46. Mai
-Di
tutte queste sparizioni, mi creda, sono a dir poco stufo!-
-Credevo
che Draco Malfoy sarebbe stato presente. Credevo anche, che questo nostro
colloquio, non sarebbe stato impostato come un interrogatorio. Non sono una
criminale-
Ribatté
la giovane dai capelli d’ebano e gli occhi blu.
Il
professor Carrow, Amycus per la precisione, aspettava da tanto quel momento.
C’era qualcosa in quella Foreberth che a lui proprio non quadrava e, la
protezione di Draco, era d’intralcio.
-Se
copre la fuga di una ricercata, signorina, diventa automaticamente una
criminale-
Areal
si alzò in piedi. –Canni Longus non è l’unico studente sparito da Hogwarts,
quindi, perché pensa che solo io sia coinvolta?-
-Si
dia il caso che tutti gli amici e conoscenti degli altri scomparsi siano stati
interrogati e spremuti a dovere. L’unica ad aver ricevuto un trattamento di
favore è stata lei signorina Foreberth- Disse Amycus, lasciandole uno sguardo
gelido.
La
ragazza rabbrividì.
-Tuttavia…-
disse l’uomo, aggirando la scrivania e strisciando verso di lei con le mani
dietro la schiena. –Questa potrebbe non aver più alcun potere…- terminò
sfiorando la collana di Areal.
-Non
la tocchi!-
Amycus
rise vedendola indietreggiare. –Sei la promessa sposa di un fallito, lo sai? Sia
Draco che suo padre non hanno fatto altro che fallire e perdere rispettabilità.
Credi di poter portare di nuovo gloria al nome Malfoy? Hai qualche carta
segreta di cui vuoi parlarmi?-
Areal
ammutolì, spaventata. Le sembrò di essere in uno dei suoi incubi premonitori,
dove Voldemort la minacciava e voleva usare le sue visioni.
Ma
sta volta era tutto reale.
Proprio
quando il sorriso di Amycus si ampliò, come se la paura di Areal fosse già
stata una valida risposta, la porta si aprì.
Ad
entrare non fu qualcuno di tremendamente agitato e furioso, che dopo aver
sbattuto con forza la porta era entrato portandola via immediatamente, e fu
proprio questo a farle capire che la persona giunta non era Draco.
Eppure,
nel voltarsi di scatto, Areal era quasi sicura di aver visto i capelli platino
di Draco e la sua eleganza indiscussa nel modo di tener dritta la schiena.
L’uomo
sulla porta aveva uno sguardo a dir poco glaciale, freddo, impassibile e duro
come la roccia. Il mento era pronunciato e i lineamenti del viso ben marcati.
Aveva lunghi capelli di un biondo pallido, vestiva di nero e, nonostante
sembrasse non reggere il peso dell’età, vantava comunque una classe e una
sicurezza nel proprio passo fiero, da far invidia a chiunque.
-Ho
forse sentito dire che il nome dei Malfoy non conta più abbastanza? Se la
signorina qui presente vuole scusarci, Amycus, vorrei chiarire chi dei due è un
fallito-
Areal
spalancò gli occhi mentre l’uomo dagli abiti eleganti avanzava fino a superarla,
fermandosi davanti ad Amycus.
-Non
ti scaldare, Lucius, non vorrai dare spettacolo?- ghignò l’insegnante.
Lucius
non si scompose, alzò fieramente il mento e scoccò un mezzo sguardo alla
giovane. –Sono calmo Amycus, e sto anche aspettando di rimanere solo con te…-
Areal
era rimasta di ghiaccio ma in quel momento il padre di Draco la fissò di
nascosto, facendole chiaramente segno con lo sguardo di andare fuori dall’aula.
Quello
sguardo, per quanto rigido fosse, era il consiglio di un padre accorso non solo
per difendere il proprio onore…
Quando
la Corvonero lasciò la stanza, chiudendosi frettolosamente la porta alle
spalle, aveva ancora il fiato corto per quel fugace incontro.
