“Esiste un canto che collega i mondi. Esiste una voce che
riempie la vita. Per me è la tua voce Jane quella che
riempie il cielo di calore, l'acqua di forza, la mia mente di emozioni
e ogni mia azione di vita”.
“Ha smesso di cantare...” disse Steve sturandosi le
orecchie che finalmente parevano riposare.
“Oh ma che uomo sofisticato! Ora vuoi pulirti
il...” ma il caro Tony non finì mai di schernire
il gigante biondo perché delicatamente una manciata di
piastrelle nere del pavimento si sollevarono, volteggiarono attorno a
loro e nel vuoto che avevano lasciato salì una piattaforma
che sembrava di marmo bianchissimo.
Sopra di essa, strenuamente in piedi c'era il ragazzo rosso. Sembrava
un po' provato. Non disse nulla, attraversò la sala e
imboccò il corridoio che portava all'unica entrata, seguito
dal fedele Fang.
Il suoi occhi erano di pietra, non sembra volessero notare nessuno,
esprimere alcuna emozione.
“Tre ore per entrare, sei ore per uscire... Direi che
è troppo stanco per dirci qualcosa. Cinque metri di
corridoio ucciderebbero anche Steve!”
Tony era rigorosamente a lamentarsi e Steve come al solito era caduto
nella stupida trappola dell'amico.
Natasha li fissò pochi secondi, con uno sguardo pieno di
pietà:”Si diverte a stuzzicarlo” disse
con un tono frivolo, Clint non rispose. Fissava ancora la luce che si
era delineata in fondo al corridoio.
“Thor sembra credere in lui...” disse infine. Si
vedeva come la sua mente stesse soppesando ogni ipotesi, vagliasse ogni
idea; perché erano li e cosa stava facendo quella figura
sconosciuta atona, piatta, fragile.
Si girò verso gli altri e con uno sguardo incerto chiese
ciò che tutti si chiedevano da delle ore:”Cosa ci
facciamo qui? E quello chi è?”.
Bruce che era appoggiato ad una parete curva si avvicinò
agli altri. La bocca sembrava quasi torta, prese di forza Thor per una
spalla, lo strattonò in mezzo al cerchio dei vendicatori.
Tutti gli occhi erano su di lui, perché sapevano che lui
sapeva.
“Ora vuota il sacco dio” la voce non più
scherzosa di Tony era accompagnata dalla contrazione muscolare di Steve.
Tutti si aspettavano qualcosa da lui, e beh, lui ne sapeva quanto loro;
con l'unica differenza che aveva conosciuto un lato più
dolce e umano di quel ragazzo.
“Il rosso e l'armadio rugbista che si porta dietro... chi
sono?” chiese ancora Tony, questa volta alterato tanto da far
apparire una leggera vena sulla fronte.
“Mi dispiace ammetterlo ma Tony ha ragione”
soffiò Steve con lo sguardo basso.
“Steve, forza e coraggio; hai tutto il diritto di fare questa
domanda...” la docile Natasha gli aveva posto una mano sulla
spalla.
Thor aprì bocca:”E' apparso... e beh...”
ma non riuscì a dire altro. Cosa sapeva lui? Nulla. Cosa gli
aveva rivelato suo padre? Nulla. Come sempre sembrava tutto un gioco
del destino, una matassa di fili informi che qualcuno tirava, e qualcun
altro tagliava.
“Thor?” la voce di Natasha ora era delicata come la
rugiada sulle foglie, la sua forma perfetta si era mossa e si era
chinata davanti a lui. Un dito affusolato gentilmente aveva alzato uno
sguardo perso, e ora si osservavano.
“Un altro intrigo della tua famiglia?” chiese
schietta.
“Thor, non sei stanco di vivere in questo mondo di
fili?” e glielo chiese con sentimento vero. Nella sua testa
questa domanda tamburellava da tempo.
“La forza e il tuo martello non possono strapparli, solo il
tuo volere può. Penso sia ora che tu viva più
libero” nel dirlo gli tese una mano e attese.
Fu un attimo, una folgore scoccò negli occhi del dio che
strinse forte l'appiglio della fanciulla e si eresse in tutta la sua
maestosità.
