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Autore: Kaimy_11    27/04/2013    3 recensioni
[Era la ragazza più antipatica, viziata, odiosa e saputella che avessi mai conosciuto. Mi batteva nei duelli, era più furba di me. Era migliore di me. Tuttavia, quando capiva di non aver speranza, di aver perso, usava l'arma più crudele, eppure più potente, che conosceva: Le sue lacrime. Anche adesso, io sono qui a dirle che me ne devo andare, che sono un assassino e che non posso stare con lei, ma lei piange. Ed io come faccio a dirle che la amo? Come faccio a dirle che non vorrei lasciarla ma che devo, per il suo bene... Mi basta un suo sorriso per capire che non sono altro che un satellite attratto dalla forza di gravita che esercita su di me il pianete che lei è...] Storia già pubblicata ma cancellata durante un momento di follia. Ovviamente revisionata, spero che vi piaccia rivivere i setti anni ad Hogwarts visti da una ragazza che seguirà la vita di…Draco! Se amate questo personaggio e volete vedere come sono stati i suoi anni a scuola e come ha vissuto la battaglia contro Voldemort…leggete!. (la storia segue i Film e i libri)
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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47. Castelli di sabbia

 

 

 

 

Non c’era stato molto da fare o molto da dire, l’ira del Signore Oscuro si era abbattuta sui Malfoy come un fulmine che squarcia un cielo già pieno di nubi grigie. A Lucius non era stato perdonato quell’errore, ne aveva già fatti tanti, aveva già fallito una volta ed era finito in prigione dove, se non fosse stato per il suo signore, si troverebbe ancora a marcire. Era questo che Voldemort gli urlava mentre lo torturava, fare fuggire Potter dopo averlo avuto in casa, a pochi passi di distanza, era troppo. Anche Bellatrix era stata punita selvaggiamente, senza alcuna pietà, solo un po’ meno di Lucius per la sua fedeltà e perché era una donna. Forse c’era una colpa ancora più grave di quella di aver lasciato fuggire Potter, forse era stato rubato qualcosa dalla camera blindata di Bella alla Gringot, qualcosa di tanto prezioso da spingere l’Oscuro ad accanirsi anche contro la sua serva più fidata.

E a Draco non era restato altro che chiudersi in camera sua e tapparsi le orecchie più forte che poteva per non dover sentire le urla disperate di suo padre, né il pianto della madre. E l’ironia della sorte stava nel fatto che non potesse neppure assordarsi con la magia perché la sua adorata bacchetta gli era stata rubata, sottratta e portata via.

Dalla persona che, chissà per quale ragione, aveva salvato.

Forse lo aveva fatto per codardia, perché se non era diventato un assassino quando gli era stato ordinato di uccidere Silente, non voleva certo sporcarsi le mani causando la morte del bambino che è sopravvissuto, riconoscendolo e consegnandolo dritto nella mani di Voldemort.

Oh si, lui aveva riconosciuto subito quel volto storpiato da una fattura pungente. Avrebbe riconosciuto quello sguardo spento e al tempo stesso sfacciato ovunque fosse andato. Sapeva perfettamente che quei capelli neri e quei lineamenti contorti appartenevano alla persona che più odiava al mondo.

Harry Potter.

Aveva tentato di convincere sé stesso che quello storpio non fosse Potter, aveva distolto lo sguardo, detto a suo padre che non riusciva a riconoscerlo a causa della fattura pungente.

Aveva mentito.

Mentito a suo padre, rischiato la vita per cosa? Per salvare il suo peggior nemico?

Aveva riconosciuto perfettamente la nata Babbana, quella Granger brava in ogni cosa che faceva e che lui tanto disprezzava. Le aveva augurato la morte tante di quelle volte che non ricordava neppure più uno dei motivi per cui l’aveva offesa. Ma era davvero pronto a vederla morire, in casa sua?

Basta morti. Basta.

