[Redemption
- Zack Hemsey]
[Crawl
- Superchick]
[The
Requiem - Linkin Park]
Buio.
Freddo.
Dolore.
Riuscivo
a pensare solo a questo, massaggiandomi le
tempie dopo essere rinvenuta.
Aprii
gli occhi con cautela, richiudendoli subito a
causa delle fitte atroci che mi attraversarono la testa come scariche
elettriche;
rimasi ancora un po’ a terra, cercando di riprendere
lentamente coscienza del
mio corpo.
La
schiena doleva da morire, sembrava che avessi
sbattuto su qualcosa di molto duro. Dovevo essere caduta male,
perché la testa
continuava a girarmi e urlare dal dolore.
Mi
lasciai sfuggire un rantolio di sofferenza nel
mettermi finalmente a sedere per cercare di capire dove fossi finita.
Tutto
era immerso nell’oscurità, solo qualche lieve
bagliore azzurro di tanto in tanto rischiarava il luogo in cui mi
trovavo.
Provai ad alzarmi, ma trovai una superficie liscia e fredda a
costringermi in
una posizione accovacciata. Dov’era lo specchio dal quale ero
entrata…?
L’ultima
cosa che ricordavo era il volto di Alyssa,
più severo che mai, mentre mi gettava al di là
del portale vicino a quello
delle Muse, dove si erano diretti Raven ed Emile.
«…Perché?»
fu la domanda che mi salì alle labbra in un
sussurro.
Non
poteva averci tradito. Non poteva fare anche lei
parte del piano. Tutto questo non aveva senso!
L’avevo
vista combattere contro Phobos e Deimos con i
miei occhi. Si era ferita anche lei, anzi, mi aveva addirittura
salvata. Per
quale motivo avrebbe dovuto tradirci?
“Il
modo migliore per far abbassare la guardia agli
altri è fare in modo che si fidino di te… Il
gruppo non penserà mai di covare
una serpe in seno.”
Scossi
la testa violentemente, tanto che le tempie ricominciarono
a pulsare.
«No.
No, non può essere vero!»
Ero
sicura di aver visto la vera Alyssa, seduta fuori
dal terrazzo di Kimon. Aveva abbandonato per un attimo la corazza,
permettendomi di scrutare nel suo cuore, e la Melodia che avevo sentito
era
pura e chiara come il suono di un’ocarina. Un anima con quel
suono non poteva
di certo fare una cosa del genere.
“Mentire,
mentire… Le persone sanno solo mentire.
Menti sapendo che anche gli altri mentono.”
«Cosa…?»
Ci misi un po’ a capire che la voce che
credevo appartenere ai miei pensieri era invece quella di Alyssa.
“Non
fidarti di nessuno. Aspettano solo il momento
buono per usarti a loro piacimento. Non farti usare, usali.”
Le
strette pareti tra le quali ero rinchiusa, rilucevano
di un pallido azzurro a ogni parola. Mi guardai attorno ansiosa
allungando le
mani verso le pareti. Ora che controllavo meglio, parevano proprio
fatte di
ghiaccio.
“Madre…
Madre, Riconoscimi. Dai un senso alla mia
esistenza. Io sto facendo come mi hai insegnato.”
Aveva
detto di essere stata cresciuta in orfanatrofio…
Perché appellarsi alla madre umana? Credevo fosse
più logico rivolgersi ad
Ares, per quanto non riuscissi a immaginare il dio della guerra nei
panni di un
bravo padre.
“Madre…
Sono nel giusto?”
Le
pareti cominciarono a vibrare.
“Madre…
Perché non rispondi?”
La
voce di Alyssa si incrinò in quello che sembrava un
pianto sommesso, mentre il ghiaccio brillava in modo malinconico per
poi far sprofondare
nuovamente la mia gabbia nel buio più assoluto. Aspettai
qualche secondo prima
di cadere nel panico.
«Alyssa?
Alyssa, mi senti? ...Maledizione, c’è
qualcuno?!»
Iniziavo
a credere che sarei rimasta rinchiusa lì dentro
per sempre quando un’altra voce familiare mi
solleticò l’orecchio.
«…Cithara,
puoi sentirmi?»
«Kimon?»
Non mi chiesi come era riuscito a raggiungermi,
il solo fatto di sentire una voce amica mi tranquillizzò.
