Le giornate iniziarono a passare
lente, una dopo l'altra.
Per Wonrei, fino a quel momento, ogni giornata era stata perfettamente
identica a quella precedente. Alzarsi, andare a scuola, limitarsi a
"fare
presenza" in classe, tornare a casa, pranzare, fare i compiti, andare a
letto e riprendere tutto da capo il giorno dopo, faceva tutto parte
della sua
monotona routine.
Era appena
iniziata la seconda metà dell'anno, quindi avrebbero avuto
un periodo di pausa
da compiti e interrogazioni, quindi per un po' suo madre non gli
avrebbe fatto
la solita predica.
Eppure, anche se lui si rifiutava di ammetterlo, qualcosa
era saltato in quel perfetto meccanismo. Era come se qualcuno avesse
aperto un
orologio con tutti gli ingranaggi perfettamente funzionanti e avesse
deciso di
inserirci a forza una nuova rotellina. Il vecchio meccanismo non poteva
andare
avanti come aveva sempre fatto fino a quel momento; sarebbe stato
costretto a
decidere tra il cambiare qualcosa oppure rompersi.
Cosa avrebbe scelto lui? Ogni volta che si faceva questa
domanda, non poteva fare a meno di pensare a quella finestra di fronte
alla sua
e a quei colori perennemente agitati.
Per Thilai, invece, ogni giorno era diverso dall'altro.
Considerava inaccettabile anche solo l'idea di avere una routine.
Sarebbe
diventato tutto troppo prevedibile, troppo programmato. E che gusto ci
sarebbe
stato a quel punto?
Le sarebbe piaciuto poter dire di essersi adattata nella
nuova scuola, di aver fatto molte amicizie, ma non era così.
La cosa più strana
era che la persona con cui aveva "legato" di più era il suo
compagno
di banco perennemente con la testa altrove. Quando frequentava ancora
la
vecchia scuola, ricordava di avere buoni rapporti con tutti i suoi
compagni di
classe, di aver fatto amicizia con tutti in poco tempo. Cosa c'era di
diverso
in quella scuola?
Quando tornava a casa insieme a Wonrei, a volte si
guardava intorno. Incrociava spesso lo sguardo dei suoi compagni di
classe, sguardi
tutto tranne che amichevoli. Non capiva il perché di quelle
occhiate. Con molti
di quei demoni non aveva mai nemmeno parlato, come faceva a stargli
già
antipatica?
Un giorno, si accorse che quei demoni alternavano lo
sguardo tra lei e il mamodo al suo fianco. Sguardi diffidenti, duri,
come di
rimprovero. E allora capì il perché di
quell'atteggiamento, non potendo fare a
meno di darsi della stupida per non esserci arrivata prima. La
guardavano male
perché "frequentava" Wonrei.
<
Allora ragazzi, questa volta vi darò un compito per
casa diverso dal solito! > disse il professor Shihab <
Dovrete farmi una
ricerca sull'ultima guerra per il trono, svoltasi mille anni fa.
> Gli
alunni iniziarono a borbottare. Thilai sbuffò, annoiata solo
al pensiero della
ricerca. Il primo giorno si era sbagliata: il professore non insegnava
solo
letteratura e scrittura, ma anche storia.
< Me la dovrete portare massimo per la settimana
prossima, anche se niente vi vieta di consegnarla prima >
continuò
l'insegnante < Ma non la farete individualmente: sarete divisi
in gruppi.
>
Bastarono queste parole a far sparire il malumore di poco
prima; tutti iniziarono a parlare tra di loro, accordandosi su chi
sarebbe
stato in gruppo con chi. Thilai lanciò, di nascosto,
un'occhiata al suo compagno
di banco. Niente, nemmeno la storia di fare una ricerca in gruppo lo
aveva
smosso. La mamodo stava sbuffando di nuovo, quando il docente
continuò,
spezzando rapidamente il loro entusiasmo: < Per evitare che i
gruppi siano
formati dai soliti noti che poi non fanno niente per una settimana
intera
portandomi una ricerca di una paginetta scarsa... >
guardò severo un
gruppetto di demoni in fondo alla classe < Sceglierò
io i gruppi questa
volta >
Gli alunni ripresero a borbottare, questa volta più
vivacemente < Silenzio, silenzio! > li zittì
Shihab < Collaborerete
con il vostro o la vostra compagna di banco e non accetto obiezioni!
>
Thilai si girò di nuovo verso Wonrei. Questa volta anche
lui la stava guardando.
