In questo preciso
istante, mentre voi state leggendo queste note, io mi trovo a Firenze, armata di Mp3, macchina
fotografica e di tanta fantasia. Come
diavolo ho fatto a postare la Bakuryu
di questa settimana, allora? Beh, ringraziate quella gran donna di Cheche se potete leggere anche questo
capitolo. Ebbene sì, lei ha postato questa mia storia, che ho scritto prima
della partenza; inizialmente volevo pubblicare in anticipo, ma poi ho pensato… “E’ la raccolta del Venerdì sera, quindi si pubblica il Venerdì sera!”. Allora ho dato alla
grandissima Caro i codes necessari per postare. Essendo in gita, non posso
rispondere a MP, né fare recensioni. Se vedete un mio aggiornamento, ripeto, è
solo perché quella santa donna di Cheche ha accettato di farmi il piacere di
aggiornare al posto mio.
Ammetto
di aver scritto questo capitolo un po’ di fretta, dovendo fare le valigie per
la gita. Questa volta ho voluto concentrare la mia attenzione sulla figura di Gold, lasciando Sandra un po’ marginale. Difatti, anche Gold avrà i suoi santi
problemi, durante lo sviluppo di questa raccolta. Non sarà solo la Domadraghi a
dover fronteggiare grandi ostacoli.
Con questo, penso di aver detto abbastanza!
Perché
c’è Cetra nell’icon? Lo capirete
molto presto, dolcezze. Che non me ne
vogliano le fan di questo personaggio e di una certa coppia (HeartGold), ma
questo capitolo tratta un tema piuttosto triste. Ed ora, inseguitemi pure con
un machete.
Un
saluto dalla bella Florence,
dolcezze! …Ora che ci penso, devo andare a visitare la casa di Dante Alighieri…
Nona Settimana:
Lacrime
Gold
rivolse lo sguardo verso il cielo, in quel momento tinto di sfumature ambrate e
rosee. Assorto e completamente perso nei suoi pensieri, puntò i suoi occhi
dorati verso quel commovente tramonto e lo contemplò in religioso silenzio,
mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione leggermente ansiosa. Gettò più
volte rapide occhiate verso il suo Pokégear e osservò i minuti scorrere in modo
lento e straziante: l’ora dell’incontro con Sandra sembrava non arrivare mai.
Pareva che tra il giovane Allenatore e la tanto attesa chiamata vi fosse
l’infinito.
L’ora
di cena si stava avvicinando, a giudicare da come Fiorpescopoli brulicava di
persone, intente a correre verso la propria abitazione per consumare la lauta cena.
Il ragazzo li osservò distrattamente: c’erano bambini affiancati dai loro
Pokémon, anziani che lentamente attraversano la piccola piazza, mariti che
tornavano a casa e salutavano le loro mogli, che li aspettavano stando sulla
soglia della porta. Istintivamente e involontariamente, nella sua mente si
crearono immagini di piccoli quadretti famigliari, con protagonisti lui e la
sua amata Domadraghi. Curvò le labbra in un tenero sorriso, immaginandosi quel
futuro felice e carico di gioia – e in quel futuro vi era perfino un bambino
dai capelli color notte e dagli occhi di ghiaccio, che stava in braccio alla
sua mamma.
Erano
pensieri un po’ troppo azzardati e seri, troppo frettolosi, data la sua giovane
età. Tra breve avrebbe compiuto solamente diciassette anni: un’età decisamente
troppo precoce, per poter desiderare di avere un figlio con la sua fidanzata.
Eppure, si concesse di fantasticare ancora un po’, forse per capriccio. Dopotutto,
sognare era lecito, no?
Improvvisamente,
l’armonia di quel momento si ruppe, non appena due braccia avvolsero da dietro
il suo corpo. Gold sbarrò gli occhi, sorpreso da quel gesto inaspettato, e
volse la testa quel poco che bastava per poter riconoscere il suo misterioso
“assalitore”. Si stupì alquanto, non appena notò Cetra alle sue spalle, e
inarcò un sopracciglio con certo stupore.
«Ce?
Che cosa ci fa qui?» domandò sorridente, mentre le sue mani armeggiavano per
liberarlo dall’abbraccio saldo della giovane. Non che quel contatto gli desse
fastidio, però essere sfiorato in quel modo da una ragazza al di fuori di
Sandra gli donava un senso di disagio. «Ti credevo ancora a Borgo Foglianova».
Una
risata armoniosa sfuggì dalle labbra della sua amica di infanzia. Sciolse quel
contatto affettuoso, liberando così il ragazzo dalla sua morsa micidiale, per
poi rivolgergli la più radiosa delle espressioni. «In effetti ci sono stata
fino a poco fa» confessò, mentre si sistemava l’enorme cappello bianco che
portava sul capo. «Adesso dovrei essere a cena, ma ho chiesto a mamma di
aspettare un po’ prima di cucinare, perché prima dovevo fare una cosa».
La
curiosità dell’Allenatore crebbe a dismisura. Doveva trattarsi di una cosa
davvero importante, se aveva costretto Cetra a rinunciare al cibo: per quanto
non volesse ammetterlo, adorava mangiare
e Gold lo sapeva bene, date tutte le giornate che aveva trascorso al suo
fianco prima della sua avventura a Johto. «E come mai sei qui, allora? Devi
fare qualcosa di davvero importante, per esserti allontanata dalla tavola».
