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Autore: Nimue_    14/04/2013    8 recensioni
Cercò di tenere a mente tutte quelle strane regole che un tempo aveva appreso, il mordicchiare dolcemente il labbro inferiore del proprio compagno e sfiorargli i contorni della bocca con la lingua per farlo andare fuori di testa, ma si accorse che con Sebastian Verlac tutto gli veniva naturale.
[Prima classificata allo [Shadowhunters] Prompt contest di Roro e Gweiddi at Ecate, Jonathan/Sebastian, slash!]
Genere: Dark, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Clockwork City'
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regole
Titolo: Le regole del cacciatore
Personaggi: Jonathan Christopher Morgenstern, Sebastian Verlac.
Genere: Dark, Introspettivo, Erotico.
Rating: Arancione
Avvertimenti: Slash, Missing-moment, Lime, One-shot.
Note personali: la storia si ispira ad un estratto pubblicato da Cassandra Clare dopo l'uscita di City of Lost Souls in America, ma è da collocarsi in "Città di vetro". È una rivisitazione del tutto personale di come Jonathan si è appropiato dell'identità di Sebastian Verlac e si concentra sopratutto sulle sue emozioni umane che contrastano con la figura di cacciatore perfetto che suo padre ha voluto fare di lui. L'avvertimento "contenuti forti" è stato inserito per il finale, non vorrei che qualcuno ne venisse turbato. E' solo una precauzione, però.


