Perché c'era
qualcosa, tra quei due, qualcosa che in verità doveva
essere un segreto, o qualcosa di
simile. Così era difficile capire ciò che si
dicevano e come vivevano, e
com'erano. Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello a cercar di dare
un senso
a certi loro gesti. E ci si poteva chiedere perché per anni
e anni. L'unica
cosa che spesso risultava evidente, anzi quasi sempre, e forse per
sempre,
l'unica cosa era che in quel che facevano e in quello che dicevano e in
quello
che erano c'era qualcosa - per così dire - di bello.
Non ci si capiva quasi
niente, ma almeno quello lo si capiva.
Dal libro "Castelli di
Rabbia" di Alessandro Baricco.
Epilogo.
“I
segreti sono fatti per essere
svelati”.
Quelle
parole sembrarono congelare la stanza: un orologio che aveva
improvvisamente
smesso di ticchettare. La realtà stessa sembrava essersi
cristallizzata, quasi
la tacita consapevolezza che quello era il momento
decisivo.
Uno
di quei momenti nei quali le parole pronunciate o ascoltate cambiano
inevitabilmente chi le pronuncia e chi le ascolta; momenti di cui si
compone
l’esistenza umana.
Stavano
esattamente vivendone uno così ma, al contempo, era tutto
diverso perché, da
quell’istante in poi, avrebbero rinunciato a loro stessi e
avrebbero vissuto
insieme ciò che ne sarebbe scaturito.
La
realtà era mutata.
Non
più un segreto ma una verità trattenuta troppo a
lungo.
Non
più evitata, non più nascosta, non più
tormentata.
“E
poi? Cosa è successo dopo?”.
La
sua voce appariva ansiosa, febbrile mentre teneva le manine strette
attorno
alla sua bambola: la bambina aveva brillanti occhi azzurri, striati di
grigio,
ed erano fissi su di lui, i suoi capelli erano stati stretti in due
trecce che
le cadevano ai lati del viso. Aveva un visino dai lineamenti delicati,
la
carnagione chiara e le labbra di rosa, come le guance che erano spesso
pitturate di un delizioso color pesca, quando rideva di cuore o
un’emozione ne
rendeva gli occhi sognanti.
Quell'aneddoto
non faceva certamente eccezione: appariva emozionata, come ogni volta
che le
leggeva una delle sue favole preferite e desiderava superare il momento
dell’avversità
delle sue eroine. Fino a quando non giungeva il Principe, dalle vesti
eleganti
e col suo nobile destriero, e il vero amore giungeva al suo giusto
compimento.
Neppure
il sonno l’aveva intaccata nonostante l’ora della
buonanotte fosse passata,
neppure una puerile preoccupazione per quello che definivano tra loro
il “sonno
di bellezza”.
Aveva
ridacchiato, Kurt, non meno divertito nel dondolare le spalle,
compiaciuto per
l’attenzione che era riuscito ad accattivarsi e con
così tanta semplicità.
“Vuoi
davvero saperlo?” l’aveva provocata in tono appena
più malizioso che aveva
fatto sgranare gli occhi della bambina.
“Papà!”[1]
gemette, infatti, scostando le coperte e imbronciandosi: sporse il
labbro
inferiore, ad una maniera che riusciva a far desistere persino
Sebastian, per
quanto proclamasse che fosse soltanto la
“fregatura” dell’essere padre.
“D’accordo”
le aveva concesso, infine, Kurt con un sorriso addolcito.
“Continuiamo
pure ma poi dovrai dormire: domani sarà una giornata
importante” le ricordò e
la bambina annuì con un sorriso trepidante nel battere le
manine.
Strinse
più forte la bambola, si stese ma si pose nuovamente
all’ascolto.
Sembrava
tutto surreale in quel momento:
era lì, di fronte a lui, esposto e vulnerabile ma,
finalmente, consapevole di
se stesso e dei suoi sentimenti.
Le
parole della canzone sembravano
ancora impregnare quel silenzio ma mai si era sentito così
vicino alla
realizzazione di un desiderio, mai così lontano da
ciò che aveva immaginato per
se stesso. Mai così protagonista della sua stessa vita.
Lo
aveva scrutato a lungo, Sebastian,
non uno sguardo ironico, neppure un alone malizioso: era come se, per la prima volta, si contemplassero realmente e senza timore di
farlo e renderlo
esplicito all’altro. Come se già si conoscessero
ma si dovessero nuovamente
scoprire, dopo essersi visti in nuove vesti. Nuove e diverse ma
più reali di
quanto volessero ammettere.
“E’
questo che vuoi?” aveva, infine,
chiesto
e il cuore di Kurt ebbe un guizzo ma, il sorriso appena più
tremulo sulle
labbra, avanzò in sua direzione.
Lo
vide chinarsi: si chiese se
Sebastian potesse sentire il battito alterato. Se fosse vagamente
consapevole
di ciò che riusciva a scalfire in se stesso.
Eppure
le risposte erano di fronte ai
suoi occhi: incastonate in quegli smeraldi lucenti che ne toglievano il
respiro,
in quel sorriso appena più suadente ma soffuso che era un
riflesso del suo
animo.
Colui
che lo conosceva meglio di
chiunque altro: colui che, per primo, aveva scorto la sua reale
solitudine;
l’idillio mai avverato con Blaine ma la passione celata
dietro tanto
sentimentalismo decantato.
Quanto
fosse stato in grado di
scuoterlo e condurlo a nuova vita, quella mai sognata, forse, ma quella
da
realizzare giorno per giorno. Insieme.
“E’
questo” era stata la flebile
risposta, un
sospiro appena soffuso e accennato e Sebastian aveva sorriso a pochi
centimetri
dal suo volto.
“Sei
fortunato” un sussurro
più rauco prima
che si chinasse.
Quante
volte aveva vissuto un momento
simile nella trasposizione cinematografica o attraverso le parole di
uno
scrittore, quante volte era stato cantato o declamato in una poesia ma
erano
soltanto immagini in movimento o parole in rima o romanzate. Nulla
poteva
paragonarsi al brivido che scivolò lungo la sua spina
dorsale, allo scalpitio
del suo cuore, al guizzo del suo sguardo e il tremore delle labbra
mentre
Sebastian si intingeva del suo respiro.
Fu
come se soltanto in quell’istante,
Kurt fosse finalmente consapevole di se stesso: come se avesse appena
scorto
quella parte di sé rimasta celata tanto e troppo a lungo.
Come se tutto fosse
finalmente giunto alla sua giusta definizione.
Non
vi era più paura e neppure pentimento
e rancore: soltanto il suo profumo, l’alone caldo del suo
respiro e la
pressione ferma e risoluta delle sue braccia.