E poi c’era quel rosso sfigato, quel Ron, figlio di traditori del proprio sangue, che meritavano solo le pene peggiori. Quello stupido amico di Potter, per quanto riguardava Draco, poteva anche finire nelle mani dell’Oscuro, ma non poteva. Avrebbe rivelato l’identità di Potter e della Granger, sua zia avrebbe chiamato il loro signore e l’unica speranza del mondo magico e dei Babbani sarebbe morta per sempre.  

Qualcuno di cui si rifiutava di ricordare il volto gli aveva sussurrato dolcemente, più di una volta, che il marchio che aveva sul braccio non faceva di lui un assassino.

E mentre suo padre cercava in tutti i modi di fargli capire che se fossero stati loro a consegnare Potter a Voldemort tutto sarebbe tornato come prima e la sua famiglia avrebbe finalmente riacquistato valore agli occhi dell’Oscuro, Draco scuoteva il capo e farfugliava mezze frasi fingendo di non aver riconosciuto chi gli stava davanti.

Qualcosa dentro di lui continuava ad urlare, a ricordargli ad ogni secondo che se non aveva ucciso Silente sulla torre di astronomia non doveva neppure causare la morte di Potter in casa sua.

Basta morti. Basta.

Continuava la voce e, senza che neppure lui ne fosse consapevole, la sua coscienza, quella che credeva di non aver mai avuto, stava lottando. Era così stanco di morti e di sofferenza che, pur odiando Harry Potter con tutto se stesso, non poteva far sparire l’unica speranza per il mondo di uccidere Voldemort.

Non aveva mai creduto che quello sfregiato potesse diventare un eroe, ma se tutti gli altri la pensavano così a lui andava bene.

Qualsiasi cosa, anche mentire a suo padre, purché quell’orribile gioco finisse.

Basta Mangiamorte, basta sofferenza. Rivoleva la sua vecchia scuola e che la sua famiglia ritornasse ricca e temuta come un tempo.

Basta Voldemort.

Ma in quel momento, con suo padre che veniva torturato e con la sua bacchetta lontana da lui, Draco stava maledicendo tutti quei nobili pensieri che, almeno per una volta, lo avevano dominato.

Era sempre stato un cattivo ragazzo, aveva sempre fatto cose sbagliate. Perché non era stato in quel modo anche quella volta? Cosa aveva guadagnato difendendo quel dannato sfregiato e i suoi due amichetti? La sofferenza di suo padre e la perdita della bacchetta.

Ma la cosa peggiore era stato vedere il padre farsi avanti davanti all’Oscuro e assumersi tutte le colpe di quello che era accaduto. Vederlo omettere il fatto che suo figlio, da bravo codardo, aveva finto di non riconoscere Potter facendolo così fuggire.

Draco avrebbe voluto urlare, strapparsi ogni capello e uccidersi con le sue stesse mani.

Tuttavia ormai il danno era fatto ma, in cuor suo, giurò che anche a costo dalla vita avrebbe catturato quel dannato Harry Potter e lo avrebbe consegnato a Voldemort.

Ad ogni costo, Draco Malfoy voleva vendetta, perché era certo che la causa di tutte le sue sofferenza fosse proprio il ragazzo con la cicatrice.

 

Quando tornò ad Hogwarts Draco si premurò subito di riprendere le sue cose e di riportarle nella sua camera, dove era giusto che fossero. Mentre riordinava i propri vestiti, facendo pratica con la bacchetta che sua madre gli aveva donato, sentì la porta della sua camera aprirsi e qualcuno entrare nella stanza.

Finse di non farci caso, troppo impegnato a pensare a sua madre. Aveva tento di rifiutare, i suoi genitori non potevano rimanere entrambi senza la bacchetta con Voldemort e gli altri Mangiamorte che gli giravano per casa, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Gli aveva messo in mano la bacchetta dicendo che non poteva tornare ad Hogwarts senza.

Ed Hogwarts era l’unico posto in cui Narcissa credeva che il figlio fosse al sicuro.