«Wow,
allora questo gingillo funziona… Ecate non si
smentisce mai.»
«Ecate,
la dea della Magia?» domandai dubbiosa,
dimentica per un momento della mia situazione.
«Lascia
perdere… È una faccenda lunga da spiegare.
L’importante è che sia riuscito a stabilire un
contatto con te.»
Decisi
di sorvolare l’argomento Ecate e tornai a tastare
le pareti circostanti.
«Kimon…
Sono bloccata al di là di uno specchio. Non so
dove mi trovo o cosa fare per uscirne, non riesco a trovare il
portale.»
Dall’altra
parte, mi rispose la sua risata
cristallina.
«Eppure
te lo avevo detto prima che partissi… Devi
usare il Dono.»
Abbassai
le mani, portandole attorno al corpo per
abbracciarmi. Faceva sempre più freddo lì dentro.
«…Non
so come fare. Mi è capitato di usarlo solo una
volta, senza volerlo.»
In
quel momento, una voce femminile s’intromise e
Kimon tacque.
“È
giusto che tu veda.”
Era la seconda donna della visione, quella dal tono
mesto.
La
parete davanti a me tornò a brillare di un azzurro gelido
fino a generare un vortice argenteo. Quando la superficie del ghiaccio
si fu
placata, mi ritrovai a osservare la scena che si stava svolgendo nella
grotta
delle Muse come se la stessi guardando da un televisore.
Allungai
la mano verso lo schermo ma, nel sentire le
dita congelarsi, la ritirai con uno scatto. Per ora dovevo limitarmi a
osservare.
Le
Muse erano state tutte riunite, prive di forze e legate
una accanto all’altra a una lunga catena magica che emetteva
gli stessi
bagliori colore del ghiaccio che mi circondava. Sentii un peso sul
cuore quando
mi accorsi che Emile e Raven erano trattenuti per le spalle da Deimos.
Entrambi
stavano fissando Alyssa avvicinarsi alla
donna che aveva interrogato mia madre nel sogno, attoniti.
«…Cosa
significa?» ebbe la prontezza di dire Raven.
Notai che gli tremava la voce.
La
rossa lo fissò in silenzio, fu la donna a parlare.
«Sei
stata brava, bambina… Sono fiera di te»
mormorò
in tono affettato, carezzandole i capelli.
«Questo
e altro per Voi, madre.»
Mi
lasciai scappare un verso di stupore e anche i ragazzi
sgranarono gli occhi.
Emile
non poté far altro che ripetere la domanda di
mio fratello.
«Cosa
significa? Alyssa, cosa sta succedendo?» Sentivo
la sofferenza nella sua voce. Aveva pur sempre combattuto al suo fianco
nella
Caccia alla Bandiera e, a quanto avevo capito, potevano considerarsi se
non
amici almeno degli alleati comprovati.
«Ve
lo spiego subito… Alyssa è mia figlia»
fece la
donna. Realizzai che il bagliore rosso che avevo intravisto nella
visione,
altro non era che il riflesso dei suoi lunghi capelli: lo stesso colore
di
quelli di Alyssa. «Trovo riprovevole che non mi conosciate ma
vi svelerò lo
stesso la mia identità. Io sono Eris, la dea della
Discordia.»
«…Ma
Ares ti ha Riconosciuta! Ho visto il suo simbolo
volteggiare sulla tua testa, l’estate scorsa!»
sbottò Raven, cercando di
divincolarsi dalla presa marmorea di Deimos.
Eris
portò un braccio attorno ad Alyssa e rise. Sentii
la pelle accapponarsi a quel suono.
«Strano
che nessuno si sia chiesto perché Ares ci
abbia messo così tanto a Riconoscere una bimba valente come
lei! E nessuno
avrebbe mai pensato che un dio avrebbe accettato di Riconoscere una
figlia non
sua per un bene superiore… Ovvio.»
«Ares
l’ha Riconosciuta perché faceva parte del vostro
piano?!» Raven non poteva credere alle sue orecchie.
D’altronde, nemmeno io ed
Emile riuscivamo a crederci.
La
dea sorrise sinistra, assottigliando gli occhi da
volpe.