Un
sorriso a fior di labbra e Kurt ne
cinse il collo e lo trattenne: le sue dita si incastonarono tra i suoi
capelli,
quasi avesse bisogno di un appiglio saldo e sicuro in
quell’emozione tumultuosa
che ne faceva tremare le gambe.
Più
che mai in quel momento, ebbe la
certezza fossero un’unica realtà: lo percepiva in
quell’abbraccio, nello
slancio con cui lo avvinse maggiormente contro il proprio corpo a
stabilire
quel contatto. La tacita promessa non lo avrebbe più
lasciato andare.
Il
suo primo vero bacio, realizzò con
occhi
già lucidi e celati sotto le palpebre.
L’idillio
aveva lasciato spazio ad
una realtà più delicata e fragile, più
sussurrata e concreta che poteva vivere
soltanto con lui.
Sebastian
si scostò ma ne percepì il
respiro caldo sulle proprie labbra, mescolato al suo profumo;
lasciò che
adagiasse la fronte alla propria. Adesso che era tutto reale, aveva
quasi il
timore di schiudere gli occhi e osservare quella verità che
lo stava
attendendo.
Adesso
che era tra le sue braccia,
avrebbe quasi voluto che il tempo si fermasse e nulla dovesse
più allontanarli.
Indugiò in quel momento di solitaria sospensione,
consapevole vi fossero ancora
le sue braccia a vincolarlo a sé.
“Miele”
aveva sussurrato e solo allora Kurt aveva
schiuso gli occhi: le guance lievemente colorate ma il sorriso sognante.
“Non
ti facevo così sentimentale” malgrado
il
tono volutamente ironico, il sorriso sostò sulle sue labbra
e Sebastian emise
un verso stizzito. Lo strattonò, con un guizzo di quella che
pareva la sua
migliore espressione arrogante.
“Pagherai
per questa insolenza”
sussurrò soltanto
ma se Kurt aveva già socchiuso gli occhi, attendendo di
sentirne nuovamente le
labbra, li schiuse confuso quando si avvide che l’altro stava
volontariamente
indugiando.
“Prenderai
ancora in giro le mie abitudini quotidiane di bellezza?” aveva chiesto, la voce roca ma non si era mosso,
fingendo che le
labbra che indugiavano contro la sua mandibola, scendendo a
mordicchiarla, non
gli stessero letteralmente facendo intirizzire la pelle.
“Puoi
scommetterci il burro cacao, tesoro”
fu la pronta replica, calcando ironicamente
su quel vezzeggiativo che fece sollevare a Kurt gli occhi al cielo.
Cercò
di trattenere il verso soffuso
di approvazione quando ne sentì il respiro scivolare lungo
il collo.
“Persino quando un
po’ di romanticismo sarebbe apprezzabile, riesci ad
essere irritante” cercò
di simulare che
il fastidio fosse solo dovuto a quella forma di comunicazione e non al
fatto
che la sua pelle stesse letteralmente sciogliendosi. Così il
suo controllo, in
attesa che Sebastian smettesse di temporeggiare con fare
così maledettamente
provocante.
Lo
sentì ridacchiare contro il
proprio timpano: un verso rauco che si tradusse in un’ondata
di aspettativa che
lo rese persino più sensibile a quella vicinanza.
“Ma
è per questo che sei pazzo di me, lo so”
soggiunse languidamente.
“Fermati
a pazzo.” cercò di
ignorare come la sua
voce fosse incredibilmente alterata dal suo stato d’animo ma
Sebastian rise
persino più forte prima di sfiorarne il fianco, inducendolo
a guardarlo
nuovamente negli occhi.
“Non
ho intenzione di fermarmi” era stata
la
provocante risposta e mai aveva desiderato così tanto che
fosse persino una
promessa.
La
sua solita arroganza e superbia,
come avrebbe presto appurato, eppure mai era apparsa più
piacevole. Mai una
promessa di una favola a loro immagine e somiglianza.
Forse
non universalmente romantica ma
indubbiamente perfetta.
“WOW!” all’esclamazione di Jeff, si era unita
l’ovazione dei Warblers e Kurt si era voltato: il suo viso si
era rapidamente
infiammato alla vista degli ex compagni del Glee Club, Nick in primis,
che gli
riservò un sorriso raggiante.
“Quindi
è questo che avevo
interrotto in
biblioteca?” chiese Blaine, un
sorriso
scherzoso e le braccia incrociate al petto mentre Kurt osservava il
divertimento ma anche la gioia impressa nei loro volti.
“Voi
eravate… qui?” si era
schiarito la gola
ma la sua voce era stridula. “…
esattamente da quanto?” aveva
pigolato, quasi, suscitando altre
risate di scherno e sguardi complici tra i giovani in divisa.
“Volevi
fosse pubblico o sbaglio?” era
giunta la
voce di Sebastian alle sue spalle, lo sentì avvincerlo da
dietro. Il suo
respiro contro l’orecchio e la nuca che ne acuirono
notevolmente l’imbarazzo di
esser stato scorto in atteggiamenti più intimi e personali.
“Mi
riferivo al segreto” borbottò
Kurt in sua
direzione.
“Un
altro?” chiese Blaine
apparentemente
confuso. “Quale, esattamente? Il fatto che avete
passato questi mesi
giocando alle calamite che si attraggono e si respingono o forse che il
‘misterioso ragazzo’ –
la sua voce aveva
assunto un’intonazione fortemente ironica –
che Sebastian ha baciato a
Natale, non è mai esistito?”.
Sentì
Sebastian sogghignare ma appoggiò
il mento contro la sua spalla, soffiandogli nell’orecchio.
“Lascerò
a te l’onore”
commentò serafico e Kurt
arrossì furiosamente.
“In
realtà… è una lunga storia” e sembrava
davvero incredibile che tutto fosse iniziato da una disastrosa festa a
casa di
Rachel, un bacio sotto il vischio che lo aveva sconvolto e un fortuito
ed
insperato incontro con lo stesso giovane.
“Condita
di sfumature thriller” aggiunse
Nick con
un sorrisetto divertito ma indicibilmente soddisfatto nel rimirare
Sebastian
che tratteneva strettamente Kurt a sé, per quanto non si
lasciasse andare a
particolari smancerie.
Blaine
si era rivolto a Nick a quelle
parole.
“Tu
conosci la storia dall’inizio: è per questo che
sei sempre stato così vago,
parlando di lui?” lo aveva
nuovamente
interrogato.
“Per
questo ho atteso che il segreto fosse svelato e diventasse la loro
verità” precisò
Nick ma era Kurt quello che stava
osservando. Quest’ultimo non poté che mimargli un
silenzioso “grazie” che
era certo avrebbe colto in tutta la sua
intensità.
“Per
questo è sempre divertente ascoltare questa
storia”.