-Perché?-

Quando Draco si voltò vide Areal ferma al centro della stanza con lo sguardo furioso e le braccia incrociate al petto.

Non le rispose, continuò a disfare la valigia.

La ragazza gli si avvicinò senza alcun timore, gli bloccò il polso che agitava la bacchetta e con la punta delle dita gli sfiorò la cicatrice che ricopriva la parte sinistra del suo volto pallido, dalla fronte allo zigomo.

Draco sapeva come si era procurato quel graffio, non poteva certo dimenticarsi del prezioso lampadario di casa sua che crollava al suolo lanciando pezzi di cristallo affilato ovunque. Uno di quelli gli aveva sfregiato il viso e lui aveva impedito che sua madre lo guarisse.

Voleva ricordare, sperando che prima che quel taglio si rimarginasse avrebbe potuto ottenere la sua vendetta.

-Io so quello che stai pensando, so tutto e…-

Draco non seppe mai se la rabbia ceca che lo avvolse fino a soffocarlo fu causata dalla compassione inappropriata di Areal o se dal fatto che quelle parole gli avessero fatto capire che la ragazza, grazie alle sue visioni, aveva scoperto ciò che era accaduto durante quelle vacanze di Pasqua a villa Malfoy.

-Tu sai cosa penso?- Urlò.

La ragazza indietreggiò spaventata.

-Sai che non aspetto altro che avere Potter fra le mani per consegnarlo io stesso al signore Oscuro? Sai che mi ucciderei per averlo fatto fuggire, e che mi pento ogni secondo che passa della mia debolezza?- Il ragazzo alzò ancora di più la voce. –Sai che ti odio per avermi rammollito al punto tale da aver permesso che mio padre venisse torturato a causa della mia stupidità? Sai che penso che sperare nella fine di questa guerra, credendo che tu-sai-chi debba perdere, non sia servito a niente?-

Areal rimase di ghiaccio, senza respirare per trattenere le lacrime. La sua espressione era un misto di sgomento, rabbia e dolore.

-Sai che da oggi in poi servirò il Signore Oscuro con tutto me stesso, perché non credo più nei miracoli, perché voglio Potter morto e perché sono stanco di essere debole?-

Al silenzio di Areal, Draco si voltò dandole le spalle, i suoi occhi grigi fiammeggiavano di rabbia e i muscoli del suo corpo erano tesi.

-Tu non hai mai saputo cosa c’era nella mia testa Areal, questa è la prima volta che lo scopri e non credo tu sia pronta a condividere ancora il tuo letto con me dopo quello che hai sentito, giusto?-

Il biondo tornò a guardarla, con un mezzo sorriso beffardo fra le labbra e lo sguardo crudele e arrabbiato.

La ragazza non parlò.

-Lo sapevo, adesso sai perché ho riportato qui le mie cose.-

Areal si morse il labro e tentò di non piangere, anche se Draco le dava le spalle.

-Lasciami solo.- Le ordinò, stringendo con rabbia la trapunta del letto a cui si era appoggiato.

La ragazza sussultò per un istante, ma poi fuggi via piena di rabbia e di dolore da quella stanza.

 

-E poi basta solo agitare la bacchetta in modo da formare un cerchio. La formula la sai già.- Disse Areal.

Il piccolo Nick, appreso l’incantesimo scudo, sorrise alla ragazza e corse a finire i suoi compiti, seduto sul divano blu della loro sala comune.

Ad Areal non restò che risistemarsi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e continuare i suoi compiti.

-Mi dici che cos’hai?-

Areal guardò Erick seduto al suo fianco, che la osservava attentamente.

-Cosa?-

Erick sospirò e chiuse il libro che stava leggendo, entrambi sedevano al grande tavolo centrale che tutti quelli della loro casa usavano per studiare.

-Di solito almeno con Nick sei sempre sorridente, adesso neppure lui riesce a farti sorridere?-

-Erick non so di so cosa parli, davvero.- rispose serenamente.