«Io
e Ares abbiamo un legame particolare… Credo che
almeno questo ve lo abbiano spiegato a scuola. Ci è voluto
un po’ per
recuperare le informazioni sulle nove Muse e, quando abbiamo scoperto
che una
di loro aveva avuto una figlia, abbiamo pensato che sarebbe stato utile
avere
una spia tra le fila del Campo Mezzosangue. Chi meglio di mia
figlia?» Fece una
pausa e si voltò a guardare Alyssa con uno sguardo amorevole
che mi pareva
trasudare falsità. «Sarebbe stata accettata
meglio se fosse stata Riconosciuta da un dio… E
Ares ha pensato che il
nostro piano fosse abbastanza interessante da darci il suo
appoggio.»
«…Cosa
hai fatto a Thara?» ringhiò Emile, in direzione
di Alyssa. Non sembrava aver posto particolare attenzione al discorso
della
dea. «Alyssa, cosa le hai fatto?!»
La
ragazza alzò gli occhi su di lui e rispose con espressione
noncurante.
«Ho
fatto in modo che non possa interferire. Dovresti
ringraziarmi, è più al sicuro di voi.»
Rabbrividii
nella mia prigione ghiacciata, il respiro
condensato in nuvolette. Forse ero al sicuro da una eventuale battaglia
ma se
fossi rimasta ancora a lungo avrei rischiato di cadere in ipotermia!
«Quale
sarebbe il vostro piano?» Il tono di Raven era
di accettazione. Si era arreso senza lottare?
La
donna che mi aveva permesso di assistere alla
scena, avanzò dall’ombra. Dei lunghi boccoli ebano
dal colore opaco le
incorniciavano il viso, gli occhi all’ingiù le
davano un’espressione triste.
«Eris,
è ora…»
«C’è
tempo, Nemesi. Non voglio privare i valenti Semidèi
giunti fin qui della spiegazione che bramano!» le rispose la
dea della
Discordia.
Tornò
a osservare i ragazzi con sguardo di sfida e
cominciò a parlare.
«È
da tempo immemore che Zeus relega alcuni di noi a
ruoli secondari, come se fossimo divinità di poca
importanza, comportandosi da
despota. Stanca di essere bistrattata, mi sono messa alla ricerca di un
modo
per fargliela pagare, assieme ad alcuni complici. Ho pensato e
ripensato a cosa
potesse creare seriamente problemi al povero Zeus… Cosa
può mai temere un dio
così potente come lui? Non riuscivo a trovare una soluzione,
finché non ho
compreso.» Parlando, aveva preso a camminare verso Emile e
Raven e, adesso che
era arrivata davanti a loro, si abbassò per fissarli negli
occhi. «La cosa di
cui un re ha paura è il Caos. Lo stravolgimento
dell’Equilibrio. Or dunque,
sapete che le Muse si sono allontanate dall’Olimpo? La
versione ufficiale è
che, estenuate dai numerosi problemi che derivano dal contatto
giornaliero con
divinità importanti, hanno deciso di vivere tra gli umani
limitando al minimo
le interazioni con l’Olimpo. Ma la realtà
è che la loro Linfa è in grado di
sovvertire l’Ordine.»
«Cosa?!»
Sapevo che non poteva sentirmi, ma portai lo
stesso le mani alle labbra per ammutolirmi.
Davvero
le Muse erano così importanti?
Eris
rise ancora davanti alle espressioni sempre più allibite
dei ragazzi. Sembrava che ci godesse nello stupire gli altri.
«Non
dovete essere così meravigliati! Le Muse, in
quanto padrone delle Arti, sono le protettrici dell’Armonia
del Mondo. Di
comune accordo, vedendo l’insofferenza che
s’impadroniva di una divinità dopo
l’altra, si sono allontanate dall’Olimpo per
preservare l’Equilibrio. Anche dopo
aver scoperto la potenzialità della loro Linfa, è
stato difficile risalire alle
loro identità umane. Ce n’è voluto di
tempo… Ma finalmente il giorno è giunto.
Credo che alcuni di voi Semidèi abbiano già
potuto saggiare la forza degli archetipi
rinvigoriti con la forza delle Muse.»
Emile
alzò la testa e vidi la sua espressione passare
dallo stupore alla consapevolezza.
Il
Leone di Nemea! Quel mostro, a differenza della sua
forma originaria descritta nei libri, sputava fiamme. Il loro grande
piano
consisteva nel creare mostri con dei poteri speciali in modo che
diventassero
imbattibili?
«Avete
intenzione di creare degli archetipi ancora più
potenti?» chiese Emile, un’ombra di nervosismo
nella voce.