Kurt
era trasalito prima di scrutare Sebastian sulla soglia della camera
della
bambina: non sapeva da quanto tempo fosse lì ma non
poté che sorridere in
risposta.
Si
sporse a rimboccare le coperte della figlia che si era appisolata con
espressione beata.
Ne
baciò delicatamente la fronte prima di lasciare la stanza e
chiudere la porta
alle sue spalle.
“Divertente?”
lo incalzò, allora, guardandolo e Sebastian
annuì, le mani affondate nelle
tasche prima di stringersi nelle spalle.
“Il
tuo continuo fuggire” specificò in tono
d’ovvietà che fece ulteriormente
incupire Kurt che scosse il capo.
“E’
stato… estenuante e snervante ma per nulla
divertente” precisò ma Sebastian
sorrise ulteriormente, attraendolo a sé e chinandosi al suo
volto.
“Lo
sarebbe stato, se già avessi saputo come sarebbe
finita” fu la semplice replica
e, seppur Kurt dubitasse che fosse stato così percettivo da
quell'istante, gli
concesse un sorriso.
“Touché”.
~
La
cerimonia fu raccolta ma solenne: pochi ospiti, soprattutto amici e
parenti
stretti, coloro che avevano visto quel rapporto sbocciare tra le mura
dell’edificio il cui ingresso, la prima volta, ne aveva
cambiato la vita.
Ma
non nel modo in cui aveva sognato. Al
contrario, a ben pensarci, anche a distanza di tempo.
Non
era la prima volta che assisteva ad una cerimonia simile ma
l’emozione era
sempre qualcosa di unico: speciale e diversa ogni coppia cui fosse
dedicata e
ne fosse protagonista.
Pur
osservando i volti e i sorrisi impressi, la sua mente vagava ad altri
ricordi e
un altro momento altrettanto importante e sentito.
Tornare
alla Dalton, pur in veste di
visitatore (e non di spia o di studente) era stato qualcosa di
emozionante:
persino trovare un ghigno famigliare alla fine della rampa delle scale.
Sorrise,
Kurt, un’espressione
volutamente ed ironicamente sognante mentre si appoggiava al corrimano,
quasi
non riuscisse a scendere quegli scalini senza sentire
un’emozione travolgente
farne scalpitare il cuore e sospirare con fare languido e sognante.
“Mi
ricorda qualcosa” affermò
quando fu agli
ultimi scalini ma Sebastian non fece alcun cenno di volergli porgere
cavallerescamente la mano. Al contrario (e come sua abitudine) le
teneva
entrambe affondate nelle tasche dei pantaloni.
Lo stava osservando (altro
suo elemento
tipico) con il mento sollevato e l’espressione furba ed
insolente.
“Quanto
io fossi aitante e sexy quel giorno? Ancora non riesco a credere che
era Blaine
quello che stavi guardando” lo
canzonò e
Kurt avrebbe voluto ribattere che lui stesso non aveva perso tempo a marcare
il territorio, in quella stessa occasione
e nei riguardi dello stesso giovane.
Aveva
fatto per replicare,
altrettanto pungente e sarcastico, ma trasalì quando
Sebastian lo avvinse a sé,
dopo che ebbe sceso gli ultimi scalini.
Ne
baciò le labbra con intensità tale
che ne fece letteralmente tremare le gambe.
“Miele” sussurrò e un altro sorriso, devoto e
sognante, apparve sulle labbra di Kurt. Si sporse nuovamente al suo
volto ma fu
uno schiarirsi di voce che li interruppe.
Solo
allora Kurt si avvide di Nick e
di quel sorriso amichevole che divenne un’espressione
fintamente esasperata.
Si
rivolse a Sebastian.
“Ti
dispiace se te lo rubo?”.
“A
dire il vero” aveva nuovamente
insinuato
le mani nelle tasche del blazer per poi stringersi nelle spalle. “Andate,
ma mi aspetto un premio per quando vinceremo le Nazionali” sussurrò malizioso in direzione di
Kurt, quasi un modo di reclamarne
il possesso ma anche di ricordargli – come ce ne fosse stato
bisogno! – la
vittoria dei Warblers alle Regionali.[2]
Aveva
scosso bonariamente il capo,
Kurt, ma aveva annuito prima di seguire Nick verso la loro ex camera e
sorrise
nel rimirare quell’ambiente familiare: il modo, soprattutto,
in cui la metà
appartenente a Nick non sembrava affatto cambiata da quando
l’aveva lasciata.
Era
come tornare ad abbracciare una
parte di sé.
Nick
si era chiuso la porta alle
spalle e lo aveva guardato: le sue labbra tremavano come percosse da un
guizzo
ma prese un profondo respiro, prima di rilasciare il fiato.
E
Kurt seppe, per istinto, che si
trattava di uno di quei momenti
nei quali avrebbe fatto una
dichiarazione che avrebbe cambiato tutto.
“Ho
baciato Jeff”. Lo
proclamò in un sussurro
ma fu come se lo avesse urlato e Kurt rimase senza parole per un lungo
istante
nel quale continuava ad osservare il viso di Nick, quasi cercando
un’ulteriore
spiegazione su come fosse potuto accadere.
Rise
l’attimo dopo: una risata
liberatoria e serena alla quale Nick stesso si unì. Lo
strinse con calore prima
di scostarsi, le mani sulle sue spalle.
“Come?!
Quando?!” lo incalzò, lo
sguardo azzurro
adesso illuminato di curiosità e di evidente entusiasmo del
quale lo stesso
Nick era ancora partecipe e protagonista.
“E’
successo dopo le Regionali. Stavamo parlando di te e Sebastian e
lui… era
convinto da tempo che il motivo per cui ero tanto pensieroso, era
perché avevo
una cotta segreta. Per te”.
Iniziò,
lo stesso tono pacato e
discreto con cui gli era sempre stato solito parlare quando si
ritiravano nella
loro stanza, escludendo il resto del mondo.
“Stai
scherzando?! Per me?!” lo specificò, quasi ad indicare che
l’equivoco fosse poco comprensibile dato il tipo di rapporto,
cristallizzato
chiaramente in una profonda amicizia, nata da reciproca stima e
rispetto.
Nick
sorrise ma non fece commenti al
riguardo, proseguendo nel suo racconto.
“Gli
ho detto che era vero che provavo dei sentimenti nascosti…
ma non erano nei
tuoi confronti”.
Kurt
avrebbe letteralmente saltellato
sul posto mentre cercava di immaginare la scena, così come
gli veniva
raccontata, congiungendo le mani e sentendo già gli occhi
lucidi.
“E
lui?”.
“Mi
ha chiesto se erano per Sebastian, per Blaine
– aveva esordito in tono divertito – ma
non gli ho lasciato finire
l’appello dell’intera Dalton e…
l’ho baciato” concluse e
Kurt fu lieto di notare come il suo tono solitamente
composto e perfettamente naturale, si era ammorbidito.