“E' tempo di parlare con Odino”.
Sbucarono nel blu di un giorno fresco e luminoso, l'oscurità
di quel loculo era scomparsa per dare spazio alla luce riflessa delle
strutture dorate del palazzo reale di Asgard che si stagliavano sul
parco. Gli occhi di tutti impiegarono qualche secondo per abituarsi a
quello sprazzo di felice vita estiva, quando furono pronti seguirono le
grandi falcate di un dio mosso dal caos e dalla disperazione. Si
fermò improvvisamente davanti ad un salice piangente che
sembrava voler affogare le proprie fronde in un pacifico laghetto.
Smise si respirare e richiamando a se tutta la sua forza di
volontà continuò a camminare.
Nulla sembrava arrestare la sua ascesa, ne alti portoni di pesante
metallo dorato finemente decorati, ne lunghe scalinate impreziosite da
freschi ruscelli che zampillavano ai loro lati.
Nessuno voleva parlare, erano tesi e proiettati verso un unico
obbiettivo. Sapere cosa stesse succedendo. Che fosse un dio, una donna
o qualunque altra cosa a scortarli a quella meta non importava. Loro
volevano sapere e il loro sguardo concentrato e serio esprimeva questa
tensione.
Thor si fermò davanti ad un portone immenso, gli altri a
confronto erano piccole e rudimentali porte. Trasse un profondo respiro
e parlò ai compagni.
“Dietro questa porta siede il re degli dei, mio padre
Odino... Lasciatemi parlare, non offendetelo in alcun modo”.
Tony stava già sorridendo pronto a snocciolare una
sciocca e frivola battuta, ma Bruce gli diede una sonora gomitata che
spense il sorriso sghembo dell'uomo intelligente.
Fu così che Thor posò le grandi mani sulle due
porte e inarcando la schiena spinse con tutta la forza che aveva in
corpo, lottando, ansimando per lo sforzo immane. Le porte sembravano
non volersi spostare, sembrano sigillate.
Il potere del dio non era abbastanza? O non era stato invitato ad
entrare?
A lui non importava, quando la muscolatura iniziò a cede
percepì un fuoco divampare: lo sconforto, il caos della sua
anima, il tedio di essere sempre stato relegato negli abili giochi di
intelletto del fratello e del padre, che tanto adorava e serviva,
smossero una forza nuova, più impura e scura, irrazionale e
inquietante.
Le porte cigolarono e infine si smossero accompagnate dal ruggito
gutturale crescente dell'uomo che reggeva il martello del potere.
Dopo lo sforzo crollò sulle ginocchia, sfiancato ma gli
occhi azzurri fecero in tempo a registrare cosa stava accadendo nella
sala.
Nelle luci vive dell'oro, fra i giochi dei riflessi delle fontane che
sgorgavano da ogni punto delle pareti, vide suo padre seduto fissare il
centro della sala. La luce che penetrava il foro nel soffitto
illuminava una piccola porzione di pavimento d'ottone.
Gli scambiarono degli sguardi impietriti: Odino non si scompose nel
vedere il figlio, e Thor non carpì il pensiero del padre
fino a che non lo rese pubblico.
La voce del saggio re era come miele per le orecchie, anche Tony rimase
sbalordito dal carisma potente e vivo di quell'uomo finemente vestito
di oro e argento.
“Nessuno di voi è stato invitato ad
entrare” fu l'unica cosa che il re disse, prima di stendere
la mano in direzione delle porte.
Queste iniziarono gentilmente a chiudersi, allontanando la
verità dalle orecchie di umani e dei famelici di risposte.
Il figlio di Odino si levò fra i portoni e poggiando le mani
fra gli spessori fece pressione con tutta la forza che possedeva.
“Passate...” sussurrò nello sforzo e i
suoi compagni attraversarono quell'arco di immensa forza muscolare.
“Figlio, non disubbidire. Esci assieme ai tuoi compagni da
qui. Nessuno di voi ha il diritto di presenziare!” la voce
che prima era dolce e carismatica era divenuta potente, spessa e
ringhiosa.
