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Autore: Remiel    16/04/2013    2 recensioni
Protagonista di questa storia è la semidea Cithara, figlia di Apollo, che scoprirà di possedere sin dalla nascita una dote particolare...
Arrivata al Campo Mezzosangue in seguito al rapimento della madre, Thara farà la conoscenza di varie persone tra le quali Emile, figlio di Ermes, incaricato di accompagnarla alla scoperta del mondo delle divinità e dei suoi poteri di semidea, e Raven, figlio di Apollo e capo dormitorio, nonché capo della banda musicale del Campo.
Il mistero del rapimento della madre di Thara si infittisce con la sparizione di altre donne. Chi le sta portando negli Inferi, e a che scopo?
Dal Cap.2
"Mi accorsi che era tempo di andare all’entrata e scesi le scale circolari con calma, assaporando il rimbombo del rumore che i piccoli tacchi delle ballerine producevano a contatto col marmo bianco. Chiusi gli occhi, deliziata da questo suono, mentre riconoscevo senza problemi prima un La, poi un Do provocato da un passo più deciso, un Fa… Questo era il vero dono che mi aveva fatto mio padre: la Musica."
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La storia è "ambientata" nel mondo di Percy Jackson, più che essere una fanfiction vera e propria... Dunque, buona lettura anche a chi non conosce i libri!:)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Crawl - Superchick]
[The Requiem - Linkin Park]

Buio.
Freddo.
Dolore.
Riuscivo a pensare solo a questo, massaggiandomi le tempie dopo essere rinvenuta.
Aprii gli occhi con cautela, richiudendoli subito a causa delle fitte atroci che mi attraversarono la testa come scariche elettriche; rimasi ancora un po’ a terra, cercando di riprendere lentamente coscienza del mio corpo.
La schiena doleva da morire, sembrava che avessi sbattuto su qualcosa di molto duro. Dovevo essere caduta male, perché la testa continuava a girarmi e urlare dal dolore.
Mi lasciai sfuggire un rantolio di sofferenza nel mettermi finalmente a sedere per cercare di capire dove fossi finita.
Tutto era immerso nell’oscurità, solo qualche lieve bagliore azzurro di tanto in tanto rischiarava il luogo in cui mi trovavo. Provai ad alzarmi, ma trovai una superficie liscia e fredda a costringermi in una posizione accovacciata. Dov’era lo specchio dal quale ero entrata…?
L’ultima cosa che ricordavo era il volto di Alyssa, più severo che mai, mentre mi gettava al di là del portale vicino a quello delle Muse, dove si erano diretti Raven ed Emile.
«…Perché?» fu la domanda che mi salì alle labbra in un sussurro.
Non poteva averci tradito. Non poteva fare anche lei parte del piano. Tutto questo non aveva senso!
L’avevo vista combattere contro Phobos e Deimos con i miei occhi. Si era ferita anche lei, anzi, mi aveva addirittura salvata. Per quale motivo avrebbe dovuto tradirci?
“Il modo migliore per far abbassare la guardia agli altri è fare in modo che si fidino di te… Il gruppo non penserà mai di covare una serpe in seno.”
Scossi la testa violentemente, tanto che le tempie ricominciarono a pulsare.
«No. No, non può essere vero!»
Ero sicura di aver visto la vera Alyssa, seduta fuori dal terrazzo di Kimon. Aveva abbandonato per un attimo la corazza, permettendomi di scrutare nel suo cuore, e la Melodia che avevo sentito era pura e chiara come il suono di un’ocarina. Un anima con quel suono non poteva di certo fare una cosa del genere.
“Mentire, mentire… Le persone sanno solo mentire. Menti sapendo che anche gli altri mentono.”
«Cosa…?» Ci misi un po’ a capire che la voce che credevo appartenere ai miei pensieri era invece quella di Alyssa.
“Non fidarti di nessuno. Aspettano solo il momento buono per usarti a loro piacimento. Non farti usare, usali.”
Le strette pareti tra le quali ero rinchiusa, rilucevano di un pallido azzurro a ogni parola. Mi guardai attorno ansiosa allungando le mani verso le pareti. Ora che controllavo meglio, parevano proprio fatte di ghiaccio.
“Madre… Madre, Riconoscimi. Dai un senso alla mia esistenza. Io sto facendo come mi hai insegnato.”