Quando
Areal tornò nella sua sala comune, era quasi sera e tutte le lezioni erano
finite. La cosa insolita fu trovare la sala totalmente piena.
Non
c’erano solo ragazzi che studiavano, era tutti lì presenti.
Sembravano
cupi e silenziosi, sembrava che fosse appena finita una discussione. Erick era
in piedi al centro della stanza.
-Cosa
mi sono persa?- chiese Areal sfilandosi la sciarpa.
Erick
la guardò tristemente e fu solamente capace di dire: -Hanno paura-
Areal
si fece seria.
Chi
non aveva paura in quel periodo? Che dei bambini morissero di paura davanti ai
fratelli Carrow che usavano la maledizione Cruciatus per punire chiunque
fallisse, era più che normale.
Nick,
un bambino del primo anno che sin da subito si era affezionato ad Areal, era
stato torturato solo la settimana prima davanti a tutta la classe, solo perché
non era riuscito ad eseguire correttamente un incantesimo.
Sarah,
la bambina riccia e bionda che Erick aveva riportato in braccio in sala comune
qualche settimana prima, causando l’ira di Canni, aveva subito lo stesso
trattamento per non aver avuto il coraggio di uccidere dei conigli.
Hogwarts
non era più vivibile.
I
punti di riferimento erano ben pochi, i vecchi professori sembravano quasi più
terrorizzati di loro ma si battevano comunque per proteggerli, anche se non
ottenevano grandi risultati. Gli alunni più grandi che cercavano di far valere
le proprie idee finivano molto male e gli unici rimasti tenevano ostinatamente
la bocca chiusa in ogni lezione, limitandosi ad obbedire.
Ma
certi ordini erano davvero impossibili da eseguire.
-Hanno
da poco smesso di farci torturare fra di noi, ma io ho ancora paura…- sopirò il
piccolo Nick.
Areal
non volle neppure fermarsi a pensare a cos’altro avrebbero potuto inventarsi i
fratelli malefici.
-Dove
sono tutti quelli scomparsi? Se sono al sicuro, voglio andarci anch’io- disse a
voce alta un ragazzo del terso anno.
-No,
Hogwarts ha bisogno di noi, io voglio restare- disse un altro ragazzo, un anno
più grande del primo.
-Ma
come facciamo? Se ci ribelliamo quelli ci ammazzano!- affermò una ragazza.
A
quel punto Areal si fece avanti.
-Possiamo
fare tutto quello che vogliamo, purché ne abbiamo la forza-
Tutti
la guardarono stupiti, Erick inarcò un sopracciglio.
Areal
si mise al centro cosicché tutti la vedessero. –Non sempre fare gli eroi vuol
dire essere forti. A volte, la cosa più difficile da fare, è saper abbassare la
testa. Questa è l’impresa che dobbiamo portare a termine. Dobbiamo riuscirci
tutti, però!-
-Ma
così non concludiamo niente!-
Areal
scosse il capo e continuò a parlare ai suoi compagni di casa –Questo ci
consentirà di andare avanti illesi, ed è questa la cosa importante. Ma la cosa
ancora più importante è che se anche smettiamo di ribellarci, siamo sempre noi
stessi. Dentro la nostra testa possiamo pensare quello che vogliamo-
Tutti
la guardarono incuriositi, Erick sorrise.
-Siamo
sempre noi stessi, alcuni non odieranno mai i Babbani, altri sì. Pazienza! Non
siamo abbastanza forti per ribellarci, ma siamo abbastanza furbi per cavarcela
perdendo il meno possibili. Siamo Corvonero, no?-
-Esatto!-
iniziò Eric. –Non possiamo opporci, ma possiamo obbedire in silenzio e tornare
qui a sfogarci quando vogliamo.-
-Non
tutti di noi impareranno a condividere le idee di voi-sapete-chi domani stesso,
alcuni non le condivideranno mai. Ma che importa? Oggi siamo solo degli
studenti, allora comportiamoci da studenti-
-Sì-
ricominciò Erick. –Cosa fanno infondo gli studenti? Odiano in segreto i
professori e pensano solo a divertirsi! Facciamo lo stesso-
Il
piccolo Nick si alzò in piedi. –Ma quando saremo grandi cosa faremo?-
-Infatti,
non siamo qui per giocare, vogliamo risposte. Siamo stanchi di andare avanti
così. Alcuni Purosangue qui presenti odiano i Babbani, ma non sono comunque
d’accordo a certe cose come l’uso delle maledizioni proibite- disse una ragazza
del quinto anno.
