TRENTUNESIMO
CAPITOLO
-Libertà-
Di fronte a loro
Hiashi sorrideva divertito. Non aveva ucciso Neji per un soffio e ora
gli sarebbe risultato più difficile provarci. Il ruolo di
Rock Lee era di impedirgli di attivare il sigillo, mentre Neji
l’avrebbe sconfitto con le abilità degli Hyuga. Un
piano semplice e scontato, ma c’era bisogno di trovare una
soluzione alternativa: bastava eliminare l’unico ostacolo che
si frapponeva al suo obbiettivo.
-Un ammutinamento-
disse Hiashi, osservando con attenzione i due ragazzi di fronte a lui
-ho sempre amato i tradimenti-
Lo scontro
ricominciò. Come previsto, fu Lee ad attaccare per primo in
modo da permettere a Neji, che lo seguì subito dopo, di
trovare un punto scoperto. L’allievo prediletto di Gai era
estremamente rapido, teneva testa a tutti i colpi di Hiashi. La sua
agilità superava quella di Neji e nelle arti marziali non
aveva rivali. Questa superiorità, però, non
innervosì Hiashi: aveva imparato la pazienza che le tecniche
Hyuga richiedono e l’esperienza gli aveva insegnato che
nessun guerriero è perfetto.
Non erano molti gli
attacchi che portava avanti, tanto che all’apparenza sembrava
in svantaggio, ma quei pochi erano precisi e mirati, quasi invisibili
agli occhi di un normale ninja.
-Lee, stai attento. Ti
sta chiudendo i punti del braccio destro- lo avvertì Neji,
cercando poi di mandare a segno un suo colpo.
-Cosa?!- chiese con
stupore il compagno, ma Hiashi era già pronto a sferrare
l’ultimo attacco, quello che avrebbe messo fuori uso il
braccio di Lee e quindi Lee stesso.
Fu Neji a fermalo
frapponendosi tra loro. Così facendo però rimase
scoperto. Il suo avversario non stava aspettando altro che quel banale
errore: colpì Neji all’addome, costringendolo a
piegarsi in due per il dolore, per poi mandarlo a terra qualche metro
più avanti con un calcio al fianco destro. Non si
rialzò e Lee rimase solo.
Neji non aveva dubbi:
Hiashi l’avrebbe ucciso. Si portò una mano al
fianco ferito, sentendo un dolore lancinante alle costole. Erano rotte,
ma cercò lo stesso di rialzarsi, ignorando le fitte e
sollevandosi sulle braccia con tutte le forze che gli rimanevano.
Doveva proteggerlo,
doveva salvarlo, ma quando stava per rimettersi faticosamente in piedi
fu scaraventato a terra una seconda volta. Qualcosa di pesante lo
colpì, senza che avesse il tempo di capire di cosa si
trattasse. Il suo primo pensiero fu che Hiashi gli avesse lanciato
addosso Lee, ma si rese conto che le sue fattezze erano troppo grandi
per essere quelle del corpo che si ritrovò ad avere sul
proprio. Riaprì gli occhi, giusto in tempo per
vedere una testa castana sfioragli pericolosamente il naso. Fu
costretto a richiuderli un secondo dopo e a trattenere un gemito di
dolore nell’attimo in cui lo sconosciuto sfruttò
il suo addome come appoggio per rialzarsi.
-Che diavolo
…?-
-Alzati!-
Si rivolgeva a lui,
quella voce di donna, ma pensò di aver avuto
un’allucinazione. La mente gli faceva brutti scherzi, il
dolore e la stanchezza fisica gli confondevano i sensi. Non poteva
essere lei, perché lei se n’era andata. Doveva
esserci un’altra spiegazione, si disse.
Cercare di convincersi
fu tutto inutile. Si accorse di non essersi mai rassegnato, di non aver
mai accettato il fatto che l’avesse lasciato, anche se era
stato lui a chiederglielo. Quel tormento, che sperava di placare
accettando il suo destino, non se n’era mai andato
perché in ogni momento aspettava di sentire la sua voce
chiamarlo per nome.
In
quell’istante si rese conto di sperare.
Si alzò con
decisione: doveva vederla.
Il suo sguardo fu
catturato dalla figura snella che insieme a Lee si accaniva contro
Hiashi: inconfondibilmente, era Tenten. Una miriade di domande gli
bombardarono la mente, che non trovava una spiegazione logica per la
sua presenza, ma le zittì tutte per concentrarsi a
guardarla.
Sorrise quando vide
Hiashi rivolgerle occhiate irritate: non riusciva a colpirla nei punti
strategici e i suoi colpi andavano di continuo a vuoto.