Aveva detto di essere stata cresciuta in orfanatrofio… Perché appellarsi alla madre umana? Credevo fosse più logico rivolgersi ad Ares, per quanto non riuscissi a immaginare il dio della guerra nei panni di un bravo padre.
“Madre… Sono nel giusto?”
Le pareti cominciarono a vibrare.
“Madre… Perché non rispondi?”
La voce di Alyssa si incrinò in quello che sembrava un pianto sommesso, mentre il ghiaccio brillava in modo malinconico per poi far sprofondare nuovamente la mia gabbia nel buio più assoluto. Aspettai qualche secondo prima di cadere nel panico.
«Alyssa? Alyssa, mi senti? ...Maledizione, c’è qualcuno?!»
Iniziavo a credere che sarei rimasta rinchiusa lì dentro per sempre quando un’altra voce familiare mi solleticò l’orecchio.
«…Cithara, puoi sentirmi?»
«Kimon?» Non mi chiesi come era riuscito a raggiungermi, il solo fatto di sentire una voce amica mi tranquillizzò.
«Wow, allora questo gingillo funziona… Ecate non si smentisce mai.»
«Ecate, la dea della Magia?» domandai dubbiosa, dimentica per un momento della mia situazione.
«Lascia perdere… È una faccenda lunga da spiegare. L’importante è che sia riuscito a stabilire un contatto con te.»
Decisi di sorvolare l’argomento Ecate e tornai a tastare le pareti circostanti.
«Kimon… Sono bloccata al di là di uno specchio. Non so dove mi trovo o cosa fare per uscirne, non riesco a trovare il portale.»
Dall’altra parte, mi rispose la sua risata cristallina.
«Eppure te lo avevo detto prima che partissi… Devi usare il Dono.»
Abbassai le mani, portandole attorno al corpo per abbracciarmi. Faceva sempre più freddo lì dentro.
«…Non so come fare. Mi è capitato di usarlo solo una volta, senza volerlo.»
In quel momento, una voce femminile s’intromise e Kimon tacque.
“È giusto che tu veda.” Era la seconda donna della visione, quella dal tono mesto.
La parete davanti a me tornò a brillare di un azzurro gelido fino a generare un vortice argenteo. Quando la superficie del ghiaccio si fu placata, mi ritrovai a osservare la scena che si stava svolgendo nella grotta delle Muse come se la stessi guardando da un televisore.
Allungai la mano verso lo schermo ma, nel sentire le dita congelarsi, la ritirai con uno scatto. Per ora dovevo limitarmi a osservare.
Le Muse erano state tutte riunite, prive di forze e legate una accanto all’altra a una lunga catena magica che emetteva gli stessi bagliori colore del ghiaccio che mi circondava. Sentii un peso sul cuore quando mi accorsi che Emile e Raven erano trattenuti per le spalle da Deimos.
Entrambi stavano fissando Alyssa avvicinarsi alla donna che aveva interrogato mia madre nel sogno, attoniti.
«…Cosa significa?» ebbe la prontezza di dire Raven. Notai che gli tremava la voce.
La rossa lo fissò in silenzio, fu la donna a parlare.
«Sei stata brava, bambina… Sono fiera di te» mormorò in tono affettato, carezzandole i capelli.
«Questo e altro per Voi, madre.»
Mi lasciai scappare un verso di stupore e anche i ragazzi sgranarono gli occhi.
Emile non poté far altro che ripetere la domanda di mio fratello.
«Cosa significa? Alyssa, cosa sta succedendo?» Sentivo la sofferenza nella sua voce. Aveva pur sempre combattuto al suo fianco nella Caccia alla Bandiera e, a quanto avevo capito, potevano considerarsi se non amici almeno degli alleati comprovati.
«Ve lo spiego subito… Alyssa è mia figlia» fece la donna. Realizzai che il bagliore rosso che avevo intravisto nella visione, altro non era che il riflesso dei suoi lunghi capelli: lo stesso colore di quelli di Alyssa. «Trovo riprovevole che non mi conosciate ma vi svelerò lo stesso la mia identità. Io sono Eris, la dea della Discordia.»
«…Ma Ares ti ha Riconosciuta! Ho visto il suo simbolo volteggiare sulla tua testa, l’estate scorsa!» sbottò Raven, cercando di divincolarsi dalla presa marmorea di Deimos.