Bruciava nelle orecchie e sembrava stagliarsi caoticamente quasi
partorita dalle rughe di ira e disonore che aveva preso posto sul volto
del re. Rombò ovunque, sui metalli curvi e lisci, nelle
acque, fino alle orecchie del giovane sotto la luce.
Il figlio reietto e ribelle, per la prima volta dopo secoli,
additò il padre, le braccia sfinite:”Ora ci dovete
delle spiegazioni!”.
Un affronto. Era un affronto per l'autorità di Odino. Di
nuovo impose le mani verso il figlio e una lunga catena di luce lo
avvolse come un filo da baco ingabbiandolo sotto lo sguardo attonito di
tutti. Si umettò le labbra e si rivolse a gli altri
eroi:”Ora andate, non è cosa che possiate
capire!”.
Fu un istante, rombò il rumore dei razzi della tuta di
Ironman, una freccia sibilò, Bruce si gettò verso
la sua vittima come una cascata nel vuoto gonfiando il corpo e
rendendolo di un appariscente verde smeraldo; sotto di lui con un
rapido scatto si era portato Steve, pronto con lo scudo indistruttibile
a parare il colpo che Odino stava già emanando.
Il caos era scoppiato: rimbombava il grido di ira del gigante, il
fischio della freccia, il rombo delle fiamme dalla lancia, il ritmico
danzare dei piedi.
Fu come un battito d'ali di farfalla, una contrazione di un ventricolo:
ti aspetti la sistole, ti aspetti un secondo colpo, che tutti questi
suoni a cascata si miscelino, auto-alimentandosi e rombando impregnino
l'intero spazio; e invece fu un silenzio scandito dalla pace della
sublimazione di un fischio, il galleggiamento di un balzo, lo spegnersi
delle fiamme e la stasi dei piedi. Tutto era fermo, silenzioso, quasi
di cristallo.
Quell'assenza di suono era quasi più fastidiosa del rumore
stesso, smosse le menti, bruciò le sinapsi. Due mani
affusolare volteggiarono nell'aria portandosi alle tempie coperte di
rossi capelli femminili. Esplose un grido acuto:”Che sta
succedendo” e tutti crollarono sotto il peso di quel silenzio
assoluto, il silenzio di una stasi dinamica, di un equilibrio in moto
instabile, che continuamente rincorre se stesso. Come era arrivata
quell'aura, quell'atmosfera cessò in un battito d'ali, in
una contrazione del ventricolo. Il silenzio ora era riempito dai gemiti
di dolore e dall'affannosa contrazione dei muscoli. Erano tutti stati
colpiti da schegge di follia? Perfino Odino giaceva a terra ansante.
Il bozzolo si sciolse e ne colò fuori un'ombra stanca, Thor
era distrutto. Nel silenzio il caos della sua mente era dilatato come
il quarzo quando spinto dal caldo partorisce da se stesso cristobalite.
“Padre...” soffiò. Con le ultime forze
provò a strisciare verso il trono, disperato.
“Cosa... accade?” soffiò con la poca
aria nei polmoni.
Odino ansimava e fissava terrorizzato l'essere in mezzo alla sala.
“Andatevene tutti” provò ad imbastire
una voce carismatica ma questa sembrava un fuoco di paglia.
Così per la prima volta il giovane rosso si mosse verso la
scorta che lo stava tradendo. Si chinò davanti al volto
esausto del biondo dio, dagli occhi scoloriti, il volto biancastro, e
la bava che colava dalla bocca mentre ansimava per la stanchezza. Prese
la fredda guancia che era sul pavimento e abbracciò quella
grande testa bionda, quasi sentendo il profumo dei suoi capelli.
Lo disse piano, in modo tale che lo sapesse solo lui, lo disse in modo
intimo e disperato:”Thor... andatevene. Voi non volete
sapere, perché tutto a questo mondo ha un prezzo. Esci da
queste stanze e cerca Fenrir digli di prepararsi. Riposa, e credici
perché lei ti sta cercando” e nel dire queste
parole, il dio sentì il cuore del giovane pulsargli sul
volto, agitato e frenetico. Era anche lui umano, quella sedimentata
durezza era scomparsa? Una calda lacrima toccò il volto di
Thor e si impigliò nella barba bionda.
