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Autore: CatcatKhad    12/03/2013    8 recensioni
Tutti umani.
3 ottobre 1893, Londra, Inghilterra. Di fronte al cancello della dimora del dottor Cullen, tre sorelle e la loro zia avevano davanti un'opportunità che avrebbe cambiato la loro difficile e sofferta esistenza. Riusciranno a trovare finalmente la pace tanto agognata, o si ritroveranno in un intreccio famigliare scomodo e proibito? E l'arrivo di una piccola creatura, potrà riportare la pace in quella casa?
Tratto dalla storia:
"Ero un treno in corsa. I miei passi lenti, strascicati sul ciglio del marciapiede, compensavano la velocità dei miei pensieri, delle mie emozioni. Un battito, seguito da un altro più debole. A ricordarmi che da quel momento non sarei mai più stata sola."
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Bondage, PWP, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 21















Salve a tutti! Come state? Finalmente siamo a Marzo, gente! Speriamo che tutto vi vada bene, lascio i commenti infondo e sopratutto a voi!
Buona lettura!




Alice

Le prime note della canzone che avrebbe aperto ufficialmente la Zambra di mamma e Carlisle cominciarono a risuonare nel giardino, la nonna si era accomodata sulla panca di legno sotto all'albero più alto di quella zona e accanto a lei c'era il piccolo Juan, che vestito in quel modo era veramente un bambino adorabile, e soprattutto le sue paroline ancora poco comprensibili erano divertenti e tenere. Jasper mi aveva invitato, poco prima, ad uscire di casa per raggiungere tutti i miei parenti, impegnati al massimo nei saluti, fra chi non si vedeva da tempo a chi si era visto pochi giorni prima ma era comunque entusiasta di incontrarsi di nuovo. Dentro, invece, erano rimasti i suoi fratelli e le mie sorelle, ma in quel momento l'unica cosa che mi interessava veramente era l'essere lì con lui, parlargli liberamente e vederlo sorridere, come da tempo ormai non faceva più. L'ultima volta in cui eravamo usciti da soli erano più di due mesi prima, esattamente il giorno in cui i nostri genitori si erano fidanzati ufficialmente e in cui Rose era, probabilmente, rimasta incinta.
Anche se non era stata un'uscita romanticissima, ancora ci conoscevamo poco ed eravamo stati poco da soli, il tempo di comprare l'abito per la festa ed era già tempo di riunirci insieme agli altri, ed era per quello che alla Zambra, vicino all'ombra della casa e accanto ad un vecchio zio venuto direttamente da Edimburgo per festeggiare insieme a noi, sordo e molto lento nel camminare, io mi sentivo emozionata e agitatissima allo stesso tempo.
Finalmente aveva deciso di avvicinarsi a me, in qualche modo, ed ero curiosa di sapere cosa volesse da me. Anche se in una remota parte di me, il timore che lui esigesse quello che Emmett aveva avuto da Rose per un sacco di tempo stava lentamente crescendo.
Ma Jasper e suo fratello erano diversi, lui non era così materialista e maschilista. Forse la seconda, un pochino, ma mai come Emmett.
Edward, non sembrava nemmeno fratello loro; aveva preso completamente dal padre, perchè come lui era educato, gentile e un assiduo sostenitore del fatto che le donne non erano oggetti, e che quindi si dovevano rispettare in ogni caso.
Sfortunatamente, noi non avevamo avuto un bel trattamento dai datori di lavoro precedenti, e la mamma un giorno ci aveva effettivamente detto che lei e Carlisle ne avevano parlato, perchè non voleva avere dei segreti con colui che in pochi giorni sarebbe diventato suo marito. Gli aveva confidato tutto, e lui ne era rimasto seriamente turbato, da come mamma lo aveva descritto, ma alla fine aveva capito che lei infondo lo aveva fatto per noi.
- Alice, è da tanto che non parliamo, noi due. - La voce soave di Jasper mi fece tornare con i piedi per terra, e mi fece sobbalzare il cuore. Aveva detto... noi due?
- Sì, hai ragione, ma questo periodo è stato veramente difficile, non trovi anche tu? - Cercai di dare una controllata al tono della mia voce, e fortunatamente ci riuscii in pochi istanti.