-Parlo del fatto che sono giorni ormai che parli a stento e che non sorridi. Cosa ti turba?-

Areal accennò un sorriso e fece spallucce. –Niente!-

-Senti, so che non sono Canni, ma io sono tuo amico e con me puoi parlare.-

La ragazza lo guardò e sorrise ancora, stavolta con più spontaneità. –Grazie Erick, ma la causa del mio malessere… bè, tutti credono che sono pazza. Soprattutto Canni, lei dice che dovrei lasciar perdere…-

-Ho capito: hai litigato con Draco. Ora che ci penso non lo vedo con te da almeno una settimana.-

Areal non rispose.

-Ho fatto centro, vero? Mi dispiace se avete litigato, con tutto quello che sta accadendo c’è tensione ovunque. A dire il vero pensavo che voi foste una coppia perfetta!-

Areal lo guardò ad occhi spalancati. –Stai scherzando? Sei l’unico che lo pensa. Come mai?-

Erick parve riflettere. –Perché io con lui ci ho parlato ben due volte. Gli altri parlano tanto ma non vi conoscono bene, quindi, come possono giudicare?-

-Hai parlato con lui?-

-Sì. La prima volta è stato sugli spalti del campo di Quidditch mentre ero in panchina a guardare gli allenamenti, era il terzo anno e non ero ancora riuscito ad entrare in squadra. Ad essere sinceri, ero lì anche per guardare Canni. Poco prima che la nostra squadra finisse, vidi arrivare Draco Malfoy, e sapevo che era venuto per seguire gli allenamenti della sua squadra che aveva prenotato il campo per l’ora successiva. Sapevo anche che, dopo l’incidente che aveva avuto l’anno prima durante la sua prima partita, aveva lasciato la squadra e capì che era proprio come me: fermo su quegli spalti a guardare la squadra della propria casa senza poter giocare.- Fece una pausa. –Mentre andavo via lo salutai con una mezza battuta, ma lui fraintese, credette che volessi prenderlo in giro e a poco non mi attaccò. Credo che Draco stia sempre sulla difensiva e, se qualcuno tenta di invadere i suoi spazi, lui parte subito all’attacco. Quando gli spiegai che anch’io volevo giocare a Quidditch, ma che non avevo superato le audizioni, cambiò atteggiamento. Scambiammo due chiacchere e, a dire il vero, mi parve un ragazzo apposto. Persino simpatico!-

-Questa è bella! Ma non me lo hai mai detto...-

-Non c’è stata l’occasione!-

Al silenzio di Areal, Erick proseguì.

-Io so che Draco non è un bravo ragazzo, ma come altro potrebbe comportarsi? L’ambiente in cui è cresciuto ha forgiato il suo carattere, credo che gli sia stato imposto un atteggiamento simile. Le idee che per secoli hanno caratterizzato la sua famiglia, e prima ancora le famiglie dei suoi genitori, sono finite col condizionare anche lui. È cresciuto con delle idee e degli schemi sociali ben chiari,  con l’ossessione per la purezza della razza. Fanno ancora i matrimoni combinati quelli come lui, lo sapevi? Ti rendi conto? dopo questo non credo ci sia altro da aggiungere!-

-Sì, Draco mi ha detto che sposerà di sicuro una Purosangue. Per lui sarei perfetta sotto questo punto di vista, sono una Purosangue e sono una Foreberth. Tutti i parenti di mio padre erano Serpeverde. Peccato che io abbia ideali totalmente diversi dai suoi…-

-Vero, e questo non cambierà mai. Canni pensa che stando con Draco potresti iniziarla a pensare come lui, ma questo non è possibile. Se tu sei riuscita a non farti spaventare dalle apparenze e sei arrivata a lui scoprendo che lo ami, io non ho niente in contrario. Mi dispiace solo che le vostre diversità vi creino dei problemi, problemi molto grossi dato i tempi che corrono.-

