47. Castelli di
sabbia
Non
c’era stato molto da fare o molto da dire, l’ira del Signore Oscuro si era
abbattuta sui Malfoy come un fulmine che squarcia un cielo già pieno di nubi
grigie. A Lucius non era stato perdonato quell’errore, ne aveva già fatti
tanti, aveva già fallito una volta ed era finito in prigione dove, se non fosse
stato per il suo signore, si troverebbe ancora a marcire. Era questo che
Voldemort gli urlava mentre lo torturava, fare fuggire Potter dopo averlo avuto
in casa, a pochi passi di distanza, era troppo. Anche Bellatrix era stata
punita selvaggiamente, senza alcuna pietà, solo un po’ meno di Lucius per la
sua fedeltà e perché era una donna. Forse c’era una colpa ancora più grave di
quella di aver lasciato fuggire Potter, forse era stato rubato qualcosa dalla
camera blindata di Bella alla Gringot, qualcosa di tanto prezioso da spingere
l’Oscuro ad accanirsi anche contro la sua serva più fidata.
E
a Draco non era restato altro che chiudersi in camera sua e tapparsi le
orecchie più forte che poteva per non dover sentire le urla disperate di suo
padre, né il pianto della madre. E l’ironia della sorte stava nel fatto che non
potesse neppure assordarsi con la magia perché la sua adorata bacchetta gli era
stata rubata, sottratta e portata via.
Dalla
persona che, chissà per quale ragione, aveva salvato.
Forse
lo aveva fatto per codardia, perché se non era diventato un assassino quando
gli era stato ordinato di uccidere Silente, non voleva certo sporcarsi le mani
causando la morte del bambino che è sopravvissuto, riconoscendolo e
consegnandolo dritto nella mani di Voldemort.
Oh
si, lui aveva riconosciuto subito quel volto storpiato da una fattura pungente.
Avrebbe riconosciuto quello sguardo spento e al tempo stesso sfacciato ovunque
fosse andato. Sapeva perfettamente che quei capelli neri e quei lineamenti
contorti appartenevano alla persona che più odiava al mondo.
Harry
Potter.
Aveva
tentato di convincere sé stesso che quello storpio non fosse Potter, aveva
distolto lo sguardo, detto a suo padre che non riusciva a riconoscerlo a causa
della fattura pungente.
Aveva
mentito.
Mentito
a suo padre, rischiato la vita per cosa? Per salvare il suo peggior nemico?
Aveva
riconosciuto perfettamente la nata Babbana, quella Granger brava in ogni cosa
che faceva e che lui tanto disprezzava. Le aveva augurato la morte tante di
quelle volte che non ricordava neppure più uno dei motivi per cui l’aveva
offesa. Ma era davvero pronto a vederla morire, in casa sua?
Basta
morti. Basta.
E
poi c’era quel rosso sfigato, quel Ron, figlio di traditori del proprio sangue,
che meritavano solo le pene peggiori. Quello stupido amico di Potter, per
quanto riguardava Draco, poteva anche finire nelle mani dell’Oscuro, ma non
poteva. Avrebbe rivelato l’identità di Potter e della Granger, sua zia avrebbe
chiamato il loro signore e l’unica speranza del mondo magico e dei Babbani
sarebbe morta per sempre.
Qualcuno
di cui si rifiutava di ricordare il volto gli aveva sussurrato dolcemente, più
di una volta, che il marchio che aveva sul braccio non faceva di lui un
assassino.
E
mentre suo padre cercava in tutti i modi di fargli capire che se fossero stati
loro a consegnare Potter a Voldemort tutto sarebbe tornato come prima e la sua
famiglia avrebbe finalmente riacquistato valore agli occhi dell’Oscuro, Draco
scuoteva il capo e farfugliava mezze frasi fingendo di non aver riconosciuto
chi gli stava davanti.
