Angolino:
sono davvero, infinitamente spiacente per il ritardo di questo
aggiornamento. Ho avuto problemi con il caricabatterie del portatile
e ho dovuto farlo cambiare due volte.
E infatti avrei aggiornato molto tempo fa, se non fosse stato per
questo problema. Ma eccoci qui, alla fine! Spero che non vi siate
dimenticati di me, perché a me EFP è mancato
tanto, come mi è
mancato tanto aggiornare questa storia a cui tengo molto! Spero che
ve la passiate bene, nonostante il freddo. In questo capitolo mi sono
dilungata parecchio nei provini per il film di Harriet, anche se
l'esito era scontato. Sì, sapevamo tutti dall'inizio che la
parte
sarebbe andata a Rukia, contribuisce all'ambiguità del
rapporto tra
lei e Lavi, sempre più complicato da spiegare.
Tant'è che Lavi, non
riuscendo a spiegare cosa prova per lei -e usare il termine
“amore”
è, per come è strutturata questa storia,
addirittura pericoloso, onestamente 'sti due manco sanno dire se sono
innamorati o no e alla fine sono io che mi rincoglionisco a scrivere,
benedetti conigli che non siete altro-
che decide di utilizzare il nome di Rukia. Che ha effettivamente
un'assonanza con “luce”, Kubo ha dichiarato da
qualche parte che
Rukia sarebbe una “giapponesizzazione” di Lucia. Ho
voluto
specificare qui questi particolari perché magari il dialogo
tra i
due a fine capitolo poteva lasciare qualche perplessità. E
veniamo a
Grimmjow, che adesso si mette a fare l'attore, però non ha
nessuna
esperienza e per il carattere che ha mi sa che qualcuno si
metterà
le mani nei capelli. Però, anche se mi è venuta
all'improvviso, è
un'idea che mi ispira. Soprattutto perché dovrà
recitare con Rukia
una scena alquanto “piccante”. Intendiamoci, la
GrimmRuki non mi
interessa minimamente, ma per il cinema -e per le strane fantasie di
Lavi quando si tratta di lavoro!- escono anche strampalate come
queste. Tanto è solo un film! XD E Shinji. Non so
perché, ma in
questa storia trovo che risalti fin troppo bene, e sono contenta per
come l'ho fatto muovere in questo capitolo. È bello vedere
che i
personaggi riescono ad avvicinarsi di un altro passo verso
l'equilibrio. Kanda, invece, si gode il riposo dopo il lavoro, ma nel
prossimo capitolo ci sarà un nuovo giardino, un nuovo
orologio, che
sicuramente porterà svolte anche ai frequentatori, Allen,
Renji,
Orihime, Linalee. Spero che il capitolo vi piaccia. Buona lettura e
fatemi sapere cosa ne pensate! Un grazie di cuore, ovviamente, a chi ha recensito, a chi ha aggiunto la storia nelle preferite e nelle seguite, e a chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti, al prossimo capitolo ringrazio tutti uno per uno, con più calma!
Hortum
Septentriones
Undici
Prova
«
Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque
viale.
Ogni
giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano
in qualunque viale.
Ogni
giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne
incontrano in qualunque viale.
Ogni
giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua
spontanea volontà.
Questo
giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per
chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per
chiunque.
Hortum
septentriones »
«
Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua
natura non
lo voglia.
Tutto
ciò che accade nel giardino resta nel giardino.
Nessuno
è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non
è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque
cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.
I
brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La
vostra natura lo sa perfettamente.
È
possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora
lo si desideri, è possibile alloggiare per una o
più notti nelle
locande.
Non
vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o
documenti.
Il
pagamento varia a seconda delle locande.
O,
per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.
Qualunque
cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il
giardino non conosce queste sottigliezze.
Il
giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi
modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo
certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro
sanno cosa vogliono.
È
presente un registro su cui è possibile rilasciare i propri
recapiti.
Potete
scrivere il vostro vero nome o uno pseudonimo, a libera scelta.
Il
giardino si assume ogni responsabilità sulle conseguenze di
ciò che
lascerete trascritto.
Solo
all'interno di esso, però.
Dopotutto
non si smette mai di girare.
Non
c'è niente di male nel voler sapere.
L'importante
è essere coscienti che a volte la troppa conoscenza uccide.
A
vostro rischio e pericolo.
I
precedenti dei visitatori non hanno alcuna importanza.
Non
nel giardino.
Quelli
appartengono al mondo che lasciate fuori.
Si
invitano i visitatori a non fare totale affidamento al giardino,
e
alla sua stella. Può capitare che si inceppi.
Ma
possono sempre aiutarlo a ripartire.
Un
aiuto, uno sprono, prima o poi, ne hanno bisogno tutti.
Non
vi sono orari di apertura e chiusura del giardino,
né
vi sono restrizioni o discriminazioni per accedervi.
Il
giardino tiene a sottolineare questo particolare all'apparenza
scontato. »
Per
la quarta volta fa scivolare tra le dita le banconote, ma oramai non
conta più. Sa quanto ha ricevuto ma non è questo
che gli importa. A
Kanda, del proprio compenso, non importa niente, fosse stato per lui
non si sarebbe neanche fatto pagare. Il fondatore dell'Hortum
Septentriones ha però insistito tanto, tramite Shinji, di
retribuire
il suo lavoro. Proprio il biondo ora gli sorride, all'entrata,
ammirando assieme a lui il grande cambiamento: l'orologio è
stato
finalmente sostituito. Kanda ha superato se stesso in questo lavoro,
lavorando nei minimi dettagli. Ha mantenuto la grandezza originaria
del vecchio orologio, senza sbagliare di un centimetro, e mantenendo
la forma di stella a dieci punte, come gli era stato richiesto. Ma,
lo si nota al primo sguardo, è ben diversa, di una forma
più
elegante e ricercata, decorazioni che simbolizzano l'importanza avuta
per questa straordinaria commissione, persino le lancette celano un
lavoro ricercato che gli avranno portato via diverse ore di riposo.
Un lavoro paragonabile a quello di Alma, seppur il valore
“affettivo"
sia del tutto diverso. Alma è un tipo di ricercatezza
leggermente
diverso, quello della semplicità, mentre l'orologio, la
stella di
riferimento di tutti i frequentatori del giardino, richiedeva
maestosità, imponenza, accoglienza, anche. Alma racchiude
l'intimità
del ragazzo, l'orologio quel piccolissimo senso di
familiarità verso
chi, come lui, tiene a quel posto. Perché Kanda ormai fa
parte del
giardino e, di conseguenza, di tutte le persone che ne fanno parte.
