c nuovo btt
Aria di famiglia
La
situazione sembrava sempre più disperata. Era come se una
nuvola enorme di sfiga si fosse concentrata sulla loro casa. Francis in
cucina aveva sibilato ai due amici di stare al gioco: Carmen e Arthur
erano sposati. Punto.
Poi
gli avrebbe spiegato tutto con calma.
L'
ora successiva fu terrificante.
I
fratelli Kirkland sembravano non volersene più andare. Jack,
il più giulivo tra tutti, stava riempiendo i due sposi di
domande.
In
un primo momento Carmen e Arthur si guardarono incerti rispondendo
con brevi monosillabi, poi il carattere vivace e spigliato della
spagnola aveva preso il sopravvento finendo per monopolizzare la
conversazione insieme al maggiore dei gemelli.
-Ma
è da molto che siete sposati?- domandò Jack
-No,
ma che. Nemmeno... uhm un mese- buttò lì la
ragazza
Jack
guardò prima la cognata e poi il gemello con aria
sognante:- Ah, come avrei voluto esserci. Non è vero Eric?
Non
sarebbe stato bello esserci?
Il
ragazzo dal canto suo fece un mezzo cenno, poco convinto tra l'
altro, col capo, voltandosi poi ad osservare con interesse la
televisione spenta.
-Ma
raccontami tutto. Cioè, come vi siete conosciuti? Artie non
mi ha mai parlato di te. Eppure ci sentiamo per telefono. Lo chiamo una
volta a settimana minimo. Vero Artie che ti chiamo?
-Uhm...
sì.
Jack
era una suocera.
Antonio
ridacchiò sotto i baffi per poi rigirarsi tra le mani il
cellulare. Stupido Chris, era sparito all' improvviso e non si era
nemmeno degnato di chiamarlo. Dove diavolo era finito? Era esasperante.
Gilbert
tracannava impunemente caffè e mangiava come un
animale:- Non vi dispiace vero? Non ho ancora mangiato. Il Magnifico
deve tenersi in forma.- aveva domandato fregandosene delle occhiate
ammonitrici di Francis.
-Eh,
se no poi deperisce!- aveva detto Antonio ridendo. Lo spagnolo
aveva sorseggiato il caffè limitandosi a un pezzo di dolce.
Il
pranzo non era lontano.
-A
cosa ti riferisci?- aveva sbottato il tedesco- non certo ai miei cinque
metri!
Antonio
se possibile rise ancora di più. Ian li guardava
scettico, sollevò un sopracciglio in segno di
disapprovazione. Ma quanto
erano stupidi?
-Figurati-
fece l' iberico
Persino
Jack si era fermato dalle sue ciarle per osservarli incuriosito
come fossero animali strani e interessanti. Davvero divertenti quei
ragazzi. Scommetteva proprio che lì non ci si annoiava.
-E
allora?- incalzò poi rivolto a Carmen e ad Arthur
-Artu....Arthur
è un tipo... riservato. Molto- iniziò la
spagnola- penso che non volesse deludere la sua famiglia. So che ci
tiene molto a voi.
Jack
fece un sorriso mesto:- E' bello sentire queste cose.
Carmen
incrociò involontariamente lo sguardo di Ian. La stava
letteralmente fulminando:- Oh sì- iniziò il
maggiore dei
Kirkland- ci tiene immensamente. Mi complimento, conosci tuo marito
molto bene. E dì, perchè non voleva deludere i
parenti?
Sei mica una sgualdrina?
Carmen
spalancò gli occhi verdi. L' aria si era fatta sempre
più tesa. Vide Antonio alzarsi, pronto probabilmente a fare
qualche sciocchezza. La spagnola trattenne il cugino per l' orlo della
maglietta.
-Dejarme*-
le sibilò a denti stretti.
-Siediti
Carriedo- la voce di Arthur tuonò inaspettata- Ian, non
permetterti di usare certi termini con Carmen. Tu non la conosci.
Se sei venuto qui per per insultare puoi anche alzare i tacchi e
tornartene in Scozia.
-Era
solo una domanda innocente- puntalizzò l' altro- dettata da
semplice curiosità. Del resto mi pare ovvio. O tua moglie
è una sgualdrina, una criminale o peggio un trans o non vedo
il
motivo di tanta apprensione nel non farne parola ad anima viva. Mi sono
domandato lecitamente quale scabroso segreto nascondesse.