“Thor vai...” disse ancora e lo aiutò ad
alzarsi.
Steve con una formidabile forza di volontà si
alzò e caricò sulle spalle un Bruce svenuto e il
debilitato dio. Natasha si strinse a Clint e Tony fissò
incredulo la scena.
“Ce ne andiamo così?!” gridò.
Fu Steve ad annuire volse le spalle al giovane e re degli dei diretto
verso il portone che poco prima avevano forzato. Questo con un cigolio
struggente si aprì non per volontà del re, ma si
aprì. Si incamminarono tutti verso l'uscita, a parte Tony
ancora scosso e irato: gli occhi erano paonazzi e gonfi, fissi,
spiritati su un punto nullo, vuoto della stanza. Clint gli
possò una mano sulla spalla per spronarlo, ma lui la
scansò e rimase li fermo a fissare il nulla.
Gli occhi di Thor vuoti incontrarono quelli spenti del giovane che gli
aveva appena parlato.
Cosa vuoi fare? Gli dissero quelle gemme azzurre. Scappa ora che sei in
tempo, tutto questo non ha senso, furono gli ultimi pensieri che si
lanciarono prima di scomparire dietro le porte che si chiusero
mestamente.
“Tony tu rimani quindi?” il rosso si rivolse al
compagno sconvolto.
Non disse nulla, non proferì parola e smise di respirare
nell'attesa. Il rosso non si mosse
Si morse le labbra dal dolore e contrasse il volto, lasciando sempre
nei suo occhi una limpida pietà e dolcezza;
umettò le labbra, spalancò le labbra fini e
intonò lo stesso canto di miele e solennità che
aveva cantato lo spirito. La voce cristallina si levò, alta
pura, viva, quasi potesse sostenere la vita. Il sole, l'acqua, il
metallo sembrano nutrirsi di quelle note, di quella stucchevole
magnificenza. Una voce perfetta e ultraterrena attraversò
tutto il palazzo, diffondendo nel parco e ingoiando nella sua atmosfera
tutta la città d'oro. Ogni persona si fermò per
respirare a pieno quel suono, quell'onda che sembrava un dono, sembrava
energia pura.
Era un suono che profumava di vita.
Natasha ne fu investita per prima, si fermò
inarcò la schiena e dovette portare la mano alla bocca per
soffocare il gemito del pianto: immagini schizzavano sulla sua retina,
come scintille colorate nel cervello, lo permeavano a pieno, saturando,
solubilizzandosi in un solvente chiamato memoria e facendo precipitare
altre vivide scene. Fu tutto troppo veloce, piangeva e non aveva
controllo. Non era crollata in un baratro; sentiva la vita dentro di se
smuoversi e provare ad espandersi fino oltre la sua bella e soffice
pelle. Steve si rabbuiò, e contraendo i muscoli mantenne il
sua carico sospeso. Clint abbracciava calorosamente l'amica, e anche in
lui balenavano luci, ricordi, scene. La prese in braccio e i due uomini
si incamminarono verso l'uscita del palazzo. Nel chiarore della luce
che penetrava dalla porta scomparvero lasciando sul pavimento un ultima
lacrima del dio del tuonò stremato e perso.
L'aria era densa nella sala del trono, tanto da bruciare quasi i
polmoni di Tony che avidi incameravano aria, suoni, energia. Ogni
elemento investito era nel pieno silenzio, propenso all'ascolto.
L'acqua non risuonava, gli uccelli erano quieti e il battito di ogni
cuore sembrava volesse felpare ogni suo passo.
La mente di Tony si contrasse nello spasmo di quell'energia e la sua
anima si perse nel vuoto.
Il suo cuore si perse nell'ultimo sogno.
“Nel sogno giace una verità nascosta a chi vive,
solo abbandonando ogni eccesso, ogni scoria di ciò che ci
nutre potremmo penetrarvi e conoscerla.
La verità giace nell'ultimo sogno e ha i colori del primo
canto: il Dono di Yggdrasill”
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