Eris portò un braccio attorno ad Alyssa e rise. Sentii la pelle accapponarsi a quel suono.
«Strano che nessuno si sia chiesto perché Ares ci abbia messo così tanto a Riconoscere una bimba valente come lei! E nessuno avrebbe mai pensato che un dio avrebbe accettato di Riconoscere una figlia non sua per un bene superiore… Ovvio.»
«Ares l’ha Riconosciuta perché faceva parte del vostro piano?!» Raven non poteva credere alle sue orecchie. D’altronde, nemmeno io ed Emile riuscivamo a crederci.
La dea sorrise sinistra, assottigliando gli occhi da volpe.
«Io e Ares abbiamo un legame particolare… Credo che almeno questo ve lo abbiano spiegato a scuola. Ci è voluto un po’ per recuperare le informazioni sulle nove Muse e, quando abbiamo scoperto che una di loro aveva avuto una figlia, abbiamo pensato che sarebbe stato utile avere una spia tra le fila del Campo Mezzosangue. Chi meglio di mia figlia?» Fece una pausa e si voltò a guardare Alyssa con uno sguardo amorevole che mi pareva trasudare falsità. «Sarebbe stata accettata  meglio se fosse stata Riconosciuta da un dio… E Ares ha pensato che il nostro piano fosse abbastanza interessante da darci il suo appoggio.»
«…Cosa hai fatto a Thara?» ringhiò Emile, in direzione di Alyssa. Non sembrava aver posto particolare attenzione al discorso della dea. «Alyssa, cosa le hai fatto?!»
La ragazza alzò gli occhi su di lui e rispose con espressione noncurante.
«Ho fatto in modo che non possa interferire. Dovresti ringraziarmi, è più al sicuro di voi.»
Rabbrividii nella mia prigione ghiacciata, il respiro condensato in nuvolette. Forse ero al sicuro da una eventuale battaglia ma se fossi rimasta ancora a lungo avrei rischiato di cadere in ipotermia!
«Quale sarebbe il vostro piano?» Il tono di Raven era di accettazione. Si era arreso senza lottare?
La donna che mi aveva permesso di assistere alla scena, avanzò dall’ombra. Dei lunghi boccoli ebano dal colore opaco le incorniciavano il viso, gli occhi all’ingiù le davano un’espressione triste.
«Eris, è ora…»
«C’è tempo, Nemesi. Non voglio privare i valenti Semidèi giunti fin qui della spiegazione che bramano!» le rispose la dea della Discordia.
Tornò a osservare i ragazzi con sguardo di sfida e cominciò a parlare.
«È da tempo immemore che Zeus relega alcuni di noi a ruoli secondari, come se fossimo divinità di poca importanza, comportandosi da despota. Stanca di essere bistrattata, mi sono messa alla ricerca di un modo per fargliela pagare, assieme ad alcuni complici. Ho pensato e ripensato a cosa potesse creare seriamente problemi al povero Zeus… Cosa può mai temere un dio così potente come lui? Non riuscivo a trovare una soluzione, finché non ho compreso.» Parlando, aveva preso a camminare verso Emile e Raven e, adesso che era arrivata davanti a loro, si abbassò per fissarli negli occhi. «La cosa di cui un re ha paura è il Caos. Lo stravolgimento dell’Equilibrio. Or dunque, sapete che le Muse si sono allontanate dall’Olimpo? La versione ufficiale è che, estenuate dai numerosi problemi che derivano dal contatto giornaliero con divinità importanti, hanno deciso di vivere tra gli umani limitando al minimo le interazioni con l’Olimpo. Ma la realtà è che la loro Linfa è in grado di sovvertire l’Ordine.»
«Cosa?!» Sapevo che non poteva sentirmi, ma portai lo stesso le mani alle labbra per ammutolirmi.
Davvero le Muse erano così importanti?
Eris rise ancora davanti alle espressioni sempre più allibite dei ragazzi. Sembrava che ci godesse nello stupire gli altri.
«Non dovete essere così meravigliati! Le Muse, in quanto padrone delle Arti, sono le protettrici dell’Armonia del Mondo. Di comune accordo, vedendo l’insofferenza che s’impadroniva di una divinità dopo l’altra, si sono allontanate dall’Olimpo per preservare l’Equilibrio. Anche dopo aver scoperto la potenzialità della loro Linfa, è stato difficile risalire alle loro identità umane. Ce n’è voluto di tempo… Ma finalmente il giorno è giunto. Credo che alcuni di voi Semidèi abbiano già potuto saggiare la forza degli archetipi rinvigoriti con la forza delle Muse.»