-Nessun
segreto- chiarì il biondo- per il resto, sai
perfettamente che i nostri rapporti sono tesi. Qualunque cosa io faccia
tu trovi sempre di che dire. Perciò sono stato zitto e mi
sono
sposato. Punto. Non volevo rovinare il giorno del mio matrimonio con le
solite dispute familiari.
Ian
gli riservò uno sguardo indecifrabile, poi ironicamente
disse:-Molto nobile da parte tua, Arthur. E dire che ti facevo un
codardo.
-Ragazzi,
perfavore- gemette Jack
-Non
ti preoccupare, ho finito- gli disse Ian, poi sorridendo ferino
continuò- da ora in poi me ne starò zitto e
tranquillo ad
ascoltare-
Nella
stanza era calato il silenzio. Sembrava che Ian volesse banchettare
usando come portate del pasto tutti i presenti.
Antonio
guardava lo scozzese con astio, Gilbert aveva smesso di
mangiare all' improvviso per poi ricominciare lentamente, con gesti
quasi studiati. A interrompere il silenzio fu una parola di Francis che
diede di nuovo via libera alla parlantina di Jack.
Alla
fine della mattinata gli inquilini dell' appartamento numero tre
erano esausti. Si riversarono tutti in cucina, Arthur compreso, per
cercare di preparare il pranzo.
Tutti
avevano i nervi a fior di pelle. Ian Kirkland era un uomo
destabilizzante, di questo ne erano certi tutti quanti.
Arthur
si accasciò sulla sedia:- Mi dispiace- affermò
mogio.
-Non
preoccuparti mon cher- Francis fece una risatina forzata- a noi piace
il brivido dell' avventura, non mes amis?
Antonio
annuì con un mezzo sorriso seppur riluttante. Nonostante
gli attriti con suo padre, la famiglia era sacra e il fatto che quel
deficiente avesse offeso sua cugina non gli andava per niente
giù.
Gilbert
assunse l' aria più spavalda che aveva:- Noi tre non ci
facciamo intimidire da niente. Kesesese. Ti assicuro che abbiamo avuto
a che fare con ossi ben più duri di tuo fratello. Lo
staneremo e
aggiungeremo un' altra magnifica esperienza al nostro curriculum di
cattivi ragazzi di tutto rispetto.
Arthur
annuì:- Grazie- poi si rivolse a Carmen- ti ringrazio
infinitamente. E... mi dispiace di averti messa in mezzo. Nemmeno ti
conosco. Mi scuso per le parole di quell' idiota di Ian.
La
spagnola fece un sorriso ampio:- De nada, Arturo. Se posso rendermi
utile sono contenta. Per quanto riguarda tuo fratello... bien**, di
sicuro è un bastardo con la B maiuscola ma non mi scompongo
più di tanto. E poi sono sicura che non sei tanto male come
marito- scherzò allegra scatenando l' ilarità
generale.
Arthur dal canto suo era diventato rosso come un peperone esibendosi in
una sequela
di borbottii sconnessi
Antonio
non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi Carmen davanti alla
porta di casa. La ragazza era arrivata alla fine della festa del giorno
prima. Carmen lo aveva chiamato sul cellulare pregandolo di scendere
all' entrata. La sorpresa era stata davvero grande.
-Sono
stata parecchio indecisa sull' entrare o meno- aveva spiegato
dispiaciuta di fronte allo stupore del cugino.
Carmen
e Antonio avevano un ottimo rapporto, la mora era più
grande di un paio di anni ed erano cresciuti praticamente insieme,
quasi in simbiosi, alla
stragua di fratello e sorella. I loro padri erano fratelli e ogni
domenica era abitudine pranzare insieme così come quella di
trascorrere le estati nella casa di villegiatura al mare.
Carmen
aveva accettato l' omosessualità del ragazzo di buon
grado, non gli aveva voltato le spalle e probabilmente era la persona
in famiglia che era stata più vicina ad Antonio all' epoca
della rottura con i genitori.
-Saliamo
a casa- aveva detto il moro prendendo le valigie.
Si
erano
chiusi nella stanza di Antonio attraversando l' appartamento ormai
silenzioso.