Verso Shinji, che con i suoi sorrisetti e frasi ironiche ha fatto da
mediatore per tutto il tempo. Verso i clienti che comprano con
entusiasmo le sue statuette di vetro. Verso il fondatore che gli dato
tanto in cambio della sua capacità, e proverbiale pazienza,
di fare
del vetro un'arte attraverso cui esprimere, comunicare, unire. Una
cosa di cui Kanda non si riteneva capace. Forse, il merito va a quel
posto che gli fa da casa, e che non fa discriminazioni d'alcun tipo,
spingendo una moltitudine di gente diversa ad incontrarsi, a
scoprirsi simile, anzi, uguale. Come una famiglia, come una madre che
dà il bentornato a casa ai propri figli. Per uno come Kanda,
questo
tipo di “normalità” è del
tutto nuovo, ma ormai ci è dentro
fino al collo. Ha scoperto all'improvviso di essere come tutti.
Animato da quella forza senza nome, tipicamente umana, che lo spinge
a cercare qualcosa che gli manca, perché ormai le statuette
di vetro
non bastano più. Alma, per quanto sia speciale, non
è altro che
un'esternazione di questo bisogno, un messaggio.
“C'è qualcuno, in
questo mondo, disposto ad essere Alma?”.
Rimette
i soldi in tasca. Per quanto sia una bella cifra, non sa che farsene
di quel premio. Incredibile, comincia a capire che ha un'altra,
impellente necessità, oltre che fare statuette e portare
soldi a
casa per mangiare.
Se
non fosse per il suo orgoglio talmente pronunciato, ringrazierebbe il
boss, come lo chiama Shinji. E non solo lui.
~
Ore 11.24 ~
Lavi
è un tipo di persona che trova facilmente dei motivi per cui
essere
felice. Il fatto di essere vivo, ad esempio, per quanto scontato
sembri secondo molte persone, è già una ragione
sufficiente.
L'odore del caffè è un'altra di quelle cose,
perché è così
incisivo che, sul momento, quasi ti manda in un insolito stato di
estasi, un effimero viaggio verso una dimensione mai visitata ma, in
qualche modo, familiare. I libri, la massima forma di gioia per lui,
rendendoli la sua ragione di vita, il suo pane quotidiano. Grazie a
loro, i viaggi sono più prolungati, e trova innegabile che
l'odore
della carta stampata sia altrettanto afrodisiaco. Lo rende felice
parlare, confrontarsi con gli altri, osservare le reazioni di chi ha
attorno, studiare le persone, perché è curioso di
natura. Per lui,
la felicità è sinonimo di curiosità;
chi non è curioso non riesce
a trovare stimoli, non viene pervaso dall'impulso di indagare su
qualcosa, di affrontare l'ignoto. Essere curiosi è per lui
l'ingrediente base della felicità, entusiasmarsi per ogni
cosa
imparata e farne tesoro non può che rallegrare, anche in
situazioni
che sembrano suggerire il contrario. Forse ciò è
dovuto al suo
essere semplicemente ottimista, alcuni direbbero addirittura che
è
una visione troppo sempliciotta della vita. Eppure, ne è
felice.
Il
suo essere tanto curioso è uno dei motivi che l'ha spinto a
partecipare alle riprese del film “Harriet”, tratto
dal suo
omonimo romanzo. Tyki gli ha presentato tutti i membri dello staff,
gli ha presentato Froi Tiedoll, il regista, uno dei più
rinomati nel
suo campo, ed ha potuto constatare di persona il modo in cui lavora,
affascinante e stimolante. Non trascura niente e nessuno, Tiedoll, e
ha nei confronti dello scrittore la massima considerazione. Ha
richiesto espressamente di visionare gli storyboard preparati per
tutte le scene, se ci fosse qualcosa da modificare, se soddisfacesse
i suoi gusti. Lavi sfoglia il tutto con un piccolo tremore,
è
elettrizzante per lui vedere la propria storia disegnata su carta. La
figura di Harriet è indefinita perché non sanno
ancora a chi
assegnare la parte, sono sole bozze, possono esserci cambiamenti in
qualunque momento, ma tenevano molto a mostrarglieli in via
straordinaria. Se Lavi prova a immaginarsi Rukia, in quei disegni,
gli sembra funzionare tutto ancora meglio, ma non può
sbilanciarsi
per non compromettere i provini che avverranno a breve. Si limita a
riempire di complimenti tutti quanti.
Ha
avuto modo di osservare qualche attrice, all'entrata degli studi,
candidate al ruolo di Harriet. Alcuni visi sono molto più
noti
rispetto ad altri, sicuramente c'è anche qualche
principiante.
Rangiku Matsumoto l'ha riconosciuta subito, seduta ai primi posti,
dicono che sia stata una delle prime ad arrivare. L'ha vista
studiarsi minuziosamente il copione, non ha lasciato trasparire
nessuna nota di nervosismo, solo una vaga eccitazione all'idea di
interpretare un ruolo molto diverso dai soliti. Le altre
parlottavano, ripetevano battute a voce alta, telefonavano ad amici e
parenti per avere incoraggiamento. Di Rukia, nessuna traccia.
Innegabile che abbia voluto vederla in mezzo a quelle ragazze, per
osservare la sua espressione. Si chiede se sia più impaurita
all'idea di affrontare un provino, o elettrizzata. Non gli resta che
aspettarla, vederla varcare quella soglia e sentirla presentarsi in
maniera molto formale. Può vederla lavorare di persona. Una
delle
tante cose che rendono Lavi felice.
~
Ore 11.35 ~
Rukia
si toglie gli occhiali da sole nel momento in cui varca la soglia
degli studi cinematografici che ospitano i provini per l'assegnazione
della parte di Harriet, protagonista dell'omonimo film tratto dal
romanzo di Deak. Howard Link, suo manager da quando ha iniziato la
carriera di attrice, l'accompagna fedelmente e con garbo ad una
postazione libera. È arrivata leggermente in ritardo, a
causa del
traffico cittadino, ma il suo manager si assume tutta la
responsabilità, come in quasi ogni cosa che fa, e cerca di
riscattarsi in qualsiasi modo, portandole un caffè, per
esempio. È
un atteggiamento, a dire della donna, anche buffo e divertente.
Sembra uno studente delle elementari smanioso di prendere bei voti
per rallegrare i genitori. È un bene che una persona tanto
responsabile ed efficiente le faccia da manager.
Diverse
sue colleghe la guardano con timore e rispetto, per via della sua
carriera. Alcune di loro non le ha mai viste, intuisce che siano
delle novizie nel mondo del cinema, e quindi, probabilmente, la
vedono come un modello. Altre la salutano, felice di vederla come
loro, in balia di giudizi di perfetti sconosciuti. Rangiku Matsumoto
si è precipitata da lei, le sorride estasiata, attacca
bottone
facilmente e trova sempre argomenti su cui parlare, instancabilmente.
«Che
coincidenza trovarti qui!»
«Già.»