-Non immagini quanto!-

-Lui non è così cattivo come sembra, vero? Sarà uno scudo!-

-No! Lui è cattivo, prepotente, crede che chi ha i soldi e il sangue puro debba dominare il mondo e vuole sempre ottenere ciò che vuole. Ma con me non è così. È protettivo nei miei confronti, è gentile, a volte mi fa arrabbiare ma poi sa come farsi perdonare. Ed io so di non poter stare senza di lui.-

-Sai quel è la seconda volta che gli ho parlato?-

-Quale?-

-Un giorno, durante Trasfigurazione, mi sono accorto che Malfoy  fissava me e Canni con insistenza. Quando la lezione finì lo vidi da solo e lo fermai per chiedergli spiegazioni. Mi disse qualcosa tipo “va al diavolo e lasciami in pace”. Ammise anche che ci guardava solo perché si era accorto che stavamo molto con te e così gli chiesi chiarimenti. Mi mandò ancora una volta al diavolo e poi disse che se eravamo davvero tuoi amici avremmo dovuto assicurarci che non ti accedesse mai nulla. Dopo ho iniziato a pensare davvero che fosse fuori di testa!-

-Non capisco…-

-L’indomani diede a Canni quel sonnifero da farti bere, e sai perfettamente perché lo ha fatto e cosa accadde dopo.-

Areal spalancò gli occhi. Come poteva dimenticare la fine del sesto anno? La morte di Silente, la missione di Draco e il suo intento di tenerla addormentata mentre lui permetteva al nemico di entrare? Quella sera la scuola era stata attaccata dai Mangiamorte e, mentre lei dormiva, Draco fuggiva via nella notte insieme a Piton.

-Lui ha sempre cercato di proteggerti, Areal. Ha chiesto a Canni di darti quel sonnifero perché sapeva che era tua amica e che ti sarebbe rimasta vicina quando avresti scoperto la verità.-

La ragazza si coprì gli occhi con le mani. -Quando gli hai parlato Draco sapeva già quello che sarebbe successo. Sapere che dopo la sua fuga non sarei stata da sola, deve essere stato di sicuro di aiuto per lui.-

Erick non parlò ed Areal prese un respiro profondo.

-Adesso, dopo tutto quello che è successo, c’è una cosa che mi tormenta. Non ha nulla a che fare con le nostre diversità e con i nostri ideali. Mi chiedo solamente cosa ne sarà di noi due quando tutto questo finirà, sia se vincerà tu-sai-chi, sia se perderà. Se finita la scuola non dovessimo vederci più? Adesso diciamo che per noi non c’è futuro eppure stiamo insieme. Forse è la paura di perderci che ci tiene uniti, forse fuori da qui, e senza questi problemi che ci spingono a lottare fianco a fianco, io e lui non staremo più insieme. Credo che senza un obbiettivo comune e senza problemi da affrontare, lui si stancherà di me e magari io mi accorgerò dei suoi difetti e tra noi finirà per sempre.-

-Areal è la paura che ti fa fare questi discorsi, sai benissimo che quello che dici non ha senso. Non complicarti la vita!-

-No Erick, in tutti questi anni non abbiamo fatto altro che litigare e poi riappacificarci, allontanarci e poi riunirci. Sono sette anni che ci corriamo dietro e che ci facciamo del male a vicenda. Quando tornavamo ad essere amici e a frequentarci dicevo a me stessa: è destino, siamo destinati a stare insieme. E se tutto quello che c’è stato fra di noi fosse solo destino? Forse quando un girono apriremo gli occhi e ci stancheremo di affidare la nostra storia al destino, capiremo che non vogliamo più stare insieme.-

-Non dire sciocchezze, il destino non vi vuole insieme, vi vuole divisi. Chiunque vi conosca pensa che siate pazzi a stare insieme, siete persone opposte nati su pianeti differenti e, nonostante questo, state insieme. Ecco cosa vi unisce, voi lottate sempre per stare insieme e questo vi terrà uniti anche fuori da questa scuola. Se resistete a questa guerra e al destino, resisterete a tutto.-

Areal sorrise e poggiò la testa sulla spalla di Erick, sperando che il suo amico avesse ragione, anche se non poteva fare a meno di ricordare che erano due settimane che lei e Draco non si rivolgevano la parola. Quello che le aveva detto l’ultima volta faceva ancora dannatamente male.