La
spagnola aveva avuto modo di salutare Francis in procinto
di andare a letto, Gilbert non era in casa. Si erano già
visti in passato. Carmen durante le precedenti visite aveva
già avuto modo di conoscere i due ragazzi. A dire il vero
era come se li conoscesse ancor prima del loro primo incontro, era
impossibile del resto visto che Antonio le raccontava ogni singola cosa
della sua vita, descrivendogli minuziosamente le sue giornate come se
di fronte a lui avesse una specie di diario umano. Per questo motivo
sapeva anche della cotta di Francis per un inglese che a detta di tutti
era scorbutico e pieno di sè e del fatto che questi non
aveva un buon rapporto con la propria famiglia. Ovviamente non
conosceva tutti i dettagli, c' erano cose che per ovvi motivi il cugino
non le raccontava.
Antonio
si sedette sul letto e la abbracciò forte respirando l'
odore dei suoi capelli:- E allora? Mi volevi fare una sorpresa per le
feste o devo aspettarmi il peggio?
Carmen
si spostò per guardarlo:- Non proprio il peggio- disse
abbozzando un sorriso- però... ti spiacerebbe ospitarmi per
un
po'? Giusto il tempo di trovarmi un' altra sistemazione.
Antonio
strabuzzò gli occhi e Carmen iniziò a spiegare
cosa era successo di tanto grave da spingerla a lasciare la terra d'
origine.
-Come
sai ero riuscita a diventare l' assistente del professor Soler Diaz. E'
un uomo molto interessante... e... e bello...
-Oddio
non dirmi...
Carmen
annuì:- Ho avuto una relazione con lui. Una volta ci
hanno visti e sai com' è... le voci girano in fretta. Lui
è sposato. Poteva venirne fuori uno scandalo. Anche per la
nostra famiglia quindi qualcuno doveva andarsene. Indovina chi
è
stato quel qualcuno? Credo che in qualche modo abbiano messo a tacere
tutta la faccenda ma io di sicuro non posso ritornare a Madrid quindi
ho pensato di venire qua. Stavo soffocando. Non hai idea della reazione
di mio padre. Credo di avere deluso tutti quanti.
Carmen
iniziò a piangere come una bambina:- Dannazione, e dire che
le cose sembravano essersi messe per il verso giusto. La casa editrice
con cui ero riuscita ad entrare in contatto ha persino sospeso la
pubblicazione delle favole che avevo scritto. E il libro... anche il
libro, non lo vogliono più- Antonio la
abbracciò stretta, le sussurrò un fiume lento di
parole
che la che cullarono come una ninna nanna.
-Sono
sicuro che tutto si sistemerà. Noi Carriedo siamo testardi,
no? Sei brava Carmencita quindi cerca di avere più fiducia.
Mi hai sempre detto che a tutto c' è rimedio.
Carmen
tirò su col naso:- Tranne che alla morte. Lo diceva sempre
nonna Catalina.
-Che
perle di saggezza, eh?- Antonio sorrise.
La
mattina dopo Carmen si era svagliata prima di Antonio. Si sentiva
più tranquilla, più fiduciosa nelle sue
possibilità. Era una persona fondamentalmente ottimista
quindi
crogiolarsi nel passato e pensare in negativo non erano cose che
potevano appartenerle. Le sarebbe bastato allontanarsi da tutto per un
poco di tempo e l' affetto di Antonio per rimettersi in piedi.
Di
certo non si sarebbe aspettata di essere coinvolta in una recita
bizzarra quanto improvvisata.
Durante
quel pranzo in particolare si preparò tutto nei minimi
dettagli.
Francis
aveva cucinato, quindi Gilbert e Antonio stavano lavando i
piatti. Il francese in certe cose era piuttosto puntiglioso. Di tanto
in tanto buttava un' occhiata al foglio scritto fitto fitto che aveva
davanti.
-Il
gelato preferito di Carmen?
-Cioccolato-
sibilò Arthur
-Il
numero di piede?
-Trentanove,
idiot.
-Come
vi siete conosciuti?
-Uhm...
al parco.
-Sbagliato!-
urlò Francis- vi ha presentati Antonio al locale di
Sadiq. Carmen- disse poi rivolgendosi alla ragazza- il piatto preferito
del bruco?
-Scones!-
affermò la ragazza entusiasta.
-Brava!
Vero che ha dei gusti barbari? Vero?
-Questa
era facile- borbottò Arthur- e non ho dei gusti barbari!