Rukia la scruta con attenzione. È bella, davvero, come se ne
vedono
poche in giro. Ricorda che, su una rivista, è stata eletta
una delle
attrici più belle e avvenenti, come dar torto. Ha visto ogni
film
nei quali ha recitato e, nonostante i modi diversi di lavorare,
ammira il suo modo di fare disinvolto, come se non si sforzasse per
niente a prendere in prestito identità altrui. Per lei
dev'essere un
divertimento, mentre Rukia la vede come una necessità, un
bisogno
insopprimibile di essere qualcun altro, di tanto in tanto,
perché a
volte la propria persona, il proprio carattere, diventa pesante da
sostenere. Forse una personalità del genere
piacerà molto ai
produttori e al regista Tiedoll, e le assegneranno la parte. E a
questo punto il carattere di Rukia, non di Mai Shirafune o di qualche
personaggio da lei interpretato, diventa fin troppo competitivo.
Diventa presuntuosa, se ne accorge benissimo ma la sua natura non
può
nascondere questo sentimento. Vuole quella parte e vuole che Lavi la
veda in quella veste. Per una volta, vuole sentire i complimenti di
una sola persona. Il perché è complicato da
spiegare; non sa
nemmeno come definire il rapporto che ha con quell'uomo. Fidanzati
no, affatto. Amici neanche. Amanti, forse. Ma un amante non lo si
considera certo in questo modo, collocandolo, addirittura, al centro
di un obiettivo da raggiungere. La sua natura non riesce a fare
diversamente. Ipotizzare che sia spinta da un sentimento come l'amore
la disorienta. È forse innamorata di quell'uomo? A tal
punto? L'idea
un po' la spaventa. Dipendere fino a tanto da qualcuno è per
lei
quanto di meno auspicabile, poiché in questo modo il suo
essere
attrice la divorerebbe. Recitare per un film è una cosa
diversa,
naturalmente, immedesimarsi negli altri è divertente e
stimolante,
ma un compagno accanto per chissà quanto tempo la
costringerebbe per
forza di cose a correggere certi atteggiamenti, a cambiare, a
indossare maschere ovunque, se necessario. Per Rukia, l'amore, il
rapporto di condivisione tra due persone tanto intimo, è
simile a un
palcoscenico dove è impossibile essere totalmente se stessi.
Non
crede alle dicerie romantiche su “un uomo davvero innamorato
accetta tutto di te, i pregi ma soprattutto i difetti”.
È una
menzogna, si dice. I difetti si possono sopportare, fino a un certo
punto, ma accettare no, è fuori discussione. A lungo andare,
ci si
ritroverà costretti a modificare dei tratti distintivi della
propria
natura, e basta già questa affermazione a spiegare tutto. Se
esistesse davvero un uomo simile, sarebbe bello. Ma la
realtà è ben
diversa da un film. Persino il giardino non può arrivare a
tanto.
Eppure, per Lavi sente di provare qualcosa di simile, che non sa come
definire esattamente. Amore? Passione? Semplice infatuazione? E lui,
cosa ne pensa?
Discuterne
con lui le fa paura. Potrebbe rovinare tutto, l'attrazione, la
complicità, l'intimità raggiunta con lui. Le cose
funzionano
benissimo anche così. Non è necessario tirare
troppo la corda.
Meglio concentrarsi sul provino.
Al
contrario delle sue colleghe, non ripassa il copione e continua a
conversare con Rangiku. L'altra è felicissima di
partecipare, spera
di ottenere la parte, come tutte, ovviamente.
«Darebbe
una bella svolta alla mia carriera, non ho mai interpretato ruoli
simili. Ho letto il libro, naturalmente, in vista del provino.
Chissà
che tipo è chi lo ha scritto.»
«Tu
chi pensi che sia?»
«A
giudicare dal libro, secondo me è un po' uno spirito
ribelle.
Harriet è un personaggio strano, sembra che viva senza
nessuna
regola specifica, se non quella di cercare la felicità.
Bè, quella
la cercano un po' tutti, ma da come è scritto il libro,
sembra
essere indispensabile, il che è una cosa bella. Ma Harriet,
ecco...
ha modi strani di cercare questa felicità.»
«Che
vuoi dire?»
«Per
esempio quando è al cinema e si mette a piangere. Per chi
lavora nel
mondo dello spettacolo come noi è senza dubbio bello vedere
che c'è
gente tanto sensibile su questo punto, ma per come la vedo io,
è
incredibile. Sembra un'utopia. “Non di solo pane vive
l'uomo”,
hai presente? Ecco cosa intendo. Essere felici solo di una cosa a me
sembra impossibile. Devo ammettere che non capisco pienamente la
protagonista, ma farò del mio meglio. Mi interessa molto un
ruolo
del genere, sarebbe bello interpretare una persona simile.»
Rukia
annuisce di rimando. In parte capisce cosa intende e in parte non
è
d'accordo. Lei si è emozionata moltissimo quando ha letto la
scena
del cinema, è pronta a giurare di aver avuto le lacrime agli
occhi,
al momento della lettura. Vivere in prima persona un'esperienza
simile sarebbe un onore. Ed è pronta a scommettere che anche
Lavi si
senta così quando, al cinema, vede un film che lo colpisce
così nel
profondo. Ha una spiccata sensibilità per certe cose, ha
notato. È
stata a casa sua pochi giorni fa e ha visto che i bucaneve sono
ancora lì, tenuto in ottimo stato e in bella mostra. Vive in
una
casa disordinata e caotica, ma le cose belle vengono trattate come
meritano, con riguardo. Apprezza molto questo suo lato.
Rangiku
viene chiamata prima di lei. È appena uscita dalla sala dei
provini
una donna, sicuramente più giovane di lei, delusa. Tutte le
altre
accorrono per consolarla, il provino è andato evidentemente
male, la
parte non le è stata assegnata, ma stando a quanto racconta,
non si
sono accontentati di dirle “le faremo sapere”. A
quanto pare,
Lavi è una persona che non si fa problemi a mostrare il
proprio
dissenso, anche se ciò significa ferire qualcuno. Rukia non
ha paura
di questo, sa da tempo cosa lo scrittore pensa di lei. È,
piuttosto,
curiosa di vedere la sua espressione, quando se la troverà
davanti a
recitare, e cosa potrà dire. Cerca di nascondere un sorriso
divertito. Non vuole godere della disfatta di quella povera ragazza,
né sente il sapore di una vittoria. È solo
divertita da lui, che
non si smentisce mai. È stimolante come la prima volta che
l'ha
incontrato, al giardino, e si sono messi alla prova citando un libro
che conoscono a memoria per ovvi motivi, per poi scoprirsi, man mano,
laddove non c'è spazio per maschere, dove cercare la
felicità non è
utopia.