Ricordò l’allenamento dei mesi precedenti quando
le aveva insegnato ad evitare che tutto il flusso di chakra le venisse
chiuso e fu fiero nel vedere con quanta abilità metteva in
pratica i suoi insegnamenti.
Lee, invece, sembrava
non sentire la stanchezza: la sua tenacia vinceva di gran lunga sulla
fatica fisica e la sincronia che aveva con la compagna di squadra gli
fece desiderare di essere al loro fianco. In quello stesso
momento Tenten lo guardò, e si capirono
all’istante: da sola non ce l’avrebbe mai fatta a
impedire che Hiashi continuasse a chiudere le fonti di chakra di Lee. A
quel punto Neji rientrò in gioco.
Bastò un
solo contatto visivo di una frazione di secondo, un solo impercettibile
cenno e si mise a correre. Vide Tenten fronteggiare apertamente e
sfrontatamente le pericolose mani di Hiashi, mentre Rock Lee puntava a
indebolirlo sul piano fisico con foga crescente. Confuso, indispettito
e assolutamente impreparato a un attacco così massiccio, il
capo clan Hyuga si lasciò sopraffare dalla rabbia e
dall’odio.
Un colpo al petto,
potente e concentrato, fermò la sua lotta. Sbatté
le palpebre degli occhi bianchi, la cui cornice di vene stava sparendo,
incredulo. Neji lo fissava tenendo ancora il braccio teso verso di lui,
con un’espressione calma e ferma. Niente sorrisi, niente
rabbia, niente odio.
-Tu … -
riuscì solo a dire con disprezzo.
-Sei cieco- gli disse
Neji -lo sei sempre stato, zio. Ora avrò finalmente
giustizia-
Hiashi si
accasciò a terra. Era bastato chiudere un solo punto: quello
vicino al cuore. In questo modo non sarebbe più stato in
grado di affrontare uno sforzo fisico che richiedesse più
energia del respirare. Se l’avesse fatto, il suo cuore
avrebbe ceduto, perché non sarebbe stato in grado di
adattarsi alle nuove richieste del suo corpo. La fatica che aveva
accumulato fino a quel momento sarebbe bastata a tenerlo fuori gioco
per un bel po’ di ore.
Rock Lee non perse un
attimo di tempo e si assicurò che non potesse avere
possibilità di fuga. Mani e piedi furono legati, anche se
c’era la certezza che non avrebbe avuto chakra a disposizione
per un bel pezzo.
Nel frattempo Tenten
si era avvicinata a Neji. Quest’ultimo rimase immobile come
una statua, sul viso un’espressione seria e pensierosa.
-Sei libero- gli disse
Tenten con un sorriso di sincera gioia.
-Sei tornata- le disse
fissandola dritta negli occhi, come se volesse trovare le risposte nel
suo sguardo.
-Non me ne sono mai
veramente andata- rispose -mi dispiace non avertelo spiegato, ma hai un
caratteraccio ed era necessario che io tornassi a Konoha-
-Konoha?-
-Sanno tutto- aggiunse
subito Tenten -mi hanno creduto, o meglio, ti hanno creduto. In questo
momento stanno venendo a tirarti fuori da qui e a catturare il vero
colpevole. Io li ho solo anticipati di qualche ora. Ho avuto paura che
se te l’avessi detto chiaramente non mi avresti mai lasciata
andare-
-No, non avrei voluto
che tu te ne andassi- rispose Neji con sincerità -ma non ero
in grado di fermarti fisicamente e tentare di convincerti con le parole
è fuori discussione, avresti finito solo per farmi
innervosire come al solito. Quindi te ne saresti andata in ogni caso-
Tenten rise e anche
Neji si concesse un sorriso.
-Mi avresti lasciata
libera di scegliere allora- gli disse -se l’avessi saputo
… -
-L’importante
è che tu ora sia qui-
-Ragazzi!- Rock Lee
allargò le braccia, mettendone una sulle spalle di Neji e
l’altra su quelle di Tenten -siamo o non siamo la migliore
squadra ninja in circolazione? Nelle nostre vene scorre il fuoco, fuoco
vivo!-
-Lee, ti sei
appoggiato a noi perché non riesci più a stare in
piedi- commentò acidamente Neji.
-Hiashi ti chiudeva i
punti di chakra come sei li avesse disegnati prima con un pennarello-
commentò Tenten -invece di tirare pugni in continuazione al
suo naso, avresti dovuto pensare un po’ più a te
stesso-
-Le mie gambe sono
molli come spaghetti- ammise Lee sconsolato -e le mie braccia sono
morbide caramelle mentre la mia testa è pesante come una
ciotola di ramen a mezzanotte-
-Credo che abbia anche
fame- disse Tenten a Neji.