Già
normalmente, quando tornavano a casa da scuola,
Thilai tendeva a non stare zitta un attimo. Quella volta sembrava fosse
anche
peggio del solito; parlava velocissima, quasi attaccava le parole,
saltava da
un argomento all'altro senza nessun filo logico, non provava nemmeno a
camminare in linea retta e procedeva a zig-zag. Wonrei la guardava
rassegnato,
pensando al fatto che se voleva fargli venire il mal di testa era sulla
strada
giusta.
< Allora? Che ne pensi? Wonrei? Mi stai ascoltando?
Wonrei! >
Solo alzando la voce la demone riuscì ad avere
l'attenzione del mamodo, che sussultò < Che c
'è? >
Si rese conto in ritardo di non aver scelto la risposta
peggiore e ringraziò qualsiasi divinità esistente
per il fatto che gli sguardi
non potessero uccidere. O che Thilai non avesse quel potere
perché, altrimenti,
di lui sarebbe rimasto solo un mucchietto di cenere (nella migliore
delle
ipotesi).
Alla fine lei sospirò rassegnata < Non hai ascoltato
una parola di quello che ho detto, vero? >
l'ennesima
occhiataccia della ragazza lo spinse a desistere dal tentativo di
salvarsi in
qualche modo < No, nemmeno una > Ammise infine,
abbassando lo sguardo.
Thilai sospirò per l'ennesima volta < Stavo dicendo
che dovremmo andare in biblioteca il prima possibile se vogliamo
riuscire a
prendere in prestito i libri migliori. Dobbiamo battere gli altri sul
tempo! >
Wonrei la guardò per alcuni secondi, senza riuscire a
capire se facesse sul serio o scherzasse. Sembrava proprio facesse sul
serio.
< Non penso che gli altri abbiano tanta fretta di fare questa
ricerca, sai?
Credo
proprio che la faranno di corsa l'ultimo giorno. >
Thilai pensò ai loro compagni di classe, prima di dargli
ragione. < Però... Non voglio fare una cosa classica!
Deve essere qualcosa
di originale, qualcosa che il professore non si aspetta! >
Più la sentiva parlare, meno la capiva. E dire che la
ascoltava anche poco! Una
ricerca
originale, diversa? Qualcosa che non fosse nella media?
< Senti Lai > il mamodo aveva capito presto che a
Thilai non piaceva essere chiamata con il suo nome per intero,
preferiva quel
diminutivo "Lai". A Wonrei non piaceva più di tanto, ma se
lei voleva
essere chiamata così, a lui che cambiava? < Forse ho
un'idea per farla
originale. >
< Davvero? Cosa? > Lo guardava curiosa, i colori
nei suoi occhi che avevano ripreso ad agitarsi.
< Sulla collina oltre il Bosco Verde abita un mamodo,
mi pare si chiami Heikad. E' molto vecchio, tanto da aver partecipato
all'ultima battaglia per il trono.>
< Ma è impossibile! > lo interruppe Thilai,
incredula < Tranne il Re, a cui viene fatto un incantesimo per
farlo vivere
di più, nessun altro mamodo può vivere tanto. Mi
stai dicendo una bugia, per
caso? > Lo guardava seria ora, i colori negli occhi che non si
agitavano
più.
Wonrei scosse la testa < A volte, è molto raro ma non
impossibile, capita che un demone viva di più, riuscendo ad
arrivare quasi a
mille anni. Lui è uno dei pochi casi. >
< Grandioso! > urlò Thilai, venendo subito
zittita da Wonrei < Ma è
proprio necessario che urli in questo modo? > La mamodo
sbuffò in risposta.
< Ma se si sa che lui ha partecipato all'ultima
battaglia, di certo tutti gli altri andranno da lui, no? >
chiese ancora Thilai,
l'entusiasmo di poco prima volato via come sabbia al vento < E
allora non ci
sarà più niente di originale! >
Wonrei non riuscì a trattenersi dal fare un sorrisetto
quando vide il broncio da bambina che stava facendo lei. Ma fu un
sorriso che
durò meno di un battito di ciglia. < Gli altri non ci
andranno. Vedi... >
si fermò,
cercando le parole per proseguire < La vecchiaia ha i suoi lati
negativi. Diciamo che tende a non sentire le domande, ad addormentarsi
mentre
parla, a capire una cosa per un'altra. E gli altri di certo non hanno
la
pazienza di starlo a sentire, quando probabilmente capiranno una parola
su
dieci. Non sarà la cosa più facile del mondo
parlarci. >
Ma questa volta l'entusiasmo della demone non fu tanto
facile da spezzare < Abbiamo una settimana, no? Qualcosa
riusciremo pure a
farcelo dire? >
Nel frattempo, erano arrivati sotto casa di Thilai, che
era la più vicina alla scuola. Lei, al contrario di Wonrei,
non conosceva la
strada fino a casa di Heikad, quindi rimasero d'accordo che si
sarebbero
incontrati sotto casa della ragazza tra un'oretta e mezza e sarebbero
andati
insieme. Si salutarono, prima di andare ognuno a casa sua. Mentre
aspettava che
la madre le aprisse, Thilai ripensava alla chiacchierata di poco prima.
