
caloroso sorriso con cui aveva intenzione di accogliere la donna si
spense all'istante, lasciando il posto ad uno sguardo deluso e ferito,
e alle labbra tremanti che sicuramente volevano sputare addosso alla
quasi suocera tutto ciò che stava pensando.
Carlisle si era irrigidito, mentre la donna li aveva superati e si era
diretta a passo spedito, e seguita a ruota dai suoi lavoranti, verso la
camera degli ospiti migliore della casa.
Emmett, Jasper ed Edward erano rimasti ad osservare sbigottiti la
scena, mentre Bella ed Alice, accanto a me, si erano ammutolite e,
probabilmente, provavano un lieve senso di vergogna.
- Avrei dovuto immaginarlo. - Disse mestamente la mamma, abbassando il
capo e allontanandosi velocemente, verso la sua camera. Carlisle
tentò di seguirla, ma noi lo fermammo, sapevamo
perfettamente che lei doveva restare un po' sola, per elaborare il
tutto.
- Infondo non è la prima volta che qualcuno si rivolge a noi
così. - L'orologio scoccò le otto di sera, e la
cena fu servita: la mamma non si presentò, disse di non
voler rischiare di stare male per il giorno dopo, anche se io in cuor
mio sapevo perfettamente che non osava presentarsi per non dover fare i
conti con l'amara verità. La nonna dei ragazzi non l'aveva
in simpatia, e probabilmente stava studiando una tattica per poter
capire come far breccia nelle sue grazie. Se ve ne erano, ovviamente.
Io, al contrario suo, cercavo veramente di non sentirmi male, anche se
non era molto di aiuto ciò che mi ritrovavo nel piatto, il
pesce che solitamente mangiavo con gusto mi dava un senso di malessere
incredibile, il mio pallore doveva essere evidente viste le occhiate
preoccupate delle mie sorelle.
- Ancora, Rose? Sei sicura che domani non ti sentirai male nel bel
mezzo del matrimonio? - Scossi la testa, sicuramente speravo il
contrario, era ovvio!
Ma non parlai, cercai solo di soffocare quella maledetta nausea, per
non rischiare di fare brutte figure davanti alla donna che, oltre a
detestare nostra madre, ci vedeva di mal occhio, come se fossimo state
delle perfide approfittatrici infami e alla ricerca di una particolare
dote.
Proprio adesso mi vuoi
dare problemi, piccolino? Proprio adesso vuoi mettere nei guai tua
madre, più di quanto tu non abbia ancora fatto fino ad ora?
Improvvisamente tutto passò, ma anche la fame era scemata, e
rinunciai a mangiare, per l'ennesima volta.
Jasper mi stava guardando male, lui come le mie sorelle era contrario
al fatto che non mangiassi praticamente nulla, ma sarebbe stato
pressocchè inutile.
Dopo il dolce, la cosa che più mi attirava ma a cui dissi di
no categoricamente, tutti si alzarono, e la madre di Carlisle si
congedò, salutando solo suo figlio e i suoi nipoti adorati.
Io e le mie sorelle, comunque ferite, non rivolgemmo parola a nessuno e
ci avviammo verso la camera, con lo sguardo basso e a passo veloce.
- Non speriamo che quella possa cominciare a sciogliersi domani,
sarà come impossibile. Già lo capisco, me lo
sento. - Alice e Bella si guardarono, dopo che quest'ultima
sputò la sua sentenza, e si infilarono quasi subito a letto,
per poter avere un aspetto più fresco e riposato il giorno
dopo.
Mi diedero un bacio entrambe, e subito ricambiai, ma non riuscii
nemmeno a sfiorare il letto, mi sentivo dentro come di essere in dovere
di uscire, correre da lui e dirglielo.
Avrei dovuto farlo, da un paio di giorni avevo quel desiderio e,
infondo, non era un male esprimere quei sentimenti verso una persona.
Il mio cuore mi suggeriva di uscire da quella stanza e correre verso di
lui, per poco riuscii a contrastarlo, ma quando non ne fui
più in grado, mi decisi definitivamente.
