Capitolo 22
Salve
a tutti! Come state? Allora, Pasqua si avvicina e non posso che
augurarvi buone feste e buone (brevi...) vacanze! E, soprattutto, buona
Pasqua a voi e alle vostre famiglie!
Allora, in questo
capitolo finalmente Esme e Carlisle si sposeranno ufficialmente, e i
ragazzi rimarranno a casa da soli per un po', quindi... Cosa
succederà? Non vi resta che leggere!
Buona lettura!
Bella
Dopo aver salutato le mie sorelle, mi ero quasi subito messa a letto
per non dover, il giorno dopo, apparire appena stanca. Infondo era il
gran giorno di nostra madre e avremmo fatto di tutto per lei, no?
Anche se stai per finire
accasata con un uomo che non hai mai visto, Isabella? La
voce della mia coscienza aveva ragione, anche se la mamma non poteva
farci molto, non potevo ancora credere che mio padre avesse fatto una
cosa del genere alla sua figlia più piccola.
Non che avesse dovuto farlo a Alice, nè tantomeno a Rose,
solo
non capivo come un uomo come lui, descritto come dolce e apprensivo,
sempre disposto ad aiutare gli altri, avesse potuto farmi una cosa del
genere.
Non ero riuscita ad addormentarmi, in preda a questi pensieri che ormai
non facevano che tenermi sveglia da giorni, e avevo visto benissimo
nostra sorella Rosalie uscire dalla stanza come se avesse dovuto fare
qualcosa di importante.
Il sospetto che avesse deciso di raccontare tutto a Emmett, proprio il
giorno prima del matrimonio dei nostri genitori, mi
attanagliò
lo stomaco, e mi precipitai a svegliare Alice, che già
dormiva
profondamente.
Fece una smorfia e si stropicciò gli occhi, guardandomi
abbastanza imbronciata, poi appena notò la mia faccia si
mise a
sedere in fretta.
- Beh? - Disse, mentre io mi ero infilata qualcosa per nascondere la
vestaglia da notte e uscire dalla porta.
- Dobbiamo fermare Rosalie, credo che sia andata a rovinare tutte e tre
con la storia della gravidanza.* - Lei saltò in piedi e non
si
curò nemmeno di coprirsi, ma uscì subito
così, e quasi
le corsi dietro.
Poco dopo, vidi Rose fuori dallo studio di Carlisle, insieme a
quest'ultimo, che parlavamo e, a meno che non avessi avuto
allucinazioni, entrambi stavano piangendo.
Ci nascondemmo davanti alla porta accanto, per tentare di capire di
cosa stessero parlando, ma non riuscimmo a captare nessuna parola che,
legata una all'altra, formassero un discorso logico completo.
Poi, li vedemmo entrare dentro, e ci avvicinammo silenziosamente.
Rosalie si stava congedando, e sentimmo le parole di Edward.
- Andiamo a dormire, Rosalie, non credi sia troppo tardi? Dovresti
riposare. - Ci si gelò il sangue nelle vene, e per poco non
collassai a terra; come faceva l'angelo a sapere della gravidanza? Era
palese che ne fosse al corrente, il suo tono alludeva a quello.
Ovviamente, solo noi due e Jasper potemmo comprendere
l'allusività allo stato interessante, ma era già
molto
che gli altri fortunatamente non se ne accorsero.
Alice mi diede una lieve gomitata, e mi fece cenno con il capo e un
sopracciglio alzato di andare avanti e fare qualcosa; farfugliai una
scusa, ma lei mi diede un leggero spintone e per poco non finii addosso
ad Edward, davanti alla porta dello studio.
- Rose, ecco dov'eri! Ci hai fatte preoccupare tanto, lo sai? - Anche
un sordo avrebbe potuto sentire la mia voce acuta e a scatti, tipica di
quando ero in un momento panico e non sapevo come uscirne, ma
fortunatamente sembrarono non farci troppo caso, i tre ancora dentro
alla stanza.
Edward afferrò delicatamente nostra sorella per un braccio,
e
lei ci lanciò un'occhiata disperata, una muta richiesta
d'aiuto:
come potevamo negarglielo?
- Avanti Rose vieni con me, andiamo a letto che non stai tanto bene,
non è così? - Alice sgranò appena gli
occhi,
avvicinandosi ai due, e Rose, cogliendo immediatamente la palla al
balzo, annuì e si appoggiò la mano libera sulla
fronte.
Allora intervenni io, e chiamai in disparte Edward che, pur
controvoglia e desideroso di parlare con Rosalie per chiederle delle
spiegazioni accurate, mi seguì fino alla sala.
I tre nello studio, come riuscii a vedere un attimo prima di girare
l'angolo, si richiusero dentro per parlare, e io sgattaiolai sulla
poltrona accanto al caminetto quasi spento, raggomitolandomi nella
coperta che mi ero portata appresso.
Edward si mise esattamente di fronte a me, divaricò appena
le
gambe e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, raccolse la testa
fra
le mani e tirò un lungo sospiro, che preannunciava un
altrettanto lungo discorso.