- Fra i preparativi del matrimonio, l'incontro di domani con mia nonna, e la faccenda di Rosalie, direi che lo stress non manca affatto. - Mi aveva colpito il fatto che mia sorella, a nostra insaputa, gli aveva detto della gravidanza, ma non feci in tempo a replicare che subito Ramon, da lontano, mi chiamò a gran voce, costringendomi quindi a girarmi.
- Alice, ormai sono arrivati tutti, dove sono Rosalie e Isabella?* - Corse verso di me, prima di interrompersi e osservare come Bella ed Edward stessero uscendo fuori, teneramente.
Intanto, la zia Mercedes aveva aperto le danze con uno scatenatissimo flamenco, avvolta nel suo vestito apposito rosso a pois neri, e lo zio Jeronimo, seduto di fronte ai tamburi, la stava accompagnando con un ritmo incalzante.
Poco dopo, vidi uscire Rosalie, lievemente rossa in viso e agitata, ed Emmett, che la osservava senza trapelare alcuna emozione da lontano, come se fosse stato sovrappensiero.
Allora, la nonna si alzò lentamente, e la musica, dopo l'esibizione della zia, scemò lentamente, cosicchè tutti noi potemmo rimanere ad ascoltare ciò che aveva da dire.
- E' un piacere sapere la nostra famiglia riunita per un'occasione così speciale, il matrimonio della mia figlia prediletta, Esme. Da molto tempo non abbiamo organizzato nulla, per poterci incontrare tutti insieme, e finalmente sono riuscita a vedere tutti voi, uniti, per l'ennesima volta. Ancora non so quante volte mi ritroverò in una situazione del genere, e vorrei ringraziarvi, miei cari parenti, per tutto ciò che avete fatto per me.* - Quindi tutti noi ci riunimmo attorno a lei, compresi i Cullen e Carlisle, che aveva fatto da poco il suo ingresso trionfale assieme ad un altro cugino della mamma.
- Bella, tesoro della nonna, per favore aiutami tu, vorrei che ringraziassi da parte mia il carissimo Carlisle, che presto sarà mio genero, per tutto ciò che ha fatto per vostra madre, e per voi stesse. Digli che sono orgogliosa di entrare a far parte di una famiglia così per bene come la sua, e che spero sia lo stesso per lui.* - Mia sorella, dopo essersi rivolta ai Cullen, disse loro ciò che le aveva chiesto la nonna, mentre Rosalie, fra le lacrime, cercava di calmarsi lentamente.
Era sensibile, infondo, e sapere che in pochi minuti sarebbe arrivata la mamma, e con Carlisle avrebbero compiuto il primo passo, ovvero il matrimonio gitano, aveva emozionato tutti, ma soprattutto lei.
I due mazzi di fiori, piantati dentro a due grandi vasi posizionati apposta per la zambra, erano ben in vista e Carlisle, accompagnato da nostra nonna, vi si diresse, arrivandovi vicino e aspettando, impaziente, l'arrivo della sposa.
Dopo pochi minuti, tutti noi ci girammo verso la casa, da dove, a passo lento, emozionata e a braccetto di zio Jeronimo, la mamma stava lentamente uscendo, con un abito bianco e dei voile sulla gonna che la rendevano magnifica.
Fra i capelli, aveva dei fiorellini bianchi e un nastro nero glieli spingeva indietro, nemmeno uno era fuori posto o sulla fronte, il trucco abbastanza naturale e i piedi scalzi, campanellini attaccati al corpetto e una collana di perle.
Ramon, probabilmente grazie agli insegnamenti dello zio, cominciò ad intonare una canzone con la chitarra, una delle preferite da me e Socorro. (Shakira - Gitana)
Zia Mercedes, nota in tutta la famiglia per la voce cristallina, cominciò a cantare, mentre la mamma, sempre scortata dallo zio, raggiunse Carlisle, visibilmente emozionato.
Si presero per mano, sorridendo incantevolmente e facendomi stringere il cuore dalla commozione, e cominciarono a ballare lentamente, a ritmo della musica, e tutti noi li seguimmo, seppure con un'attenzione particolare su di loro.
Bella era visibilmente agitata, temeva che in breve tempo la stessa cosa l'avrebbe dovuta fare lei, con un uomo che mai aveva visto e che non amava affatto, e noi due, Rose ed io, eravamo preoccupate per lei, e in pensiero.