-Ma
le risposte non le avremo mai- Dichiarò Areal, seria. –Siamo in una fase di
stallo, le forze oscure da cui Silente cercava di proteggerci, hanno vinto, ma
non è detta l’ultima parola. Siamo qui per sperare che tutto torni come prima,
ma siamo qui anche per sopravvivere e per trovare la forza di andare avanti
anche se il mondo crolla a pezzi-
Qualcuno
abbassò tristemente la testa, ma a quel punto Areal disse: -Chi vuole gettare
la spugna o vuole giocare a fare l’eroe, è libero di andarsene anche adesso a
dormire-
I
primini radunati intorno a lei erano ancora sconsolati, forse anche più di
prima.
Areal
riprese parola. –Dobbiamo conservare le nostre forze, usare il nostro
intelletto per andare avanti. Siamo forti? Dimostriamolo nel modo che sappiamo
fare meglio, ovvero dimostrandoci persona furbe. Ciò che siamo adesso lo saremo
per sempre, ma le difficoltà che ci abbattono adesso non ci saranno domani-
-Non
serve arrendersi, ma non serve neppure combattere rischiando grosso- spiegò
Erick. –Areal ha ragione, viviamo il presente con cautela, proteggendo
gelosamente i nostri pensieri e le nostre opinioni. Qui dentro troveremo sempre
tutti amici che la pensano come noi e che condividono il nostro problema, ma
fuori, dobbiamo essere tutti abili a rimanere in silenzio. Pensate di poterlo
fare?-
Qualche
ragazzino li guardò con ammirazione.
Areal
sorrise. –Dobbiamo essere forti e uniti. Dentro questa sala siamo una famiglia,
affrontiamo con decisione ciò che c’è fuori sapendo che una volta ritornati qui
sarà come essere a casa e al sicuro. Per evitare spiacevoli inconveniente con i
fratelli Carrow, sapete come fare!-
-A
me va bene.- disse il piccolo Nick, alzandosi in piedi. –Io odio Amycus, sarà
bello prenderlo in giro facendogli credere che la penso come lui sui Babbani,
per poi deriderlo qui con voi.-
Qualcuno
rise. Quelli più grandi sospirarono e fecero cenni convinti.
-Questo
è lo spirito giusto. Siamo una famiglia, siamo forti e siamo furbi. Nessuno
cambierà la propria indole, ma non rischieremo neanche di essere torturati.-
Areal
sorrise alle parole di Erick.
-Direi…-
disse la ragazza dagli occhi blu –Che per inaugurare questo momento dovremo
festeggiare!-
Alla
parola festeggiare tutti rabbrividirono ed indietreggiarono. Festeggiare
e sorridere erano diventate cose proibite dopo la morte di Silente.
-Abbiamo
detto che la nostra famiglia, qui dentro la nostra sala Comune, è libera di
essere ciò che vogliamo. Io opterei per un gruppo di studenti strampalati che
hanno voglia di divertirsi, e voi? Basta essere seri, forza!-
Erick
non capiva, ma cercò di assecondare l’amica. –Posso rendere insonorizzata la
sala, se vuoi-
-Bene!
Fallo! Nessuno ci sentirà, saremo al sicuro. Qualcuno oscuri le finestre!-
Vedendo
la serietà e l’entusiasmo di Areal, tutti quelli del primo anno iniziarono ad
alzarsi per accerchiarla, festanti.