Mi avvolsi nello scialle, che mi legava a tanti ricordi belli ma allo
stesso tempo dolorosi e malinconici, e mi diressi fuori, le luci erano
spente e solo un chiacchierio proveniva dallo studio.
Erano dei ragazzi, e di Carlisle, ma da fuori non riuscivo a
distinguere bene chi stesse parlando in quel momento e cosa stesse
dicendo, anche se avevo come il presentimento che noi quattro, e la
signora Anne, fossimo al centro della loro discussione.
Ma ero decisa, se non di più, a fare ciò che
andava fatto, quindi non esitai.
Entrai nella stanza, bussando prima
educatamente, in cui i quattro uomini stavano discutendo in
maniera seria. Si girarono verso di me, in attesa di una mia parola.
- Carlisle, vorrei parlarti. - La mia voce, che immaginavo potesse
uscire forte e sicura, e invece risultò fastidiosamente
bassa e rigata, si rivolse
a quello seduto alla scrivania, con i gomiti appoggiati e le mani
congiunte.
- Rosalie, non dovresti essere a letto? E' tardi, non trovi? - Il suo
sguardo apprensivo raggiunse il mio, ma scrollai appena il capo,
facendogli intendere che era importante. E lo era davvero.
Dunque si alzò, e mentre i tre ragazzi ci osservavano, lui
mi
fece cenno di uscire e mi seguì, fuori dalla stanza,
chiudendo
la porta dietro di sé.
- Che cosa succede? - Si avvicinò a me e attese una
spiegazione.
Ma io, senza rispondergli, lo abbracciai di getto e trattenni a stento
le lacrime. Perchè ogni cosa che avevo pianificato nel
tragitto dalla mia stanza allo studio, era completamente diversa da
quello che stavo facendo in quel momento? Forse, era la
spontaneità la chiave di tutto.
- Grazie per quello che hai fatto per noi, ma soprattutto per quello
che hai fatto a mia madre. - La mia voce era rotta, un pianto
improvviso mi colse ma seppi frenarlo in tempo, e la cosa lo
turbò, perchè mi strinse forte a lui e lo
immaginai
sorridere appena.
- Te ne sono grata, perchè hai fatto ciò che di
meglio
non avresti potuto, hai ridato la speranza e il sorriso a mia madre, ed
è ciò che conta veramente. - Lui si
staccò appena
e mi guardò negli occhi, avrei voluto dirgli tutto, e anche
se mi ero ripromessa di farlo, mi resi conto che effettivamente non
potevo.
- Lei ha sempre cercato di essere forte, per noi, da quando... - Mi
interruppi un attimo, riprendendo fiato. Nominarlo era sempre difficile
per me, anche se ormai erano passati tantissimi anni. Una delle poche
cose che da sempre mi rendeva fragile e facilmente psicolabile, da
tutti.
- Da quando nostro padre non c'è più, ha sempre
fatto di
tutto per aiutarci, non si è mai mostrata debole, ma sapevo
che
dentro di lei c'era un vuoto incolmabile e il dolore per una scomparsa
troppo grande da sopportare. - Le lacrime, alla fine, cominciarono a
scendere copiose, ma le lasciai andare, non avrei potuto fare
altrimenti.
Anche lui mi parve appena commosso, infatti i suoi occhi erano velati
di un lucido che troppe volte avevo visto su di me, allo specchio.
- Ero piccola, ma ricordo benissimo il suo sguardo innamorato sempre
rivolto verso di lui, e quando l'ho scorto dopo così tanti
anni,
in un viso più sereno e felice, ho capito che tu sei l'uomo
giusto per lei. - Il malessere stava tornando, non era nausea
stavolta, era solo nostalgia dell'uomo che mai mi avrebbe tradita, mai
mi avrebbe fatto del male, sempre mi avrebbe amata come avrei voluto
davvero.
E mi accorsi solo in quel momento di quello che avevo appena fatto.