- Bella, non vorrei risultare maleducato, nè tantomeno una
persona che si impiccia nelle cose degli altri. Però
veramente,
non pensavo che voi poteste arrivare al punto da credermi
così
sciocco da non capire che lei è... - Si guardò
attorno,
ebbe anche quell'accortezza, e in quel momento intuii che lui,
nonostante tutto, era dalla nostra parte.
- Incinta, ecco. Non è una cosa che si potrà
nascondere
ancora per molto, e poi... - Il suo sguardo si indurì
appena, e
senza che io potessi chiedergli di proseguire, finì la frase.
- Non pensavo che tu, o Alice, poteste tenermi all'oscuro di tutto. Non
vi fidate di me, non è così Isabella? - Il suo
tono
freddo mi fece male, come uno schiaffo in pieno viso.
- Oh no, Edward, non è affatto così! Noi abbiamo
cercato
di non farlo sapere a nessuno perchè non volevamo altri
problemi, è già una situazione molto scomoda per
tutti
noi... - Non osavo nemmeno immaginare quando lo sarebbe venuto a sapere
Emmett. Se quella era la reazione di Edward, quella del futuro padre
sarebbe stata molto, molto peggio, ne ero quasi certa. Infondo lo
conoscevo bene, non era affatto un ragazzo che esternava le emozioni
belle invece che quelle brutte, e sarebbero state quasi catastrofiche.
E non osavo nemmeno immaginare, anche se di ciò non ero
assolutamente certa, la reazione di Edward alla notizia del mio
prossimo matrimonio, che, da come la mamma continuava a farmi intuire,
non doveva essere molto lontano.
- Bella, non posso nascondere il mio rammarico. Ma, infondo, anche voi
avete ragione; non è una cosa semplice da risolvere, e
infatti
vedo molti disagi e disguidi, quando comincerà a vedersi
qualcosa che, al momento, è ancora camuffabile. - Annuii
alla
sua affermazione, poi mi alzai.
- Vado a letto, si sta facendo tardi. Ci vediamo domani, e poi si
vedrà. - Gli sorrisi, venendo subito ricambiata, e me ne
tornai
in camera, dalle due ragazze con cui avevo condiviso praticamente
tutto, dal primo istante.
- Ok, ragazze, ho risolto, almeno per ora. Dobbiamo solo sperare che
nessun'altro lo venga a sapere.* - E, dopo esserci abbracciate a lungo,
andammo a letto, e non ci svegliammo fino al mattino dopo.
Emmett
Due zaffiri lucenti e preziosi, incastonati in un viso madreperla e in
risalto con le labbra rosee carnose e dalla forma elegante e
sofisticata.
Quella era l'immagine che si era stanziata nella mia mente da un po', e
che non riuscivo a togliere.
Un leggero tocco contro alla porta, e mi si fermò per un
istante
il cuore: e se avesse deciso di riprovarci? Se avesse voglia di
tentarci di nuovo, dopo quella pausa che aveva logorato entrambi, o
almeno me, sicuramente? Se le fosse venuto quell'istinto che io
reprimevo da giorni, per rispetto della sua persona, e che solo lei
poteva liberare dalla gabbia immaginaria in cui era chiuso?
Risposi, un lievissimo 'Avanti', sussurrato con una tale enfasi da
sorprendere anche me stesso, ma una doccia fredda, e l'amaro in bocca:
Jasper.
- C'è qualche problema, fratello? - Non avevo molta voglia
di
parlare con lui, anzi mi scocciava quasi, volevo solo andare a letto e
togliermi di dosso tutti i pensieri che mi assillavano la mente. Forse,
c'era solo una persona che avrei accolto a braccia aperte, ma non era
il caso di mio fratello.
- Buonasera anche a te, Emmett. Siamo di cattivo umore come al solito,
eh? - Il suo sarcasmo mi irritava, e mi buttai a peso morto sul letto,
con le braccia incrociate sotto alla testa e le gambe unite.
- Avanti, Jasper, se devi parlare fallo adesso, sono stanco. -
Stai
diventando parecchio sgradevole, caro Emmett, quando imparerai? Ci
mancava solamente la vocina maledetta della mia coscienza, quanto avrei
voluto un pulsante per spegnerla e farla stare zitta, soprattutto in
momenti in cui avrei tanto voluto rimanere solo!
- Che c'è, Emmett? Aspettavi una persona, non è
arrivata
e ora te la prendi con me? Avanti, ammettilo che aspettavi lei.
- Mi misi a sedere di scatto, e lo guardai furente. Che gli importava a
lui, di quello che facevo io della mia vita? Aveva già i
suoi
problemi, e io i miei, perchè doveva impicciarsene sempre e
comunque?
- Non sono in vena di scherzare, caro fratellino. E no, non stavo
aspettando nessuno, ho solo voglia di andare a letto, è
stata
una giornata faticosa. - E inutile, soprattutto; non concepivo il fatto
che avessimo dovuto partecipare a quella festicciola che, a parer mio,
non aveva avuto alcun senso logico. Ma Esme voleva così, e
ormai
per nostro padre ciò che voleva lei, era legge. Quando mai
si
era vista una donna che prendeva decisioni di quel tipo, senza
ascoltare il parere degli uomini di casa?