«Oh
no, vogliamo fare molto, molto di più.» La dea
della Discordia gli alzò il mento con le dita e si
avvicinò ancora di più al
suo volto (forse, anzi, decisamente
un po’ troppo per i miei gusti). «…Con
la Linfa libereremo dal Tartaro tutti
gli archetipi, più potenti di prima, in una volta sola.
Creeranno il Caos sulla
Terra, ne puoi stare certo!» aggiunse con un sorriso melenso.
«Eris…»
le ricordò Nemesi. Iniziavo a capire perché
fosse così mesta; credo che stesse vivendo una sorta di
lotta interiore.
Dev’essere difficile essere al contempo la dea della Vendetta
e della
Giustizia, quasi un controsenso.
Eris
si allontanò dai ragazzi, lasciandoli alle
“cure”
di Deimos mentre si avviava verso lo specchio, trascinando dietro si
sé la
catena delle prigioniere. Le Muse sembravano esauste, camminavano come
spinte
da una forza invisibile lamentandosi di tanto in tanto senza opporre
una vera e
propria resistenza. Mia madre non era da meno, i capelli un tempo
lucenti erano
diventati un groviglio indistinto e camminava come le altre con le
spalle
incurvate. Durò qualche secondo ma vederla in quello stato
mi distrusse.
«Deimos,
Nemesi. Pensate voi a tenerli a bada. E
Alyssa… Mia cara, occupatene assieme a loro. Grazie ancora
per quello che hai
fatto.» Sorrise alla figlia prima di scomparire attraverso lo
specchio con le
Muse.
Subito,
Emile e Raven fecero del loro meglio per
sfuggire alle grinfie dell’energumeno, sotto lo sguardo
vigile della rossa e di
Nemesi.
In
realtà, la dea dai capelli ebano sembrava disinteressata;
diede le spalle ai due ragazzi, guardando dalla mia parte. Alyssa
assisteva ai
tentativi dei ragazzi con aria di superiorità, i suoi occhi
di ghiaccio ancora
una volta insondabili.
«Lasciate
perdere… Se aspettate buoni fino alla fine
non dovrete temere niente.»
Con
una testata, Raven destabilizzò Deimos facendogli
mollare la presa. Entrambi i ragazzi corsero a recuperare le armi a
terra ma il
dio si riprese subito, assaltando Emile che era più vicino.
Un
grido mi scappò dalle labbra quando lo vidi su di
lui ma ‒fortunatamente‒ Emile aveva già la spada in mano ed
era riuscito a
trapassare la spalla del dio, strappandogli un ululato di dolore.
«Non
dovremo temere niente, dici?» La voce affannosa
di Raven mi costrinse a cercarlo con gli occhi. Stava fronteggiando la
scure di
Alyssa con il suo coltello curvo e la fissava come se fosse stata
un’idiota. «Ti
rendi conto di cosa vogliono fare questi pazzi?! Non saranno in
pericolo solo
gli dèi o i Semidèi, anche gli esseri umani
rischiano la vita! Hai idea di cosa
potrebbero fare dei mostri impazziti in giro per la Terra?!»
Alyssa
non gli rispose subito, preferendo allontanarlo
da sé con un colpo rovescio della scure.
«…Tu
non sai cosa significa» sibilò tra i denti con
gli occhi che mandavano scintille.
«No,
TU non sai cosa significa tutto questo casino!»
ribatté mio fratello, tornando alla carica.
La
rossa parò il colpo, cercando di aprirsi un varco
nella difesa di Raven. Il suo grido risuonò tra le pareti
della grotta e le
fece tremare.
«Cosa
c’è di sbagliato nel voler essere amata dalla
propria madre?!»
Fui
costretta a tornare a guardare verso Emile per
accertarmi che stesse bene. Dopo aver provato
un altro assalto, Deimos era infine scappato dal portale
uggiolando come
un cucciolo ferito.
«Alyssa!
Dove hai portato Thara?!» si rivolse con
rabbia alla rossa.
Lei
schivò l’affondo.
«Te
l’ho già detto, è al sicuro. Di certo,
tu non la
puoi raggiungere.»
Avrei
voluto urlargli “Sono
qui!” o fargli capire in qualche modo che ero
ancora viva.
Certo, forse ancora per poco visto che la temperatura continuava a
diminuire.