Qualcosa
dentro di lui continuava ad urlare, a ricordargli ad ogni secondo che se non
aveva ucciso Silente sulla torre di astronomia non doveva neppure causare la
morte di Potter in casa sua.
Basta
morti. Basta.
Continuava
la voce e, senza che neppure lui ne fosse consapevole, la sua coscienza, quella
che credeva di non aver mai avuto, stava lottando. Era così stanco di morti e
di sofferenza che, pur odiando Harry Potter con tutto se stesso, non poteva far
sparire l’unica speranza per il mondo di uccidere Voldemort.
Non
aveva mai creduto che quello sfregiato potesse diventare un eroe, ma se tutti
gli altri la pensavano così a lui andava bene.
Qualsiasi
cosa, anche mentire a suo padre, purché quell’orribile gioco finisse.
Basta
Mangiamorte, basta sofferenza. Rivoleva la sua vecchia scuola e che la sua
famiglia ritornasse ricca e temuta come un tempo.
Basta
Voldemort.
Ma
in quel momento, con suo padre che veniva torturato e con la sua bacchetta
lontana da lui, Draco stava maledicendo tutti quei nobili pensieri che, almeno
per una volta, lo avevano dominato.
Era
sempre stato un cattivo ragazzo, aveva sempre fatto cose sbagliate. Perché non
era stato in quel modo anche quella volta? Cosa aveva guadagnato difendendo
quel dannato sfregiato e i suoi due amichetti? La sofferenza di suo padre e la
perdita della bacchetta.
Ma
la cosa peggiore era stato vedere il padre farsi avanti davanti all’Oscuro e
assumersi tutte le colpe di quello che era accaduto. Vederlo omettere il fatto
che suo figlio, da bravo codardo, aveva finto di non riconoscere Potter
facendolo così fuggire.
Draco
avrebbe voluto urlare, strapparsi ogni capello e uccidersi con le sue stesse
mani.
Tuttavia
ormai il danno era fatto ma, in cuor suo, giurò che anche a costo dalla vita
avrebbe catturato quel dannato Harry Potter e lo avrebbe consegnato a
Voldemort.
Ad
ogni costo, Draco Malfoy voleva vendetta, perché era certo che la causa di
tutte le sue sofferenza fosse proprio il ragazzo con la cicatrice.
Quando
tornò ad Hogwarts Draco si premurò subito di riprendere le sue cose e di
riportarle nella sua camera, dove era giusto che fossero. Mentre riordinava i
propri vestiti, facendo pratica con la bacchetta che sua madre gli aveva
donato, sentì la porta della sua camera aprirsi e qualcuno entrare nella
stanza.
Finse
di non farci caso, troppo impegnato a pensare a sua madre. Aveva tento di
rifiutare, i suoi genitori non potevano rimanere entrambi senza la bacchetta
con Voldemort e gli altri Mangiamorte che gli giravano per casa, ma lei non
aveva voluto sentire ragioni. Gli aveva messo in mano la bacchetta dicendo che
non poteva tornare ad Hogwarts senza.
Ed
Hogwarts era l’unico posto in cui Narcissa credeva che il figlio fosse al
sicuro.
-Perché?-
Quando
Draco si voltò vide Areal ferma al centro della stanza con lo sguardo furioso e
le braccia incrociate al petto.
Non
le rispose, continuò a disfare la valigia.
La
ragazza gli si avvicinò senza alcun timore, gli bloccò il polso che agitava la
bacchetta e con la punta delle dita gli sfiorò la cicatrice che ricopriva la
parte sinistra del suo volto pallido, dalla fronte allo zigomo.
Draco
sapeva come si era procurato quel graffio, non poteva certo dimenticarsi del
prezioso lampadario di casa sua che crollava al suolo lanciando pezzi di
cristallo affilato ovunque. Uno di quelli gli aveva sfregiato il viso e lui
aveva impedito che sua madre lo guarisse.