-Sei un amico Erick, grazie per avermi sopportato e per esserti sorbito i mie problemi!-

Erick rise. –Non c’è di che!-

In quel momento la porta della sala comune si aprì ed entrarono il professor Vitious e Alecto Amycus. Alla vista di quella donna ricurva e per niente bella, si ammutolirono tutti.

-Ragazzi, forza, tutti a letto. Se avete dei compiti da finire portateli con voi nelle vostre camere.- disse il piccolo insegnante a capo della casa del Corvonero.

Tutti si guardarono fra di loro e, ancora sconvolti dalla presenza della femmina dei fratelli malefici, come erano stai soprannominati, si alzarono e lentamente raggiunsero i propri dormitori.

Il piccolo Nick guardò Areal come se in lei cercasse una spiegazione.

Quando tutti uscirono, Erick ed Areal sentirono la discussione tra Alecto e il loro insegnante:

-La ringrazio, adesso può anche andare!-

Vitious parve infuriato per quelle parole.

-L’avverto, Alecto, se disturba i miei allievi e se si azzarda a torcere loro anche solo un capello…-

-Non prendo ordini da te io, nanetto. Ora fuori, eseguo gli ordini del mio signore e, se non vuoi scatenare la sua ira, va fuori!-

Il piccolo insegnante divenne rosso di rabbia, respirò a fondo per calmarsi e dopo di che si rivolse ai suoi allievi.

-McDallas! Foreberth! venite con me.-

I due prefetti si alzarono e seguirono l’insegnante appena fuori la porta.

-Mi raccomando ragazzi, conto su di voi. Pensate a voi stessi e ai vostri compagni di casa, rimanete uniti e niente sciocchezze!-

Detto ciò Vitious corse via.

-Il professore della casa dei Corvonero che raccomanda prudenza anziché lo studio serrato?- chiese Areal.

-Di cosa ti stupisci ormai?-

Quando tornarono dentro, Erick raggiunge il suo dormitorio, mentre Areal rimase a riordinare le sue cose sparse sul tavolo.

-Io ti conosco!- disse Alecto, con un certo entusiasmo mal celato nella voce.

Ormai erano rimaste sole.

Areal si voltò in silenzio, detestava essere riconosciuta da un Mangiamorte, sapendo già per cosa si differiva dagli altri.

-Tu sei la fidanzatina di Draco…- disse l’altra a conferma dei suoi dubbi, maliziosamente e  quasi canticchiando.

Areal accennò un sorriso e continuò a raccogliere i libri, si voltò e li spedì con la bacchetta nei propri scaffali.

Alecto si avvicinò, quasi strisciando come un serpente. Era un personaggio strano quella donna, stupida come poche, pettegola e vile.

-Io e te dovremmo essere dalla stessa parte, no? stai con un Mangiamorte, io sono un Mangiamorte… anche se sono più grande di te noi potremmo essere, come dire, amiche?-

Areal fece un ampio sorriso e la sua bizzarra interlocutrice ricambiò, credendo che la giovane Corvonero fosse lusingata all’idea di diventare sua amica. Ovviamente, Areal nascondeva dietro quel sorriso tutto il suo disgusto, quella perfida donna era un mostro ripugnante a cui nessuno avrebbe mai voluto avvicinarsi. Non era paura, era puro e semplice disgusto, faceva rabbia.

L’unica cosa positiva che aveva era la sua stupidità.