Un
ragazzo oscurò le finestre, ancora dubbioso, ma già coinvolto nell’idea.
Areal
chiese ad Erick di trasformare un mobile in una radio e la musica si disperse
subito nella stanza. Alcune ragazze attaccarono stelle filanti ai muri e altri
si sbizzarrirono con incantesimi festosi, come uno che faceva volteggiare per
aria razzi luminosi.
In
un primo momento iniziarono a ballare solo Areal e quelli del primo anno, che
non sorridevano da troppo tempo. Quelli più grandi trovarono a poco a poco il
coraggio di iniziare a festeggiare, anche i più scontrosi o timidi presero a
saltellare o a ridere con i propri amici. I pochi che erano nei dormitori
scesero e rimasero ad occhi aperti.
La
cosa bella era che, dopo mesi di terrore, fu facile per tutti lasciarsi andare.
Chi ballava, chi rideva come se gli stessero facendo il solletico, chi si
abbracciava felice. Quelli del primo anno, soprattutto Nick, erano euforici.
Areal
salì sul tavolo ed iniziò a ballare ridendo, cercando di rendere felici più
compagni possibili. Era una follia, fuori la gente tremava di terrore e loro
festeggiavano.
Ma
di quel momento di euforia ne avevano tutti maledettamente bisogno.
Poco
dopo Erick abbracciò Areal confidandole quanto gli mancassi Canni.
Areal
si fidava di lui e vederlo soffrile le faceva molto male, ma non poteva
rivelare a nessuno il segreto della stanza delle necessità.
-Sta
bene, hai la mia parola- gli disse unicamente.
Erick
parve rincuorato, fece un cenno e non aggiunse nulla.
Dopo
la festa segreta ed improvvisata, Areal aveva deciso di concedersi qualche
momento di calma e di relax. Nessun posto meglio del bagno dei prefetti al
quinto piano, poteva essere più adatto.
Il
bagno era grandissimo, con una vasca enorme al centro della stanza che sembrava
quasi una piscina. Era tutto in marmo bianco e pregiato ed innumerevoli
rubinetti d’oro erano posizionati ad un bordo della vasca. Da quei rubinetti
uscivano tutti i tipi di bagnoschiuma profumati, bolle, vapore e tanto altro.
Areal
aveva scelto di lasciar riempire la vasca di schiuma profumata alla fragola e
di lasciar disperdere nella stanza delle bolle che saltellavano sul pelo
dell’acqua.
La
giovane era totalmente rilassata, seduta dentro la vasca-piscina con la testa
abbandonata sul bordo di marmo e non si aspettava certo che la porta si
aprisse. Quando ciò avvenne si voltò infastidita ma, la prima cosa che vide
entrare, fu una luce sferica e azzurrina, che si spense non appena le fu di
fronte.
Quello
era l’incanto chiamato “luce di campanellino” guidava qualcuno da chiunque
desiderasse. Lei stessa aveva usato quell’incanto per raggiungere Draco una
volta, e lo aveva insegnato ad una sola persona…
Draco
Malfoy entrò nella stanza e venne subito colpito dal profumo intenso di
fragola, storse leggermente il naso ma ghignò divertito quando vide la ragazza
dentro la vasca. Lei lo guardava con un sopracciglio alzato, era leggermente
imbronciata, e il suo corpo nudo era immerso nell’acqua e coperto dalla schiuma
rosata. La sua pelle era candidissima e le sue guancie deliziosamente
imporporate dal calore dell’acqua, mentre i capelli corvini le si attaccavano
alla pelle in onde scomposte.
-Il
bagno maschile dei prefetti è quello qui accanto. So che è identico, ma non
credo che tu sia finito qui per sbaglio…-
A
quelle parole Draco le indirizzò un sorriso malizioso. –Perché dovrei andare in
un bagno vuoto e freddo, quando posso immergermi qui, dove una bella sirena mi
attende già svestita…-
Areal
arrossì.
La
sirena intrappolata nel dipinto animato del mosaico di fronte guardò Draco
incuriosita.