Fanno
uscire Rangiku dopo un'ora e mezza, al suo posto entra un'altra
veterana. Non si riesce a capire come sia andata, dalla sua
espressione, e lei non si sbottona. Non con tutte. Sorride a Rukia,
sedendosi accanto a lei.
«Com'è
andata?» le chiede, seriamente curiosa.
«Temo
che non sia andata come speravo. Tutti gli altri erano abbastanza
soddisfatti, ma... sai che c'è anche Deak, l'autore di
“Harriet”,
a vedere i provini?»
«Sì,
l'avevo intuito.»
«Ecco,
lui non sembrava molto convinto. Mi ha fatto un sacco di domande su
cosa penso della protagonista e del libro in generale, su cosa penso
sia la recitazione, su cosa voglio comunicare, sul perché
voglia
questa parte. Io ho risposto che mi hanno chiamata proponendomi di
partecipare e ho accettato perché mi è sembrato
stimolante, un
ottimo ruolo. Insomma, del provino di per sé non ha parlato
molto,
mi fissava peggio di un avvoltoio, ma non ha detto niente a riguardo.
Visto che lui è l'autore, ovviamente lo tengono in gran
considerazione, quindi mi sa che non mi prenderanno. Ma tutto
sommato, mi è andata meglio di altre... ad alcune ragazze
che si
sono presentate prima di me, le ha fatte nere.»
«Immagino
che per il film tratto dal suo libro sia molto pignolo.»
«Spero
che non ti torturi psicologicamente. Ormai sei l'ultima, e le altre
se ne stanno andando, ma io resto ad aspettare qui. Voglio sapere
subito come ti andrà.»
Parla
senza rancore, con una complicità inusuale per chi si
conosce
appena, eppure ha davvero voglia di fare il tifo per lei. Non
è
minimamente mossa da spirito di rivalità, anzi la incoraggia
a dare
il meglio di sé. Forse, in cuor suo, Rangiku spera che Rukia
si
aggiudichi quel ruolo perché lo merita meglio delle colleghe
che ha
appena visto, troppo inesperte o inadeguate a una parte simile.
Quando viene chiamata, le dà una leggera spinta, augurandole
di
tutto cuore buona fortuna. Non è affatto una cattiva
persona.
Chissà, magari sarebbero ottime amiche, all'infuori dei set
cinematografici, ma Rukia adesso ha altro per la testa.
Appena
varcata la soglia, incrocia subito il suo sguardo. Le ha sorriso,
seppur in maniera flebile. È seduto accanto a Froi Tiedoll,
il
regista, dietro un'ampia scrivania. La sala è completamente
bianca,
altri collaboratori siedono attorno, una sedia, poco distante,
aspetta solo lei. Posa la borsa per terra e si accomoda, attendendo
un cenno. Di colpo, il nervosismo arriva, e Lavi non può
aiutarla
più di tanto, se non parlando.
«Buongiorno,
signorina Shirafune. La ringrazio di aver accettato di venire
qui.»
«Grazie
a lei per avermi dato questa occasione.»
«So
che ha già avuto modo di collaborare con il maestro
Tiedoll.»
«Sì,
ho molti bei ricordi legati a lui e ai suoi film. Mi ha insegnato
molte cose che ancora oggi mi aiutano nella mia carriera di attrice.
Spero che anche stavolta potremo dare vita ad una solida
collaborazione.» Tiedoll sorride compiaciuto, felice di
rivederla e
di constatare che il piacere di aver lavorato insieme è
corrisposto.
«Mi
scusi se vado subito al sodo, ma le andrebbe di cominciare subito con
il provino?»
«Sono
qui per questo.»
«Avrà
avuto modo di studiare il copione, giusto? Le chiedo di interpretare
per un momento Harriet, alla scena della caffetteria. Dia pure
un'occhiata allo storyboard, per farsi un'idea della
scenografia.»
Cala
un silenzio innaturale mentre sfoglia le bozze delle scene, e durante
la pausa che precede il provino. La sala è vuota, non
può che
immaginarsi i vari mobili che compongono una caffetteria e regolarsi
di conseguenza. Deve sparire tutto di lei, in quel momento. La sua
borsa, ora, è come se non ci fosse, e non è
più un'affermata
attrice dai capelli neri, a caschetto, ma una ragazza bionda, dai
modi di fare ambigui per la società in cui vive, alla
costante
ricerca di qualcosa che la completi. Conosce bene quella scena, ha
letto il libro chissà quante volte. Gli assistenti di
Tiedoll si
improvvisano comparse, lui supervisiona il tutto, dà il via,
mentre
Lavi tace e osserva, senza staccarle gli occhi di dosso un minuto.
Mai Shirafune non c'è più. Harriet ha preso vita
davanti ai suoi
occhi, e questo gli provoca un'emozione indescrivibile.
Lo
intuisce da ogni singolo movimento. Il modo in cui accavalla le gambe
è completamente diverso, e nel libro ha solo fatto
descrizioni
sommarie riguardo il modo di sedersi della sua protagonista. Il modo
di parlare, di sorridere, di guardare. Guardando i film nei quali
aveva recitato aveva già capito il suo metodo di approccio
nei
confronti delle parti assegnate, ma vederlo dal vivo è, per
lui,
molto diverso. È come se la vedesse recitare per la prima
volta.
Prova un gran desiderio di alzarsi ed applaudire, ma si contiene, lui
deve solo guardare e dare un'opinione quando gli viene richiesto, al
massimo fare domande alle attrici. Tuttavia, in cuor suo, vorrebbe
già assegnarle la parte. Perché è
brava, Rukia. Oppure,
probabilmente, è di parte perché per lei prova
qualcosa di diverso
dalla semplice ammirazione. Innamorato, forse. Ma ha paura di
ammetterlo e anche di provare un simile sentimento. Inoltre, non
vuole procurare problemi a Rukia a causa di questa situazione che si
è andata a creare tra loro. Conosce bene i comportamenti dei
malpensanti e delle malelingue. È sempre ben attento a non
farsi
riconoscere quando la incontra, tranne all'Hortum Septentriones, dal
momento che in quel posto non si pongono domande su chi incontra chi,
solitamente sono presi da altri pensieri. Il mondo dello spettacolo
sa essere fin troppo spietato, e non vuole certo essere lui la fonte
della sua rovina. Perché la ammira davvero come attrice. E
ne è
anche innamorato, probabilmente.
Il
provino prosegue per altri dieci minuti, finché chiedono
all'attrice
di sedersi. Tiedoll continua a tenere le redini del colloquio, con un
sorriso. Conosce Mai Shirafune da parecchio, sa come lavora ed
è
felice di notare che in lei niente cambia, nel lavoro. Rivolge uno
sguardo allo scrittore, facendogli cenno che dovrà
parlargli, in
seguito.
«Ora
dovremmo porle delle domande, signorina. La prego di rispondere in
totale onestà.»
«Sì.»