- Beh, non andrai ancora tanto presto a dormire, papà vuole
parlarci di una questione, non mi ha detto esattamente cosa ma dice che
è urgente, fossi in te mi alzerei e muoverei le gambe fino
al
suo studio, sai com'è. Non vorrai farlo arrabbiare alla
vigilia
delle sue nozze. - Sbuffai pesantemente, infilai le scarpe e lo seguii
fino alla camera di nostro padre, in cui lui era seduto sulla solita
poltrona di fronte alla scrivania, e ci attendeva con le mani congiunte
e i gomiti appoggiati al tavolo, in silenzio.
Edward già era lì, ma sembrava stesse sulle
spine, come
se ci fosse qualcosa che gli premesse così tanto da avere
come
fretta di andare a risolvere una questione delicata.
Più passavano i mesi, più in quella casa noi
avevamo
sempre più problemi, sempre più complicazioni e
disagi
fra di noi, io ero sempre più assente con la testa e
fantasticavo su cose a cui mai avrei mai immaginato di pensare
minimamente, Jasper era come entrato in una crisi di abbandono ed
Edward era alla ricerca di un qualcosa, di cui non parlava quasi mai,
che sembrava occuparlo quasi tutto il giorno.
- Ragazzi, c'è un qualcosa di importante di cui vorrei
parlarvi.
- Nostro padre era serio, era da un po' che non lo vedevo
così,
ma aspettavo solo che finisse per tornare in camera mia, a dormire.
- Cosa succede, papà? - Edward si risvegliò dal
suo
torpore e lo guardò curioso, mentre appoggiai le spalle alla
parte più alta della poltrona, con il sedere sul bordo della
sedia, e incrociai le braccia al petto scocciato e Jasper
sbadigliò con la mano davanti alla bocca.
- Domani sera, dopo la cena, io ed Esme partiremo per la luna di miele,
e come sapete staremo via per due settimane. La casa dovrebbe rimanere
sotto il vostro controllo... - A quelle parole mi illuminai, e rimasi
ad ascoltarlo con molta attenzione: avremmo avuto la casa tutta per
noi, e quindi sarei stato libero di proseguire con i miei lavoretti per
un po', indisturbato.
- Ma la nonna ha detto che rimarrà qui fino al nostro
ritorno,
perchè mi ha esplicitamente dichiarato di non fidarsi della
mia
quasi moglie, nè tantomeno delle sue figlie. - La sua voce
era
dura, e risentita; si sapeva che la nonna, da quando aveva saputo del
fidanzamento, aveva subito voluto conoscere la nuova futura signora
Cullen, e quando era venuta a sapere delle sue origini aveva come fatto
una specie di coalizione contro di lui, assieme alla zia Petunia,
perchè non aveva mai sopportato gli spagnoli, e i gitani
ancor
meno.
- Grazie, ma sappiamo badare a noi stessi papà. Ormai ho
quasi
ventitrè anni, credo di essere abbastanza grande per poter
rimanere a casa da solo per due settimane, assieme ai miei fratelli che
hanno pochi mesi e un paio di anni meno di me, e soprattutto per poter
proteggere anche le nostre future... - Pronunciare quella parola, mi
fece rendere conto dell'enorme sbaglio che avevo commesso mesi prima. -
Sorelle. - Ero veramente finito a letto con la mia futura sorellastra?
E per giunta per due mesi di fila, tutte le sere, senza saltarne
nemmeno una?
- Io questo lo so, figliolo, ma tua nonna non vuole sentire scuse, ha
già deciso che rimarrà qui per controllare e non
cambierà idea, sappiamo benissimo tutti e quattro che quando
vuole una cosa la ottiene. - Jasper si massaggiò gli occhi e
sospirò pesantemente, scuotendo il capo come sconsolato,
mentre
io rinunciai ad ogni vago tentativo di ribellione per starmene in
silenzio sulla poltrona.
- Però con lei rimarrà anche Beth, deve svolgere
delle
commissioni e ne approfitterà per 'dare una lezione di
galateo a
quella gente maleducata e poco civile'. - Sembrava furioso,
dentro
di sé, e non negavo di esserlo un po' anche io, non mi era
mai
piaciuta la nomea che girava su di loro, mi ero affezionato ad Esme
anche se non lo davo troppo a vedere, e Bella era come diventata una
mia sorella minore, e sentire che tutti le consideravano di
così
bassa classe solo perchè non inglesi pure mi scocciava
parecchio.
Sentimmo bussare alla porta, era un tocco delicato, sicuramente era una
donna; appena la porta si aprì, ci girammo tutti e quattro a
tempo verso... Rosalie.
Sembrava agitata, come se avesse avuto qualcosa di importante da dire e
fosse stata sul punto di farlo, e appena parlò, la sua voce
cadde profondamente, faticai perfino a sentirla.
Nostro padre, dopo la sua richiesta, uscì dalla stanza
insieme a
lei, e vi rientrò solamente dopo una manciata di minuti,
completamente diverso e premuroso nei confronti della figlia
più
grande di Esme.
Lei ed Edward, infine, uscirono insieme, avvolti da un leggero alone di
mistero, e nostro padre ci congedò, augurandoci una buona
notte.