Le regole del cacciatore

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Suo padre lo aveva sempre addestrato affinché fosse perfetto. Un perfetto guerriero, un cacciatore sorprendente e un assassino spietato.
Le persone, però, non sempre potevano essere uccise, gli aveva spiegato. Alcune dovevano essere controllate. Allora, alle sue doti, si erano aggiunte quelle di un mendace diabolico e di un tentatore peccaminoso, per ferire l'anima anziché il corpo. Valentine lo aveva istruito nell'arte del parlare, accrescendo il suo carisma e facendo di lui un grande oratore - anche se la parola non era esattamente una delle sue armi preferite - e gli aveva insegnato come muoversi con eleganza e come sorridere in maniera accattivante, in modo che il suo volto si illuminasse, divenendo irresistibile.
Seduzione, aveva definito quel trucco, e dopo averlo fatto aveva ritenuto necessario insegnargli a baciare.
Cercò di tenere a mente tutte quelle strane regole che un tempo aveva appreso, il mordicchiare dolcemente il labbro inferiore del proprio compagno e sfiorargli i contorni della bocca con la lingua per farlo andare fuori di testa, ma si accorse che con Sebastian Verlac tutto gli veniva naturale. Il cacciatore la testa l'aveva persa non appena Jonathan aveva iniziato a lasciargli baci leggeri sul collo, soffermandosi appena sotto l'orecchio e strofinando il naso nel punto in cui la pelle era più sottile, per fargli il solletico.
Era piuttosto divertente vederlo tremare, sudare freddo ed emettere mugolii soffocati: sembrava uno di quei tanti gattini che aveva fatto fuori da piccolo.
- Parlami ancora della tua famiglia, devo sapere tutto. - sussurrò, tornando a slacciargli la camicia subito dopo.
Regolare la voce, aveva detto suo padre una volta, renderla piacevole quasi stessi cantando.
- P-prima non dovremmo chiudere a chiave la porta? -
La porta. In un momento del genere pensava alla porta. Jonathan avrebbe voluto strangolarlo subito, ma gli servivano ancora delle informazioni.
- Non verrà nessuno, sono tutti di sotto a godersi la festa. -
Era stata una decisione avventata incontrarlo in quel locale pieno di adolescenti ubriachi e sudati che si contorcevano in maniera insopportabile, ma Sebastian Verlac sembrava andarci quasi tutte le sere. Aveva studiato le sue abitudini per molto tempo, ma fin dal primo istante aveva capito che quel tipo tanto affabile quanto incauto faceva a caso suo. Se voleva entrare ad Alicante e confondersi tra i Nephilim aveva bisogno di lui.
Sebastian riprese a parlare ad occhi chiusi, reclinando la testa all'indietro sotto il suo tocco. Era un tipo affascinante, di bell'aspetto, ma non quanto Jonathan.
- Dove eravamo..rimasti? Ah, mia cugina A-Aline. Non la vedo da almeno dieci anni, ma da piccoli giocavamo ad ammazza-demoni insieme. La chiamavo princesse o qualcosa del genere. -
Farò bene a ricordarmelo, si disse.
- C'est tout, ti ho parlato di tutti i miei parenti, anche se davvero non capisco questo tuo strano interesse per..-
Jonathan si avventò sulla sua bocca per farlo tacere, schiudendola a contatto con la sua. Era umida, dolce e calda. A lui non piacevano le cose calde, ma quella aveva un buon sapore a compensare, come di champagne aromatizzato.
Mosse le labbra con la stessa furia di quando combatteva, perché Valentine gli aveva svelato che bisognava metterci la stessa passione. È come lottare, come avere la meglio sul tuo avversario. Ogni volta che la sua lingua incontrava quella di Sebastian, però, gli sembrava di venire sopraffatto. Qualcosa non stava andando per il verso giusto, il ventre gli formicolava e la vista gli si faceva appannata, come disturbata da piccoli puntini neri e grigi. Quel bacio era come una morsa d'acciaio dalla quale non riusciva a staccarsi, un richiamo naturale che lo atterriva e lo eccitava allo stesso tempo. Suo padre non gli aveva mai parlato di un effetto collaterale del genere.
D'improvviso ebbe paura, un terrore viscerale che nasceva dal profondo del suo essere, perché Valentine, a dire il vero, gli aveva spiegato di cosa si trattasse, ma lui non gli aveva mai dato troppo peso, convinto che mai ne avrebbe risentito.
Invece eccole lì, armi di distruzione e torture dell'anima: emozioni umane. Qualcosa che veniva dal cuore, non dalla testa.