«Cosa
pensa di Harriet come personaggio, dei suoi comportamenti?»
Non
è un problema per lei rispondere. Sorride, non si sofferma
ad
osservare Lavi più di tanto, sul momento. «Penso
che lei sia un po'
parte di tutti. La sua ambizione è trovare la
felicità, ma allo
stesso tempo, non vuole trovarla, non subito, perché
è proprio la
ricerca ciò che la rende felice. Nel corso della storia
matura con
il lettore, alcuni restano un po' indietro, magari, ma fa parte del
percorso dell'essere umano, non tutti sono uguali, naturalmente. Lei
vive secondo canoni puramente personali, facendo scelte che possono
far storcere il naso e lasciare perplessi, ma vive pienamente le
emozioni e ciò che la circonda. Il rapporto col suo amico
d'infanzia, ad esempio. Si ritrovano in un'unica occasione nella
quale cedono ad una passione inusuale per due amici; un comportamento
che potrebbe addirittura disgustare qualcuno. Ma loro sanno cosa
cercano e sanno cosa e chi seguire per raggiungerlo. Per come la vedo
io, Harriet è una persona che impara a crescere e maturare
come
tutti, fino a diventare una Donna. Leggendo il libro, mi sono sentita
una sua amica, una madre, seguirla nel suo viaggio mi ha permesso di
comprendere sentimenti che mai avevo contemplato prima e mi ha anche
resa fiera, nel leggere la conclusione del libro. Si percepisce il
suo cambiamento, agli occhi di qualcuno potrebbe ancora mancare quel
qualcosa che la faccia arrivare alla perfezione, ma in cuor suo ormai
si sente una donna finalmente matura, la quale non ha più
bisogno di
consensi per poter andare avanti.»
Tiedoll
annuisce soddisfatto, non aspettandosi niente di diverso. Avendo
già
lavorato con lei in passato, sa che ha una notevole capacità
di
riuscire a pensare come gli altri, di prenderne davvero il posto e di
parlare per qualcun altro, quando il lavoro lo richiede. Si volta
verso i propri collaboratori, chiedendo se qualcuno ha altre domande
da porre, si rivolge anche a Deak. Lui però si stringe
lievemente
nelle spalle, storce le labbra, come se non fosse contento. In
realtà
gli viene da sorridere e sicuramente a lei
non è sfuggito il sorriso che aveva fino a poco prima.
L'unica cosa
che si decide a chiedere non è una domanda sul libro e sui
personaggi, come ha fatto con altre sue colleghe. Chiede un minuto
contato di improvvisazione. È curioso di vedere come se la
cava
quando non ha copioni da rispettare. Lei annuisce con un sorriso che
lui conosce fin troppo bene, divertito, lo stesso che fa quando si
ritrovano da soli, al giardino, e le fa un complimento, o quando si
accorge che vorrebbe baciarla e nient'altro.
~
Ore 12.30 ~
Le
strade della città gli sembrano sempre più
grigie, rispetto al
giardino. Guarda le vetrine, incrocia qualche sorriso, nota del
quieto vivere, ma Shinji non sembra convinto. Si guarda attorno come
se si sentisse osservato. Percorre quella strada diverse volte,
è
una scorciatoia per la casa del fondatore dell'Hortun Septentriones.
Oggi si ferma a pranzo da lui. Il boss, come gli piace chiamarlo,
muore dalla voglia di sentire se ci sono novità al giardino,
se i
frequentatori stanno bene. Li sente un po' come se fossero figli
suoi, una cosa che lo intenerisce. E lui dev'essere il prediletto, se
ha il permesso di incontrarlo di persona e parlarci a quattro occhi.
C'è anche Kanda, a dire il vero, ma lui non sa bene come
definirlo.
Gli sembra diverso rispetto a quando lo aveva conosciuto, poco ma
sicuro, non più una bambola. Anche le statue che realizza
gli
sembrano differenti, più belle, forse complete. Merito del
giardino,
indubbiamente, per uno che ci vive dentro ventiquattro ore su
ventiquattro dev'essere un salto di qualità non da poco. Se
davvero
i frequentatori sono i figli del fondatore, Kanda dev'essere quello
disciplinato, che porta sempre i compiti fatti, non parla a voce
troppo alta, non provoca guai, mentre Shinji è
più simile alla mina
vagante. Ha cambiato casa, tanto per cambiare. Adesso vive in una
palazzina a pochi metri dal giardino, così può
vederlo ogni volta
che vuole e gli sembrerà di viverci, in un certo senso.
Spera che
grazie a questo sistema eviterà di traslocare un'altra
volta, inizia
ad essere stufo di questi continui cambiamenti. Vorrebbe trovare un
posto dove non sente la necessità di capovolgere niente, e
oltre
all'Hortum, non ha trovato altro. È ora che si stacchi un
po'
dall'ala protettiva di quel posto e del boss. Casa sua gli piace
molto, ad esempio, ma non può di certo andare a vivere
là. Una
volta non restava a pensarci più di tanto. Dev'essere
cambiato,
maturato, in un certo senso. Ma non sa quanto durerà questa
situazione, e i tempi troppo prolungati non gli sono mai piaciuti.
Sospira,
cammina a passo sciolto, quasi si faccia trasportare da qualcun
altro. Hanno aperto un nuovo negozio, nota, le vetrine espongono
gioielli non troppo costosi, di quelli fatti con materiale semplice
che chiunque potrebbe usare nella vita di tutti i giorni, e
accessoria in generale. Guarda le vetrine e subito pensa a lei.
A
Momo piacevano molto i fermagli.
All'inizio
della loro relazione le faceva spesso regali. Momo poteva vantare,
grazie a lui, una vastissima collezione di fermagli. Aveva un sorriso
modesto, ma davvero felice, quando si ritrovava per le mani il regalo
tutto impacchettato. Col tempo i regali si erano fatti più
rari, ma
sempre importanti, fatti quando meno se lo aspettava, così
non si
viziava troppo, anche se era un aggettivo comunque molto lontano da
lei. Vedere quegli oggetti ora gli provocano uno strano magone, non
può essere nostalgia, no. Dev'essere colpa del lungo periodo
di
ragazzo libero, l'astinenza, direbbe qualcuno. Non è il
piacere
sessuale che cerca, Shinji. Vuole semplicemente smetterla di
capovolgere tutto, non così tanto spesso, almeno. Sa che
è stato
proprio questo lato del suo carattere la causa della rottura con
Momo. Cinque anni passati così, per chi non è
abituato, è dura da
sopportare, e infatti la storia non ha visto un lieto fine. Ricorda
bene la dinamica, di fronte a casa sua. Dopo avergli comunicato come
stavano le cose, non gli chiese niente, andandosene a passo veloce,
quasi volesse scappare. Pianse anche, una volta voltatasi. Sul
momento, Shinji non riuscì a capirla. Era stata lei a
lasciarlo,
dunque perché piangere? Perché essere tristi,
quando si decide di
chiudere una relazione? Quando lo fai, è perché
non ami più quella
persona, e quindi di colpo perdi la sintonia, non riesci più
a
vivere in simbiosi con lui, non hai più quel qualcosa che
colmava i
difetti dell'altro. Non c'è più alcuna ragione di
piangere per
un'altra persona. Quel giorno non indossava fermagli.