Voleva
ricordare, sperando che prima che quel taglio si rimarginasse avrebbe potuto
ottenere la sua vendetta.
-Io
so quello che stai pensando, so tutto e…-
Draco
non seppe mai se la rabbia ceca che lo avvolse fino a soffocarlo fu causata
dalla compassione inappropriata di Areal o se dal fatto che quelle parole gli
avessero fatto capire che la ragazza, grazie alle sue visioni, aveva scoperto
ciò che era accaduto durante quelle vacanze di Pasqua a villa Malfoy.
-Tu
sai cosa penso?- Urlò.
La
ragazza indietreggiò spaventata.
-Sai
che non aspetto altro che avere Potter fra le mani per consegnarlo io stesso al
signore Oscuro? Sai che mi ucciderei per averlo fatto fuggire, e che mi pento
ogni secondo che passa della mia debolezza?- Il ragazzo alzò ancora di più la
voce. –Sai che ti odio per avermi rammollito al punto tale da aver permesso che
mio padre venisse torturato a causa della mia stupidità? Sai che penso che
sperare nella fine di questa guerra, credendo che tu-sai-chi debba perdere, non
sia servito a niente?-
Areal
rimase di ghiaccio, senza respirare per trattenere le lacrime. La sua
espressione era un misto di sgomento, rabbia e dolore.
-Sai
che da oggi in poi servirò il Signore Oscuro con tutto me stesso, perché non
credo più nei miracoli, perché voglio Potter morto e perché sono stanco di
essere debole?-
Al
silenzio di Areal, Draco si voltò dandole le spalle, i suoi occhi grigi
fiammeggiavano di rabbia e i muscoli del suo corpo erano tesi.
-Tu
non hai mai saputo cosa c’era nella mia testa Areal, questa è la prima volta
che lo scopri e non credo tu sia pronta a condividere ancora il tuo letto con
me dopo quello che hai sentito, giusto?-
Il
biondo tornò a guardarla, con un mezzo sorriso beffardo fra le labbra e lo
sguardo crudele e arrabbiato.
La
ragazza non parlò.
-Lo
sapevo, adesso sai perché ho riportato qui le mie cose.-
Areal
si morse il labro e tentò di non piangere, anche se Draco le dava le spalle.
-Lasciami
solo.- Le ordinò, stringendo con rabbia la trapunta del letto a cui si era
appoggiato.
La
ragazza sussultò per un istante, ma poi fuggi via piena di rabbia e di dolore
da quella stanza.
-E
poi basta solo agitare la bacchetta in modo da formare un cerchio. La formula
la sai già.- Disse Areal.
Il
piccolo Nick, appreso l’incantesimo scudo, sorrise alla ragazza e corse a
finire i suoi compiti, seduto sul divano blu della loro sala comune.
Ad
Areal non restò che risistemarsi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e
continuare i suoi compiti.
-Mi
dici che cos’hai?-
Areal
guardò Erick seduto al suo fianco, che la osservava attentamente.
-Cosa?-
Erick
sospirò e chiuse il libro che stava leggendo, entrambi sedevano al grande
tavolo centrale che tutti quelli della loro casa usavano per studiare.
-Di
solito almeno con Nick sei sempre sorridente, adesso neppure lui riesce a farti
sorridere?-
-Erick
non so di so cosa parli, davvero.- rispose serenamente.
-Parlo
del fatto che sono giorni ormai che parli a stento e che non sorridi. Cosa ti
turba?-
Areal
accennò un sorriso e fece spallucce. –Niente!-
-Senti,
so che non sono Canni, ma io sono tuo amico e con me puoi parlare.-
La
ragazza lo guardò e sorrise ancora, stavolta con più spontaneità. –Grazie Erick,
ma la causa del mio malessere… bè, tutti credono che sono pazza. Soprattutto
Canni, lei dice che dovrei lasciar perdere…-
-Ho
capito: hai litigato con Draco. Ora che ci penso non lo vedo con te da almeno
una settimana.-
Areal
non rispose.