Emile alzò la testa e vidi la sua espressione passare dallo stupore alla consapevolezza.
Il Leone di Nemea! Quel mostro, a differenza della sua forma originaria descritta nei libri, sputava fiamme. Il loro grande piano consisteva nel creare mostri con dei poteri speciali in modo che diventassero imbattibili?
«Avete intenzione di creare degli archetipi ancora più potenti?» chiese Emile, un’ombra di nervosismo nella voce.
«Oh no, vogliamo fare molto, molto di più.» La dea della Discordia gli alzò il mento con le dita e si avvicinò ancora di più al suo volto (forse, anzi, decisamente un po’ troppo per i miei gusti). «…Con la Linfa libereremo dal Tartaro tutti gli archetipi, più potenti di prima, in una volta sola. Creeranno il Caos sulla Terra, ne puoi stare certo!» aggiunse con un sorriso melenso.
«Eris…» le ricordò Nemesi. Iniziavo a capire perché fosse così mesta; credo che stesse vivendo una sorta di lotta interiore. Dev’essere difficile essere al contempo la dea della Vendetta e della Giustizia, quasi un controsenso.
Eris si allontanò dai ragazzi, lasciandoli alle “cure” di Deimos mentre si avviava verso lo specchio, trascinando dietro si sé la catena delle prigioniere. Le Muse sembravano esauste, camminavano come spinte da una forza invisibile lamentandosi di tanto in tanto senza opporre una vera e propria resistenza. Mia madre non era da meno, i capelli un tempo lucenti erano diventati un groviglio indistinto e camminava come le altre con le spalle incurvate. Durò qualche secondo ma vederla in quello stato mi distrusse.
«Deimos, Nemesi. Pensate voi a tenerli a bada. E Alyssa… Mia cara, occupatene assieme a loro. Grazie ancora per quello che hai fatto.» Sorrise alla figlia prima di scomparire attraverso lo specchio con le Muse.
Subito, Emile e Raven fecero del loro meglio per sfuggire alle grinfie dell’energumeno, sotto lo sguardo vigile della rossa e di Nemesi.
In realtà, la dea dai capelli ebano sembrava disinteressata; diede le spalle ai due ragazzi, guardando dalla mia parte. Alyssa assisteva ai tentativi dei ragazzi con aria di superiorità, i suoi occhi di ghiaccio ancora una volta insondabili.
«Lasciate perdere… Se aspettate buoni fino alla fine non dovrete temere niente.»
Con una testata, Raven destabilizzò Deimos facendogli mollare la presa. Entrambi i ragazzi corsero a recuperare le armi a terra ma il dio si riprese subito, assaltando Emile che era più vicino.
Un grido mi scappò dalle labbra quando lo vidi su di lui ma ‒fortunatamente‒ Emile aveva già la spada in mano ed era riuscito a trapassare la spalla del dio, strappandogli un ululato di dolore.
«Non dovremo temere niente, dici?» La voce affannosa di Raven mi costrinse a cercarlo con gli occhi. Stava fronteggiando la scure di Alyssa con il suo coltello curvo e la fissava come se fosse stata un’idiota. «Ti rendi conto di cosa vogliono fare questi pazzi?! Non saranno in pericolo solo gli dèi o i Semidèi, anche gli esseri umani rischiano la vita! Hai idea di cosa potrebbero fare dei mostri impazziti in giro per la Terra?!»
Alyssa non gli rispose subito, preferendo allontanarlo da sé con un colpo rovescio della scure.
«…Tu non sai cosa significa» sibilò tra i denti con gli occhi che mandavano scintille.
«No, TU non sai cosa significa tutto questo casino!» ribatté mio fratello, tornando alla carica.
La rossa parò il colpo, cercando di aprirsi un varco nella difesa di Raven. Il suo grido risuonò tra le pareti della grotta e le fece tremare.
«Cosa c’è di sbagliato nel voler essere amata dalla propria madre?!»