Cinque
anni racchiusi in un oggetto piccolissimo a portata di tutti. Sembra
uno strano scherzo del destino.
Come
lo è vedere proprio quella persona uscire proprio da quel
negozio. Per un'istante è come impietrito, non sa se voltarsi
e fare finta di
non conoscerla o sbracciarsi in saluti. Tiene le mani salde nella
tasca e la guarda, sempre con lo stesso viso. Non piange, stavolta,
ed ha un pacchetto tra le mani, è pronto a scommettere che
abbia
acquistato un fermaglio. Ne indossa uno anche oggi e, sorpresa,
è
uno di quelli che lui le ha regalato, come se ci fosse ancora un
legame tra loro. I loro sguardi si incrociano, ma Momo stavolta non
piange. Si sorprende, invece, infine sorride.
«Hirako...?»
Annuisce,
lui, ormai non ha più vie di fuga. Non può
semplicemente voltarsi
ed andarsene, ma non ha nemmeno voglia di tornare a quei cinque anni
di relazione che, a lungo andare, lo hanno fatto sentire
intrappolato. Non la ama, se ne rende conto. Meglio solo, pensa, puoi
fare quel che vuoi. Quella ragazza si era fatta delle aspettative
troppo grandi per lui, voleva costruisce una vita salda in cui non
è
possibile girare le cose a proprio piacimento. Shinji non è
ancora
pronto per una cosa del genere, lui che ha fatto l'ennesimo trasloco.
«Quanto
tempo. Come stai?»
«Bene.
Ho appena traslocato, ma mi sono già sistemato abbastanza
bene. Tu
come te la passi?»
«Sto
bene. Oggi volevo approfittarne per fare un po' di compere,
è
l'unico giorno libero che ho dal lavoro. È un bene che
questo
negozio abbia aperto, altrimenti avrei continuato a fare acquisti su
internet. Preferisco respirare aria buona mentre compro qualcosa.
Sai, mi hanno promossa a segretaria del presidente della
società.»
«Congratulazioni.
E per il resto? Come va?»
Una
domanda che poteva evitare. Poteva intuirlo da solo, ma
quell'incontro gli ha sconvolto i sensi. È la prima volta
che tutto
si capovolge senza la sua volontà, ed è una cosa
che lo spiazza, lo
innervosisce addirittura, la vede come una debolezza. Lui è
uno che
li nota, i particolari, anche se sono piccoli, era questo a
permettergli di fare sempre centro, coi regali di Momo. Lui avrebbe
notato a colpo d'occhio l'anello al dito.
«Tra
due mesi mi sposo.»
Alla
fine, lei pianta radici, senza di lui. Riesce ad andare avanti. Le
lacrime che le vide quando lo lasciò gli sembrano lontane,
ora, come
se fossero state soltanto frutto di un sogno. Ha un viso sereno,
adesso, per nulla paragonabile a quello che aveva quando si vedeva un
regalo per le mani. Sa bene perché. Momo aspettava ormai da
tempo di
indossare un anello di fidanzamento e di annunciare ad amici e
parenti le nozze. Può immaginare quanto sia contenta e che
tipo di
cerimonia sarà, semplice e modesta com'è sempre
stata lei, si
concederà un lusso enorme solamente per il vestito da sposa,
ora che
fa la segretaria potrà permettersi un abito da regina.
Chissà chi è
il futuro marito, ma Shinji non le chiede il nome. Non è
tanto
stupido da essere geloso di qualcuno che non conosce, con lei
è
finita molto tempo fa. Non se la sente di vantarsi dei suoi successi
e della sua vita, come farebbe, con ogni probabilità,
qualunque ex,
per riscattarsi dall'abbandono subito. Tuttavia lui non ha voglia di
prendere in giro nessuno, né di girare tutto a suo favore,
tanto non
ci riuscirebbe. Però, saperla così serena gli
provoca altre
sensazioni fino a quel momento troppo astratte. Sente un vago senso
di pace, a guardare una persona tanto tranquilla. È giusto
che abbia
una sua vita. Momo alla fine si sposa davvero, il suo grande sogno,
quello di diventare una brava moglie e una brava madre, si realizza.
Lui non è stato in grado di aiutarla a realizzarlo, ma,
adesso lo
sa, è contento del fatto che sia riuscita a tirare avanti
comunque e
a trovare qualcuno disposto a dedicarle davvero tutto se stesso.
Shinji, purtroppo, ancora non riesce ad fermare quell'atipica forza
che ha dentro con una vita fatta di ritmi regolari e prevedibili. Ma
non significa che non abbia provato mai niente nei suoi confronti. Ed il
sorriso di Momo, adesso, che gli chiede come gli vada la vita, con la
semplicità che le è sempre stata tipica, gli fa
capire che anche
lei, nonostante come sia andata tra loro, ricorda senza rancore la
loro relazione. Sono stati cinque anni importanti che non intendono
buttare, perché li ha aiutati, a modo loro. Momo si sposa,
lui
continua la sua vita di confidente del fondatore, e adesso non gli
pesa più il suo continuo traslocare. Lo farà
quando ne sentirà la
necessità, non è un problema. Anche quello
è un capovolgersi
continuo in cui è abituato a vivere, che lo rende lui,
Shinji
Hirako.
Si
salutano dopo una veloce conversazione. Lei ha molto da fare per
l'imminente matrimonio, lui rischia di fare tardi per il pranzo, e se
tarda, il boss è capace anche di non fargli mangiare i suoi
dolci
preferiti. Non hanno mai menzionato qualche particolare sulla loro
relazione, ma si può dire definitivamente chiusa. Non si
è mai
sentito chiamare per nome da lei, ma non è più
così importante. Si
è definitivamente sciolto da lei e dai suoi ricordi. Momo
può
indossare tutti i fermagli che vuole, regalati da lui, se le fa
piacere, la cosa non lo ferisce. Adesso sono solo oggetti graziosi
che le piace indossare, non sarà certo un pericolo per le
nozze che
ha sempre sognato. E lui ormai non ha più bisogno di dirle
niente,
di farle pagare nulla, di rimpiangere, di ricevere risposte che non
servono o di darle certezze troppo lontane perché possano
contare
ancora qualcosa.
Ti
ho amato davvero, Momo.
Finalmente
anche lui sa cosa ha provato per lei in cinque anni, con chiarezza.