Il
solo ripetere quelle parole o
rifletterci, ne avevano reso la voce più rauca e impregnato
lo sguardo di un
nuovo luccichio emozionato.
“Nicholas
Yoda Duval che agisce di impulso: non so dire se sono più
sorpreso o felice. E
lui…?” adesso era
più che curioso e
stuzzicato all’idea di conoscere ulteriori dettagli.
Aveva
sorriso nuovamente, Nick, un
barlume che ne fece ulteriormente scintillare lo sguardo mentre
sospirava ad
una maniera più poetica ma Kurt dovette attendere.
“Mi
ha chiesto di dimostrargli che non fosse un sogno” continuò e Kurt sospirò
sognante, le mani ancora congiunte, la stessa
posa con cui aveva assistito al bacio tra Noah e Allie[3],
durante quel
temporale e il loro ritrovarsi, dopo un’incomprensione e una
separazione durata
troppo a lungo.
Batté
le mani, lo sguardo lucido.
“Sono
davvero felice: era il vostro momento ma quella è stata solo
la risoluzione
finale” entrambi avevano imparato,
fin
troppo bene, che il sentimento poteva nascere e svilupparsi,
alimentarsi in
modo graduale ma spesso intercorreva del tempo affinché
fosse assimilato o
affinché si prendesse una simile iniziativa. Era stato lieto
di constatare che
a Nick non erano mancati coraggio e sicurezza, quelli che lo avevano
fatto così
tanto desistere dall’avvicinarsi a Sebastian o anche solo
porsi un legittimo
dubbio.
“Non
volevo aspettare oltre”
confermò Nick ed
era certo che i loro pensieri fossero analoghi.
“Non
avrebbe che ritardato il tutto: forse avete atteso fin troppo” eppure era consapevole, malgrado tutto, che
ogni storia dovesse maturare secondo suo ritmo, se non fosse stata
ostacolata
dagli stessi protagonisti.
Si
riscosse alla pressione della mano sul suo volto ed abbassò
lo sguardo: un paio
di occhioni di smeraldo lucente lo stavano contemplando. Un sorriso ne
increspava le labbra e un dolce vagito nell’accostare le dita
cucciole al suo
viso per richiamarne completamente l’attenzione.
Sorrise,
stringendo la manina nella propria e portandosela al viso per baciarne
il
palmo, inspirandone il profumo di freschezza e di innocenza.
In
quel momento l’ufficiante chiese le fedi e Nick si volse
verso Kurt che, con un
sorriso, porse la mano del bambino che era stretta intorno
all’anello.
“Grazie
Nicolas” aveva sussurrato Nick, baciandone la fronte e solo
allora, dopo un
ultimo sorriso, Kurt era tornato a sedere accanto a Sebastian, Sissy al
suo
fianco.
Solo
uno sbuffo ironico di Sebastian quando la promessa fu siglata e
l’ufficiante li
dichiarò marito e marito ma si chinò al suo
orecchio.
“Ricordi
come ti ho fatto smettere di piagnucolare quando ci siamo
sposati?” lo canzonò,
la sua fede che cozzava contro quella di Kurt, producendo un dolce
tintinnio.
Kurt
lo ricordava perfettamente e ancora arrossiva al ricordo.
L’ufficiante
aveva concesso a Sebastian la possibilità di baciarlo e
quest’ultimo lo aveva
preso in parola: senza particolari remore o disagio, aveva approfondito
il
contatto e lo aveva trattenuto a sé, più di
quanto fosse socialmente
riconosciuto come legittimo. Così aveva indugiato, fino a
quando erano stati
molti gli invitati ad emettere risate o versi di sorpresa.
Kurt
non aveva osato guardare suo padre per molto tempo, in
realtà neppure si era
arrischiato ad incrociare lo sguardo di nessuno dei presenti: da
un’esasperata
Rachel alla maliziosa Santana che aveva alluso persino ad un sentirsi stranamente eccitata.
Una
sfumatura rosata pitturò le gote di Kurt mentre Nicolas gli
cingeva
strettamente il collo, toccandogli il viso e tappandogli le labbra con
la
manina. Aveva già sgualcito lo smoking e il farfallino ma
gli sorrideva
inducendolo a baciarne nuovamente la manina mentre Sebastian sollevava
gli
occhi al cielo, evidentemente poco tollerando di essere ignorato.
“Mi
dispiace, mocciosetto, ma sei in ritardo” aveva mimato al
neonato, mostrandogli
la fede con fare quasi infantile, ma simultaneo era stato lo
“Shht!” di Kurt e
Sissy quando gli sposi si erano volti all’assemblea riunita
per ringraziare gli
invitati.
Aveva
stretto entrambi, Kurt ma aveva indugiato a cingere Nick al quale aveva
anche
riassettato la cravatta e la rosa bianca posta sull’occhiello
della giacca.
“Congratulazioni,
Maestro Yoda” sussurrò con fare più
complice.
“Hai
ben appreso, mio Padawan”
rispose
questi, lo stesso sorriso scherzoso.
“Che l’amore sia con voi, ora e
sempre”[4]
fu l’ulteriore augurio di Kurt che fece sorridere Nick, nel
rimirare il suo
sposo prima di intrecciare nuovamente il suo sguardo.
“Come
lo è con voi, non chiedo di meglio”.
~
I
festeggiamenti promettevano di durare l’intera giornata e,
seduto al tavolo,
rimirava i due sposi impegnati nel loro primo ballo ufficiale. Bastava
osservare quei volti sorridenti per avvedersi di come il tempo li
avesse
cambiati ma erano rimasti apparentemente gli stessi, solo
più adulti. Ognuno
aveva fatto delle scelte diverse, in diversi momenti della loro vita,
ma dalle
quali erano stati tutti condotti ad essere lì quel giorno.
Immaginava
fosse quello il significato di famiglia, estendendolo alle persone che
si
sceglievano nel proprio percorso e con le quali si viveva giorno dopo
giorno
ogni accadimento.
Sorrise,
cullando Nicolas addormentato, rimirando la piccola Sissy nel suo abito
pregiato, proveniente dall'atelier Hummel. Era aggrappata al collo di
Sebastian
che la teneva in braccio
e con la quale
ondeggiava al tempo di musica, dicendole qualcosa
all’orecchio e facendola
sorridere prima che si sporgesse a baciarne la guancia.
Sebastian
intrecciò il suo sguardo e ammiccò con fare
malizioso ma l’attenzione di Kurt
fu subito calamitata dal bambino che era fermato di fronte a lui.
Sorrise
d’istinto, specchiandosi in un paio di occhi ambrati sotto i
ciuffi di riccioli
che ne incorniciavano il visino.