Fui costretta a tornare a guardare verso Emile per accertarmi che stesse bene. Dopo aver provato  un altro assalto, Deimos era infine scappato dal portale uggiolando come un cucciolo ferito.
«Alyssa! Dove hai portato Thara?!» si rivolse con rabbia alla rossa.
Lei schivò l’affondo.
«Te l’ho già detto, è al sicuro. Di certo, tu non la puoi raggiungere.»
Avrei voluto urlargli “Sono qui!” o fargli capire in qualche modo che ero ancora viva. Certo, forse ancora per poco visto che la temperatura continuava a diminuire.
Furente, Emile tentò un altro attacco ad Alyssa, ma la sua lama cozzò inaspettatamente contro quella di Raven.
«Non fare il cretino, Noir. Eris si è portata dietro le Muse e ha intenzione di compiere quella pazzia, credo che sia più importante seguirla che rimanere qui ad accanirsi contro di lei» fece, indicando Alyssa con un cenno del capo.
«Raven ma… Thara potrebbe essere in pericolo!»
Intervenne Nemesi, con il suo tono sommesso.
«…La ragazza ha detto la verità. La vostra amica si trova in un posto che non può essere raggiunto, deve trovare il modo di uscirne da sola.» Rabbrividii nel constatare che la mia unica via di salvezza consisteva in me stessa.
Vidi l’indecisione farsi spazio sul volto di Emile, le sopracciglia corrugate in un’espressione combattuta. Alla fine, con uno sbuffo di frustrazione, corse verso lo specchio. Nemesi non tentò di fermarlo, anzi lo osservò incuriosita.
«Lascio tutto a te, Lionhard.»
«Dove pensi di andare?» Alyssa stava per lanciarsi al suo inseguimento ma Raven le si parò davanti col coltello ricurvo ben stretto nella mano.
«Mia cara, mi concederesti questo ballo?» le disse, tornando al suo solito fare baldanzoso e mimando un inchino.
Non potevo esserne sicura, eppure mi sembrò che Alyssa fosse arrossita.
«Sei fastidioso, Lionhard.»
«Oh, forse intendevi dire fascinoso!»
La situazione mi sarebbe sembrata divertente se non avessi avuto parte della mente occupata a escogitare un modo per uscire dalla mia prigione e un’altra in ansia per mia madre ed Emile. Per non parlare di Eleuse, non l’avevo ancora incontrata da quando eravamo entrati negli Inferi! Non potevo credere che fosse scomparsa nel nulla.
A un tratto la visuale sulla grotta dove si stavano affrontando Alyssa e Raven divenne sfocata.
“Adesso sai.” sussurrò al mio orecchio la voce di Nemesi, mentre la visione scompariva del tutto.
Rimasi un attimo in silenzio, tornata al buio gelido del ghiaccio, poi mi ricordai di Kimon.
«Kimon…? Ci sei ancora?»
Un lungo fischio di stupore mi segnalò la sua presenza.
«Oh sì, ci sono. Credo di aver capito più o meno la situazione… Si fa interessante. Piuttosto, non credi sia arrivato il momento di uscire?»
Non sapevo davvero cosa fare.
«Pensi che la tua amica ti abbia realmente tradito?» La domanda a inaspettata mi lasciò confusa.
«Alyssa? …Non credo lo abbia fatto per cattiveria.» All’inizio mi ero sentita tradita dal suo gesto ma, quando aveva urlato “Cosa c’è di sbagliato nel voler essere amata dalla propria madre?!” a Raven, mi si era stretto il cuore. La stessa ragazza che mi aveva confessato di essere vissuta in un orfanatrofio: quella era la vera Alyssa.
«Bene. Dunque credi negli altri. Ora, se ti dicessi che una tua cara amica sta aspettando che ti liberi da queste catene per liberare anche lei e portarla a casa?»
“…Eleuse!” Il cuore accelerò i battiti per l’emozione.
«…Eleuse è qui?»
«Probabile. Lo scoprirai solo se riesci a liberarti! Io in…ce dev…» La voce del dio andava e veniva, come quando il cellulare non prende campo.
«Kimon? Kimon?!»
«…tire gli altr…on preoc…sa il Do…amo dop…» riuscii solo a sentire, finché il rumore cessò del tutto e mi lasciò davvero sola. Al silenzio e nel buio.
Strofinai le mani contro le braccia per cercare di trasmettere un po’ di calore al mio corpo ormai congelato.
