regole
Titolo: Le regole
del cacciatore
Personaggi: Jonathan
Christopher Morgenstern, Sebastian Verlac.
Genere: Dark,
Introspettivo, Erotico.
Rating: Arancione
Avvertimenti: Slash,
Missing-moment, Lime, One-shot.
Note personali:
la storia si ispira ad un estratto pubblicato da Cassandra Clare dopo
l'uscita di City of Lost Souls in America, ma è da
collocarsi in
"Città di
vetro". È
una rivisitazione del tutto personale di come Jonathan si è
appropiato dell'identità di Sebastian Verlac e si
concentra
sopratutto sulle sue emozioni umane che contrastano con la figura
di cacciatore perfetto che suo padre ha voluto fare di lui.
L'avvertimento "contenuti forti" è stato inserito per il
finale, non vorrei che qualcuno ne venisse turbato. E' solo una
precauzione, però.
Le regole del cacciatore
Suo
padre lo aveva
sempre addestrato
affinché fosse perfetto. Un perfetto guerriero, un
cacciatore
sorprendente e un assassino spietato.
Le persone, però, non sempre potevano essere uccise, gli
aveva spiegato. Alcune dovevano essere controllate.
Allora, alle sue doti, si erano aggiunte quelle di un mendace diabolico
e di un tentatore peccaminoso, per ferire l'anima anziché il
corpo. Valentine lo aveva istruito
nell'arte del parlare, accrescendo il suo carisma e facendo di lui un
grande oratore - anche se la parola non era esattamente una delle sue
armi preferite - e gli aveva insegnato come muoversi con eleganza e
come sorridere in maniera accattivante, in modo che il suo
volto si illuminasse, divenendo irresistibile.
Seduzione, aveva
definito quel trucco, e dopo averlo fatto aveva ritenuto necessario
insegnargli a baciare.
Cercò di tenere a mente tutte quelle strane regole che un
tempo
aveva appreso, il
mordicchiare dolcemente il labbro inferiore del proprio compagno e
sfiorargli i contorni della bocca con la lingua per farlo andare fuori
di testa, ma si accorse che con Sebastian Verlac tutto gli veniva
naturale. Il cacciatore la testa l'aveva persa non appena
Jonathan aveva iniziato a lasciargli baci leggeri sul collo,
soffermandosi appena sotto l'orecchio e strofinando il naso nel punto
in cui la pelle era più sottile, per fargli il solletico.
Era piuttosto divertente vederlo tremare, sudare freddo ed emettere
mugolii soffocati: sembrava uno di quei tanti gattini che aveva fatto
fuori
da piccolo.
- Parlami ancora della tua famiglia, devo sapere tutto. -
sussurrò, tornando a slacciargli la camicia subito dopo.
Regolare la voce, aveva detto suo padre una volta, renderla piacevole quasi stessi
cantando.
- P-prima non dovremmo chiudere a chiave la porta? -
La porta. In
un momento del genere pensava alla porta. Jonathan avrebbe
voluto strangolarlo subito, ma gli servivano ancora delle informazioni.
- Non verrà nessuno, sono tutti di sotto a godersi la festa.
-
Era stata una decisione avventata incontrarlo in quel locale pieno di
adolescenti ubriachi e sudati che si contorcevano in maniera
insopportabile, ma Sebastian Verlac sembrava andarci quasi tutte le
sere. Aveva studiato le sue abitudini per molto tempo, ma fin
dal
primo istante aveva capito che quel tipo tanto affabile quanto incauto
faceva a caso
suo. Se voleva entrare ad Alicante e confondersi tra i Nephilim aveva
bisogno di lui.
Sebastian riprese a parlare ad occhi chiusi, reclinando la testa
all'indietro sotto il suo tocco. Era un tipo affascinante, di
bell'aspetto, ma non quanto Jonathan.