Furente,
Emile tentò un altro attacco ad Alyssa, ma la
sua lama cozzò inaspettatamente contro quella di Raven.
«Non
fare il cretino, Noir. Eris si è portata dietro
le Muse e ha intenzione di compiere quella pazzia, credo che sia
più importante
seguirla che rimanere qui ad accanirsi contro di lei» fece,
indicando Alyssa
con un cenno del capo.
«Raven
ma… Thara potrebbe essere in pericolo!»
Intervenne
Nemesi, con il suo tono sommesso.
«…La
ragazza ha detto la verità. La vostra amica si
trova in un posto che non può essere raggiunto, deve trovare
il modo di uscirne
da sola.» Rabbrividii nel constatare che la mia unica via di
salvezza consisteva
in me stessa.
Vidi
l’indecisione farsi spazio sul volto di Emile, le
sopracciglia corrugate in un’espressione combattuta. Alla
fine, con uno sbuffo
di frustrazione, corse verso lo specchio. Nemesi non tentò
di fermarlo, anzi lo
osservò incuriosita.
«Lascio
tutto a te, Lionhard.»
«Dove
pensi di andare?» Alyssa stava per lanciarsi al
suo inseguimento ma Raven le si parò davanti col coltello
ricurvo ben stretto
nella mano.
«Mia
cara, mi concederesti questo ballo?» le disse,
tornando al suo solito fare baldanzoso e mimando un inchino.
Non
potevo esserne sicura, eppure mi sembrò che Alyssa
fosse arrossita.
«Sei
fastidioso, Lionhard.»
«Oh,
forse intendevi dire fascinoso!»
La
situazione mi sarebbe sembrata divertente se non
avessi avuto parte della mente occupata a escogitare un modo per uscire
dalla
mia prigione e un’altra in ansia per mia madre ed Emile. Per
non parlare di
Eleuse, non l’avevo ancora incontrata da quando eravamo
entrati negli Inferi!
Non potevo credere che fosse scomparsa nel nulla.
A
un tratto la visuale sulla grotta dove si stavano affrontando
Alyssa e Raven divenne sfocata.
“Adesso
sai.”
sussurrò
al mio orecchio la voce di Nemesi, mentre la visione scompariva del
tutto.
Rimasi
un attimo in silenzio, tornata al buio gelido
del ghiaccio, poi mi ricordai di Kimon.
«Kimon…?
Ci sei ancora?»
Un
lungo fischio di stupore mi segnalò la sua presenza.
«Oh
sì, ci sono. Credo di aver capito più o meno la
situazione… Si fa interessante. Piuttosto, non credi sia
arrivato il momento di
uscire?»
Non
sapevo davvero cosa fare.
«Pensi
che la tua amica ti abbia realmente tradito?» La
domanda a inaspettata mi lasciò confusa.
«Alyssa?
…Non credo lo abbia fatto per cattiveria.»
All’inizio mi ero sentita tradita dal suo gesto ma, quando
aveva urlato “Cosa
c’è di sbagliato nel voler essere
amata dalla propria madre?!” a Raven, mi si era
stretto il cuore. La stessa
ragazza che mi aveva confessato di essere vissuta in un orfanatrofio:
quella
era la vera Alyssa.
«Bene.
Dunque credi negli altri. Ora, se ti dicessi
che una tua cara amica sta aspettando che ti liberi da queste catene
per
liberare anche lei e portarla a casa?»
“…Eleuse!”
Il cuore
accelerò i battiti per l’emozione.
«…Eleuse
è qui?»
«Probabile.
Lo scoprirai solo se riesci a liberarti!
Io in…ce dev…» La voce del dio andava e
veniva, come quando il cellulare non
prende campo.
«Kimon?
Kimon?!»
«…tire
gli altr…on preoc…sa il Do…amo
dop…» riuscii
solo a sentire, finché il rumore cessò del tutto
e mi lasciò davvero sola. Al
silenzio e nel buio.
Strofinai
le mani contro le braccia per cercare di
trasmettere un po’ di calore al mio corpo ormai congelato.
“Il
Dono, il Dono… Devo cantare. Ma cosa devo
dire…?”
Con
il ramoscello di alloro non avevo pensato davvero
alle parole, erano semplicemente uscite dalla mia bocca come se fosse
la cosa
più naturale del mondo. Provai a riportarle alla mente.
