Prima che il tramonto si dissolva dietro alla collina…
Capitolo 2
Il corridoio era lungo, stretto ed illuminato dalle luci
nivee del neon, proprio come quello in cui quel giorno di sette anni fa aveva
passato la notte. Dieci ore passate su quegli scomodi sgabelli, a fissare il
candore di quelle mura sterili , a contare i secondi che passavano, ad
aspettare un fratello che dopotutto voleva, ma che già gli stava causando delle
noie. Quando gli avevano detto che presto sarebbe arrivato qualcun altro in casa
loro aveva subito pensato che avrebbero potuto giocare a basket insieme, che
gli avrebbe insegnato cos’è un rimbalzo e quanto può essere eccitante
effettuare uno Slam Dunk, e sentire la folla acclamare e la tensione diventare
adrenalina pura, il sangue pulsare nelle vene, l’aria a trenta cm da terra. O
semplicemente pensò che avrebbero avuto gusti diversi, così ognuno per conto
proprio e chi s’è visto s’è visto. Forse i suoi genitori avrebbero potuto dire
che erano orgogliosi di almeno di uno dei loro figli, e la convivenza con un
introverso come lui sarebbe stata meno pesante. Infondo non c’era niente di
male nell’avere un fratello, a parte il dover aspettare tutta la notte che sua
madre partorisse e la finisse una buona volta di gridare “Mi fa male!”.
Invece quando l’ostetrica uscì dalla sala parto portando
con sé un fagottino ululante e disse
“E’ nata Miyu Rukawa” si rimangiò tutto. Una femmina.
Un’altra stupida ochetta era venuta la mondo e sta volta doveva tenersela in
casa lui! Lui che avrebbe strozzato ogni esemplare di sesso femminile che
incontrava perfino un cane! L’ostetrica gliela mise inaspettatamente fra le
braccia e lui si ritrovò a fissare quegli occhietti luminosi e quella boccuccia
rosa: doveva ammettere che era proprio deliziosa…Anche se aveva il faccino
sporco era deliziosa, si deliziosa. Pensava che a lei forse avrebbe voluto
bene. Ed infatti ogni giorno che passava gliene voleva sempre di più. Anno dopo
anno l’amava sempre di più. Non sopportava le altra ragazze, ma amava lei. La
sua sorellina. Faceva di tutto per farlo arrabbiare, ma lui non si arrabbiava
mai con lei. Se tornava a casa volentieri da scuola era solo per vederla, ed
ora la sua bellissima bambina…era di nuovo fra quelle mura, ma forse non ne
sarebbe più uscita, non senza gravi contusioni. A volte la mattina entrava in
bagno di soppiatto mentre lui si stava lavando i denti, gli si piazzava dietro
con la macchina fotografica e , quando era sicura che il fratellone avesse la
bocca ben sporca di schiuma, gli tirava un calcio negli stinchi così lui si
girava e lei gli scattava un foto che poi vendeva in giro. Era riuscito ad
evitare per un pelo che una di quelle finisse nelle mani di quel do ’aho di Sakuragi. Già essere chiamato baka –
Kitsune non era proprio gratificante…E poi quanto si era emozionato la prima
volta che l’aveva vista muovere i primi passi con quelle gambine esili…troppo
esili. La costituzione era sempre stata il suo più grande problema. Decisamente
troppo sottile e fragile, tanto da far fatica a trovare dei vestiti della sua
taglia. Kaede non aveva mai dimostrato troppa enfasi per quella
“SottoSpecieDiBertuccia”, come la chiamava lui, eppure le voleva bene. Era sua
sorella. Una sorella che non aveva potuto proteggere mentre quell’ammasso di
ferraglia le si fiondava addosso e schiacciava le sue deboli ossa.
Si passò le mani fra i capelli e strinse quelle ciocche
nera con forza finché le sue nocche divennero bianche “Maledizione!”
“Kaede!” davanti a lui c’era sua madre.
“Si…” eccepì irritato dallo sguardo mortificato della
donna: anche lui stava male, dannazione, ma postulare in corridoio con le mani
congiunte stile Madonnina e gli occhi lacrimanti non serviva a niente! Non
avrebbe certo variato le condizioni di Miyu…La donna gli si avvicinò e gli
prese una mano
“Meno male che sei venuto …”
“Cos’è successo?” tagliò corto Rukawa impaziente di venire
a conoscenza dei fatti. Sua madre prese un respiro…
“Credevo che fosse nella sua stanza a fare i compiti, io
ero in casa ma non ho pensato minimamente che sarebbe uscita dalla finestra!”
“E’ uscita dalla finestra? Perché?”