-Va
bene. Allora le chiederò qualcosa di più
difficile.
La parte del corpo di cui Arthur va più fiero...- disse
malizioso
-Le
sopracciglia ovviamente- rispose Carmen fissando dette sopracciglia
e chiedendosi interiormente cosa diavolo ci fosse da andar fieri.
-Angleterre,
veniamo di nuovo a te. Dimmi il giorno del vostro matrimonio
-Cos..?
Ma... ma questa....ahaha...è... è facile- Arthur
rise in maniera quasi isterica.
Non
se lo ricordava.
Gilbert
e Antonio se la stavano ridendo sotto i baffi. Sarebbe stata una cosa
parecchio lunga.
Nel
pomeriggio gli inquilini dell' appartamento numero tre stavano
riordinando.
-Che
casino- sbuffò Gilbert dopo aver riempito il secondo sacco
di rifiuti nero
-E'
stata una festa movimentata- concluse Antonio raccogliendo un altro
paio di bicchieri e telefonando per l' ennesima volta a Chris.
Finalmente
il cellulare squillava, poi dall' altro capo del telefono l' iberico
sentì la voce cupa dell' altro.
-Finalmente!-
esordì- ma che fine hai fatto?
-Scusa
-Sei
sparito all' improvviso e nemmeno ti sei fatto sentire.
-Ti
ho chiesto scusa. Mi sono sentito poco bene e sono andato via. Mi sono
svegliato poco fa.
-Ma
che hai avuto? Stai bene ora?
-Una
piccola intossicazione, credo. Comunque sto meglio.
-Magari
dopo vengo.
-No.
Quando sto male non voglio nessuno tra i piedi. E poi ho del lavoro da
fare.
-Ah-
dire che Antonio ci era rimasto male era un eufemismo. Lo spagnolo
assottigliò lo sguardo, la sua voce si era fatta dura all'
improvviso- mi nascondi qualcosa?
Dall'
altro capo del telefono sentì un lungo sospiro di
Christoffel:- Non dire puttanate. No, non ti nascondo niente e non
iniziare a rompere le scatole. Non mi piace la gente che mi sta col
fiato sul collo per ogni cazzata. E comunque non mi pare di averti dato
l' esclusiva. Non sei tu quello che si fa scopare da mattina a sera da
chi capita?
Antonio
rimae in silenzio, poi con voce piatta disse:- Giusto. Niente
esclusiva. Anzi, visto che stai male e ho voglia di scopare mi
troverò qualcuno. Ci sentiamo, Chris.
Antonio
richiuse il cellulare e lo gettò malamente in un angolo.
Chris era uno stronzo. Ma che credeva? Che si divertiva a fare la
puttana?
E
comunque non lo faceva più, non come prima almeno.
La
festa era stata estremamente movimentata. Era stata qualcosa di epico.
Grandiosa
e disastrosa allo stesso tempo.
Arthur
non sapeva bene quante volte aveva rischiato si svenire di
fronte all' alito puzzolente di zia Adeline che come se non bastasse
parlava senza sosta delle cose più assurde. E sempre, sempre
degli stessi argomenti.
Per
il resto la famiglia di Francis, imbarazzo a parte, era gentile e
cordiale.
La
madre del francese era una bella donna, alta e magra, estremamente
fine e ciarliera in modo elegante. Suo padre non poteva dirsi da meno.
La cosa che colpiva di più era quanto quei due andassero d'
accordo, quanto, dopo tanti anni di matrimonio si amassero ancora.
Dovette ammettere di invidiare un po' il francese. Si vedeva che la sua
famiglia era molto unita.
-E
quindi Arthur ti stavo dicendo che mia suocera è una serpe.
Arthur... Arthur... mi ascolti?
-Yes,
Adeline, sono tutto orecchi- rispose il britannico cercando di
trattenere il respiro.
Gilbert
buttò di lato il sacco nero e andò ad aprire la
porta ritrovandosi di fronte il russo.
Non
immaginava che sarebbe venuto dopo tutto quello che era successo. O
forse sì. Sì, in effetti era tipico di Ivan.
Quando mai si arrendeva? Soprattutto se le cose iniziavano a girare in
suo favore, nonostante i dovuti guai connessi.
La
serata si era trasformata nel giro di niente in una rissa collettiva.