-Sei diventato un
piagnucolone- aggiunse quest’ultimo, afferrandolo
però per un braccio e sistemandolo meglio sulla sua spalla
–immagina cosa direbbe ora Gai-
-Il maestro Gai!-
esclamò Lee, animato da nuova energia -devo andare a vedere
come sta!-
Detto questo,
abbandonò i suoi comodi e utili sostegni e si
avviò correndo verso il palazzo. Prima di entrare,
però, si voltò e sventolando una mano
attirò di nuovo la loro attenzione.
-Ottimo lavoro!-
gridò, mettendosi in posa e sfoggiando un deciso pollice
all’insù.
Sparì,
lasciando Tenten che ancora rideva e Neji che scuoteva la testa.
-Ora non ci resta che
aspettare- disse Tenten mettendosi a camminare -ormai staranno per
arrivare. Tornerai a Konoha con noi vero?-
Neji le
lanciò uno sguardo poco convinto. Aveva sempre avuto le idee
chiare sul Villaggio della Foglia, ma non aveva mai pensato a dove
sarebbe andato dopo essersi scontrato con Hiashi. Non aveva una casa,
non aveva un posto in cui tornare o una famiglia pronta ad accoglierlo.
Era solo.
-Potresti tornare a
far parte della squadra- continuò Tenten -ricomincerai la
tua vita da ninja, ci alleneremo fino allo stremo e andremo in missione
insieme. Tutto tornerà normale-
-Normale?- chiese
Neji, a cui quella parola non era mai piaciuta. Forse perché
non aveva mai creduto che per lui ci sarebbe stata
un’esistenza normale, e nemmeno in quel momento gli sembrava
possibile averla.
-Beh, normale per
quanto le nostre risorse ci permettono: Rock Lee e Gai spostano la
bilancia nettamente a favore dell’anormalità e tu
fai la tua parte, eh, non ti si può certo definire un tipo
ordinario che la mattina beve il caffè leggendo il giornale.
Per fortuna ci sono io che riporto i piatti all‘equilibrio-
-A me piace il
cafè- disse Neji.
-E immagino tu sappia
anche leggere-
Tenten si mise di
fronte a lui, con un leggero sorriso in volto. Lo guardava come se non
credesse che fosse davvero lui quello davanti ai suoi occhi.
Aspettarono qualche secondo e si guardarono a vicenda senza dirsi
niente, pensando a quanto tempo, fatica e incomprensioni c'erano voluti perchè arrivassero fin lì.
-E’ davvero
finita?- gli chiese Tenten.
-Credo proprio di
sì-
-Niente più
sigilli, niente più segreti, niente più zii tra i
piedi?-
-No, basta, solo
… - si fermò.
-Solo?-
Neji non aggiunse
altro, ma allungò una mano verso la sua. La
afferrò e Tenten fu costretta ad avvicinarsi a lui per poter
seguire i suoi movimenti. Appoggiandosi al suo petto,
abbassò con imbarazzo gli occhi, al contrario di Neji, che
non glie li staccava di dosso.
-Solo tu che diventi
rossa ogni volta che ti sono vicino-
Le labbra di Neji
toccarono quelle nascoste di Tenten con un bacio delicato ma non
timido, e senza permettere che quel contatto svanisse ripeté
il gesto. Questa volta premette con maggior intensità e
portò una mano al capo di Tenten, facendo scorrere le dita
tra i suoi capelli. Lei allora sollevò il viso e si
alzò sulle punte dei piedi, cercando la sua bocca con lo
stesso desiderio e portando le braccia attorno al suo collo. Il
contatto tra i loro corpi li fece avvicinare ancora di più ed
entrambi smisero di pensare: con gli occhi chiusi al mondo sentivano
solo le loro emozioni, trasformate in un bacio sognato e destinato.
Fine
Dopo
quasi quattro anni si conclude “Under the Rose”.
Ammetto che la malinconia c’è, ma
c’è anche tanta soddisfazione: ho amato questa
storia come nessun’altra e sono felice di aver messo
finalmente una fine.
Ringrazio
tutti quelli che hanno lasciato una recensione, dandomi così
incoraggiamento, e tutti quelli che hanno anche solo continuato a
leggere.
Spero
che questo capitolo vi soddisfi. Io non sono mai riuscita ad andare
oltre a questo punto, quindi lascio a voi la libertà di
immaginare cosa succederà dopo il ritorno di Neji a Konoha.
Sbizzarritevi!
Vado
a spuntare la voce “conclusa” sulla pagina di
questa FF, con la speranza di risentirci presto, magari su altre
storie. Con tanto affetto,
Dryas
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