“Il Dono, il Dono… Devo cantare. Ma cosa devo dire…?”
Con il ramoscello di alloro non avevo pensato davvero alle parole, erano semplicemente uscite dalla mia bocca come se fosse la cosa più naturale del mondo. Provai a riportarle alla mente.
«Melo̱día,
Óla eínai éna kai éna eínai óla…
I̱ zo̱í̱ mou, i̱ zo̱í̱ sas...»
♫♪♫
 
Non sembrava funzionare più di tanto. In realtà, non stava funzionando affatto.
Feci dei respiri profondi per non cedere al panico.
E se non fossi riuscita a usare la Voce? E se fossi rimasta rinchiusa lì dentro per sempre? E se…
I pensieri andavano a briglia sciolta.
Forse Emile ce l’avrebbe fatta anche senza di me, immaginavo che Kimon fosse andato ad informare le altre divinità dell’accaduto e che sarebbero arrivati presto i soccorsi. Ma sarebbero riusciti a ritrovare Eleuse? Davvero sarei dovuta morire lì dentro, senza poter riabbracciare mia madre? Ed Emile… Non potevo immaginare di non sentire più il suo profumo, di non poter più godere dei suoi baci e delle sue carezze. Avevo paura che se mi fosse successo qualcosa avrebbe potuto fare una qualche pazzia, sentendosi in colpa.
“…Fa freddo”, pensai ancora una volta. Ero così stanca… “Padre, ti prego… Aiutami.”
…Lentamente, una Melodia mi affiorò alle labbra.
«Krýo, kánei krýo.
Skotádi, eínai skotádi.
Fo̱ní̱ gínetai Fo̱s mou.
Fo̱s, gínetai Flóga.
Lió̱sei o págos kai ta fó̱ta to drómo.
Libera ména apó ti̱ fylakí̱!»
♫♪♫
 
“Freddo, fa freddo.
Buio , è buio.
Voce, diventa la mia Luce.
Luce, diventa Fiamma.
Sciogli il ghiaccio e illumina la via.
Liberami dalla prigione!”
Sentendola ardere, portai le mani alla gola. Sembrava che ne scaturisse una luce che stava rischiarando le tenebre, più nere della pece fino a un momento prima. Il gelo iniziò poco a poco ad abbandonarmi, lasciando posto a una sensazione di tepore, e il bagliore azzurro del ghiaccio si dissolse, sciogliendosi.
Dovette passare qualche minuto prima che potessi riprendermi dalla sensazione di bruciore delle corde vocali, talmente forte da togliermi il respiro.
Alzai lo sguardo mentre cercavo di tirarmi a sedere dalla posizione carponi in cui ero caduta, alla ricerca di qualcosa di familiare. Delle mani gentili mi presero per le spalle e mi aiutarono ad alzarmi.
«Sorella… Ti sei sforzata troppo» mi sussurrò una morbida voce maschile.
Un uomo sulla quarantina dall’aria saggia, con una barba grigia e i capelli mossi, mi stava fissando benevolo, posandomi più volte la mano sulla gola. A contatto con la sua pelle, il dolore diminuiva.
«Lei chi è…?»
Il sorriso si fece più ampio.
«Dammi del tu, sono un tuo fratello. Mi chiamo Asclepio.» Ricordavo qualche racconto di Emile al riguardo: doveva essere il dio della Medicina, come me figlio di Apollo. Era nato Semidio ma Zeus gli aveva poi concesso l’immortalità. Cosa ci faceva un dio così, a zonzo per gli Inferi?
Quasi indovinando la mia domanda, si mise a ridere.
«Ah, questo è un luogo dove molte anime sono costrette a sopportare terribili sofferenze. Quando posso vengo a lenire il loro dolore, ma mai mi sarei immaginato di imbattermi in una giovane satiro.»
Allora era vero che Eleuse si trovava lì!
«Satiro? Per favore, puoi dirmi dov’è adesso?» chiesi con trepidazione, ripresami del tutto dallo stordimento del freddo.
«Oh, ma è proprio dietro di te.»
Mi voltai lentamente, come in un sogno. Non feci in tempo a vedere il biondo paglierino dei suoi capelli, che Eleuse mi fu addosso, abbracciandomi.