Ed il fatto che tutto questo sia successo al di fuori del giardino,
gli fa ben sperare in un prossimo grado di maturità. Il
“papà”
sarà contento, quando glielo racconterà.
~
Ore 13.00 ~
Rangiku
ha aspettato davvero. Appena vede la porta aprirsi, si precipita a
chiedere come sia andata. Rukia si sente leggermente a disagio,
quella donna si comporta come se fosse una sua grande amica, eppure
non la conosce, se non per qualche saluto di circostanza quando
è
capitato. Resta sulle sue nei primi momenti, poi piega le labbra in
un sorriso eloquente: ce l'ha fatta. Interpreterà Harriet
nell'omonimo film diretto da Froi Tiedoll, tratto dal romanzo di
Deak. Potrà vestire i suoi panni per un intero
lungometraggio.
Quando è le stato comunicato, Lavi ha mantenuto un certo
distacco,
ha sì applaudito come tutti ma non si è lasciato
andare ad ovazioni
eclatanti. A lei era bastato il suo sorriso sghembo, per capire
quanto era felice della cosa, e ha apprezzato molto il fatto che lui
non si sia minimamente intromesso nella scelta, lasciando parlare gli
altri. Le avevano accennato che lui aveva fatto il suo nome per i
provini, ma durante gli stessi non ha mai lasciato intendere una
preferenza assoluta. Ha osservato le altre scrupolosamente e non ha
trascurato nessuna. Anzi, comunica a Rangiku che per il film le
verrà
assegnata comunque una parte, dunque lavoreranno insieme. Si lascia
andare alla gioia di quella donna tanto splendida ed esuberante,
molto diversa da lei, un corpo da mozzare il fiato, un atteggiamento
che le procura corteggiatori da ogni parte, una carriera luminosa e
stimolante che rende la sua vita completa. Pensarla come amica e
confidente dopotutto non dispiace a Rukia.
Decidono
di prendere un caffè insieme e si dirigono insieme verso
l'uscita
degli studi, una volta indossati i cappotti. La porta della sala
provini è rimasta aperta e lo vede, mentre conversa con
Tiedoll,
totalmente immerso nel lavoro che deve fare. Lo osserva con
attenzione, lo ha fatto infinite volte, mentre lui dormiva, mentre
facevano l'amore, mentre parlavano. Lavi non mette mai le mani in
tasca ed anche stavolta sono libere, si muovono nell'aria come dotate
di vita propria, le trova incantevoli. Indossa, stavolta, guanti che
lasciano scoperte solo quelle dita di fuoco, lunghe e un po' ruvide
al tocco, maestre nel toccarla e perfettamente a loro agio sul suo
corpo, come se avessero aspettato, per tutta la vita, di toccare
esclusivamente lei. Guarda Lavi, guarda anche il suo viso, il suo
occhio verde, i suoi capelli rosso sangue, la sua statura importante
per la sua età, e pensa che, nel profondo, un sentimento
simile
all'amore c'è. Aggiunge un “forse” per
non sbilanciarsi, sarebbe
troppo pericoloso altrimenti. Ma lei e Harriet sono simili, in questo
senso. Per entrambe, la bellezza dell'amore, sentimento tanto
astratto, è proprio questo, il non riuscire a definirlo, il
seguirlo
e basta, come detta la loro natura, la quale non ha bisogno di
spiegazioni, sa e agisce.
Si
volta per caso, lui, incrocia il suo sguardo di sfuggita, un attimo
sufficiente a ricambiare il sorriso. Si vedranno dopo, al giardino. E
anche in quel caso, non avranno bisogno di parlare o di citare
romanzi.
Il
film è appena agli inizi, ma Lavi si rende conto di quanto
sia
faticoso realizzarne uno. A confronto, scrivere libri è poca
cosa.
Ci sono problemi, gli viene detto, quei classici contrattempi
imprevedibili che inizialmente spiazzano e confondono circa la strada
da percorrere.
«Abbiamo
assegnato quasi tutte le parti, tranne una, cioè l'amico
d'infanzia
di Harriet. L'attore a cui avevamo proposto la parte, l'ha
rifiutata.»
«E
immagino che non abbiate pensato a nessun'altra alternativa.»
«Purtroppo
è così. E in cuor mio, non vorrei omettere niente
del suo libro,
non voglio ritrovarmi a dover eliminare una scena solo
perché manca
un attore. Ma non riesco a pensare a nessun altro per quella parte.
Forse dovremmo organizzare dei provini anche per loro, anche se
questo ritarderebbe un po' le riprese.»
«Credo
che non sarà necessario.» Lavi sorride
maliziosamente e con
determinazione. «Per questi provini non ho voluto interferire
più
di tanto, limitandomi -e, devo ammettere, anche divertendomi, mi
perdoni- a far capire ad alcune attrici smaniose che non possono fare
tutto. Diciamo che oggi sono venuto per pura curiosità e per
semplice constatazione dei fatti. Lei, Tiedoll, che ha già
lavorato
con Mai Shirafune, sa che tipo di attrice è.»
«E
non mi ha deluso nemmeno stavolta. Ammetto che era già mia
intenzione proporle la parte, senza fare provini, ma lei mi ha
preceduto, signor Deak, facendo il suo nome. I miei collaboratori
però avevano proposto anche Rangiku Matsumoto, e ci siamo
trovati a
organizzare questi incontri per accontentare tutti. Sono contento che
la signorina Matsumoto lavorerà con noi, ma tornare a
collaborare
con Mai Shirafune mi rende felice, soprattutto per un'opera come
questa.»
«Anch'io
sono un ammiratore della recitazione di Mai, e sono anche convinto
che Matsumoto, nonostante non sarà la protagonista,
farà un lavoro
che soddisferà tutti. Per questa parte che è
fonte di problemi
adesso, però, le chiedo di accontentare il mio
“capriccio”. Ho
in mente la persona perfetta ma, in questo caso, dovete essere
disposti a darmi completa fiducia.»
«Da
come parla, sembra che mi stia proponendo una persona che non ha
esperienza nel mondo del cinema.»
«Già.
Ma mi creda, è ciò che fa al caso nostro. Lo
incontri, parli con
lui, gli faccia girare qualche scena. Capirà anche lei che
cosa
intendo.»