Io e Jasper ci avviammo verso le nostre camere, non molto distanti
l'una dall'altra, e ci scambiammo un cenno con la testa, non appena
ognuno imboccò la propria strada.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima notte per me, piena di pensieri,
di voglia di tornare indietro, di desideri respinti e di sentimenti
repulsi alla base. Era stata la mia tattica, da piccolo, per
sopravvivere all'abbandono di nostra madre e alla perdita di nostra
sorella, e la era ancora a ventitrè anni, per sfuggire a
qualcosa di cui avevo solo sentito parlare e che non avevo mai provato.
Ne avevo paura, o solo timore, non sapevo nemmeno se c'era in effetti,
e magari me lo stavo solo immaginando. Forse erano antichi sentimenti
che risalivano a galla, magari nei confronti di Esme, ma lì,
nel
profondo del mio cuore, una lieve diversità c'era. Ma non
sapevo
darle un nome, ancora.
Jasper
Un profumino di thè e biscotti appena sfornati raggiunse le
mie
narici mentre io, da ormai mezz'ora, mi rigiravo nel letto per tentare
di prendere ancora un po' di sonno.
Era ancora presto, troppo presto accidenti, e quasi nessuno era sveglio
già a quell'ora, se non il personale di servizio. Mi ero
anche
dimenticato di tirare le tende, la sera prima, e in quel momento la
luce accecante del primo mattino mi trafiggeva il viso quasi con
violenza, tanto da farmi infilare la testa sotto al cuscino in un
battibaleno.
Era esattamente il giorno del matrimonio, avevo ancora un sacco di
tempo per prepararmi però, quindi potevo fare con calma,
infondo
avrei solo dovuto indossare uno smoking, aggiustare i capelli e
infilarmi le scarpe, e sarei stato pronto. Così almeno
speravo...
Avevo un leggero tirmore in realtà, ovvero che Isabella ed
Alice
sarebbero venute da noi per smanettarci da capo a piedi e renderci
praticamente perfetti, assieme alla loro zia Soledad e a tutte le altre
donne della loro famiglia.
Anche se non mi sarebbe dispiaciuto troppo, soprattutto se Alice fosse
venuta ad aggiustarmi la cravatta con le sue manine delicate che tanto
mi piacevano.
Lo sapevo dal principio, da quando le mie labbra avevano sfiorato le
sue settimane prima, che mi piaceva, ne ero attratto sia fisicamente
che caratterialmente, e più stavo a contatto con lei
più
me ne rendevo conto, se all'inizio ero confuso in quel momento non lo
ero più, il giorno in cui confessai a Rosalie dell'abbandono
di
nostra madre ne fu una conferma, era come il mio piccolo angelo caduto.
Non mi accorsi, durante questi pensieri, di essermi già
vestito
e di trovarmi quasi in sala da pranzo, solo quando oltrepassai la porta
capii di essere di fronte al tavolo a cui erano sedute Alice e sua
nonna.
Stavano chiacchierando fittamente, non sembravano troppo agitate e anzi
apparivano serene, ai miei occhi. La commozione, quella sicuramente
c'era, infondo tutti al posto loro si sarebbero commossi già
da
prima.
Le raggiunsi a capo basso, mentre loro si interruppero come se fossero
nel bel mezzo di una conversazione che un uomo non dovrebbe sentire,
anche se io effettivamente non capivo assolutamente niente.
- Buongiorno, Alice. Signora, come vi sentite oggi? - Alice
arrossì appena, facendomi sorridere, mentre la signora, che
si
sforzava di capire qualcosa, annuì con energia e si fece il
segno della croce.
- Come mai sei già sveglio? Solitamente sei uno degli
ultimi,
dopo mia sorella e tuo fratello Emmett. - Disse la ragazza, ma prima di
riuscire a replicare, sua nonna si alzò lentamente e si
congedò, dicendo qualcosa che, nuovamente, non riuscii a
comprendere.
- Alice, ascolta... - Dissi, una volta che l'anziana signora si fu
dileguata. - Vorrei parlarti, se hai voglia di ascoltarmi. - Lei mi
guardò incuriosita, con lo sguardo acceso e un lieve sorriso
sulle labbra.
Perseveravo. Perseveravo da dopo pranzo, e non avevo ancora combinato
niente, se non bighellonare per tutta casa mentre le tre sorelle ed
Edward si stavano preparando, nostro padre e Jeronimo finivamo di
discutere tranquillamente, forse con un po' d'agitazione, degli ultimi
dettagli e la nonna ripassava con zia Petunia, zio Jack e Beth
l'etichetta che avrebbero dovuto mantenere durante tutta le cerimonia.
Come se non lo facessero
già tutti i giorni. Ridacchiai
da solo, mentre finalmente tiravo fuori lo smoking che mi avrebbe
accompagnato ad una nuova vita, completamente diversa.
Mi stava ancora a pennello, non ne ero stato completamente certo fino a
quel momento, forse avevo esagerato un po' negli ultimi tempi a tavola,
ma fortunatamente facevo anche esercizio fisico.