-Senza
offesa, non mi riferivo a te- rispose gentilmente il biondo al dipinto.
La
sirena fece spallucce e si addormentò sulla roccia.
Draco
cominciò a svestirsi con tranquillità, ma Areal si voltò verso il dipinto, con
le guancie in fiamme.
-Penso
che se la McGranitt ci trovasse entrambi qui ci ucciderebbe-
-Tutti
i professori russano da un bel pezzo- precisò il Serpeverde, slacciandosi i
pantaloni. –Il vecchio Gazza non si azzarderebbe mai a dirmi nulla, ha troppa
paura di mio padre con i tempi che corrono…-
Areal
continuò a rimanere ostinatamente voltata.
Draco
notò l’imbarazzo della ragazza e ne rimase molto divertito. Si avvicinò al
bordo della vasca dicendo:
-Devo
forse ricordarti che abbiamo dormito insieme nelle ultime settimane, e che non
sempre ci siamo limitati a dormire?-
Areal
arrossì e si imbronciò ancora di più. –Lo so, grazie Draco. Ma…-
-Donne!-
sbuffò lui.
Il
giovane entrò in acqua e si sedette accanto a lei, mettendole un braccio
intorno alle spalle e offrendole il suo petto come appoggio.
Areal
accettò di buon grado l’invito e si accoccolò si di lui abbracciandolo.
Rimanere vicini, in quel silenzio, nel calore dell’acqua, era magnifico e la
ragazza sorrise ad occhi chiusi.
-Ho
saputo di Amycus e delle domande che ti ha fatto- esordì Draco, mentre le
accarezzava i capelli, con le braccia comodamente sul bordo della vasca.
-Come
lo sai?- la ragazza non cambiò posizione.
-Me
lo ha detto mio padre, ma lui come lo sa?- si chiese.
Areal
si scostò dal suo petto per guardarlo negli occhi. –Forse perché è stato lui ad
entrare in quella stanza, permettendomi di uscire-
Draco
spalancò gli occhi.
-Sì,
proprio così- confermò Areal.
Il
biondo rimase un attimo a riflettere, poi uno strano sorriso gli increspò le
labbra. Pareva divertito.
Areal
tornò ad appoggiare la testa sul petto di Draco, ma pochi secondi dopo
quest’ultimo le sollevò il mento con le dita.
-Cosa
c’è?- le chiese.
Quando
lo guardò, a conferma dei suoi dubbi, Areal aveva gli occhi umidi. Draco
assottigliò lo sguardo, voleva che parlasse, d'altronde era evidente che
qualcosa non andava.
-Oggi
quelli della mia casa volevano risposte, erano spaventati ed arrabbiati. Non
sono stata capace di dargli speranze, ho solo saputo dirgli di non pensarci e
di preoccuparsi solo di studiare e di divertirsi. Ma la verità è che neppure io
sapevo cosa dire, ben presto anche quelli del primo anno riprenderanno a fare
domande e avranno bisogno di risposte.-
-Non
spetta a te dargliele.- rispose freddamente il biondo.
-Ma
hanno bisogno di me, sono il loro prefetto, non gli è rimasto tanto altro dopo
la morte di Silente. Tutto sta cambiando, ma nessuno lo vuole realmente…-
-Ti
stupiresti di sapere quanta gente desidera il cambiamento.-
-Tutti
Magiamorte!- precisò lei, guardandolo seriamente negli occhi.
Draco
inarcò le sopracciglia, quasi arrabbiato. –Dimentichi che ne hai uno di fronte!-
-Non
ti considero uno di loro perché tu non vuoi la morte di persone innocenti. Tu
non la vuoi questa guerra, nessuno vuole vivere nel terrore come quando
tu-sai-chi è stato al potere l’ultima volta- fece una pausa. –Nessuno vuole
tornare a casa con la paura che qualcuno di sua conoscenza sia stato ucciso.-
-Sono
discorsi troppi grandi per te.-
-Lo
sono anche per te!-
-Non
è vero.- ringhiò Draco, vedendo intaccato il proprio orgoglio.