Il
“baby brillantina”,
così lo appellava
il padre per far arrossire Sissy.
“Ciao
Kyle[5]”
lo salutò con un sorriso gioviale e il bambino gli si
avvicinò timidamente, pur
attento a non disturbare il neonato addormentato tra le sue braccia.
Kurt
incrociò lo sguardo di Blaine e di Seth e sorrise ad
entrambi, prima di
ascoltarne la richiesta.
Un
sorriso intenerito gli sfiorò le labbra ma annuì
e gli porse una rosa, prima di
indicargli Sebastian e Sissy. Contemplò la scena con sguardo
quasi lucido:
Sebastian stava scrutando Kyle vagamente sospettoso ma Sissy fu lesta a
prendere
il fiore e sorridere al bambino che, l’attimo dopo, le porse
il braccio e la
condusse verso la pista da ballo, con grande divertimento e tenerezza
degli altri
invitati.
Sebastian
si accomodò di malagrazia sulla sedia accanto alla sua.
“Perché
gli hai detto che poteva ballare con Sissy?” gli chiese con
tono evidentemente
risentito e Kurt trattenne a stento la risatina ma gli fece cenno di
parlare
piano per non svegliare l’altro bambino.
“Gli
ho detto che poteva chiederlo a Sissy: stava a lei decidere”
spiegò in tono
pacato e razionale, seppur trovasse non poco divertente (ma anche
tenero seppur
non potesse dirlo senza suscitarne una reazione scandalizzata) vederne
quel
lato più geloso e possessivo.
“Appunto”
sbottò l’altro, per nulla colpito dalla sua
ragionevole replica. “Sei il padre:
potevi dirgli di no”.
Kurt
levò gli occhi al cielo.
“Non
la sta chiedendo in moglie” precisò con un
sospiro. Forse non era neppure il
caso di fargli notare che, ad ogni modo, seppur ancora bambini,
rappresentassero
una coppia davvero deliziosa. Ovviamente non aveva già
preventivato un
eventuale matrimonio da lì ai vent’anni successivi
(non che avesse già
immaginato che splendida donna sarebbe divenuta la sua bambina, anche
perché
ciò significava riflettere sul fatto che, per allora,
avrebbe già superato la
mezza età: sì, doveva
prendere delle
creme per prevenire le prime rughe) per cui si trattava solo
di qualche
superficiale pettegolezzo.
“Non
mi piace comunque” borbottò Sebastian,
strappandolo dalle sue riflessioni ma,
ben presto, un sorrisetto più allusivo e malizioso gli
affiorò alle labbra e si
sporse al suo orecchio.
“Adesso
per, punizione, dovrai ballare con me”.
“Il
tuo romanticismo, tesoro, è sempre
meraviglioso” replicò in tono
volutamente ironico: depositò delicatamente Nicolas nel suo
passeggino. Thad e
sua moglie si erano offerti di guardarlo per loro e lo
seguì, collocandosi tra
Kyle e Sissy, Blaine e Seth.
Fu
sulla coppia che rivolse il suo sguardo, seppur seguendo la musica e i
movimenti di Sebastian.
Si
era seduto al solito posto, di
fronte alla vetrata del locale: due bicchieri di caffè ma,
come aveva
preannunciato, il suo commensale non tardò a raggiungerlo.
Gli
sorrise di quel sorriso dolce e
spensierato che sembrava letteralmente brillare sul bel viso, sotto la
cornice
dei riccioli, da quando lui e Seth erano divenuti una coppia, ben
cinque anni
prima.
Gli
dispiaceva l’idea che, proprio
quando era tornato al McKinley, avesse scelto di esibirsi nel cortile
del suo
liceo, in una vera e propria serenata.
Ricordava
ancora quel romantico bacio
di festeggiamento: Seth lo aveva raggiunto sul palco nel quale i
Warblers,
applauditi anche dalle Nuove Direzioni, erano stati designati vincitori
delle
Regionali.
Non
occorreva un particolare
romanticismo per scorgere, nello sguardo azzurro e devoto di Seth,
l’intensità
del loro legame. Non avrebbe potuto desiderare di meglio per il suo
caro amico.
Si
erano salutati e Blaine aveva
preso posto di fronte a lui, sorseggiando il caffè che Kurt
gli aveva ordinato:
aveva già notato che la sua espressione era parecchio
pensierosa e ricordava
fin troppo bene quando, in una circostanza simile alla Dalton, aveva
travisato
del tutto il corso dei suoi pensieri.
Non
voleva quindi indugiare ed
attendere che Blaine trovasse la giusta risoluzione a confidarsi, se
quello era
il vero motivo per cui gli avesse chiesto quell’appuntamento.
“Ti
prego, Blaine, dimmi che sta succedendo”
vi era un modo particolare nel quale stava contraendo le labbra, quasi
trattenesse a stento un sorriso, seppur apparisse nervoso: gli
ricordava – per
essere più precisi – la stessa espressione che
aveva esibito durante la loro
passeggiata nel parco, quando – di lì a poco
– gli confessò di essere
innamorato.
Censurò
mentalmente il ricordo delle
sue aspettative e delle conseguenze di quella chiacchierata.
Persino
Sebastian ben sapeva quanto
fossero uniti, a giudicare dal modo in cui aveva reagito a vederlo
sgusciare
dal letto, alludendo ad un messaggio in segreteria del ragazzo stesso.
Blaine
annuì, gli sorrise a mo’ di
scuse e prese un bel respiro:
“Seth
sta cercando un appartamento a New York”
esordì in tono solare. “E mi ha chiesto
di andare a vivere con lui” concluse
rapidamente la frase, quasi timoroso
di non trovare poi il coraggio di raccontare tutto.
Ricordava
il momento in cui gli aveva
presentato Seth, poco dopo quel loro festeggiamento sul palco, ed era
rimasto –
fin dal primo momento – avvinto
dall’intensità del suo sguardo azzurro che
avrebbe definito sognante. Sembrava la distesa azzurrina di un lago,
baciato
dai raggi del sole; ma non di meno era stato colpito dal sorriso che ne
solcava
le labbra ogni volta che incontrasse lo sguardo di Blaine. Il bel viso
era
incorniciato da morbidi capelli scuri ed ondulati (se non altro, lo
aveva
sperato fin da subito, avrebbe avuto una buona influenza sull'abuso di
gel da
parte di Blaine); una figura slanciata che, anche a livello estetico,
sarebbe
stata perfettamente abbinata a quella dell'amico.
Vi
era una complicità e un’armonia
che le loro stesse voci riflettevano quando si esibivano insieme in
qualche
duetto o si dedicavano una canzone, in qualche occasione più
romantica che
Sebastian avrebbe definito “diabetica”.
Gli
sorrise, stringendogli la mano
con evidente e sincero entusiasmo.