Non
appena Natalia aveva aperto la porta dello sgabuzzino, dopo qualche
attimo di pura immobilità, l' albino era sgusciato fuori
urtando involontariamente la sorella di Ivan.
Natalia
poi era caduta addosso a Vash il quale a sua volta era finito
addosso a Roderich facendogli versare addosso la bibita che stava
bevendo. Che tra lo svizzero e il pianista austriaco non corresse buon
sangue era cosa risaputa.
-Lo
hai fatto a posta!- aveva iniziato Roderich
-Non
è vero. Sono caduto. E anche se fosse cosa avresti
intenzione di fare?
-Non
rivolgerti così al signor Edelstein- intervenne Elizaveta
Vash
era scoppiato in una sonora risata:- Ti fai difendere dalle donne, ora?
-E
se anche fosse?- aveva ringhiato la cameriera.
-Fratellone
non litigare, ti prego- era intervenuta una giovane Lily
Per
qualche motivo, per qualche parola di troppo, erano iniziate a
volare prima le padelle, poi i bicchieri e il cibo, infine ogni oggetto
presente nella stanza.
-Fratellone-
aveva sibilato Natalia- ti ho chiesto cosa stavi facendo.
Ivan
non aveva trovato niente di meglio che scappare dietro a Gilbert.
Avevano
corso parecchio incuranti dell' aria gelida della notte. Si
erano fermati solo dopo un pezzo, al centro di una piazza illuminata di
una Stoccolma completamente deserta.
-Non
possiamo tornare in quella bolgia infernale- aveva detto Gilbert col
fiatone.
-Sono
d' accordo.
Si
sedettero su una panchina e si guardarono intorno, ognuno perso nei
propri pensieri. Le strade quella notte erano proprio deserte, le
finestre delle case tutte illuminate. Alcune espandevano nell' aria
chiacchiere e profumi.
-Sai-
iniziò Ivan sorridendo al vuoto- sono proprio contento.
Gilbert
si girò a guardarlo in attesa che continuasse il suo
discorso e chiedendosi dove volesse andare a parare.
-Credo
che questo sia uno dei Natali più belli della mia vita-
il russo lo fissò a sua volta regalandogli un ampio sorriso.
Gilbert rimase a guardarlo. Si sentiva contento, era felice che Ivan
fosse felice.- è il Natale più bello
perchè sento
di avere ... degli amici, diciamo. Sono contento che mi abbiate
invitato alla vostra festa. C' era aria di famiglia là
dentro.
Sorrisi, abbracci, amicizia e tanto affetto. C' era gente che aveva
voglia di stare assieme. Non è bellissimo?
Gilbert
annuì. Sì era bellissimo e sarebbe stato perfetto
se tra tutta quella gente ci fosse stato anche Ludwig.
Ma
nonostante tutto andava bene così. Il discorso di Ivan lo
aveva illuminato. Si sentiva grato per tutto ciò che aveva
perchè se nella sua vita non fossero entrati Francis e
Antonio
probabilmente sarebbe stato una persona incredibilmente sola. Magnifica
ma sola.
Quei
due pazzi erano la sua famiglia e intorno a quella famiglia
ruotava un mondo intero, talmente tante persone da riempire un piccolo
appartamento al centro di Stoccolma.
C'
erano legami, c' era affetto. Ivan aveva ragione.
E
sì, era bellissimo.
-Da
come parli- disse Gilbert- sembra quasi che tu non ce l' abbia una
famiglia. Invece anche se ti lamenti tanto si vede che vuoi bene alle
tue sorelle.
Il
russo lo guardò stupito:- Voglio un bene immenso alle mie
sorelle- rise- sono due piantagrane e mi danno un sacco di pensieri ma
le adoro. Non riesco a immaginare una vita senza loro due. La
riempiono, le danno calore. Yekaterina è una piagnucolona ma
si
impegna molto in tutto quello che fa. Si è buttata in un
sacco
di lavori non appena ha potuto mettere piedi fuori da casa per non
dover dipendere dalla nostra famiglia. E poi è dolce e
attenta.
Si può dire che ha fatto da madre sia a me che a Natalia.
Sono
contento che abbia trovato un bravo ragazzo. Credo che quel canadese la
renderà felice.- Ivan era entusiasta, poi si fece un attimo
pensieroso prima di continuare-Natalia come vedi è una
ragazza
molto bella- sospirò- potrebbe avere tutti i ragazzi che
vuole.