- Dove eravamo..rimasti? Ah, mia cugina A-Aline. Non la vedo da almeno
dieci
anni, ma da piccoli giocavamo ad ammazza-demoni insieme. La chiamavo princesse o
qualcosa del genere. -
Farò bene a
ricordarmelo, si disse.
- C'est tout,
ti ho parlato di tutti i miei parenti, anche se davvero non capisco
questo tuo strano interesse per..-
Jonathan si avventò sulla sua bocca per farlo tacere,
schiudendola a contatto
con la sua. Era umida, dolce e calda. A lui non piacevano le cose
calde, ma quella aveva un buon sapore a compensare, come di champagne
aromatizzato.
Mosse le labbra con la stessa furia di quando combatteva,
perché Valentine gli aveva svelato che bisognava metterci la
stessa passione. È
come lottare, come avere la meglio sul tuo
avversario. Ogni
volta che la sua lingua incontrava quella di Sebastian,
però, gli sembrava di venire sopraffatto. Qualcosa non stava
andando per il verso giusto, il ventre gli formicolava e la vista gli
si faceva appannata, come disturbata da piccoli puntini neri e grigi.
Quel
bacio era come
una morsa d'acciaio dalla quale non riusciva a staccarsi, un richiamo
naturale che lo atterriva e lo eccitava allo stesso tempo. Suo padre
non gli aveva mai parlato di un effetto collaterale del genere.
D'improvviso ebbe
paura, un terrore viscerale che nasceva dal profondo del suo essere,
perché
Valentine, a dire il vero, gli aveva spiegato di cosa si
trattasse, ma lui non gli aveva mai
dato troppo peso, convinto che mai ne avrebbe risentito.
Invece eccole lì, armi di distruzione e torture dell'anima: emozioni umane.
Qualcosa che veniva
dal cuore, non dalla testa.
Si ritrasse di scatto, sconvolto, abbandonando la bocca ancora
semiaperta di Sebastian, e si sentì inorridito da tutto
ciò che aveva appena fatto. Dove aveva sbagliato? Quali
regole
non aveva seguito?
Era sicuro di aver rispettato tutti gli insegnamenti di suo padre,
allora perché la paura tormentava lui invece che la sua
vittima?
- Pourquoi?
- chiese Sebastian rosso in volto, gli occhi lucidi quasi fosse
febbricitante.
Jonathan ansimava in preda alla rabbia e allo sgomento. Era stato
così maledettamente facile attirare Sebastian nelle sue
grinfie, così facile ottenere da lui fiducia e segreti
di famiglia!
Aveva prestato attenzione al sorriso, al tono di voce e alle movenze
eleganti, si era sforzato di essere divertente come Valentine gli aveva
insegnato e lo aveva sedotto seguendo le sue stupide lezioni di
comportamento.
Allora perché maledizione? Perché desiderava solo
tornare
a baciare la pelle morbida e profumata di Sebastian,
perché lo desiderava come solo un essere umano poteva
desiderare un suo simile?
Perché provava paura e..affetto?
- Pourquoi? - ripeté nella sua stessa lingua, senza nemmeno
farci caso.
Accarezzò con un dito l'anello dei Morgestern che teneva
sempre con
sé, cercando conforto. Che cosa stupida, aveva vissuto da
solo fin
da piccolo, quando suo padre era troppo occupato ad accudire il suo
Angioletto,
e ora sentiva il bisogno vitale di averlo accanto, di
sentire la sua presenza sicura che gli diceva cosa fare. Anche quella
era un'insulsa emozione umana.
Se l'evoluzione degli
eventi è a tuo sfavore, riprendi il controllo di te stesso e
solo dopo quello della situazione. Le parole di Valentine
risuonarono nella sua testa e Jonathan si aggrappò ad esse
come ad un'ancora di salvezza.
Sfiorò il contorno della grande "M" d'argento,
rassicurato dal
freddo del metallo e dalla sua forma familiare, tornando a moderare il
respiro.