Si ritrasse di scatto, sconvolto, abbandonando la bocca ancora semiaperta di Sebastian, e si sentì inorridito da tutto ciò che aveva appena fatto. Dove aveva sbagliato? Quali regole non aveva seguito?
Era sicuro di aver rispettato tutti gli insegnamenti di suo padre, allora perché la paura tormentava lui invece che la sua vittima?
- Pourquoi? - chiese Sebastian rosso in volto, gli occhi lucidi quasi fosse febbricitante.
Jonathan ansimava in preda alla rabbia e allo sgomento. Era stato così maledettamente facile attirare Sebastian nelle sue grinfie, così facile ottenere da lui fiducia e segreti di famiglia!
Aveva prestato attenzione al sorriso, al tono di voce e alle movenze eleganti, si era sforzato di essere divertente come Valentine gli aveva insegnato e lo aveva sedotto seguendo le sue stupide lezioni di comportamento.
Allora perché maledizione? Perché desiderava solo tornare a baciare la pelle morbida e profumata di Sebastian, perché lo desiderava come solo un essere umano poteva desiderare un suo simile?
Perché provava paura e..affetto?
- Pourquoi? - ripeté nella sua stessa lingua, senza nemmeno farci caso.
Accarezzò con un dito l'anello dei Morgestern che teneva sempre con sé, cercando conforto. Che cosa stupida, aveva vissuto da solo fin da piccolo, quando suo padre era troppo occupato ad accudire il suo Angioletto, e ora sentiva il bisogno vitale di averlo accanto, di sentire la sua presenza sicura che gli diceva cosa fare. Anche quella era un'insulsa emozione umana.
Se l'evoluzione degli eventi è a tuo sfavore, riprendi il controllo di te stesso e solo dopo quello della situazione. Le parole di Valentine risuonarono nella sua testa e Jonathan si aggrappò ad esse come ad un'ancora di salvezza.
Sfiorò il contorno della grande "M" d'argento, rassicurato dal freddo del metallo e dalla sua forma familiare, tornando a moderare il respiro.
- Che strano marchio. - Sebastian volle guardarlo da vicino, dimenticata per un secondo la delusione del bacio interrotto.
- Non sembra quello dei Blackthorn. Mi sembra di averlo già visto.- ridacchiò, confuso.
Blackthorn, come aveva potuto dimenticarselo? Gli aveva mentito anche su questo, dicendo di chiamarsi Andrew Blackthorn.
- Conosci il libro delle famiglie dei Cacciatori? Quello con l'albero genealogico di Jonathan Shadowhunter? -
Quello stupido libro, certo che lo conosceva; suo padre lo aveva costretto ad impararlo quasi a memoria. C'erano nomi e simboli di ogni clan di Cacciatori di demoni esistenti, con tanto di ritratto del capofamiglia. Era un tomo talmente grosso che da piccolo doveva chiedere l'aiuto di Valentine, affinché lo prendesse dallo scaffale della libreria e lo ponesse davanti a lui.
Era un oggetto potente, pieno di conoscenza e verità. Mai sottovalutare l'importanza di un libro, altra regola di suo padre, perché "verba volant, scripta manent".
- Sì. -
- Bien, mi ricorda lo stemma di una famiglia in particolare, una di quelle che è obbligatorio studiare negli Istituti. È strano, lo so, ma mi sembra che sia quello dei...-
- Morgesntern. -
Gli occhi di Jonathan si puntarono nei suoi. Erano un pozzo buio senza fine, specchio di un'anima ancora più oscura. Se c'era un modo per capire chi era lui, che cosa era lui, era guardare la tenebra riflessa nel suo sguardo.
- M-Morgenstern? -
- Oui. -
- Come quel pazzo? Come il defunto Valentine Morgenstern? -
- Au contraire, mon cher, come il vivo e vegeto Valentine Morgenstern. Come suo figlio, Jonathan Christopher Morgenstern. -
Jonathan sorrise con lo stesso sorriso che suo padre gli aveva insegnato a stamparsi sul volto, una smorfia divertita e sincera, che arcuava le labbra in modo incantevole. Il sorriso di un vincitore.
- Che diavolo stai dicendo? -
Che strana emozione, la paura, pensò. Aveva attanagliato la sua mente fino a qualche secondo prima e adesso sembrava essersi impossessata di Sebastian Verlac, martoriando dal più profondo del suo essere, ribaltando i ruoli di un gioco che si faceva sempre più divertente. Chi era la preda spaventata adesso, chi il cacciatore?
La paura, decise, quella sarebbe stata l'unica emozione da cui si sarebbe lasciato trasportare. O meglio, si sarebbe lasciato invadere dall'euforia causata dalla paura altrui.