-Ho
fatto centro, vero? Mi dispiace se avete litigato, con tutto quello che sta
accadendo c’è tensione ovunque. A dire il vero pensavo che voi foste una coppia
perfetta!-
Areal
lo guardò ad occhi spalancati. –Stai scherzando? Sei l’unico che lo pensa. Come
mai?-
Erick
parve riflettere. –Perché io con lui ci ho parlato ben due volte. Gli altri
parlano tanto ma non vi conoscono bene, quindi, come possono giudicare?-
-Hai
parlato con lui?-
-Sì.
La prima volta è stato sugli spalti del campo di Quidditch mentre ero in
panchina a guardare gli allenamenti, era il terzo anno e non ero ancora
riuscito ad entrare in squadra. Ad essere sinceri, ero lì anche per guardare
Canni. Poco prima che la nostra squadra finisse, vidi arrivare Draco Malfoy, e
sapevo che era venuto per seguire gli allenamenti della sua squadra che aveva prenotato
il campo per l’ora successiva. Sapevo anche che, dopo l’incidente che aveva
avuto l’anno prima durante la sua prima partita, aveva lasciato la squadra e
capì che era proprio come me: fermo su quegli spalti a guardare la squadra
della propria casa senza poter giocare.- Fece una pausa. –Mentre andavo via lo
salutai con una mezza battuta, ma lui fraintese, credette che volessi prenderlo
in giro e a poco non mi attaccò. Credo che Draco stia sempre sulla difensiva e,
se qualcuno tenta di invadere i suoi spazi, lui parte subito all’attacco.
Quando gli spiegai che anch’io volevo giocare a Quidditch, ma che non avevo
superato le audizioni, cambiò atteggiamento. Scambiammo due chiacchere e, a
dire il vero, mi parve un ragazzo apposto. Persino simpatico!-
-Questa
è bella! Ma non me lo hai mai detto...-
-Non
c’è stata l’occasione!-
Al
silenzio di Areal, Erick proseguì.
-Io
so che Draco non è un bravo ragazzo, ma come altro potrebbe comportarsi?
L’ambiente in cui è cresciuto ha forgiato il suo carattere, credo che gli sia
stato imposto un atteggiamento simile. Le idee che per secoli hanno caratterizzato
la sua famiglia, e prima ancora le famiglie dei suoi genitori, sono finite col
condizionare anche lui. È cresciuto con delle idee e degli schemi sociali ben
chiari, con l’ossessione per la purezza della razza. Fanno ancora i matrimoni
combinati quelli come lui, lo sapevi? Ti rendi conto? dopo questo non credo ci
sia altro da aggiungere!-
-Sì,
Draco mi ha detto che sposerà di sicuro una Purosangue. Per lui sarei perfetta
sotto questo punto di vista, sono una Purosangue e sono una Foreberth. Tutti i
parenti di mio padre erano Serpeverde. Peccato che io abbia ideali totalmente
diversi dai suoi…-
-Vero,
e questo non cambierà mai. Canni pensa che stando con Draco potresti iniziarla
a pensare come lui, ma questo non è possibile. Se tu sei riuscita a non farti
spaventare dalle apparenze e sei arrivata a lui scoprendo che lo ami, io non ho
niente in contrario. Mi dispiace solo che le vostre diversità vi creino dei
problemi, problemi molto grossi dato i tempi che corrono.-
-Non
immagini quanto!-
-Lui
non è così cattivo come sembra, vero? Sarà uno scudo!-
-No!
Lui è cattivo, prepotente, crede che chi ha i soldi e il sangue puro debba
dominare il mondo e vuole sempre ottenere ciò che vuole. Ma con me non è così.