Presi il pettine, e mi sistemai i capelli all'indietro, davanti allo
specchio di camera mia, poi allacciai saldamente la cintura per non
perdere i pantaloni e afferrai la cravatta, anche se sapevo
perfettamente come annodarla avrei potuto fingere di non essere capace
e farmi aiutare da Alice, ma non lo feci, non ero così
perfido.
L'avrei solamente messa alla prova, per testare un piccolissimo dubbio
che avevo da un paio di giorni, ma alla fine rinunciai e indossai le
scarpe, che avevo fatto lucidare per bene da Trevor il giorno prima.
Poi, come stabilito all'ora di pranzo, alle quattro ci ritrovammo
tutti, tranne Esme e suo fratello Jeronimo, davanti al cancello di
casa, per salire sulle carrozze che ci avrebbero scortati direttamente
dalla chiesa.
Salii per secondo, dopo Emmett, assieme a nostro fratello Edward e alle
tre sorelle, che già avevano gli occhi lucidi e non
avrebbero
retto ancora molto.
Alice si sedette accanto a me, e Rose dall'altro fianco, di fronte a me
c'era Bella e ai suoi lati i miei fratelli, così il
cocchiere
chiuse lo sportello e, quando anche le altre carrozze furono piene,
partimmo velocemente.
- Ci siamo quasi. - Sussurrò Bella, con lo sguardo come
perso
nel vuoto, mentre Alice spostava lo sguardo da me a Rose, e viceversa.
- Fra un paio d'ore, saremo una sola famiglia. Posso dire di essere
completamente fregata.* - Non compresi le parole di Rosalie, ma provai
ad intuirle quando le sue sorelle annuirono e le diedero ragione,
mentre lei quasi scoppiò in lacrime, con Emmett di fronte a
lei
che la osservava come la sera precedente, senza far trasparire emozioni
in particolari.
Ma io sapevo cosa stava provando in quel momento, anche se faticavo
ancora a capire come avesse potuto farlo, un ragazzo esattamente come
lui.
Rosalie
Ore 16.15, fuori dalla
Chiesa
I preparativi, fin dal primo istante in cui io e Bella ci svegliammo
quella mattina, furono così stressanti che io, da donna
incinta qual'ero, avevo dovuto sedermi e rilassarmi ben otto volte, in
tre ore e mezzo. Alice e Bella quasi correvano insieme alle nostre
cugine per prepararsi, ma io non potevo affatto farlo, e avevo
rallentato tutti a causa dei lievi malori che ogni tanto mi coglievano
di sorpresa.
Il viaggio verso la chiesa era durato troppo poco, per i miei gusti, e
il piccolo che
portavo in grembo da circa undici settimane ne aveva probabilmente
risentito, visto il mio malessere appena scesa dalla carrozza. Avevo
fatto i conti, dal giorno in cui avevo finito il mio ultimo ciclo fino
ad allora, e più o meno avrei avuto ancora una manciata di
settimane, prima di dover rivelare della sua presenza al resto del
mondo.
Era finalmente arrivato il giorno, in cui io, Alice e Bella saremmo
diventate ufficialmente le sorellastre di Jasper, Edward ed Emmett.
Cosa avremmo fatto, da allora in poi? Avremmo represso i nostri
sentimenti per loro, impuri e ingiusti, malsani e sbagliati, per amore
dei nostri genitori, poco ma sicuro.
Io ero incinta di Emmett, Bella stava per sposarsi con un ragazzo di
cui conosceva solo il nome, Alice sola si salvava ancora, ma
chissà cosa c'era in serbo per lei.
Entrammo in chiesa, dopo aver indossato il coprispalle e il cappello, e
ci sedemmo sulle prime panche, almeno io mi sedetti subito, gli altri
rimasero accanto all'organo per un po', a parlare tranquillamente fra
di loro.
Non me la sentivo di rimanere insieme a loro in piedi, e di fingere che
andasse tutto alla grande, non il giorno in cui mia madre si sarebbe
sposata per la seconda volta, non avevo minimamente la voglia di
parlare ed elargire sorrisi a destra e a manca, che più che
falsi non sarebbero stati.
- Signorina, vi sentite bene? - Il ragazzino smagrito che giorni prima,
quando eravamo andati a ultimare le spese grosse per il matrimonio,
avevamo incontrato assieme al vescovo era di fronte a me, in quel
momento, vestito con una lunga tunica bianca e un cordone dello stesso
colore annodato alla vita, probabilmente avrebbe aiutato il celebrante
durante la messa e la celebrazione.
- Sì, vi ringrazio per esservi preoccupato per me
inutilmente,
signorino. - Dissi, sorridendogli appena e facendogli gonfiare il petto
dall'orgoglio.
- Non mi sembrate molto in forma signorina... Per caso, sono quei
problemi da donne che si hanno quando stanno per avere un... - Colsi il
senso della frase ancora prima che la terminasse, e dopo aver alzato le
mani verso la sua bocca lo zittii all'istante, sgranando gli occhi e
stringendo la bocca come per implorarlo di non continuare.
- Vedo che la mia teoria è giusta, allora. - Disse, e dopo
avermi fatto un educato cenno con la testa, si avviò verso
la
sagrestia, facendo roteare la cima del cordone fra le dita.