«Melo̱día,
Óla
eínai éna kai éna eínai
óla…
I̱
zo̱í̱ mou, i̱ zo̱í̱ sas...»
♫♪♫
Non
sembrava funzionare più di tanto. In realtà, non
stava funzionando affatto.
Feci
dei respiri profondi per non cedere al panico.
E
se non fossi riuscita a usare la Voce? E se fossi
rimasta rinchiusa lì dentro per sempre? E se…
I
pensieri andavano a briglia sciolta.
Forse
Emile ce l’avrebbe fatta anche senza di me,
immaginavo che Kimon fosse andato ad informare le altre
divinità dell’accaduto
e che sarebbero arrivati presto i soccorsi. Ma sarebbero riusciti a
ritrovare
Eleuse? Davvero sarei dovuta morire lì dentro, senza poter
riabbracciare mia
madre? Ed Emile… Non potevo immaginare di non sentire
più il suo profumo, di
non poter più godere dei suoi baci e delle sue carezze.
Avevo paura che se mi
fosse successo qualcosa avrebbe potuto fare una qualche pazzia,
sentendosi in
colpa.
“…Fa
freddo”,
pensai
ancora una volta. Ero così stanca… “Padre,
ti prego… Aiutami.”
…Lentamente,
una Melodia mi affiorò alle labbra.
«Krýo,
kánei krýo.
Skotádi,
eínai skotádi.
Fo̱ní̱
gínetai Fo̱s mou.
Fo̱s,
gínetai Flóga.
Lió̱sei
o págos kai ta fó̱ta to drómo.
Libera
ména apó ti̱ fylakí̱!»
♫♪♫
“Freddo,
fa freddo.
Buio
, è
buio.
Voce,
diventa la mia Luce.
Luce,
diventa Fiamma.
Sciogli
il ghiaccio e illumina la via.
Liberami
dalla prigione!”
Sentendola
ardere, portai le mani alla gola. Sembrava
che ne scaturisse una luce che stava rischiarando le tenebre,
più nere della
pece fino a un momento prima. Il gelo iniziò poco a poco ad
abbandonarmi,
lasciando posto a una sensazione di tepore, e il bagliore azzurro del
ghiaccio
si dissolse, sciogliendosi.
Dovette
passare qualche minuto prima che potessi
riprendermi dalla sensazione di bruciore delle corde vocali, talmente
forte da
togliermi il respiro.
Alzai
lo sguardo mentre cercavo di tirarmi a sedere
dalla posizione carponi in cui ero caduta, alla ricerca di qualcosa di
familiare. Delle mani gentili mi presero per le spalle e mi aiutarono
ad
alzarmi.
«Sorella…
Ti sei sforzata troppo» mi sussurrò una
morbida voce maschile.
Un
uomo sulla quarantina dall’aria saggia, con una
barba grigia e i capelli mossi, mi stava fissando benevolo, posandomi
più volte
la mano sulla gola. A contatto con la sua pelle, il dolore diminuiva.
«Lei
chi è…?»
Il
sorriso si fece più ampio.
«Dammi
del tu, sono un tuo fratello. Mi chiamo
Asclepio.» Ricordavo qualche racconto di Emile al riguardo:
doveva essere il
dio della Medicina, come me figlio di Apollo. Era nato Semidio ma Zeus
gli
aveva poi concesso l’immortalità. Cosa ci faceva
un dio così, a zonzo per gli
Inferi?
Quasi
indovinando la mia domanda, si mise a ridere.
«Ah,
questo è un luogo dove molte anime sono costrette
a sopportare terribili sofferenze. Quando posso vengo a lenire il loro
dolore,
ma mai mi sarei immaginato di imbattermi in una giovane
satiro.»
Allora
era vero che Eleuse si trovava lì!
«Satiro?
Per favore, puoi dirmi dov’è adesso?»
chiesi
con trepidazione, ripresami del tutto dallo stordimento del freddo.
«Oh,
ma è proprio dietro di te.»
Mi
voltai lentamente, come in un sogno. Non feci in
tempo a vedere il biondo paglierino dei suoi capelli, che Eleuse mi fu
addosso,
abbracciandomi.
Scoppiai
in lacrime come una bambina, rilasciando
tutta la tensione accumulata in quei giorni in un pianto liberatorio.
«Thara…
Oh tesoro! Mi sei mancata!...»