Areal
indietreggiò. –Non è questo il punto.-
-Allora
qual è?- chiese lui, ancora infastidito.
La
ragazza abbassò gli occhi e si strinse nella spalle. –Ho paura di perderti…-
Draco
la guardò quasi spaventato, triste. La sua Areal era così fragile, con la pelle
candita e gli occhi umidi di lacrime represse.
-Ho
paura che qualsiasi cosa succeda, tu ne andrai.-
-Che
vuoi dire?- gli chiese.
Areal
lo guardò negli occhi. –Se tu-sai-chi va al potere, non starai mai con me perché
vorrai proteggermi. Se tutto torna come prima…-
-Probabilmente
tutti quelli con il marchio finiranno ad Azkaban!- terminò Draco al posto suo.
La
ragazza si sentì morire. Sfuggì allo sguardo del ragazzo prima di scoppiare a
piangere, quelle parole erano troppo sconfortanti per essere assimilate. A quel
punto si abbracciarono e Draco cercò di consolarla, ma ormai le parole che
aveva detto avevano causato una ferita troppo grande.
-Cerco
sempre di non pensarci, mio padre è convinto che non tornerà mia più in quella
prigione, che ormai andrà tutto per il meglio. Forse non vuole neanche pensare
a come sarebbe se tu-sai-chi venisse battuto. Ma Lui è imbattibile, per
questo la prigione non mi spaventa.-
Poco
dopo Draco aggiunse:
-La
verità è che tu vuoi che tutto torni come prima, voi la pace e la vuoi con
tutta te stessa. Ma vuoi anche me. Non vorrei proprio essere nei tuoi panni!-
Areal
lo guardò di scatto. –Non sto scherzando.-
-Nemmeno
io.- le rispose serio.
In
un gesto lento Draco avvicinò il proprio braccio marchiato accanto alle pelle
rosea di Areal. -Vedi?- le disse –La tua purezza stona terribilmente con il mio
marchio. Ti avevo detto che non avresti mai dovuto stare con me. Avresti
sofferto meno, sei così innocente ed io sono un Mangiamorte…-
Areal
lo prese dalle spalle e lo strattonò. –Al diavolo Mangiamorte ed anime pure, io
voglio stare con te e mi pare di averlo già chiarito. Non scapperò mai da ciò
che sei e non ti lascerò solo davanti alle difficoltà. Non mi importa cosa
pensano gli altri, so quel che voglio: non posso perderti-
Draco
le accarezzò uno guancia, lo sguardo basso, i brividi sulla schiena per quello
che aveva sentito. La sua Areal era così bella, fragile, ancora faticava a
credere che fosse così legata a lui e che fosse disposta a tutto pur di non
perderlo.
-Penso
che non ci sarà mai un futuro per noi, che le cose non torneranno mai come
prima. Non sarò mai felice, non ci sarà mai un domani. E non lo voglio se non
ci sei tu- Areal scoppiò in lacrime, disperata
Draco
non si scompose, lasciò scivolare la sua mano sul collo della ragazza, dove una
emme dorata brillava sulla sua pelle rosea.
-Ti
ho dato questo ciondolo, importantissimo per la mia famiglia, e non lo avrei
mai fatto se per me non avesse avuto un reale significato- si guardarono negli
occhi. –Tu sei mia Areal e, se sarà possibile, starò con te a qualsiasi costo.
Te lo giuro, non ti lascerò, sei troppo importante per perderti-
Areal
lo abbracciò, cercando di trattenere le lacrime mentre anche lui la stringeva a
sé.
-Sei
la cosa più bella che mi sia capitata, l’unica persona con cui riesco ad essere
me stesso e per cui provo davvero qualcosa. Non ti lascerò andare via- le promise.
Continua….
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Anche se in
ritardo, eccovi un nuovo capitolo.
Fatemi sapere
cosa ne pensate, baci!