È protettivo nei miei confronti, è gentile, a volte mi fa arrabbiare ma poi sa
come farsi perdonare. Ed io so di non poter stare senza di lui.-
-Sai
quel è la seconda volta che gli ho parlato?-
-Quale?-
-Un
giorno, durante Trasfigurazione, mi sono accorto che Malfoy fissava me e Canni
con insistenza. Quando la lezione finì lo vidi da solo e lo fermai per
chiedergli spiegazioni. Mi disse qualcosa tipo “va al diavolo e lasciami in
pace”. Ammise anche che ci guardava solo perché si era accorto che stavamo
molto con te e così gli chiesi chiarimenti. Mi mandò ancora una volta al
diavolo e poi disse che se eravamo davvero tuoi amici avremmo dovuto
assicurarci che non ti accedesse mai nulla. Dopo ho iniziato a pensare davvero
che fosse fuori di testa!-
-Non
capisco…-
-L’indomani
diede a Canni quel sonnifero da farti bere, e sai perfettamente perché lo ha
fatto e cosa accadde dopo.-
Areal
spalancò gli occhi. Come poteva dimenticare la fine del sesto anno? La morte di
Silente, la missione di Draco e il suo intento di tenerla addormentata mentre
lui permetteva al nemico di entrare? Quella sera la scuola era stata attaccata
dai Mangiamorte e, mentre lei dormiva, Draco fuggiva via nella notte insieme a
Piton.
-Lui
ha sempre cercato di proteggerti, Areal. Ha chiesto a Canni di darti quel
sonnifero perché sapeva che era tua amica e che ti sarebbe rimasta vicina
quando avresti scoperto la verità.-
La
ragazza si coprì gli occhi con le mani. -Quando gli hai parlato Draco sapeva
già quello che sarebbe successo. Sapere che dopo la sua fuga non sarei stata da
sola, deve essere stato di sicuro di aiuto per lui.-
Erick
non parlò ed Areal prese un respiro profondo.
-Adesso,
dopo tutto quello che è successo, c’è una cosa che mi tormenta. Non ha nulla a
che fare con le nostre diversità e con i nostri ideali. Mi chiedo solamente
cosa ne sarà di noi due quando tutto questo finirà, sia se vincerà tu-sai-chi,
sia se perderà. Se finita la scuola non dovessimo vederci più? Adesso diciamo
che per noi non c’è futuro eppure stiamo insieme. Forse è la paura di perderci
che ci tiene uniti, forse fuori da qui, e senza questi problemi che ci spingono
a lottare fianco a fianco, io e lui non staremo più insieme. Credo che senza un
obbiettivo comune e senza problemi da affrontare, lui si stancherà di me e
magari io mi accorgerò dei suoi difetti e tra noi finirà per sempre.-
-Areal
è la paura che ti fa fare questi discorsi, sai benissimo che quello che dici
non ha senso. Non complicarti la vita!-
-No
Erick, in tutti questi anni non abbiamo fatto altro che litigare e poi
riappacificarci, allontanarci e poi riunirci. Sono sette anni che ci corriamo
dietro e che ci facciamo del male a vicenda. Quando tornavamo ad essere amici e
a frequentarci dicevo a me stessa: è destino, siamo destinati a stare insieme.
E se tutto quello che c’è stato fra di noi fosse solo destino? Forse quando un
girono apriremo gli occhi e ci stancheremo di affidare la nostra storia al
destino, capiremo che non vogliamo più stare insieme.-
-Non
dire sciocchezze, il destino non vi vuole insieme, vi vuole divisi. Chiunque vi
conosca pensa che siate pazzi a stare insieme, siete persone opposte nati su
pianeti differenti e, nonostante questo, state insieme. Ecco cosa vi unisce,
voi lottate sempre per stare insieme e questo vi terrà uniti anche fuori da
questa scuola. Se resistete a questa guerra e al destino, resisterete a tutto.-
Areal
sorrise e poggiò la testa sulla spalla di Erick, sperando che il suo amico
avesse ragione, anche se non poteva fare a meno di ricordare che erano due
settimane che lei e Draco non si rivolgevano la parola. Quello che le aveva
detto l’ultima volta faceva ancora dannatamente male.