E' molto testarda però la ammiro perchè
è una
donna forte. Non si fa mai abbattere. Cade e si rialza più
fiera
che mai.
Gilbert
era convinto che il legame fra i tre fratelli era molto forte
anche se ad un occhio esterno poteva sembrare il contrario.
-Però
non capisco- intervenne il tedesco- perchè insiste a
volerti sposare a tutti i costi. Non è...- gli venne un
groppo
in gola- naturale- concluse.
-Mh...
non lo so. Vengo da una famiglia piuttosto ricca però mio
padre ha
insistito per impartirci un' educazione piuttosto spartana. I nostri
genitori sono persone un po'... è brutto da dire, ma sono un
po'
ottusi. Sono severi e non amano molto la mondanità. Vivevamo
in
una villa enorme e fredda nel bel mezzo della neve. Non c' era niente,
solo una distesa sterminata di neve. Il paese più vicino era
a otto chilometri. Non lontano come vedi ma per dei ragazzini che non
hanno moto o automobili è una distanza enorme. Uscivamo da
casa
solo per andare a scuola. Quando andavamo a Mosca per comprare vestiti
e scarpe era una festa perchè finalmente potevamo vedere
gente.
Anche andare a scuola era bello ma farsi degli amici sembrava un'
impresa titanica. Tutti ci stavano alla larga, la gente ci trattava con
un miscuglio di timore e rispetto. Dio solo sa che assurde voci
girassero sulla mia famiglia. Eravamo sempre noi tre con la mamma e il
papà e qualche sparuta cameriera. Il mondo sembrava una
realtà meravigliosa e lontana anni luci. Proibita.
Intoccabile.
Le feste erano tristi. Te l' ho già detto, i miei sono molto
severi, nei nostri confronti non hanno mai avuto grossi gesti d'
affetto, però si sono sempre aspettati grandi cose. L'
abbraccio
che non veniva da nostra madre ce lo dava puntualmente Yekaterina-
sorrise- una volta Natalia ha urtato un vaso. Mia madre si è
arrabbiata un sacco perchè era molto costoso e se qualcuno
aveva
rotto quel vaso secondo lei significava che non aveva il senso del
denaro e non che magari non lo avesse fatto a posta. Mi sono preso io
la colpa. Mi ha dato tante di quelle sculacciate che per giorni ogni
volta che mi
sedevo mi faceva male il sedere. Non so perchè Natalia si
sia
fissata con me. Forse perchè siamo vissuti da soli, forse
perchè cercavo sempre di proteggere le mie sorelle. Magari
mi ha
visto come una specie di principe azzurro- ridacchiò-
però come vedi non è stato molto semplice. L'
università è stata una liberazione. Solo in quel
momento,
solo in quel momento ci è stato permesso di abbandonare la
villa
uno dopo l' altro.
-Come
sei arrivato a Stoccolma?
-Con
l' aereo!
-Dico
sul serio, idiota!
-Bè,
diciamo che è come se la pesante tutela dei miei si
sia allentata all' improvviso con la maggiore età. Come se
ci
avessero insegnato quello che dovevano e ora spettasse a noi
comportarci "moralmente". Ad ognuno di noi è stata data una
cifra
e ci è stato fatto un discorso, mio padre ci ha detto "fate
fruttare questi soldi. Quando morirò non dividerò
equamente il mio patrimonio tra di voi. Tutto andrà al
migliore.
In questi anni vi abbiamo insegnato la disciplina, la morigeratezza e
le qualità morali che dovrebbero essere di ogni uomo. Ora
siete
liberi. Il mondo è la vostra prova finale, comportatevi
rettamente e non deludeteci."
Gilbert
fece una smorfia:- I tuoi sembrano di un altro secolo.
-Già.
Comunque Yekaterina ha finito tutti i suoi soldi per
fondare un paio di associazioni benefiche mentre Natalia credo che li
abbia semplicemente conservati, non so. Io invece ho fatto un paio di
investimenti in Europa.- Ivan si spostò accanto all' albino
e
gli prese la mano.
-Che
diavolo stai facendo?!
-Fa
freddo. E poi poco fa ho fatto ben altro e di certo non ti sei
lamentato.
-Mpf.
E va bene ti concedo l' onore di riscaldarti tenedo una delle mie
perfettissime mani.