- Che strano marchio. - Sebastian volle guardarlo da vicino,
dimenticata per un secondo la delusione del bacio interrotto.
- Non sembra quello dei Blackthorn.
Mi sembra di averlo già visto.- ridacchiò,
confuso.
Blackthorn,
come aveva potuto dimenticarselo? Gli aveva mentito anche su questo,
dicendo di chiamarsi Andrew Blackthorn.
- Conosci il libro delle famiglie dei Cacciatori? Quello con l'albero
genealogico di Jonathan Shadowhunter? -
Quello
stupido libro, certo che lo conosceva; suo padre lo aveva
costretto ad impararlo quasi a memoria. C'erano nomi e simboli di ogni
clan di Cacciatori di demoni esistenti, con tanto di ritratto del
capofamiglia. Era un tomo talmente grosso che da piccolo doveva
chiedere l'aiuto di Valentine, affinché lo prendesse dallo
scaffale
della libreria e lo ponesse davanti a lui.
Era un oggetto potente, pieno di conoscenza e verità. Mai sottovalutare l'importanza
di un libro, altra regola di suo padre, perché "verba volant,
scripta manent".
- Sì. -
- Bien, mi
ricorda lo stemma di una famiglia in particolare, una di
quelle che è obbligatorio studiare negli Istituti.
È strano, lo
so, ma mi sembra che sia quello dei...-
- Morgesntern. -
Gli
occhi di Jonathan si puntarono nei suoi. Erano un
pozzo buio senza fine, specchio di un'anima ancora più
oscura. Se c'era un modo per capire chi era lui, che cosa era lui,
era guardare la tenebra riflessa nel suo sguardo.
- M-Morgenstern? -
- Oui. -
- Come quel pazzo? Come il defunto Valentine Morgenstern? -
- Au contraire, mon
cher,
come il vivo e vegeto Valentine Morgenstern. Come suo figlio, Jonathan
Christopher Morgenstern. -
Jonathan sorrise con lo stesso sorriso che suo padre gli aveva
insegnato a stamparsi sul volto, una smorfia divertita e sincera, che
arcuava le labbra in modo incantevole. Il sorriso di un vincitore.
- Che diavolo stai dicendo? -
Che strana emozione, la paura, pensò. Aveva attanagliato la
sua mente fino a
qualche secondo prima e adesso sembrava essersi impossessata di
Sebastian Verlac, martoriando dal più profondo del suo
essere,
ribaltando i ruoli di un gioco che si faceva sempre più
divertente. Chi era la preda spaventata adesso, chi il cacciatore?
La paura, decise, quella sarebbe stata l'unica emozione da cui si
sarebbe lasciato
trasportare. O meglio, si sarebbe lasciato invadere dall'euforia
causata dalla paura altrui.
- Avevi promesso di darmi tutto te stesso prima, mentre ci stavamo
baciando, avevi detto che eri mio. - sussurrò, la voce
flautata, scivolando verso di lui
come un serpente.
- Ora è giusto che io prenda tutto
ciò che hai da offrirmi. -
Nome, identità, ogni cosa.
Le loro labbra si incontrarono di nuovo, in un'unione disperata che
sapeva di terrore. Quelle di Jonathan, avide, si mossero su quelle
immobili del compagno con desiderio, quasi a volergli succhiare
l'anima, quasi a volergli strappare ciò che di
più
profondo c'era dentro di lui. Quella preda era particolarmente
succulenta.
Sebastian lo spinse lontano, gli occhi scuri sgranati dal terrore.
- Pour l'ange, chi sei tu?! -
Con velocità sovrumana Jonathan si materializzò
vicino alla porta, dove aveva lasciato l'attrezzatura da Nephilim.
Strinse nella mano destra un pugnale di vetro di demone, dalla lama
nera e affilata,
specchiandocisi dentro: il suo riflesso appariva scuro e gli occhi
d'antracite, dello stesso colore dell'arma, sembravano fondercisi
dentro.