La mamma faceva delle giravolte, lente ed aggraziate, e Carlisle le teneva delicatamente la mano, lasciandola fare e osservandola come incantato; alla fine della canzone, cominciò la cerimonia vera e propria, e in quel momento non seppi veramente dire con esattezza quanta fosse la commozione, Bella ed io, insieme alla zia Mercedes, alla zia Sol e alla nonna avevamo gli occhi lucidi, Rosalie piangeva da tempo seduta sulla panca, sempre allestita per il matrimonio, in prima fila, fra Emmett e Jasper, tenuta sotto controllo da entrambi, ma soprattutto dal biondo, per mia grandissima sfortuna.
Juan le si avvicinò, triste nel vederla piangere così, e si allungò per farsi prendere in braccio, e lei subito cambiò umore, come succedeva ormai da giorni, e lo strinse dolcemente al suo petto, con gli occhi ancora rossi e seguita da un sorriso di Jasper. Il mio stomaco ebbe una morsa d'acciaio, vederli così, come se fossero stati una famigliola felice, mi rese quasi disperata.
Edward aveva affiancato Bella, poco distanti da noi, e stavamo parlottando, a bassa voce, senza ovviamente perdersi nemmeno una mossa dei nostri genitori.
Appena anche l'ultimo passo fu compiuto, l'anziano zio, che dall'inizio era rimasto nell'ultima panca ad osservare in silenzio e con un portamento austero ma buono, si alzò lentamente, appoggiandosi al bastone con manico d'ottone e camminando per tutta la navata affodando le scarpe, volute con insistenza per non rischiare di farsi male, nell'erba fresca del giardino, e appena raggiunse gli sposi, diede loro la sua benedizione, e poterono scambiarsi un dolce e tenero bacio, ricevendo applausi a destra e a manca da tutti.
Era arrivato il momento di festeggiare. Ci spostammo in un'altra area del giardino, mentre i musicisti cominciarono ad intonare una canzone più movimentata, e la zia distribuì un paio di nacchere a tutte le donne presenti, inclusa la mamma.
(Ain't Funny - Jennifer Lopez) Ramon si avvicinò a me, sorridendo, e mi chiese un ballo; gli porsi una mano, e mi portò in mezzo a tutti, cominciando a ballare a ritmo, e io subito lo seguii, afferrando con la mano libera un lembo della gonna e facendola sventolare al momento giusto, e poco dopo anche Edward e Bella e Rosalie e un cugino lontano, di circa vent'anni, ci raggiunsero, tutti e sei accompagnati dal suono delle nacchere usate dalle zie e dalla nonna, entusiaste.
La mamma, invece, era visibilmente contrariata, probabilmente per la storia di Bella, ma non lo diede a vedere a lungo, non voleva ancora dare spiegazioni a Carlisle a riguardo e non lo avrebbe fatto per molto, molto tempo.
Emmett e Jasper erano rimasti in disparte, assieme ai musicisti e a Juan, che cercava disperatamente di salire in braccio a uno dei due, inutilmente.
Poi, arrivò il momento in cui mamma e Carlisle, mano nella mano, si avvicinarono a Rose, Bella e me, prima dell'inizio della canzone successiva, e ci invitarono a ballare con i ragazzi, come voleva la tradizione.
Noi tre ci guardammo un attimo, titubanti, poi non potemmo fare altro che accettare, e avviarci verso di loro.
- Ragazze, credete che sia una buona idea? Infondo loro non potrebbero affatto immaginare cosa c'è sotto...* - Bella, dal canto suo, non avrebbe mai detto ad Edward del matrimonio, e temeva che, rimanendo con lui, le sarebbe potuto sfuggire qualcosa che avrebbe rovinato tutto; Rosalie era quasi terrorizzata dal fatto che Emmett, forse osservandola più del dovuto, avrebbe potuto intravedere il suo pancino e sospettare, se non capire.
Io avevo paura di cosa avrebbe potuto dire Jasper, o fare, perchè quasi ero certa che lui provasse qualcosa per Rose, e io non avrei potuto fare assolutamente niente a riguardo.
Ma, li raggiungemmo ugualmente, e li invitammo a ballare, chi in un modo, chi nell'altro. Accettarono tutti e tre, anche se Jasper e Emmett faticarono a dire di sì, e ci portammo in mezzo al gruppo di parenti che, acclamanti e festosi, batterono le mani a tempo di musica per accompagnarci, e anche mamma e Carlisle ballarono, fortunatamente attirando tutte le attenzioni su di loro ed evitandoci un grande imbarazzo.