“Sapeva che avevo molti lavori da svolgere e in più dovevo
fare delle commissioni importanti, se non mi sbrigavo i negozi avrebbero
chiuso…” lasciò la mano del figlio e scoppiò in un amaro singhiozzo “si era
offerta di andare lei al posto mio, ma non glielo avevo permesso: sarebbe stato
troppo duro per lei portare dei pacchi così pesanti da sola, e così l’ ho
mandata in camera sua. Lei però è uscita lo stesso! Quando mi hanno telefonato
hanno detto che accanto a lei c’era delle borse! Voleva farmi un favore ed
invece è stata investita da un camion!” un altro folle scoppio di pianto. Kaede
le diede le spalle e strinse di nuovo i pugni tentando di frenare la rabbia, ma
quando ormai non ce la fece più tirò un calcio ad uno di quei sgabelli scomodi
e lo rovesciò. Figuriamoci se una costituzione debole come la sua avrebbe
sopportato di finire sotto ad un camion! Ormai non c’era niente da fare…ormai…
“A- aspetta Kaede…c’è una cosa che ancora non ti ho detto…”
girò il capo
“Cosa?”
“Una ragazza l’ ha salvata! I medici dicono che è solo
grazie a lei se non è morta…”
Stava per chiederle chi diavolo poteva essere quella
ragazza, quando un medico uscì dalla stanza dove tenevano il corpo esanime di
Miyu. La madre di Kaede subito gli andò in contro e gli chiese allarmata
“Come sta?” l’uomo accennò appena ad un sorriso e rispose
“Sta bene…a parte le costole rotte e la spalla lussata sta
bene. Non è in pericolo di vita.”
“Come sono felice, e sa per caso…”
“Posso vederla?” s’intromise Kaede lasciando trasparire
una nota di sollievo; il dottore scosse il capo
“E’ sotto sedativi, e per stanotte dovrà rimanere in
osservazione. Potrete vederla domani, ma non temete, ormai non c’è pericolo.”
“Meno male” proseguì la donna “Stavo morendo di paura”
“Ma…” proseguì il medico “il problema è quella ragazza. La
ragazza che l’ ha salvata.”
“Cosa le è successo?” chiese Rukawa
“Si è gettata su la piccola Miyu prima che il camion la
investisse,solo che è arrivata troppo tardi, ed il veicolo le ha urtate. Le ha
fatto da scudo con il proprio corpo: la costituzione di tua sorella è
incredibilmente fragile, sarebbe sicuramente morta se quella ragazza non
l’avesse protetta. Il problema è che…”
“Che?”
“Una ruota le ha schiacciato la gamba destra. Abbiamo
dovuto amputare.” Kaede impallidì: quella ragazza…lei, voleva solo salvare un
bambina…perché doveva rimetterci una gamba? Vide sua madre scoppiare di nuovo a
piangere
“E adesso lei dov’è?”
“Anche lei è sotto osservazione. Però non è molto grave…”
“Quanto?”
“Cosa intende dire, signora?”
“Di quanto gliel’ hanno tagliata?”
“Non vedo cosa c’entri…”
“Quanto?!” afferrò il camice bianco dell’uomo e lo guardò
con occhi imploranti “Ha perso anche la coscia?”
“No, solo il ginocchio.” Avrebbe voluto fare cenno a
quella stupida di smetterla di dare scena, tanto non sarebbe servito a niente,
però non lo fece…Dopotutto non sapeva nemmeno cosa pensare. Doveva essere
contento di quello che aveva fatto quella ragazza? Doveva esserle grato? Oppure
doveva provare compassione per lei? Tutto questo l’avrebbe scoperto solo quando
lei si sarebbe svegliata ed avrebbe compreso che niente sarebbe stato più come
prima…
“Venite con me” disse il dottore facendo segno ai due di
seguirlo lungo quel corridoio sterile e li fece fermare davanti ad una stanza.
La madre di Kaede come lanciò uno sguardo girò il capo di lato portandosi le
mani al viso e mormorando
“Oh, mio Dio…” il ragazzo invece continuò a guardarla
attraverso il vetro.
“Come si chiama?” il medico sfogliò la cartella azzurra che teneva in mano e con
un sospiro rispose
“Keyko”
Numerosi tubi
proveniente dai macchinari tutt’intorno le salivano su per il naso, nelle
braccia ed in gola, una lampada illuminava di luce fioca ciò che rimaneva della
sua gamba destra. Al suo posto, ora c’era solo un lungo pezzo di metallo. Vide
una mappa di lividi ed escoriazioni deturpare quel volto pallido e quelle
braccia lunghe e sottili, probabilmente aveva numerosi altri lividi sul corpo
nascosto dal camice. I lunghissimi capelli castani le si appoggiavano in
morbide onde sul petto ansimante ed erano incrostanti di sangue.
Di tutta l’energia di un tempo ora era rimasto solo un
corpo martoriato.
E di sua spontanea volontà.