-Sono
contento di averti incontrato, Gil. Tu mi ricordi la Russia.
-Ma
non avevi detto che odiavi casa tua?
-E'
impossibile. Forse ti ho fatto intendere il contrario ma io amo la
mia terra, vorrei solo che fosse un po' più calda. Sei mai
stato
a Mosca? E' bellissima. E poi non ci sono solo ricordi brutti. Giocare
a palle di neve è fantastico. E con Natalia e Yekaterina
facevamo sempre le gare per il pupazzo più bello rubando le
carote dalla cucina.
Gilbert
fece un mezzo ghigno:- Sei ancora un moccioso.
-Non
dire queste cose- piagnucolò Ivan
-Ah,
è perchè ti ricorderei das Russland***?
-Perchè
sei tuuutto bianco.
-Di
solito la gente mi evita per questo fatto.
-E'
perchè?
-Sono
bianco come un fantasma e ho gli occhi rossi, stupido. Sai le
prese per il culo quando ero un marmocchio? Oppure le maestre che
pensavano che fossi una specie di malatto. Oddio, di questo magari me
ne approfittavo anche ma per il resto non è che sia stato
troppo
piacevole.
-Secondo
me invece sei bellissimo. Sei di un bello che è unico.
Che è straordinario. Sei etereo. La prima volta che ti ho
visto
ho pensato che fossi intoccabile, che non fossi di questo mondo. Mi
sono chiesto che creatura magica fossi. Dio, angelo o demone? Per
quanto ne so potresti essere tutte e tre le cose. Ma sei affascinante,
nel senso che incanti la gente, che è impossibile non
guardarti.
Come se facessi un qualche incantesimo, ecco.
Gilbert
rimase di sasso, poi sghignazzò:- Lo sai? Anche io la
penso così. So di essere straordinario ma la gente non lo
capisce. Io le so queste cose ma... è anche bello sentirsele
dire.
Era
vero, Gilbert sapeva di essere bello, di essere se non unico per lo
meno raro ma la gente non lo capiva affatto. Era raro che qualcuno lo
accettasse, pochi quelli che lo facessero in maniera sincera. Per
questo si imponeva con la sua personalità straripante,
chiacchierona, egocentrica e un po' prepotente. Così facendo
la
gente si scordava del suo aspetto fisico e si concentrava sul suo
carattere, a volte ridendoci su e trovandolo simpatico, altre
detestandolo. Ma almeno si dimenticavano del resto.
In
quel condominio per esempio ci stava bene e questo per il semplice
fatto che quel posto era un covo di gente bizzarra. Lo adorava.
In
quel momento Ivan lo aveva reso felice. Nonostante lo spiccato
egocentrismo non era mai arrivato a definirsi ultraterreno e di sicuro
non glielo aveva mai detto nessuno.
Non
l' aveva mai pensata in quei termini.
-E
poi- stava aggiungendo il russo- sembri anche un girasole
perchè straripi di vita. Il tuo modo di fare è
come un insieme
di colori forti, quasi accecanti. In un paese gelido come il mio
capisci bene che un girasole è qualcosa di meravigliosamente
vivo e colorato.
-Sì
sì, ma ora smettila con tutte questa smancerie. Lo so di
essere magnifico, kesesese.
Gilbert
non avrebbe mai pensato che poteva essere piacevole stare svegli fino
al mattino e vedere sorgere il sole, tiepido e piacevole, in una
città che sembrava essersi fermata a posta per farlo
chiacchierare tranquillamente con Ivan.
SECONDO
IL TRADUTTORE XD
*Lasciami
**
bene.
***
la Russia
CIAO
a tutti, vorrei solo dire che spero che NyoSpain venga bene e
non sembri una Mary Sue perchè sto cercando semplicemente di
declinare al femminile il carattere di Antonio sempre sperando che non
sia troppo OOC. Se poi il nostro spagnolo è bello, bravo e
gentile e strafigo io poco ci posso fare.
Ovviamente
a tempo debito verranno spiegate tante piccole cose.
Poi
prendete questa ff per quello che è, una storia fantasiosa
che non ha alcuna pretesa di aderire alla realtà, mi rendo
conto che certi fatti siano assurdi, ma questo penso si sia capito.
Infine,
se vi va, ho iniziato un' altra long, più seria, rispetto a
BTT, il titolo è "Only Hope"
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