~
Ore 14.40 ~
Ichigo
non è in casa. Dopo la scuola, ha pranzato velocemente ed
è corso
fuori, dicendo che faceva una passeggiata. Sicuramente va a
incontrarsi con quella ragazza dai capelli lunghi e lo sguardo
innocente. La classica “brava ragazza della porta
accanto”, che
ridere. A Grimmjow rode, questo agire lontano dai suoi occhi. Il
fatto che gli nasconda i propri pensieri, adesso, lo ferisce
nell'orgoglio. Ichigo non ha mai avuto bisogno di nascondergli nulla,
sapendo che lui c'è sempre, solo lui è
costantemente presente nella
sua vita, l'unico in grado di aiutarlo. Questa nuova presenza, ormai
diventata ossessiva nei suoi pensieri, per giorni gli ha fatto venire
alla mente idee assurde e meschine, deve ammettere. Per esempio,
rubare il cellulare di Ichigo e scriverle spacciandosi per lui, o
sorprenderla per strada, al giardino, e metterle in chiaro che non
deve impicciarsi, che è lui ad occuparsi di quel ragazzo
tanto
sfortunato. Ma una cosa simile al giardino non potrebbe mai farla,
non è tanto stupido da rovinare la bellezza dell'atmosfera
di quel
posto. Né è tanto infame da fare le cose
all'oscuro del suo
coinquilino. Almeno lui, certe cose, non le fa. Ichigo dovrebbe
imparare a fare altrettanto. Non capisce proprio di cosa abbia paura.
Ammette di non essere il massimo della compagnia in alcuni argomenti,
ma non si sarebbe di certo tirato indietro se Ichigo gli avesse
detto, onestamente, “ho incontrato una ragazza che mi
interessa.
Come mi comporto con lei?”. Non è un Cupido, e
forse avrebbe fatto
comunque fatica ad accettare la cosa, ma stando così le
cose, è
impossibile accettarlo. Non vuole rischiare di perdere una persona
che contribuisce a farlo sentire re, anche senza troni, anche se
è
un semplice meccanico che lavora in un'officina di seconda mano a
riparare macchine come un automa. Non è ricco, tutt'altro,
non ha
corone, non fa gite a cavallo, non organizza battute di caccia per
ridere con gli amici -e l'idea della caccia lo disgusta di per
sé,
volendo essere onesti- non si affaccia ad un balcone facendo grandi
discorsi al popolo. Ma si sente comunque un re, Grimmjow, anzi,
è
così che vede un re. Non un riccone che fa leggi a caso e si
gode la
vita nel suo palazzo, ma una persona che si fa coraggio e si prende
la responsabilità di essere un punto di riferimento per
qualcuno.
Lui ce l'ha, la forza per andare avanti, se qualcuno non riesce
più
a seguirlo, trova sempre una qualche maniera per non lasciarlo
indietro. Ichigo, al contrario, no, non può ancora farcela
da solo.
Ma invece di un re, è andato a cercarsi una regina. E
Grimmjow non
riesce a trovare una soluzione, cosa che lo fa arrabbiare ancora di
più.
Il
telefonino gli dà una piccola pausa. Sul display illuminato
leggere
un numero che non conosce, fa spallucce e risponde un po' annoiato.
«Pronto?»
«Parlo
con Grimmjow Jaegerjaques?»
«Sì,
chi parla?»
«Tyki
Mikk. Ci siamo incontrati al giardino della stella polare,
ricordi?»
«Certo.
Sei l'editor di Lavi. Fammi indovinare, ti ha dato lui il mio numero,
giusto?»
«Sì.
Vorrebbe vederti.»
«E
non può chiamarmi direttamente lui?»
«C'è
di mezzo il lavoro ed è meglio se te lo spiego io. Lavi, a
volte,
quando si entusiasma troppo non si cura neanche di farsi capire nel
discorso.»
«D'accordo,
ma quindi?»
«Ti
devo fare una domanda, tu rispondimi sinceramente.» si prende
una
piccola pausa prima di riprendere a parlare. Grimmjow intuisce da
sé
che c'è qualcosa di diverso nell'aria, si sente vagamente
agitato, o
euforico. Dipende da come si vuole vedere la cosa. «Ti
piacerebbe fare l'attore?»
Il
ragazzo sgrana gli occhi incredulo. Di tutte le domande strane che si
è sentito rivolgere, quella le batte proprio tutte.
«Che?»
«Recitare
in un film. Ti piacerebbe?»
«Non
ho mai recitato da nessuna parte, io.»
«Ma
a te piacerebbe l'idea di farlo?»
«Bò.
Forse. Ma che ne so, non ci ho mai neanche pensato. E poi ho
già un
lavoro, mica posso mollare l'officina così di colpo per fare
un
film.»
«Di
quello eventualmente me ne occupo io. Adesso pensa solo a quello che
vorresti fare. Sai che faranno il film di Harriet, no?»
«Sì,
Lavi me lo aveva accennato.» nel frattempo si passa il
cellulare
all'altro orecchio, aprendo con la mano libera il frigorifero, alla
vana ricerca di qualcosa da mangiare. Ha improvvisamente bisogno di
zuccheri.
«Hai
letto il libro, vero?»
«Certo.»
«Hai
presente la scena con l'amico d'infanzia di Harriet? Manca un attore
e Lavi ha pensato a te.»
«E
perché?»
«Dice
che saresti l'ideale.»
«Digli
che rifiuto. Io non ho mai recitato in vita mia.»
«Scusa,
mi sono espresso male. Lavi pretende che
tu sia presente nel film.»
«Devo
farlo per forza?»
«Vedi
il lato positivo. Potresti scoprire che ti piace davvero, fare
l'attore.»
Sta
per dire di nuovo che no, non intende minimamente farlo, ma si blocca
di colpo. Ora che ci pensa, Ichigo è un appassionato di
pellicole.
Dopo “La fabbrica di cioccolato” non si
è più fermato. Aveva
già in mente di portarlo a vedere il film di Harriet, appena
uscito,
dal momento che i libri di Lavi non li legge volentieri, con un film
poteva andare diversamente. Poi si era messa in mezzo quella ragazza,
con la proposta di andare a vederlo insieme, ma adesso Grimmjow vede
tutto in una luce diversa. Se recita in quel film, Ichigo lo
guarderà
senz'altro, e si ricorderà chi è, la persona che
lo ha sempre
aiutato. Dovrà recitare una parte, dunque niente di
più diverso
dalla propria personalità, eppure è pronto a
scommettere che sarà
proprio questo a colpire Ichigo. Effettivamente, potrebbe essere la
svolta che cercava da tempo, per riprendersi il proprio ruolo.
Sarà
una bella lezione morale, per quel ragazzo tanto sfortunato e,
bisogna dirlo, alle volte ingenuo.
«Accetto.»
~
Ore 15.04 ~
«Rukia.»
«Sì?»
«Non
so come definirlo.»
«La
capisco.»
«Non
c'è soluzione, vero?»
«Chissà.»
«Rukia.
Che cosa significa, “Rukia”?»
«Ha
un'assonanza con “luce”.»
«Allora
lo potrei definire così, che ne dice?»
«...
mi renderebbe davvero felice, Lavi.»
«Rukia,
Rukia, Rukia.»
«...»
«Non
è necessario che dica qualcosa per ricambiare, va bene anche
così.»
«Ma...»
«Rukia.
Va bene anche così. Noi lo sappiamo
già.»
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