«Spiritoso»
sbottò Cetra, gonfiando le guance a palloncino e assestando una lieve pacca
sulla nuca del ragazzo. Si finse offesa, cercando inutilmente di ostentare
un’espressione divertita. Le piaceva essere provocata in quel modo dal ragazzo:
le ricordava la loro infanzia felice. «E dire che volevo invitarti a cena da
me, come ai vecchi tempi!».
Da
quando Gold aveva fatto accesso alla Sala d’Onore, raramente si recava a Borgo
Foglianova e solo per salutare sua madre. Ironia della sorte, in quelle
occasioni la giovane non si trovava mai nel suo paese natale. Ogni volta che
veniva a conoscenza della visita del suo migliore amico, malediceva mentalmente
quella sorte avversa, che le impediva di salutarlo e scambiare due chiacchiere
con lui.
Da
molti mesi ormai nutriva il desiderio di poter rievocare il loro passato,
ritornando alle vecchie abitudini e vivendo in simbiosi come facevano allora. Eppure,
tutto sembrava impedirle di portare a compimento quel suo sogno piuttosto capriccioso.
«Tua
madre mi ha detto che tutti i Venerdì sera sei qui a Johto» esclamò la ragazza,
saltellando sul posto per l’impazienza. Quasi sicura di una risposta
affermativa da parte del ragazzo, azzardò la sua proposta: «Che ne dici di stare
un po’ con me? O il grande Campione non ha tempo da dedicare a una sua grande
fan?» lo canzonò giocosamente.
L’Allenatore
non riuscì a soffocare una risata divertita. Proprio quando fu sul punto di
risponderle, il suo PokéGear prese a trillare allegramente, spezzando
brutalmente l’atmosfera magica che li aveva avvolti tra le sue braccia materne.
«Pronto?
Parlo con la donna più bella del mondo?» esclamò Gold, poco dopo aver fatto un
gesto di scuse a Cetra ed essersi allontanato di un paio di passi. Nel
pronunciare queste parole cariche d’amore, il suo sguardo si accese di una strana
luce, sconosciuta ma al contempo nota alla ragazza che lo osservava con il
volto vitreo e apparentemente privo di espressione.
«Neanche
i complimenti – che mi merito – basteranno per salvarti, Nano malefico!» urlò
una voce femminile dall’altro capo del ricevitore, assordando il povero
giovane. Si massaggiò l’orecchio, esibendo una smorfia infastidita, per poi
tornare ad ascoltare la sua interlocutrice. «Vergognati, disgraziato. Sei in
ritardo di ben tre minuti e ventun secondi. Dovresti essere a casa mia da un
pezzo!».
A
giudicare dal modo in cui si stavano parlando, dovevano essere amici intimi.
Per un istante, un moto di rabbia e invidia montò nel corpo dell’Allenatrice,
spingendola a stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche. Digrignò i
denti, per poi chinare il capo e puntare il suo sguardo sconcertato sulla
morbida sabbia bianca sotto i suoi piedi.
San. Così si
chiamava la donna che, a quanto pareva, regnava sovrana sul cuore del Campione.
Doveva trattarsi di una persona dal carattere forte e determinato, da quanto
aveva dedotto dal modo in cui discuteva con quello che poteva chiamare
“fidanzato” a tutti gli effetti.
Gold fidanzato. Cetra non
l’avrebbe mai detto. A quanto pareva, non ne aveva fatto parola con nessuno,
men che meno con lei, la sua migliore amica.
«Non
ha senso restare qui» mormorò tra sé e sé, mentre perle salate solcavano il suo
viso niveo, per poi voltarsi e accingersi a ritornare a Borgo Foglianova. Gold
pareva essersi scordato della sua presenza, a giudicare da come si era allontanato
da lei e aveva intrapreso una lunga chiacchierata con il suo “amore”. «E dire
che volevo solo stare con lui ancora un po’. Volevo averlo solo per me come ai
vecchi tempi» sussurrò flebilmente, trattenendosi a stento dal gridare tutta la
sua rabbia.
E
singhiozzò tutto il suo dolore, mentre tornava a casa, desiderando
egoisticamente di trovarsi al posto di quella “San” che le aveva portato via
ciò che di più caro aveva al mondo.
«Muoviti,
sveglia il tuo Togetic e vola subito ad Ebanopoli» ordinò Sandra, ancora
furibonda e indignata per quell’ignobile ritardo. «Se osi sprecare ancora tempo
prezioso, ti faccio nuotare gratis nelle gelide acque della Tana del Drago».
«Adesso
vengo. Lasciami solo salutare una persona» esclamò l’altro, ridendo divertito per
il modo di fare della sua ragazza, pronto a voltarsi verso Cetra e riprendere a
parlare con lei. «Ci vediamo tra poco, San».
Ma,
quando posò lo sguardo nel punto in cui si trovava la sua amica, trovò solo
alcune impronte nella sabbia. Gold si guardò attorno, confuso e attonito, alla
ricerca della ragazza. Chiamò più volte il suo nome, senza però udire alcuna
risposta.
Se
solo si fosse girato prima, avrebbe notato la sua triste uscita di scena. Invece,
dovette accontentarsi di quella scia di lacrime che testimoniava il suo ritorno
a Borgo Foglianova.