Si
sbagliava, o aveva visto Wonrei sorridere?
< Wonrei! Mi vai a prendere il libro di
cucina nel ripostiglio,
per favore? > Gli urlò Akilah
dal piano di sotto. La loro casa aveva due piani: al piano terra
c'erano la
cucina, la sala da pranzo e il salotto, mentre al piano di sopra
c'erano le due
camere da letto, il bagno e il ripostiglio. Wonrei sbuffò,
lasciando perdere il
libro di letteratura su cui stava studiando. Perché non
riusciva mai ad
imparare le poesie a memoria? E poi, se avevano appena finito di
mangiare, che
se ne faceva sua madre del libro di cucina?
Come se non bastasse, odiava con tutto sé stesso quel
ripostiglio. Quando apriva quella porta si sentiva come se fosse di
fronte ad
un enorme castello di carte; qualunque carta avesse tolto, il castello
sarebbe
crollato lo stesso. Eppure doveva togliere per forza quella dannata
carta, come
doveva poi rimettere a posto tutte quelle che aveva fatto cadere.
Così fu per
quel libro di cucina: si trovava circa a metà di un'alta
pila di tomi la quale
non aveva affatto l'aria di essere molto stabile. Trattenne il fiato
mentre
toglieva il volume, ma fu completamente inutile. La pila di libri
franò
rumorosamente a terra e fu una fortuna che uno di quei mattoni
(perché erano
mattoni, inutile girarci intorno) non avesse preso in testa il povero
mamodo.
< Wonrei, tutti bene là sopra? > si
preoccupò la
madre, che aveva sentito il tonfo. < Tutto bene mamma, ora
arrivo! > le
urlò di rimando, mentre iniziava a raccogliere i volumi per
terra.
Uno dei più piccoli, dalla copertina viola e polverosa,
cadendo si era aperto. Tra le pagine c'era una vecchia fotografia,
ingiallita
dal tempo. La curiosità fu troppo forte, così
Wonrei la prese in mano. I
soggetti erano due bambini, uno non poteva avere più di sei
anni, mentre
l'altro doveva averne una decina scarsa. Il più grande
teneva il più piccolo
sulle spalle, ed entrambi sorridevano. Il maggiore aveva i capelli
verde
chiaro, corti e spettinati, mentre gli occhi erano dello stesso viola
del
fratellino. Wonrei si guardò in quella foto; non era
cambiato molto da quando
aveva sei anni.
All'improvviso gli tornarono in mente le parole di una
vecchia maestra: "Il più grande
è la
uguale al padre, ma il piccolo è la copia della mamma!
Specialmente il sorriso,
mamma e figlio si somigliano davvero tanto."
Chiuse gli occhi, cercando di rimandare indietro le
lacrime. Se avesse trovato quella foto non molto giorni prima, non gli
avrebbe
fatto effetto. Avrebbe chiuso il libro e sarebbe andato avanti.
Perché ora gli
faceva male? Perché non era più indifferente come
prima?
< Wonrei, ti sei perso? > La voce di sua madre lo
riportò bruscamente alla realtà. Chiuse il libro
di scatto, rimettendolo al suo
posto. < Arrivo mamma! >
IL MIO ANGOLETTO
Ciao a tutti ^^!
Eccomi qua con il terzo capitolo! Ci ho messo un po' di
più perché, nonostante anche questo ce l'avessi
già scritto in testa, ho avuto
problemi nella stesura, non so esattamente perché O.o...
Spero che sia venuto
bene lo stesso *incrocia le dita* ^^".
Ho avuto un po' di dubbi sul se nel Makai esistessero le
macchine fotografiche, poi però ho letto l'ultimo capitolo
del manga (quindi se
non volete SPOLER, saltate i prossimi righi :P) e ho visto che Zatch,
insieme
alla lettera, invia a Kiyo anche una foto (perché
è una foto, vero?) con tutti
i mamodo, quindi mi sono convinta che esistono anche lì!
La cosa del re e dell'incantesimo che lo fanno l'ho
completamente inventata (sì vede perché
è assurda :P), così come il nome del
mamodo vecchio, che questa volta non ha nessun significato.
Come al solito l'angoletto è troppo lungo, quindi vi
saluto ringraziando tutti quelli che hanno letto fino a qui!
Alla prossima ^^
Kaika
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