“E
tu, hai accettato?” gli chiese in
quella
che doveva essere un tono di ovvietà,
nell’aspettarsi una risposta positiva.
“Io-“. Blaine aveva distolto lo sguardo in un
sintomo di insicurezza che a Kurt non parve per nulla positiva, tanto
da
guardarlo con occhi sgranati.
“Blaine!” lo aveva richiamato quasi scandalizzato. “Non
posso crederci: di cosa hai paura, esattamente?” gli chiese e ne scrutò attentamente lo
sguardo ambrato a cercare una risposta a quel comportamento esitante
che poco
aveva a che fare con l’evidente amore che li legava.
“Non
sono mai stato così felice”
ammise
Blaine, un sussurro appena tremulo ma tutta la verità di
quel commento era
racchiuso nel luccichio quasi commosso dello sguardo.
“… e ho paura di
rovinare tutto” terminò
amareggiato, non
osando incrociare lo sguardo di Kurt.
Scosse
appena il capo e gli strinse
la mano con fare rassicurante: era una sensazione che aveva provato lui
stesso,
dopotutto, ma non avrebbe lasciato che la paura lo bloccasse.
“A
volte è la paura di essere felici che ci rende davvero
infelici e degli
ostacoli alla nostra vita”
asserì con
semplicità prima di richiamarne l’attenzione per
porgli una domanda più
diretta. “Tu ami, Seth, vero?”.
Blaine
aveva replicato in un battito
di ciglia, senza la minima esitazione.
“Da
morire” il tono, per quanto tremulo
ed
accorato, era intriso di una sicurezza che non aveva bisogno di
ulteriori
remore o indugi.
“Allora
non aver paura di vivere la vostra vita insieme: è il vostro
destino”.
“Stai
pensando a cosa si è perso?” lo aveva chiesto a
mo’ di provocazione, Sebastian,
che aveva evidentemente seguito il suo sguardo indirizzato a Blaine e
Seth.
L’attimo dopo, lo avvinse maggiormente a sé e Kurt
sorrise di quel gesto
possessivo nonché della solerzia con la quale ne ricercava
l’attenzione per
avvincerla completamente a sé.
“No”
commentò Kurt ancora una volta scuotendo il capo a quella
sua megalomania
latente.
“A
quanto entrambi abbiamo avuto paura di seguire il nostro
cuore” rispose
l’attimo dopo, un vago sorriso sulle labbra mentre si
specchiava in quelle
iridi di smeraldo lucente.
Aveva
ridacchiato Sebastian, un suono gutturale vicino al suo orecchio che ne
fece
intirizzire la pelle del collo.
“Dopo
una simile sviolinata, ho bisogno di un drink” aveva fatto
per scostarsi ma
Kurt lo aveva trattenuto e, con impeto più malizioso, lo
aveva avvinto a sé per
baciarlo.
Ne
sentì il sorriso a fior di labbra, prima che lo stringesse
con maggiore
intensità e Blaine li rimproverasse ad alta voce di togliere
l’attenzione ai
due sposi.
Nello
stesso momento, un Thad imbarazzato dovette avvisarli che Nicolas si
era
destato e sembrava richiedere prepotentemente la presenza del padre.
“Viziato”
borbottò Sebastian, quando Kurt si affrettò a
tornare dal bambino, per poi
volgersi a Kyle. “Ti tengo d’occhio,
Anderson” pronunciò, facendolo sussultare
vistosamente mentre Sissy arrossiva di riflesso, gemendo un
“papy!”.
Sollevò
gli occhi al cielo, Kurt, ma sorrise nel riprendere in braccio il
bambino.
“Bell'arringa,
Avvocato Smythe”.
Non
era un segreto che la vita col marito fosse fatta anche di questo.
~
Il
sole era tramontato e le prime stelle già punteggiavano il
cielo indaco:
l’atmosfera era rilassante e benefica, sembrava che tutto si
fosse fermato in
quello stesso istante.
Come
sempre in agitazione nei momenti di tensione e maggiore pressione, si
era
alzato in piedi per dare il via ai brindisi, in qualità di
testimone di uno dei
due sposi. Fece cozzare delicatamente la forchetta contro la coppa del
bicchiere per richiamare l’attenzione degli ospiti cercando
– con non poca
difficoltà – di impedire che il piccolo Nicolas
immergesse le dita nel vino.
Si
era schiarito la gola quando tutti si erano zittiti, aveva cercato di
ignorare
la spia della telecamera e aveva esordito con voce delicata e ancora
impregnata
d’emozione.
“Conosco
Nick Duval da più di dieci anni, ormai, e non posso pensare
ad una persona più
leale e nobile: mi è stato molto vicino nei mesi che ho
trascorso alla Dalton
ma non ha mai mancato di farmi sentire a casa in qualunque luogo mi
trovassi”
fece una pausa, in parte per lasciare agli invitati il tempo di
assimilare le
prime parole, in parte perché il figlio stava
mordicchiandogli la guancia e
tormentandogli i capelli.
“Nick
mi ha insegnato molte cose ma, soprattutto, cosa sia il vero
amore” aveva
lasciato che qualche invitato si dilungasse in qualche verso di ironica
sorpresa e clamore.
Aveva
notato persino qualche sguardo commosso e qualcuno appariva soltanto
divertito
o educatamente in attesa di ciò che avrebbe detto di
lì a poco.
“Per
alcuni è qualcosa di istantaneo che fa realizzare ad
entrambi, o ad una sola
delle parti, di aver trovato la propria metà. Ma si
è disposti ad attendere
quanto necessario per realizzare questo sogno” aveva
allungato il bicchiere ad
indicare i due sposi, lo sguardo che aveva intrecciato quello di Nick.
“Poi
esiste l’amore che sboccia da un’amicizia,
mascherato dalla reciproca stima e
fiducia nell’altra persona, soggetto al timore di un
fraintendimento o di
rovinare un rapporto pressoché perfetto. Anche e soprattutto
se si desidera
qualcosa di più, almeno fino a quando non si prende la
risoluzione di tentare”
aveva indicato, con lo stesso
calice, Blaine e Seth che si erano sorrisi.
Seppe
dallo sguardo grato di Blaine che il loro ricordo comune era ancora
nitido.
Si
era voltato verso Sebastian che, le sopracciglia inarcate, stava
sostenendosi
il viso con la mano, il gomito puntellato sulla tavola, ignorando ogni
suo
suggerimento sulle buone maniere a tavola e sul cerimoniale e il
galateo più
idonei ad un matrimonio. Aveva un’espressione circospetta,
evidentemente
attendendo il momento in cui avrebbe parlato di sé.
Sorrise
tra sé Kurt, schiarendosi ulteriormente la gola.