Scoppiai in lacrime come una bambina, rilasciando tutta la tensione accumulata in quei giorni in un pianto liberatorio.
«Thara… Oh tesoro! Mi sei mancata!...»
Il suono della sua voce mi sembrava la cosa più bella del mondo, in quel momento. Volevo parlare e dirle quanto era mancata anche a me, ma le lacrime non mi lasciavano respirare e i singhiozzi continuavano a mozzarmi il fiato.
«Ele… Avevo paura di non vederti più!» riuscii alla fine a dire, col naso semi tappato.
«La tua amica è davvero coraggiosa, è resistita tutto questo tempo senza mangiare il cibo degli Inferi» fece Asclepio.
Quando mi convinsi a lasciare per un attimo il riparo protettivo delle braccia di Eleuse, la guardai. Era dimagrita, il volto era un po’ incavato e il caschetto paglierino aveva un colore molto più spento del suo solito biondo. Gli occhi, però, erano rimasti quelli vivaci di sempre.
«Cos’hai mangiato in queste settimane» le chiesi allibita.
«Mi ha aiutata il Maestro Asclepio. Senza di lui non credo che ce l’avrei fatta» rispose, sorridendo radiosa. Avevo paura che scomparisse da un momento all’altro e la sfiorai più volte per accertarmi che fosse realmente davanti a me.
«Sorella, non voglio interrompere questo incontro… Ma adesso hai altro a cui devi pensare.» Sembrava essere già al corrente della situazione.
Osservai il dio con gratitudine e annuii.
«Lo so. Ho bisogno del tuo aiuto per raggiungere l’ingresso del Tartaro.»
Asclepio scosse la testa.
«Prima bisogna avvertire Ade. Con l’aiuto dei suoi demoni sarà più facile contenere l’ondata degli archetipi.» Non mi lasciò aggiungere altro e mi indicò lo specchio ‒presumibilmente quello dal quale ero uscita io. «Torna nella stanza dei portali e entra in quello centrale, è collegato direttamente alla sala del trono.»
Ero un po’ dubbiosa: possibile che Ade non si fosse ancora accorto del pandemonio che stava accadendo nella sua dimora? Poi, Asclepio era un dio mentre io una semplice Semidea. Sarebbe potuto andare lui a parlare con Ade.
…La verità era che continuavo a pensare a mia madre trascinata verso il Tartaro e a Emile, solo ad affrontare Eris. Sempre sperando che la dea non fosse già riuscita a compiere il rito, perché a quel punto Emile avrebbe dovuto combattere anche contro dei mostri semi invulnerabili.
«Non potresti andare tu…?» provai a convincerlo, ma Asclepio fu irremovibile.
«Ho passato già troppo tempo negli Inferi, devo informare Zeus di quello che sta avvenendo qui. Spero di essere di ritorno in tempo utile, ma è giusto che vada tu da Ade.»
Eleuse mi strinse la mano nella sua con fare protettivo.
«Andremo assieme.» Avrei preferito che si tenesse fuori dalla battaglia, malconcia com’era, e mi ripromisi di farla tornare a casa il più in fretta possibile.
Salutai con un inchino Asclepio, imitata da Eleuse, e mi diressi verso lo specchio con la mia Custode al fianco.
«…Andiamo.»
“Emile, mamma, resistete ancora un po’.”
 
 
 
---
Nota dell'Autrice:
Aaaahem... Come vi è sembrato il capitolo? Sarebbe dovuto essere breve, e invece... XD
Spero non siano state troppe informazioni da digerire tutte assieme! E spero soprattutto che vi sia sembrato credibile il falso Riconoscimento di Alyssa da parte di Ares., con annessa storia delle Muse.
... Devo ammettere che Emile non sta facendo bella figura ultimamente. u_u Si deprime, fa promesse che non può mantenere, perde le staffe facilmente, aggredisce Alyssa (seppur a ragione)... Povero ragazzo, bisogna rimediare. Raven invece si è ripreso alla grande e brilla come non mai nella sua figaggine! Uhm, sento odore di Raven x Alyssa o sbaglio...?;)
Comunque, in questo capitolo si è svelato tutto! Più o meno.
...Restate con noi fino allo scontro finale!
 
Remiel ♥
 
P.S. Ecco uno schizzo di Eris e Nemesi, per dare un'idea vaga di come le immagino.
Eris
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Nemesi
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