- Avevi promesso di darmi tutto te stesso prima, mentre ci stavamo baciando, avevi detto che eri mio. - sussurrò, la voce flautata, scivolando verso di lui come un serpente.
- Ora è giusto che io prenda tutto ciò che hai da offrirmi. -
Nome, identità, ogni cosa.
Le loro labbra si incontrarono di nuovo, in un'unione disperata che sapeva di terrore. Quelle di Jonathan, avide, si mossero su quelle immobili del compagno con desiderio, quasi a volergli succhiare l'anima, quasi a volergli strappare ciò che di più profondo c'era dentro di lui. Quella preda era particolarmente succulenta.
Sebastian lo spinse lontano, gli occhi scuri sgranati dal terrore.
- Pour l'ange, chi sei tu?! -
Con velocità sovrumana Jonathan si materializzò vicino alla porta, dove aveva lasciato l'attrezzatura da Nephilim. Strinse nella mano destra un pugnale di vetro di demone, dalla lama nera e affilata, specchiandocisi dentro: il suo riflesso appariva scuro e gli occhi d'antracite, dello stesso colore dell'arma, sembravano fondercisi dentro.
- Adesso sono Sebastian Verlac. -
Un ghigno trionfante, quella fu l'ultima cosa che il vero Sebastian vide prima che Jonathan gli aprisse la gola da parte a parte, affondando il pugnale nella sua carne fino a reciderla. Avrebbe voluto gridare, affondargli le unghie nella pelle fino a distruggere quel volto diabolico e bellissimo, ma sentiva il sangue colargli lungo il collo e impregnargli i vestiti, le forze venir meno.
- Non avere paura, mon ami, sarò un Sebastian Verlac migliore di quanto tu non sia mai stato. -
La voce era soffice e gentile, stranamente piacevole; Sebastian non era sicuro che a parlare fosse stato proprio il suo assassino, ma quel suono rimbombò nelle sue orecchie come una melodia tentatrice e terrificante. Fu l'ultima cosa che udì, poi, dai suoi occhi, la luce scomparve.
Jonathan restò a guardarlo per gualche secondo, scostandogli una ciocca bruna dal volto con le dita insenguinate.
- Così sciocco, così debole. -
Ora, però, comincia il vero divertimento, si disse. Avrebbe tinto i suoi candidi capelli di nero, avrebbe acquisito un adorabile accento francese e avrebbe cambiato definitivamente identità. Jonathan sarebbe rimasto assopito per qualche tempo e il nuovo Sebastian Verlac avrebbe ridotto in cenere il mondo.
Scaricò il cadavere in un vicino fiume, qualche minuto più tardi, guardandolo affondare nell'acqua sporca fino a scomparire del tutto.
- Grazie per avermi prestato il tuo nome. - ridacchiò, - E anche per qualcos'altro. -
Nella mano teneva ancora stretto il pugnale di vetro di demone. Lo avvicinò alla bocca, leccando un rivolo di sangue fresco dall'elsa fino alla punta della lama, poi sorrise.
Si sarebbe divertito ad andare a caccia, da adesso in poi. Quasi riusciva a vederli, tutti gli stupidi Nephilim che si sarebbero fidati di lui anche solo per il nome che diceva di avere.
Una delle regole più importanti per un cacciatore, aveva detto una volta suo padre, puntando il suo sguardo serio su di lui, è "mai fidarsi di uno sconosciuto". Non si può mai sapere se dietro il suo volto si nasconda un Nephilim o un demone.
O un Nephilim con sangue di demone.
Il telefono che aveva in tasca vibrò all'improvviso, distogliendolo dai suoi pensieri. Sullo schermo illuminato lampeggiava una sola lettera: V. Allora ce l'aveva fatta a a far funzionare quell'aggeggio infernale.
- Jonathan? - la voce di suo padre risuonò fredda, quasi meccanica mentre si accertava che la missione fosse stata portata a  termine.
- No, Sebastian. -
Ci fu un breve silenzio.
- Bel lavoro, Sebastian. -


Questa storia, pubblicata con un immane ritardo, si è classificata prima allo [Shadowhunters] Prompt contest - Roro e Gweiddi at Ecate con i seguenti punteggi:
Originalità: 9/10
Forma: 9/10
IC: 9/10
Attinenza: 3/3

Faccio i miei più sinceri complimenti alle altre concorrenti e ringrazio Roro e Gweiddi at Ecate per i giudizi accuratissimi e lo splendido banner che amo profondamente.
Grazie inoltre alle 28 persone che mi hanno inserito tra gli autori preferiti. Per il resto niente, un commento fa sempre piacere!
A presto, Nimue

TRADUZIONI FRANCESE/ITALIANO
Princesse: principessa.
C'est tout: è tutto.
Pourquoi: perché.
Bien: bene.
Oui: sì.
Au contraire, mon cher: al contrario, mio caro.
Pour l'ange: per l'Angelo!
Mon ami: amico mio.








   
 
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