Quello che mi ero predisposta si era tramutato in una cosa
completamente diversa, e solo allora compresi che ciò che
avevo fatto era stata una sciocchezza, sarei dovuta andare a letto e
addormentarmi, e invece no. Mi
sentii una stupida, e forse ciò che avevo appena detto a
Carlisle era dettato dal mio sbalzo d'umore che, da poco prima di
scoprire di essere incinta, non faceva altro che ricomparire. Abbassai
dunque lo sguardo, le mani congiunte davanti al mio ventre, maledetto
il mio istinto, e farfugliando cercai una scusa.
- Non so cosa mi sia preso, perdonami Carlisle. - Lui
appoggiò
una mano sulla mia spalla, sorprendendomi, e dopo aver risollevato il
mio viso con due dita mi sorrise dolcemente, e notai che dal suo occhio
sinistro scese una lacrima, forse più dolorosa di mille
coltelli.
- No Rosalie, non c'è bisogno che io ti perdoni. E anzi,
sono
davvero molto contento che tu la pensi così, infatti credevo
che
tu non fossi molto entusiasta del matrimonio mio e di vostra madre. Ma
al contrario della mia, io sono contento di poter formare una nuova
famiglia insieme a voi, siete così delle persone fantastiche
e speciali
che... Oh Rosalie, non sai che miracolo avete compiuto! -
Si asciugò la lacrima ribelle con un dito e
spostò lo
sguardo di lato, forse per non farsi vedere da me.
- Vuoi... vuoi venire dentro, Rosalie? Magari davanti ad una tazza di
thè potrai sentirti meglio, e sfogarti se ti va. - Si
voltò di nuovo verso di me, e io senza rispondergli a parole
annuii appena e, dopo aver abbassato lo sguardo, sentii che lui stava
aprendo la porta e mi stava facendo cenno di andare avanti.
Ma, appena rimisi piede dentro, la voce della mia coscienza si fece
largo fra le mie ormai esili e solitarie sicurezze.
E tu avresti intenzione
di presentarti nella stessa stanza in cui si trova il padre di tuo
figlio, fingendo che non stia accadendo niente e mantenendo quella
faccia tosta?
Una fitta allo stomaco mi prese, il senso di colpa e lo smarrimento che
mi bloccavano mi fecero capire che, forse, non era il momento adatto.
- Io... No Carlisle, è meglio di no. - Il mio sguardo cadde
prima su Edward, che completamente girato sulla sedia stava indagando
fra le mie emozioni, Jasper che cercava di infondermi coraggio con un
sorriso e... appena arrivò in quello di Emmett, mi sentii
come morire. In quel momento, avevo una grandissima voglia di correre
fra le sue braccia e rivelarglielo, dirgli che entro pochi mesi avrebbe
avuto un pargoletto da coccolare e da amare e che lo avrebbe, in
futuro, chiamato papà.
Ma non lo feci, perchè solo allora capii, che Edward aveva
illuminato lo sguardo, posato sul mio ventre.
Lui ne era a conoscenza, non sapevo chi, nè quando glielo
avesse detto, nè il perchè, ma lui era
consapevole che io aspettavo un bambino.
Glielo leggevo in faccia, mentre lentamente si alzava dalla sedia e
annunciava di essere stanco, senza staccare gli occhi dai miei,
impauriti e stralunati.
- Andiamo a dormire, Rosalie, non credi sia troppo tardi? Dovresti
riposare. - Il suo tono di voce mi fece rabbrividire, e capii di essere
in guai seri, serissimi.
Angolino autrice: bene ragazzi, con due giorni di ritardo pubblico
questo capitolo che, spero, sia venuto abbastanza decentemente da non
farvi venire voglia di spaccare il PC dallo schifo! xD Nuovi
personaggi, e un nuovo problema per le sorelle all'orizzonte, che
porterà a tante, tantissime vicissitudini. Mi raccomando, se
vi va lasciate una recensione per farmi sapere se vi piace, o se volete
dirmi qualcosa in particolare, sono ben accette ^^ a presto, Alba97.
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