- Adesso
sono Sebastian Verlac. -
Un ghigno trionfante, quella fu l'ultima cosa che il vero
Sebastian vide prima che Jonathan gli aprisse la gola da parte a parte,
affondando il pugnale nella sua carne fino a reciderla. Avrebbe voluto
gridare, affondargli le unghie nella pelle fino a distruggere quel
volto diabolico e bellissimo, ma sentiva il sangue colargli lungo il
collo e impregnargli i vestiti, le forze venir meno.
- Non avere paura, mon
ami, sarò un Sebastian Verlac migliore di
quanto tu non sia mai stato. -
La voce era
soffice e gentile,
stranamente piacevole; Sebastian non era sicuro che a parlare fosse
stato proprio il suo assassino, ma quel suono rimbombò nelle
sue
orecchie come una melodia tentatrice e terrificante. Fu l'ultima cosa
che udì, poi, dai suoi occhi, la luce scomparve.
Jonathan restò a guardarlo per gualche secondo, scostandogli
una
ciocca bruna dal volto con le dita insenguinate.
- Così sciocco, così debole. -
Ora, però, comincia il vero divertimento, si
disse. Avrebbe tinto i suoi candidi capelli
di nero, avrebbe acquisito un adorabile accento francese e avrebbe
cambiato definitivamente identità. Jonathan sarebbe rimasto
assopito per qualche tempo e il nuovo
Sebastian Verlac avrebbe ridotto
in cenere il mondo.
Scaricò il cadavere in un vicino fiume, qualche minuto
più tardi, guardandolo affondare nell'acqua sporca fino a
scomparire del tutto.
- Grazie per avermi prestato il tuo nome. - ridacchiò, - E
anche per qualcos'altro. -
Nella mano teneva ancora stretto il pugnale di vetro di demone.
Lo avvicinò alla bocca, leccando un rivolo di sangue fresco
dall'elsa fino alla punta della lama, poi sorrise.
Si sarebbe divertito ad andare a caccia, da adesso in poi. Quasi
riusciva a vederli, tutti gli stupidi Nephilim che si sarebbero fidati
di lui anche solo per il nome che diceva di avere.
Una delle regole
più
importanti per un cacciatore, aveva detto una volta suo
padre, puntando
il suo sguardo serio su di lui, è
"mai fidarsi di uno
sconosciuto". Non si può mai sapere se dietro il suo volto
si
nasconda un Nephilim o un demone.
O un Nephilim con sangue di demone.
Il telefono che aveva in tasca vibrò
all'improvviso,
distogliendolo dai suoi pensieri. Sullo schermo illuminato lampeggiava
una sola
lettera: V.
Allora ce l'aveva fatta a a far funzionare quell'aggeggio
infernale.
- Jonathan? - la voce di suo padre risuonò fredda, quasi
meccanica mentre si accertava che la missione fosse stata portata a
termine.
- No, Sebastian. -
Ci fu un breve silenzio.
- Bel lavoro, Sebastian.
-
Questa
storia, pubblicata con un immane ritardo, si è classificata
prima allo [Shadowhunters]
Prompt contest - Roro e Gweiddi at Ecate con i seguenti punteggi:
Originalità: 9/10
Forma: 9/10
IC: 9/10
Attinenza: 3/3
Faccio
i miei più sinceri complimenti alle altre concorrenti e
ringrazio Roro e Gweiddi at Ecate per i giudizi accuratissimi e lo
splendido banner che amo profondamente.
Grazie inoltre alle 28 persone che mi hanno inserito tra gli autori
preferiti. Per il resto niente, un commento fa sempre piacere!
A presto, Nimue
TRADUZIONI FRANCESE/ITALIANO
Princesse:
principessa.
C'est tout: è tutto.
Pourquoi: perché.
Bien: bene.
Oui: sì.
Au contraire, mon
cher: al contrario, mio caro.
Pour l'ange: per
l'Angelo!
Mon ami:
amico mio.
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