“E
poi c’è quello che è rifiutato
spasmodicamente, con tutte le proprie forze;
quello che si vuole sopprimere fin da quando
comincia a manifestarsi ed
ignorarne i segnali. Quello tanto odiato quanto intenso”
aveva pronunciato
quelle parole con tono stoicamente sofferto e sospirato che aveva fatto
ridere
qualche invitato ma indotto Sebastian a fissarlo con evidente stizza.
“Sì,
amore” sottolineò il nomignolo
con evidente ironia. “Sono sicuro che
abbiamo tutti colto l’allusione velata”
replicò serafico, facendo accrescere
ulteriormente il divertimento agli astanti prima che Kurt, un sorriso
più
complice, riprendesse il discorso.
“Il
punto è che qualunque sia la storia di ogni amore, esso
inizia sempre come un
segreto ma diviene la verità più solida della
nostra vita” aveva sorriso a Sebastian,
in uno sguardo che sembrava dire tutto quello che normalmente non era
espresso
tra loro.
Soprattutto
non con un pubblico ad osservarli ma, da come questi sorrideva in
risposta ed
annuiva, seppe che aveva compreso.
Più
di chiunque altro, così era sempre stato.
“Grazie
di avermelo insegnato” aveva sussurrato in direzione di Nick.
“Non
vi dedicherò altre frasi di precetto: vi appartenete ancora
prima di essere
nati. Continuate solo ad essere voi stessi. Viva gli sposi!”
alla sua
esclamazione era seguita l’ovazione generale e Kurt si era
nuovamente
accomodato accanto a Sebastian.
Non
disse nulla quest’ultimo, avvicinò la mano alla
sua, abbastanza perché le loro
fedi si sfiorassero.
Non
udì neppure gli altri brindisi, la sua mente stava
nuovamente viaggiando
altrove.
La
neve era caduta copiosamente anche
quell’anno: avvolgeva ogni cosa nel suo candido manto che
rendeva tutto più
magico. Un arricchimento scenografico che lo aveva sempre emozionato,
soprattutto quando associava quel periodo dell’anno al
ricordo di come tutto
era iniziato; una sviolinata romantica che, tuttavia, spesso lasciava
tra i
propri silenziosi pensieri.
Tornare
a Lima per il weekend, dalla
pausa natalizia dal suo lavoro ormai a tempo indeterminato a Vogue.com
(in
attesa di avere abbastanza fondi e sicurezza per intraprendere una
propria
attività) era stata la giusta scelta: se anche la sua vita
ormai era quasi
interamente vissuta a New York con Sebastian, non aveva perso la
cognizione di
famiglia e di unità, soprattutto in quei momenti particolari
dell’anno.
Camminavano
in silenzio, la sua
presenza era testimoniata dal loro passo quasi coordinato e dalla
pressione
delle sue dita contro le proprie.
Era
parso pensieroso ma, ad ogni
domanda ed allusione, era stato evasivo e Kurt non doveva che attendere
che
fosse proprio lui a voler spontaneamente parlare.
“Sicuro di non voler dormire da
me?”
gli aveva chiesto Sebastian, rompendo il silenzio, appena giunti fuori
dalla
proprietà degli Hummel-Hudson.
Ne
aveva cinto la vita a trattenerlo
e Kurt aveva sorriso più dolcemente. Sapeva che Sebastian
non avrebbe avuto
alcuna difficoltà ad eludere la presenza del padre e
riuscire a penetrare in
casa da una finestra lasciata schiusa. Ma il rapporto tra lui e suo
padre era
sempre stato vincolato alla fiducia e non aveva intenzione di
cominciare a
comprometterlo, specie considerando passasse quasi tutto
l’anno
nell’appartamento che condividevano a New York.
“L’ho
promesso a mio padre, è la Vigilia di Natale in fondo” sussurrò in risposta e
Sebastian parve appena imbronciarsi.
“Immagino
di poter essere abbastanza magnanimo”
aveva sussurrato con un dardeggio più malizioso dello
sguardo. “Ma ti
ricordo che sotto questo albero,
devi
pagare dazio”.
Kurt
sorrise con simile complicità:
era lusingato e compiaciuto che lui stesso facesse riferimento a
quell’episodio
in particolar dal quale, ad una maniera inimmaginabile allora, tutto
era
iniziato.
“Sguazziamo
nei ricordi?” lo provocò
divertito.
Scrollò
le spalle, Sebastian, un
verso di divertimento a sgorgare dalle labbra.
“Non
mi è mai occorso il vischio per baciarti”
sottolineò con incrinatura maliziosa della voce, ricordando
anche di averlo
sbeffeggiato circa la possibilità che dovesse usare
quell’espediente con Blaine
per riceverne un gesto romantico.
“Meglio
controllare comunque”.
Aveva
sollevato gli occhi, Kurt, per
poi sgranarli: appeso ad un ramo e legato da un nastro azzurro
– avrebbe
giurato fosse lo stesso dal quale pendeva il vischio cinque anni prima
– vi era
un cofanetto. Scrutò Sebastian che, lo stesso sorriso
compiaciuto, sfilò il
nodo per prendere la scatolina ma la trattenne tra le dita, facendone
accrescere il ritmo delle palpitazioni, il respiro già
convulso.
“Sebastian” ne pronunciò il nome, quasi una
richiesta o
un bisogno, difficile a dirsi.
“Shhh” lo zittì con un dito sulle labbra prima
di
sospirare.
Evidentemente
era giunta la parte
meno facile ma quella più importante.
“Sai
che non sono un romantico e sai che la prima volta che ti ho baciato
sotto
questo ramo, era solo una provocazione”
aveva
esordito, il tono perfettamente composto, quasi sferzante nel ribadire
quella
verità anche nelle implicazioni meno romantiche o
lusinghiere.
“Ma
non sai che quel messaggio, che ti inviai quella stessa sera, avrebbe
dovuto
umiliarti e, invece, ferì soltanto il mio orgoglio
perché, da quel momento, ho
solo pensato a quel miele di cui odiavo il sapore perché
troppo dolce. Perché
troppo te”.
Aveva
sentito il cuore fermarsi, gli
occhi erano divenuti più lucidi ma Sebastian aveva
continuato: evidentemente dopo
aver superato quella remora iniziale – il suo stesso orgoglio
– non si sarebbe
fermato fino al momento più cruciale.
“Odiavo
vederti sognare di Blaine ma odiavo il più il fatto non
fosse più lui quello
che volevo portarmi a letto; odiavo tu fossi così
insofferente perché rivelava
quanto io non riuscissi
più ad
esserlo. Ho odiato ogni bacio mancato e il nostro segreto.
Ho
odiato trovare una canzone che parlasse di noi, ho odiato trovarti nel
nostro
camerino quando non osavo sperarlo.
Ho
odiato amare ogni giorno con te o comprendere sarebbe sempre stato
così.