Continuammo così tutta la sera, e proseguimmo il resto della Zambra a cena, con piatti tipici della tradizione gitana e inglese. Alla fine, i parenti si ritirarono, ormai era quasi mezzanotte ed eravamo tutti stanchi, soprattutto noi tre, dopo aver ballato praticamente tutto il giorno.
Ci eravamo ritrovati per l'ennesima volta nel salotto, seduti sui divani e sulle poltrone, e per puro caso, ognuno era seduto vicino a colui, o colei, che amava.
Edward si era ritrovato accanto a Bella, contenta di questo fatto, Jasper era accanto a me e a Rosalie, seduta appunto vicino ad Emmett che la osservava in silenzio, e poi mamma e Carlisle, e lo zio Jeronimo con la zia Sol.
Gli ultimi due, poco dopo l'uscita dei parenti, si ritirarono e decisero di tornare a casa loro, quella nuova, insieme ai cugini e alla nonna.
Si congedarono, dicendo solamente - Ci rivedremo, e tu sarai in bianco, Esme. -, sorridendo in maniera complice e tenera.
- Alice, sai ora che ci penso tesoro mio...* - Il tono della mamma subito mi fece preoccupare, e non poco. Perchè ogni volta che si parlava del suo matrimonio aveva quel sorriso stampato in faccia e si rivolgeva a noi tre, come se avesse dovuto dirci qualcosa in particolare?
- Anche tu e Rose dovreste cominciare a cercare uno spasimante, per farvi corteggiare e magari...* - Il thè che poco prima ci aveva servito Trevor mi andò di traverso, e per poco non soffocai lì, in mezzo a tutta quella gente, mentre Rose per poco non svenne, bianca come un cencio.
- Sei impazzita, mamma?! Cos'è tutta questa fretta di farci accasare, con sconosciuti, eh? Vuoi già mandarci via da casa, veramente ti sei già stufata di noi?* - Lei scosse la testa, visibilmente sorpresa dalla mia reazione: certamente non si aspettava che io le rispondessi così, e forse non aveva nemmeno messo in conto quell'aspetto della cosa, che di per sè già non era positiva.
- No amore mio, ma cosa vai a pensare! Come potrei solamente osare una cosa del genere? Solo, non voglio che voi facciate la mia fine, non che ne fossi stata contenta alla fine, ma vostro padre...* - Si rabbuiò, ammutolendosi all'improvviso e non aprendo più bocca fino alla fine. Se non per dire, - Me ne vado a dormire, a domani famiglia. -, praticamente sussurrato. Carlisle la osservò in pensiero, poi si rivolse a noi, che lo assicurammo dicendogli che doveva andare a riposare, per la stanchezza.
- Speriamo che cambi in fretta idea, la mamma, o mi toccherà andare da lei e dirle che sono incinta. Già loro mi stanno guardando male perchè ancora non ci credono, me ne sono accorta perfettamente, e devo solo sperare che al matrimonio non ci sia troppo da mangiare o, nei casi peggiori, una folata di vengo che mi picchi dritta addosso, o addio tentativi per nascondere questa...*- Rose aveva iniziato a farneticare, e Bella ed io subito la stoppammo, prima che potesse farsi sfuggire qualcosa di comprensibile anche agli uomini di casa.
- Andiamo a dormire, è molto meglio per tutti. - Dissi, lanciando un'occhiata truce a nostra sorella maggiore e alzandomi in fretta, aggiustando la gonna.
Infondo, sarebbe stata una delle ultime notti prima del fatidico giorno, che cosa avevamo da perdere? Beh, io e Bella i presunti uomini della nostra vita, e Rose il padre del suo bambino. Un nulla di fatto, insomma.
Ci salutammo tutti, e filammo dritti nelle nostre stanze, non ancora del tutto pronti per affrontare un'altra giornata.



Rosalie

La signora Anne Bertha Cullen, vedova del signor Charles Antony Cullen, deceduto esattamente ventitrè anni prima, non era il miglior prototipo della suocera perfetta. Soprattutto se la futura nuora era straniera, e perdipiù gitana, e suo figlio era uno dei nobili più ricchi e importanti di tutta Londra.
La sera in cui lei, assieme alla dama di compagnia e al suo fido servitore, mise piede in casa di Carlisle, suo figlio, e ormai nostra, non ci fu un momento in cui io, le mie sorelle e nostra madre non provammo paura, o meglio timore, di quella donna che, pur la sua statura fosse esile e aggraziata, era così determinata e forte d'animo da poter abbattere un muro con una sola occhiata.