Era come dialogare con una bambinella viziata, c’era da immaginarsela vestita di rosa, con boccoli biondi e un leccalecca intrappolato fra le mani paffute. Peccato che, nella realtà, fosse molto diversa. Aveva infatti lunghi e sudici capelli neri, un naso aquilino e una vecchia casacca nera come abito. A conti fatti, sembrava più un oca petulante.

Da brava allieva della casa dei furbi e degli astuti, Areal piegò la testa di lato mentre una strana idea le si insinuava nella mente. Quando si ha la fortuna di conoscere la debolezza dell’avversario, perché non farvi leva?

-Resterà qui tutta la notte?- chiese la giovane, con finta apprensione.

-Temo che rimarrò qui per più di una notte.-

-Che strano, com’è che non ha fatto materializzare qui il suo letto?-

-Sono qui per lavoro, non posso dormire.-

-Sarà noioso, temo…-

Alecto parve deliziata da quelle attenzioni e, nascondendo un sorrisino di soddisfazione, Areal iniziò ad immaginare quella donna aprirsi davanti a lei come uno scrigno segreto pronto a rivelarle ogni suo oscuro mistero.

-Oh sì, non sai quanto! Forse fra tutti questi libri polverosi troverò qualcosa di divertente!-

Areal nascose a stento una smorfia, doveva fingere di pensare come lei perciò rise a quella battuta per nulla piacevole.  

-Tu non hai mai frequentato Babbanologia, giusto?- le chiese l’insegnante.

-Solo nei primi due anni quando era obbligatorio, mi affascinava la loro magia, quella che chiamano Tecnologia. Ma poi ho smesso, non mi importava poi tanto di loro!-

Areal si finse cordiale e screditò i Babbani per fare piacere a quella donna spregevole che aveva trasformato Babbanologia in Anti-Babbani. Non poteva lasciarsi sfuggire di mano la chiave che le permetteva di leggere Alecto con tanta facilità, doveva scoprire cosa ci faceva lì e cosa voleva Voldemort.

-Hai tutta la mia simpatia, cara ragazza- Cinguettò la donna.

Areal sorrise, decidendo di calcare ancora un po’ la mano, ormai sapeva come prende quella sciocca. –Mi dispiace che debba stare qui a perder tempo…-

-Anche a me, mio fratello mi lascia tutte le missioni più noiose, ma le decisioni di tu-sai-chi non si discutono. Draco non ti dice mai niente?-

La ragazza sorrise, quella Alecto le stava servendo la vittoria su di un piatto d’argento. Era estremamente facile accontentare il suo bisogno di attenzioni, bastava sfruttare la sua stupidità per fingersi sua amica e poter ottenere tutte le risposte che voleva.

Bastava solo continuare su quella strada, perciò, fingendosi avvilita e sconsolata, sospirò: -No, Draco con me non parla. È così noioso essere donne, ci scambiano per incapaci!-

Alecto parve illuminarsi ed Areal seppe di aver fatto centro.

-Hai proprio ragione, sono stufa di essere trattata come un’idiota da mio fratello. Pensa che quando mi ha mandata qui mi ha detto: mi raccomando, non fallire! Ma per chi mi ha presa?-

Areal dosò con cura le sue parole, abbassò gli occhi, fingendosi disinteressata. -Deve essere una missione molto seria…-

-Oh sì, ma è facilissima. Pensa, il Signore Oscuro è convinto che proprio qui, magari di notte, si farà vivo niente meno che Harry Potter!-

Areal si sentì mancare, per un attimo pensò di non essere più in grado di tenere in piedi quella farsa. Batté più volte le palpebre mentre cercava di recuperare un’espressione dignitosa. –Cosa?-

-Esatto, ed io dovrò catturarlo. Ci pensi? Se lo prendo il Signore Oscuro avrà vinto e noi Mangiamorte domineremo il mondo con lui. Non è grandioso?-

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua….

 

 

 

                                                                                                                      

 

   
 
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