Sperai con tutto il cuore che non gli venisse la voglia di spifferarlo
a qualcuno, e tornai ad immergermi fra i miei pensieri.
Alice
Ore 17.10, interno della
Chiesa
Tutti erano al proprio posto, ognuno di essi attento al
minimo
movimento del vicino, ad una parola fuori posto o ad un comportamento
inappropriato al luogo in cui ci trovavamo in quel momento, una sacra
chiesa in cui ben presto si sarebbe svolto il matrimonio dell'anno.
Noi tre sorelle eravamo le damigelle d'onore, e saremmo dovute uscire
per accompagnare la mamma dentro alla chiesa, e dopo un lieve cenno che
ci fece il nostro cocchiere, uscimmo dalla porta laterale quasi
infreddolite, scorgendo da lontano la carrozza bianca su cui veniva
scortata nostra madre.
Arrivò, e appena mise piede a terra Rose si mise a piangere
in
silenzio per la commozione, così tanto che per poco non
cominciammo anche noi tre.
Lo zio Jeronimo scese subito dopo, costretto in uno smoking che la zia
Sol gli aveva fatto fare dalla sarta che, al suo matrimonio, le aveva
confezionato un abito che andasse bene per i costumi della Spagna, e
non solo gitani.
Allora la mamma si mise a posto l'abito, aggiustò il velo di
fronte al viso e strinse con energia il bouquet fra le mani, agitata ed
emozionata; noi ci posizionammo dietro di lei, ognuna intenta a tenere
un lembo del suo lungo strascico per non farlo strisciare a terra, e
aspettammo che le piccole Socorro ed Aurora partissero, davanti a noi
cinque, con i cestini pieni di petali di rose bianchi da spargere sul
tappeto lungo che ci avrebbe accompagnate fino all'altare.
Da dentro, sentimmo partire l'organo, e lo zio prese la mamma a
braccetto, sorridendole orgoglioso e cominciando a camminare lentamente
verso la meta.
Nella mia mente, tentavo quasi disperatamente di non farmi prendere
dall'agitazione e sbagliare, cadere, strappare un lembo di vestito o
ferire qualcuno, era come se mi sentissi completamente nuda di fronte a
tutta quella gente che mis crutava con fare attento, soprattutto le
donne della famiglia Cullen, avevano una nota critica nei commenti che
si facevano fra di loro, ne ero quasi completamente certa.
Fra meno di due ore, tutto ciò che avevamo sperato io e le
mie sorelle sarebbe svanito sotto ai nostri occhi in un attimo,
infrangendo i nostri sogni di bambine che altro non sognavano che la
più romantica delle storie d'amore, con un principe azzurro,
un matrimonio da favola in un castello incantato e un mondo di bambini
tutti nostri da accudire al meglio.
Era l'unica cosa che quella mattina mi avrebbe fatto chiudere gli occhi
per non riaprirli fino all'indomani, sperando che quel giorno, per
chissà quale imprevisto, venisse cancellato il matrimonio
per non essere mai più fatto.
Ma come avrei mai potuto sperarlo fino infondo? Sarebbe significato
sperare nell'infelicità di mia madre, in un atto egoistico,
per pensare solo ed esclusivamente alla mia, e non l'avrei mai
permesso, nostra madre aveva sempre fatto di tutto per vederci felici,
e noi avremmo fatto lo stesso per lei.
Volsi un ultimo sguardo all'esterno della chiesa, per l'ultima volta.
Bella
Ore 18.15, interno della
chiesa
- Io, Esme, prendo te, Carlisle, come mio sposo, e prometto di esserti
fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. - La voce
tremante della mamma risuonava in tutta la chiesa, silenziosa e col
fiato sospeso, durante quel magico momento dei voti.
- Io, Carlisle, prendo te, Esme, come mia sposa, e prometto di esserti
fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. - Anche il nostro
futuro patrigno era emozionato, lo si poteva notare dall'espressione
che aveva in volto e dalle sue mani, tremanti, che stringevano
però, molto saldamente, l'anello che stava per consegnare
alla mamma.
Si scambiarono gli anelli, poi le ultime formule, e finalmente
il vescovo diede il permesso a Carlie di baciare nostra madre; quando
le tirò su il velo dal viso, la mamma era sul punto di
piangere, io ed Alice avevamo già preso un fazzolettino per
asciugarci gli occhi e Rose singhiozzava, cercando di non fare troppo
rumore, dall'inizio della cerimonia, aumentando sempre di
più le lacrime.
Eravamo esattamente sedute sulla prima panca, davanti a tutta la
famiglia di Carlisle, mentre i ragazzi erano dalla pare opposta, di
fronte a nostra zia e a nostra nonna; ma mentre loro facevano
già parte della grande famiglia che era la nostra, noi non
eravamo ancora ben viste dalla loro, e anzi non avevano fatto altro che
criticare ogni cosa che ci riguardava, direttamente o no, dal primo
momento in cui ci avevano viste entrare in chiesa.
Ma non mi importava un granchè, al momento avevo da pensare
a mia madre, a Carlisle, al loro magico momento... e, ben presto, mi
resi conto che nel giro di qualche mese, mi sarei ritrovata nella
stessa situazione.