Alla fine, erano riusciti ad arrivare solo il giorno prima del matrimonio, e tutti noi eravamo agitati, ormai gli invitati erano giunti, in tempo fortunatamente, e gli unici che mancavano erano proprio loro, nessuno era ancora entrato in casa ma i messaggi che i servitori portavano di persona a Trevor li avevano annunciati più volte, quindi alla fine potemmo tirare un sospiro di sollievo, che non durò più di molto.
Non ci guardò affatto bene, e anzi subito commentò con ciò che mai avremmo voluto sentire.
- E la tua futura consorte, Carlisle? Non dirmi che non si è nemmeno presentata a vedere la donna che ti ha messo al mondo. - Lui si avvicinò lentamente alla mamma, fino a cingerle la vita con un braccio, e le sorrise amabilmente.
- E' lei, mamma, la mia futura sposa. Esme, mia cara, ho il piacere di presentarti mia madre. - Lei, dopo aver indossato i sottili occhiali, inforcati sul naso con un gesto sprezzante, osservò nostra madre dalla testa ai piedi, con un sopracciglio appena sollevato, e arricciò il naso, storse la bocca e si aggiustò il cappellino, ritto sulla chioma bianca raccolta in alto.
- Una domestica? Figlio mio, tu stai per sposare una semplice domestica, per di più vedova e con tre figlie, adulte ma come posso constatare ancora non accasate, a suo carico? Ma sei impazzito, per caso? - Nostra madre si raggelò, e il caloroso sorriso con cui aveva intenzione di accogliere la donna si spense all'istante, lasciando il posto ad uno sguardo deluso e ferito, e alle labbra tremanti che sicuramente volevano sputare addosso alla quasi suocera tutto ciò che stava pensando.
Carlisle si era irrigidito, mentre la donna li aveva superati e si era diretta a passo spedito, e seguita a ruota dai suoi lavoranti, verso la camera degli ospiti migliore della casa.
Emmett, Jasper ed Edward erano rimasti ad osservare sbigottiti la scena, mentre Bella ed Alice, accanto a me, si erano ammutolite e, probabilmente, provavano un lieve senso di vergogna.
- Avrei dovuto immaginarlo. - Disse mestamente la mamma, abbassando il capo e allontanandosi velocemente, verso la sua camera. Carlisle tentò di seguirla, ma noi lo fermammo, sapevamo perfettamente che lei doveva restare un po' sola, per elaborare il tutto.
- Infondo non è la prima volta che qualcuno si rivolge a noi così. - L'orologio scoccò le otto di sera, e la cena fu servita: la mamma non si presentò, disse di non voler rischiare di stare male per il giorno dopo, anche se io in cuor mio sapevo perfettamente che non osava presentarsi per non dover fare i conti con l'amara verità. La nonna dei ragazzi non l'aveva in simpatia, e probabilmente stava studiando una tattica per poter capire come far breccia nelle sue grazie. Se ve ne erano, ovviamente.
Io, al contrario suo, cercavo veramente di non sentirmi male, anche se non era molto di aiuto ciò che mi ritrovavo nel piatto, il pesce che solitamente mangiavo con gusto mi dava un senso di malessere incredibile, il mio pallore doveva essere evidente viste le occhiate preoccupate delle mie sorelle.
- Ancora, Rose? Sei sicura che domani non ti sentirai male nel bel mezzo del matrimonio? - Scossi la testa, sicuramente speravo il contrario, era ovvio!
Ma non parlai, cercai solo di soffocare quella maledetta nausea, per non rischiare di fare brutte figure davanti alla donna che, oltre a detestare nostra madre, ci vedeva di mal occhio, come se fossimo state delle perfide approfittatrici infami e alla ricerca di una particolare dote.
Proprio adesso mi vuoi dare problemi, piccolino? Proprio adesso vuoi mettere nei guai tua madre, più di quanto tu non abbia ancora fatto fino ad ora?
Improvvisamente tutto passò, ma anche la fame era scemata, e rinunciai a mangiare, per l'ennesima volta.
Jasper mi stava guardando male, lui come le mie sorelle era contrario al fatto che non mangiassi praticamente nulla, ma sarebbe stato pressocchè inutile.