-Sei
un amico Erick, grazie per avermi sopportato e per esserti sorbito i mie
problemi!-
Erick
rise. –Non c’è di che!-
In
quel momento la porta della sala comune si aprì ed entrarono il professor
Vitious e Alecto Amycus. Alla vista di quella donna ricurva e per niente bella,
si ammutolirono tutti.
-Ragazzi,
forza, tutti a letto. Se avete dei compiti da finire portateli con voi nelle
vostre camere.- disse il piccolo insegnante a capo della casa del Corvonero.
Tutti
si guardarono fra di loro e, ancora sconvolti dalla presenza della femmina dei
fratelli malefici, come erano stai soprannominati, si alzarono e lentamente
raggiunsero i propri dormitori.
Il
piccolo Nick guardò Areal come se in lei cercasse una spiegazione.
Quando
tutti uscirono, Erick ed Areal sentirono la discussione tra Alecto e il loro
insegnante:
-La
ringrazio, adesso può anche andare!-
Vitious
parve infuriato per quelle parole.
-L’avverto,
Alecto, se disturba i miei allievi e se si azzarda a torcere loro anche solo un
capello…-
-Non
prendo ordini da te io, nanetto. Ora fuori, eseguo gli ordini del mio signore e,
se non vuoi scatenare la sua ira, va fuori!-
Il
piccolo insegnante divenne rosso di rabbia, respirò a fondo per calmarsi e dopo
di che si rivolse ai suoi allievi.
-McDallas!
Foreberth! venite con me.-
I
due prefetti si alzarono e seguirono l’insegnante appena fuori la porta.
-Mi
raccomando ragazzi, conto su di voi. Pensate a voi stessi e ai vostri compagni
di casa, rimanete uniti e niente sciocchezze!-
Detto
ciò Vitious corse via.
-Il
professore della casa dei Corvonero che raccomanda prudenza anziché lo studio
serrato?- chiese Areal.
-Di
cosa ti stupisci ormai?-
Quando
tornarono dentro, Erick raggiunge il suo dormitorio, mentre Areal rimase a
riordinare le sue cose sparse sul tavolo.
-Io
ti conosco!- disse Alecto, con un certo entusiasmo mal celato nella voce.
Ormai
erano rimaste sole.
Areal
si voltò in silenzio, detestava essere riconosciuta da un Mangiamorte, sapendo
già per cosa si differiva dagli altri.
-Tu
sei la fidanzatina di Draco…- disse l’altra a conferma dei suoi dubbi,
maliziosamente e quasi canticchiando.
Areal
accennò un sorriso e continuò a raccogliere i libri, si voltò e li spedì con la
bacchetta nei propri scaffali.
Alecto
si avvicinò, quasi strisciando come un serpente. Era un personaggio strano
quella donna, stupida come poche, pettegola e vile.
-Io
e te dovremmo essere dalla stessa parte, no? stai con un Mangiamorte, io sono un
Mangiamorte… anche se sono più grande di te noi potremmo essere, come dire, amiche?-
Areal
fece un ampio sorriso e la sua bizzarra interlocutrice ricambiò, credendo che
la giovane Corvonero fosse lusingata all’idea di diventare sua amica.
Ovviamente, Areal nascondeva dietro quel sorriso tutto il suo disgusto, quella
perfida donna era un mostro ripugnante a cui nessuno avrebbe mai voluto
avvicinarsi. Non era paura, era puro e semplice disgusto, faceva rabbia.
L’unica
cosa positiva che aveva era la sua stupidità.
Era
come dialogare con una bambinella viziata, c’era da immaginarsela vestita di
rosa, con boccoli biondi e un leccalecca intrappolato fra le mani paffute.