Ogni ragazza dovrebbe avere il diritto ad essere felice, in quei
momenti, e dovrebbe sentirsi al settimo cielo, sapendo di stare per
sposarsi e di essere sul punto di crearsi una nuova famiglia, accanto
ad un uomo che l'avrebbe amata e rispettata tutta la vita, e dovrebbe
andare in giro ad urlare ai quattro venti la propria
felicità.
Ma io non ero così. Sapevo, di essere un'ipocrita egoista,
che pensava solo all'amore che provava per colui che era appena
diventato il suo fratellastro, ufficialmente, e che non considerava il
fatto che non avrebbe potuto, in ogni caso, contestare la decisione di
suo padre, ne ero perfettamente consapevole e cosciente.
Ma non volevo, non volevo affatto sposarmi con Jacob Black. Non lo
conoscevo, non sapevo com'era la sua faccia, il suo corpo, il suo
carattere e, tanto meno, non sapevo quali erano i suoi sentimenti.
Non era naturale, per me, non era nel mio essere me stessa, dover
accettare l'idea di un matrimonio combinato stabilito nei miei primi
mesi di vita, dall'uomo che mi aveva messa al mondo e che stava vivendo
i suoi ultimi atti, prima del lungo viaggio verso l'ultima tappa della
vita terrena di un uomo.
Pensai, per un attimo, a cosa stesse provando lui, quel Jacob Black a
me sconosciuto, in quel momento: e se fosse stato nella mia stessa
situazione? E se anche lui avesse avuto una ragazza nel cuore, e magari
le avesse promesso un qualcosa che, per cause maggiori, non avrebbe
potuto mantenere, e l'avesse ferita dicendole che fra di loro era tutto
finito, che era promesso ad un'altra di cui non conosceva niente, e che
magari non l'avrebbe nemmeno reso felice come sarebbe potuto essere
accanto a lei?
Cosa avremmo potuto fare noi, due ragazzi che, nonostante tutto,
dovevano ancora conoscere appieno la vita e i suoi misteri, di fronte
alla decisione di tre adulti consapevoli di ciò che stavano
per fare, se non cercare una via di fuga?
La fuga, Bella, sii
Giulietta. Quelle cinque parole mi rimbombarono nella
mente per tutto il tempo, dall'uscita dalla chiesa degli sposi e di
tutta la famiglia, dalle grida di gioia che si spandevano per le
strade, fino a casa, dove si sarebbe svolta la cena e il ricevimento.
Anche sulla carrozza, insieme alle persone con cui avevo condiviso il
viaggio all'andata, e sulla quale il clima che avevamo trovato prima
era completamente diverso, quasi pesante, le parole non dette, i
sentimenti repressi, i pensieri lasciati liberi di correre e viaggiare
solo perchè nessuno sarebbe mai venuto a conoscerli, nemmeno
per sbaglio, fluttuavano su di noi, una nuova, unica famiglia, come un
antico fantasma aleggiava fra le torri più alte di un
castello oscuro, malvagio, in cerca di vendetta verso il suo uccisore.
Nessuno di noi aveva avuto il coraggio di parlare, né di
scambiarsi opinione alcuna sulla cerimonia appena conclusa, anche se
tutti sapevano che i nostri genitori non erano al corrente di
ciò che stava accadendo fra di noi, né lo
sarebbero stati tanto presto. O forse mai.
Edward
- E' stato carino, infondo, anche se mi sarei aspettata una moglie
diversa. - Beth, seduta di fronte a me quasi agli ultimi posti a
tavola, lontani entrambi dagli sposi e dai loro genitori, fratelli e
sorelle, non faceva che ripetere quella frase che avrei cancellato
dalla mia memoria all'istante, se solo avessi potuto.
- Lo so, Beth, lo so. Ho capito che Esme non ti va giù,
potresti non continuare a ripeterlo, soprattutto davanti a loro? -
Jasper l'aveva interrota, dopo che lei ebbe iniziato a pronunciare
nuovamente quelle parole, ed Emmett la guardò in malo modo,
senza aggiungere altro, dopo aver posato la forchetta accanto al piatto
quasi vuoto, che stranamente non fu ripulito completamente.
Bella, Alice e Rosalie non avevano detto una sola sillaba, dal ritorno
dalla chiesa, e non avevano intenzione di cominciare in quel momento, a
giudicare dalle loro facce.
- Come se fosse possibile per una persona di così poco
tatto, capire che a volte le parole feriscono più di una
spada.* - Mi sbagliai, dopo aver sentito quella frase incomprensibile
uscire dalla bocca della sorella più grande, che a fatica
mangiava e beveva.
- Non cambia assolutamente niente, caro cugino, rimarrà
così comunque, anche dopo i nostri preziosi insegnamenti. -
La sua arroganza quasi mi disgustava, non avevo mai capito
perchè lei dovesse essere così sprezzante nei
confronti delle persone che non erano come lei, quando loro sarebbero
benissimo potuti essere persino migliori di lei.