Dopo il dolce, la cosa che più mi attirava ma a cui dissi di no categoricamente, tutti si alzarono, e la madre di Carlisle si congedò, salutando solo suo figlio e i suoi nipoti adorati.
Io e le mie sorelle, comunque ferite, non rivolgemmo parola a nessuno e ci avviammo verso la camera, con lo sguardo basso e a passo veloce.
- Non speriamo che quella possa cominciare a sciogliersi domani, sarà come impossibile. Già lo capisco, me lo sento. - Alice e Bella si guardarono, dopo che quest'ultima sputò la sua sentenza, e si infilarono quasi subito a letto, per poter avere un aspetto più fresco e riposato il giorno dopo.
Mi diedero un bacio entrambe, e subito ricambiai, ma non riuscii nemmeno a sfiorare il letto, mi sentivo dentro come di essere in dovere di uscire, correre da lui e dirglielo.
Avrei dovuto farlo, da un paio di giorni avevo quel desiderio e, infondo, non era un male esprimere quei sentimenti verso una persona.
Il mio cuore mi suggeriva di uscire da quella stanza e correre verso di lui, per poco riuscii a contrastarlo, ma quando non ne fui più in grado, mi decisi definitivamente.
Mi avvolsi nello scialle, che mi legava a tanti ricordi belli ma allo stesso tempo dolorosi e malinconici, e mi diressi fuori, le luci erano spente e solo un chiacchierio proveniva dallo studio.
Erano dei ragazzi, e di Carlisle, ma da fuori non riuscivo a distinguere bene chi stesse parlando in quel momento e cosa stesse dicendo, anche se avevo come il presentimento che noi quattro, e la signora Anne, fossimo al centro della loro discussione.
Ma ero decisa, se non di più, a fare ciò che andava fatto, quindi non esitai.
Entrai nella stanza, bussando prima educatamente, in cui i quattro uomini stavano discutendo in maniera seria. Si girarono verso di me, in attesa di una mia parola.
- Carlisle, vorrei parlarti. - La mia voce, che immaginavo potesse uscire forte e sicura, e invece risultò fastidiosamente bassa e rigata, si rivolse a quello seduto alla scrivania, con i gomiti appoggiati e le mani congiunte.
- Rosalie, non dovresti essere a letto? E' tardi, non trovi? - Il suo sguardo apprensivo raggiunse il mio, ma scrollai appena il capo, facendogli intendere che era importante. E lo era davvero.
Dunque si alzò, e mentre i tre ragazzi ci osservavano, lui mi fece cenno di uscire e mi seguì, fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
- Che cosa succede? - Si avvicinò a me e attese una spiegazione. Ma io, senza rispondergli, lo abbracciai di getto e trattenni a stento le lacrime. Perchè ogni cosa che avevo pianificato nel tragitto dalla mia stanza allo studio, era completamente diversa da quello che stavo facendo in quel momento? Forse, era la spontaneità la chiave di tutto.
- Grazie per quello che hai fatto per noi, ma soprattutto per quello che hai fatto a mia madre. - La mia voce era rotta, un pianto improvviso mi colse ma seppi frenarlo in tempo, e la cosa lo turbò, perchè mi strinse forte a lui e lo immaginai sorridere appena.
- Te ne sono grata, perchè hai fatto ciò che di meglio non avresti potuto, hai ridato la speranza e il sorriso a mia madre, ed è ciò che conta veramente. - Lui si staccò appena e mi guardò negli occhi, avrei voluto dirgli tutto, e anche se mi ero ripromessa di farlo, mi resi conto che effettivamente non potevo.
- Lei ha sempre cercato di essere forte, per noi, da quando... - Mi interruppi un attimo, riprendendo fiato. Nominarlo era sempre difficile per me, anche se ormai erano passati tantissimi anni. Una delle poche cose che da sempre mi rendeva fragile e facilmente psicolabile, da tutti.
- Da quando nostro padre non c'è più, ha sempre fatto di tutto per aiutarci, non si è mai mostrata debole, ma sapevo che dentro di lei c'era un vuoto incolmabile e il dolore per una scomparsa troppo grande da sopportare. - Le lacrime, alla fine, cominciarono a scendere copiose, ma le lasciai andare, non avrei potuto fare altrimenti.
Anche lui mi parve appena commosso, infatti i suoi occhi erano velati di un lucido che troppe volte avevo visto su di me, allo specchio.