Peccato che, nella realtà, fosse molto diversa. Aveva infatti lunghi e sudici
capelli neri, un naso aquilino e una vecchia casacca nera come abito. A conti
fatti, sembrava più un oca petulante.
Da
brava allieva della casa dei furbi e degli astuti, Areal piegò la testa di lato
mentre una strana idea le si insinuava nella mente. Quando si ha la fortuna di
conoscere la debolezza dell’avversario, perché non farvi leva?
-Resterà
qui tutta la notte?- chiese la giovane, con finta apprensione.
-Temo
che rimarrò qui per più di una notte.-
-Che
strano, com’è che non ha fatto materializzare qui il suo letto?-
-Sono
qui per lavoro, non posso dormire.-
-Sarà
noioso, temo…-
Alecto
parve deliziata da quelle attenzioni e, nascondendo un sorrisino di
soddisfazione, Areal iniziò ad immaginare quella donna aprirsi davanti a lei
come uno scrigno segreto pronto a rivelarle ogni suo oscuro mistero.
-Oh
sì, non sai quanto! Forse fra tutti questi libri polverosi troverò qualcosa di
divertente!-
Areal
nascose a stento una smorfia, doveva fingere di pensare come lei perciò rise a
quella battuta per nulla piacevole.
-Tu
non hai mai frequentato Babbanologia, giusto?- le chiese l’insegnante.
-Solo
nei primi due anni quando era obbligatorio, mi affascinava la loro magia,
quella che chiamano Tecnologia. Ma poi ho smesso, non mi importava poi tanto di
loro!-
Areal
si finse cordiale e screditò i Babbani per fare piacere a quella donna
spregevole che aveva trasformato Babbanologia in Anti-Babbani. Non poteva
lasciarsi sfuggire di mano la chiave che le permetteva di leggere Alecto con
tanta facilità, doveva scoprire cosa ci faceva lì e cosa voleva Voldemort.
-Hai
tutta la mia simpatia, cara ragazza- Cinguettò la donna.
Areal
sorrise, decidendo di calcare ancora un po’ la mano, ormai sapeva come prende
quella sciocca. –Mi dispiace che debba stare qui a perder tempo…-
-Anche
a me, mio fratello mi lascia tutte le missioni più noiose, ma le decisioni di
tu-sai-chi non si discutono. Draco non ti dice mai niente?-
La
ragazza sorrise, quella Alecto le stava servendo la vittoria su di un piatto
d’argento. Era estremamente facile accontentare il suo bisogno di attenzioni,
bastava sfruttare la sua stupidità per fingersi sua amica e poter ottenere
tutte le risposte che voleva.
Bastava
solo continuare su quella strada, perciò, fingendosi avvilita e sconsolata,
sospirò: -No, Draco con me non parla. È così noioso essere donne, ci scambiano
per incapaci!-
Alecto
parve illuminarsi ed Areal seppe di aver fatto centro.
-Hai
proprio ragione, sono stufa di essere trattata come un’idiota da mio fratello.
Pensa che quando mi ha mandata qui mi ha detto: mi raccomando, non fallire! Ma
per chi mi ha presa?-
Areal
dosò con cura le sue parole, abbassò gli occhi, fingendosi disinteressata. -Deve
essere una missione molto seria…-
-Oh
sì, ma è facilissima. Pensa, il Signore Oscuro è convinto che proprio qui, magari
di notte, si farà vivo niente meno che Harry Potter!-
Areal
si sentì mancare, per un attimo pensò di non essere più in grado di tenere in
piedi quella farsa. Batté più volte le palpebre mentre cercava di recuperare
un’espressione dignitosa. –Cosa?-
-Esatto,
ed io dovrò catturarlo. Ci pensi? Se lo prendo il Signore Oscuro avrà vinto e
noi Mangiamorte domineremo il mondo con lui. Non è grandioso?-
Continua….