- Quali insegnamenti? - Alice si asciugò le labbra, dopo
aver guardato nostra cugina e noi, in ordine; lei ridacchiò
in maniera subdola, e dopo essersi posata sulle ginocchia il tovagliolo
la guardò come se fosse stata un animale.
- Come, ragazzina, non ti hanno avvertito? Io e mia nonna rimarremo qui
per insegnarvi ad essere degne di far parte della nostra famiglia, e ad
essere almeno presentabili come lontane parenti. - E riprese a
mangiare, facendomi perdere immediatamente l'appetito.
- Avere un anno più di Rosalie ti fa sentire così
grande da credere di permetterti il lusso di fare l'adulta con loro,
Bethany? Perchè, se non erro, se vogliamo proprio
puntualizzare, sono io che dovrei poter anche solo minimamente
pensarlo, essendo il più grande. O sbaglio? - Mai, come in
quel momento, avrei detto di adorare mio fratello Emmett
così tanto. Finalmente, la cugina si tappò la
bocca risentita, e finì di mangiare come se fosse sola ed
isolata rispetto ai suoi genitori, lasciando in pace le povere sorelle.
- Edward, credi che un giorno di questi potrò suonare
qualcosa al pianoforte, assieme a te? Mi piacerebbe imparare. - Bella,
dal cantuccio in cui era seduta, se ne uscì con quelle
parole che mi mozzarono il fiato. Pensavo che non mi avesse ancora
visto suonarlo, eppure l'aveva fatto, senza che io me ne potessi solo
accorgere.
- Oh, beh.. Certo Isabella, non vedo perchè non si possa
fare. - Mi sorrise dolcemente e tornò a mangiare lentamente,
e in cuor mio ne gioii come un pazzo, se avessi potuto mi sarei messo a
ballare per tutta la sala!
- Vedi di comportarti come si deve, anche se so di potermi fidare, e
cerca di mantenere alta la mia dignità durante la mia
assenza figliolo, ci conto! - Mio padre, dopo aver stretto la presa
della sua mano sulla mia spalla, mi abbracciò a lungo,
facendomi sentire tutto l'affetto che provava nei miei confronti.
Esme, intanto, stava stritolando in una morsa quasi ferrea le sue
figlie, tutte in lacrime da minuti interi ormai, e si stavano salutando
senza che io, o i miei fratelli, potessimo comprendere una sola sillaba.
- Bambine mie, so che è la prima volta che ci separiamo per
così tanto tempo, ma non temete, ci saranno i ragazzi a
proteggervi in ogni caso, quindi non disperate, ci vedremo molto
presto.* - Si staccarono, infine, e venne a salutarci con un bacio
sulla guancia.
Era così dolce con noi, che la sentivo come una seconda
madre vera, forse molto più affettuosa e benevola che la
nostra naturale, anche se di lei avevo ormai così pochi
ricordi, vaghi e senza un vero significato particolare, che rimembrarne
tutte le caratteristiche era ormai un'impresa non da poco per la mia
povera mente.
Si presero per mano, conclusi i saluti, e dopo aver imboccato la porta
si girarono un'ultima volta, con un cenno della mano e un sorriso
stampato in viso, per poi sparire dalla nostra vista sopra alla
carrozza che li avrebbe accompagnati molto lontani.
Tutti gli invitati erano andati via pochi minuti prima di loro, ed
eravamo rimasti solo noi sei, i servitori e il pensiero che, il giorno
dopo, nostra nonna ci avrebbe raggiunti nuovamente per 'mantenere in
buono stato la casa e impedire che venga ridotta ad un grandissimo
porcile da gente poco civile e matura, per potersi permettere un tale
lusso.'
Ci stavamo incamminando verso le nostre stanze, quando Trevor
fermò Alice poco prima di raggiungerle, e decidemmo di
aspettarla per augurarci una buonanotte diversa da tutte le altre.
- Signorina, oggi è arrivata una lettera per voi, credo che
sia urgente. - Una busta ingiallita finì fra le sue mani, e
lei curiosa lo ringraziò e la aprì velocemente,
leggendone il contenuto.
Mentre eravamo tutti riuniti di fronte alla porta di camera mia, la
vidi impallidire all'improvviso, e ci spaventammo all'unisono.
- No, non posso crederci. - Sussurrò, con gli
occhi quasi fuori dalle orbite e la bocca semi dischiusa.
Qual'era il suo problema?
Angolino autrice: *riemerge da una coltre di vergogna* Ok ragazze, sono
riuscita a pubblicare con DUE SETTIMANE D'ANTICIPO! Wow, non me lo
aspettavo proprio! Allora, spero che non vi abbia fatto così
schifo e che il matrimonio vi abbia soddisfatti, siamo arrivati ad uno
dei punti cruciali della storia, da qui in poi siamo ad un punto di non
ritorno! E, volevo annunciare che ho apportato delle lievissime
modifiche nei primi capitoli, quindi di dare loro un'altra occhiata per
non perdervi nella storia ;) Se poi voi, carissimi lettori, doveste
notare delle incoerenze fra i vari capitoli, vi basterà
scrivermi un messaggio per avvisarmi, sarà molto gradito! Mi
raccomando, recensite numerosi! A presto, un bacione, Alba97.
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