- Ero piccola, ma ricordo benissimo il suo sguardo innamorato sempre rivolto verso di lui, e quando l'ho scorto dopo così tanti anni, in un viso più sereno e felice, ho capito che tu sei l'uomo giusto per lei. - Il malessere stava tornando, non era nausea stavolta, era solo nostalgia dell'uomo che mai mi avrebbe tradita, mai mi avrebbe fatto del male, sempre mi avrebbe amata come avrei voluto davvero.
E mi accorsi solo in quel momento di quello che avevo appena fatto. Quello che mi ero predisposta si era tramutato in una cosa completamente diversa, e solo allora compresi che ciò che avevo fatto era stata una sciocchezza, sarei dovuta andare a letto e addormentarmi, e invece no. Mi sentii una stupida, e forse ciò che avevo appena detto a Carlisle era dettato dal mio sbalzo d'umore che, da poco prima di scoprire di essere incinta, non faceva altro che ricomparire. Abbassai dunque lo sguardo, le mani congiunte davanti al mio ventre, maledetto il mio istinto, e farfugliando cercai una scusa.
- Non so cosa mi sia preso, perdonami Carlisle. - Lui appoggiò una mano sulla mia spalla, sorprendendomi, e dopo aver risollevato il mio viso con due dita mi sorrise dolcemente, e notai che dal suo occhio sinistro scese una lacrima, forse più dolorosa di mille coltelli.
- No Rosalie, non c'è bisogno che io ti perdoni. E anzi, sono davvero molto contento che tu la pensi così, infatti credevo che tu non fossi molto entusiasta del matrimonio mio e di vostra madre. Ma al contrario della mia, io sono contento di poter formare una nuova famiglia insieme a voi, siete così delle persone fantastiche e speciali che... Oh Rosalie, non sai che miracolo avete compiuto! - Si asciugò la lacrima ribelle con un dito e spostò lo sguardo di lato, forse per non farsi vedere da me.
- Vuoi... vuoi venire dentro, Rosalie? Magari davanti ad una tazza di thè potrai sentirti meglio, e sfogarti se ti va. - Si voltò di nuovo verso di me, e io senza rispondergli a parole annuii appena e, dopo aver abbassato lo sguardo, sentii che lui stava aprendo la porta e mi stava facendo cenno di andare avanti.
Ma, appena rimisi piede dentro, la voce della mia coscienza si fece largo fra le mie ormai esili e solitarie sicurezze.
E tu avresti intenzione di presentarti nella stessa stanza in cui si trova il padre di tuo figlio, fingendo che non stia accadendo niente e mantenendo quella faccia tosta?
Una fitta allo stomaco mi prese, il senso di colpa e lo smarrimento che mi bloccavano mi fecero capire che, forse, non era il momento adatto.
- Io... No Carlisle, è meglio di no. - Il mio sguardo cadde prima su Edward, che completamente girato sulla sedia stava indagando fra le mie emozioni, Jasper che cercava di infondermi coraggio con un sorriso e... appena arrivò in quello di Emmett, mi sentii come morire. In quel momento, avevo una grandissima voglia di correre fra le sue braccia e rivelarglielo, dirgli che entro pochi mesi avrebbe avuto un pargoletto da coccolare e da amare e che lo avrebbe, in futuro, chiamato papà.
Ma non lo feci, perchè solo allora capii, che Edward aveva illuminato lo sguardo, posato sul mio ventre.
Lui ne era a conoscenza, non sapevo chi, nè quando glielo avesse detto, nè il perchè, ma lui era consapevole che io aspettavo un bambino.
Glielo leggevo in faccia, mentre lentamente si alzava dalla sedia e annunciava di essere stanco, senza staccare gli occhi dai miei, impauriti e stralunati.
- Andiamo a dormire, Rosalie, non credi sia troppo tardi? Dovresti riposare. - Il suo tono di voce mi fece rabbrividire, e capii di essere in guai seri, serissimi.




Angolino autrice: bene ragazzi, con due giorni di ritardo pubblico questo capitolo che, spero, sia venuto abbastanza decentemente da non farvi venire voglia di spaccare il PC dallo schifo! xD Nuovi personaggi, e un nuovo problema per le sorelle all'orizzonte, che porterà a tante, tantissime vicissitudini. Mi raccomando, se vi va lasciate una recensione per farmi sapere se vi piace, o se volete dirmi qualcosa in particolare, sono ben accette ^^ a presto, Alba97.















 



   
 
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