Il
suono della sua voce mi sembrava la cosa più bella
del mondo, in quel momento. Volevo parlare e dirle quanto era mancata
anche a
me, ma le lacrime non mi lasciavano respirare e i singhiozzi
continuavano a
mozzarmi il fiato.
«Ele…
Avevo paura di non vederti più!» riuscii alla
fine a dire, col naso semi tappato.
«La
tua amica è davvero coraggiosa, è resistita tutto
questo tempo senza mangiare il cibo degli Inferi» fece
Asclepio.
Quando
mi convinsi a lasciare per un attimo il riparo
protettivo delle braccia di Eleuse, la guardai. Era dimagrita, il volto
era un
po’ incavato e il caschetto paglierino aveva un colore molto
più spento del suo
solito biondo. Gli occhi, però, erano rimasti quelli vivaci
di sempre.
«Cos’hai
mangiato in queste settimane» le chiesi allibita.
«Mi
ha aiutata il Maestro Asclepio. Senza di lui non
credo che ce l’avrei fatta» rispose, sorridendo
radiosa. Avevo paura che
scomparisse da un momento all’altro e la sfiorai
più volte per accertarmi che
fosse realmente davanti a me.
«Sorella,
non voglio interrompere questo incontro… Ma
adesso hai altro a cui devi pensare.» Sembrava essere
già al corrente della
situazione.
Osservai
il dio con gratitudine e annuii.
«Lo
so. Ho bisogno del tuo aiuto per raggiungere l’ingresso
del Tartaro.»
Asclepio
scosse la testa.
«Prima
bisogna avvertire Ade. Con l’aiuto dei suoi
demoni sarà più facile contenere
l’ondata degli archetipi.» Non mi lasciò
aggiungere altro e mi indicò lo specchio ‒presumibilmente
quello dal quale ero
uscita io. «Torna nella stanza dei portali e entra in quello
centrale, è
collegato direttamente alla sala del trono.»
Ero
un po’ dubbiosa: possibile che Ade non si fosse
ancora accorto del pandemonio che stava accadendo nella sua dimora?
Poi,
Asclepio era un dio mentre io una semplice Semidea. Sarebbe potuto
andare lui a
parlare con Ade.
…La
verità era che continuavo a pensare a mia madre
trascinata verso il Tartaro e a Emile, solo ad affrontare Eris. Sempre
sperando
che la dea non fosse già riuscita a compiere il rito,
perché a quel punto Emile
avrebbe dovuto combattere anche contro dei mostri semi invulnerabili.
«Non
potresti andare tu…?» provai a convincerlo, ma
Asclepio fu irremovibile.
«Ho
passato già troppo tempo negli Inferi, devo informare
Zeus di quello che sta avvenendo qui. Spero di essere di ritorno in
tempo utile,
ma è giusto che vada tu da Ade.»
Eleuse
mi strinse la mano nella sua con fare protettivo.
«Andremo
assieme.» Avrei preferito che si tenesse
fuori dalla battaglia, malconcia com’era, e mi ripromisi di
farla tornare a
casa il più in fretta possibile.
Salutai
con un inchino Asclepio, imitata da Eleuse, e
mi diressi verso lo specchio con la mia Custode al fianco.
«…Andiamo.»
“Emile,
mamma, resistete ancora un po’.”
---
Nota
dell'Autrice:
Aaaahem...
Come vi è
sembrato il capitolo? Sarebbe dovuto essere breve, e invece... XD
Spero
non siano state
troppe informazioni da digerire tutte assieme! E spero soprattutto che
vi sia
sembrato credibile il falso Riconoscimento di Alyssa da parte di Ares.,
con
annessa storia delle Muse.
...
Devo ammettere
che Emile non sta facendo bella figura ultimamente. u_u Si deprime, fa
promesse
che non può mantenere, perde le staffe facilmente,
aggredisce Alyssa (seppur a
ragione)... Povero ragazzo, bisogna rimediare. Raven invece si
è ripreso alla
grande e brilla come non mai nella sua figaggine! Uhm, sento odore di
Raven x
Alyssa o sbaglio...?;)
Comunque,
in questo
capitolo si è svelato tutto! Più o meno.
...Restate
con noi
fino allo scontro finale!
Remiel
♥
P.S.
Ecco uno schizzo
di Eris e Nemesi, per dare un'idea vaga di come le immagino.
Eris
Nemesi
|