Ti
odierò se adesso oserai piangere e non mi dirai subito di
sì ma, Kurt, vuoi
sposarmi?”.
Sbatté
le palpebre, non si sforzò
neppure di controllare il proprio battito o la respirazione:
continuò ad
osservarlo, il sorriso che tremava sulle stesse labbra
all’essenza di miele.
Un
solo attimo che avrebbe cambiato
ogni cosa.
Un
attimo che avrebbe determinato la
loro esistenza, da quel momento in poi, eppure anch’esso
portatore di una
verità che mai era stata così palpabile.
“Sì”
pronunciò con voce flebile ma lo sguardo determinato.
“Sì,
voglio sposarti”lo aveva pronunciato
guardandolo dritto negli occhi e Sebastian aveva sorriso, di quel
sorriso più
sincero che ne fece illuminare lo sguardo.
Sostarono
così, occhi negli occhi: fu
come conoscersi ed innamorarsi per la prima volta eppure soltanto
l’ultima
grande conferma.
“Ma
ora mettimi l’anello, poi potrò baciarti”
sembrò quasi implorarlo, porgendo la mano evidentemente
fremente per come si
stava letteralmente agitando, probabilmente era solo
l’emozione che gli
impediva di saltellare sul posto.
“Come
siamo irruenti” lo
canzonò Sebastian,
seppur la sua stessa voce suonasse più rauca del suo
naturale timbro.
Le
sue dita erano percosse da un
lieve tremolio mentre schiudeva la scatola e Kurt tratteneva il fiato
nel
rimirare l’anello.
“E
poi sarò io a baciarti, dopo questa
manfrina diabetica credo sia il
minimo”.
“Sta
zitto e mettimelo” lo
incalzò Kurt,
strappandone una risatina prima che gli sollevasse delicatamente la
mano per
poi insinuare l’anello all’anulare: una singola
banda in oro bianco con una
pietra di zaffiro ed una di smeraldo che Kurt rimirò con
occhi lucidi prima di
sollevare di nuovo lo sguardo su di lui.
“Lo
voglio”.
“Sei
in anticipo” lo canzonò
l’altro ma non
gli diede ulteriore tempo di replica perché lo premette per
un istante contro
l’albero e si chinò a baciarlo con
intensità.
Ne
cinse la vita a schiacciarlo
maggiormente contro di sé.
Soltanto
dopo essersi separati, Kurt
gli adagiò le mani sul torace e lo osservò con un
sorriso.
“Odierei
tenerlo segreto ma, sì, voglio sposarti e voglio che tutti
lo sappiano”.
“E’
il tuo giorno fortunato”
replicò l’altro
e, senza attenderne replica, lo prese per mano e lo condusse fino
all’uscio di
casa che schiuse con un sorriso.
Uno
striscione con la scritta
“CONGRATULAZIONI KURT E SEBASTIAN” era appeso in
salotto e i suoi ex compagni
del Glee Club del McKinley e della Dalton e i suoi familiari erano
tutti in
attesa di festeggiare il lieto annuncio.
Neppure
quello un segreto, dopotutto.
~
Depositò
dolcemente Nicolas nel suo lettino e, controllato che anche Sissy
stesse
dormendo, chiuse la porta della cameretta. Sebastian era nel corridoio
ad
attenderlo: indossava ancora lo smoking seppur ne avesse già
tolto la giacca,
arrotolato le maniche della camicia e allentato la cravatta ma era la
sua
solita espressione sorniona e sbarazzina a renderlo sempre
così riconoscibile.
“Se
pensi di sprecare tempo con la pulizia del viso, stasera, ti avviso che
non
sono dell’umore”. Aveva commentato, seguendolo
mentre entrava nella loro camera
da letto.
Si
tolse la giacca di raso, l’appese con cura nella gruccia e
quindi nell’armadio
cabina prima di voltarsi ad osservarlo.
“E
se io non fossi dell’umore senza?”
lo
provocò a propria volta, volgendosi appena ad osservarlo
mentre Sebastian
avanzava, inducendolo a cozzare contro l’anta
dell’armadio.
Sorrideva
di quel sorrisetto presuntuoso e sicuro di sé, lo stesso che
aveva sempre
esibito in circostanze nelle quali era sempre difficile non
cedergli, se non per puro orgoglio o testardaggine.
Scintillavano
gli occhi di Sebastian e Kurt seppe che conosceva ogni suo pensiero.
Si
strinse nelle spalle, Sebastian, e avrebbe potuto giurare che avesse
già
immaginato la sua replica ma ciò non lo avrebbe comunque mai
dissuaso, così
come non sarebbero mai stati completamente ebbri e stanchi di quel
continuo
ricercarsi.
Si
sporse al suo orecchio, soffiandovi sopra e strappandogli un brivido
lungo la
spina dorsale, ricercandone lo sguardo e deglutendo a fatica.
“Allora
dovrò stuprarti”. Fu la replica semplice quanto
concisa che ne strappò un verso
a metà tra il divertimento e la stizza.
Lo
scostò da sé, fissandolo con finta
indignazione.
“Idiota”.
Lo rimproverò, la voce tuttavia più languida,
già un cenno di intensa e di
cedimento.
“Mi
ami per questo”. Sussurrò in risposta e,
ignorandone il tentativo di replica,
ne cinse il viso con un movimento fluido della mano per poi chinarsi a
saggiarne le labbra con le proprie.
Si
rilassò istintivamente, Kurt, lasciò che lo
premesse contro di sé: c’era la
solita musicalità con la quale sbottonava le asole,
percepiva la morbida
dolcezza delle sue labbra percorrerne il collo laddove vi erano quei
minuscoli
nei che neppure il fondotinta poteva celargli.
Il
ricadere insieme, aggrappandosi all'altro, senza mai lasciarsi, il
calore dei
loro respiri tesi a divenire un’unica essenza come i loro
profumi di cui erano
intrise le lenzuola o i cuscini al risveglio da una notte
d’amore.
Sorrise,
osservandone i lineamenti carezzati dai raggi di luna, sfiorandoli
devoto con
le dita, sporgendosi a capirne nuovamente le labbra, prima di scostarsi.
“Il
tuo sentimentalismo continua a sorprendermi”
sussurrò con voce più rauca e
insonnolita. Sebastian sorrise in risposta, sfiorandone appena le
labbra con il
pollice, ancora indugiando in quello scambio di sguardi, senza tempo.
Senza
fretta.
Anche
dopo l’amore, restava il momento della contemplazione e del
ritrovarsi e
sembrava avere un irresistibile fascino, una sicurezza che
così sarebbe sempre
stato.
“Il
tuo burro cacao no, ma questo non è mai stato un
segreto” soffiò delicatamente
contro le sue labbra. Sorrise di quel bacio, l’ennesimo
ricordo di quel primo
bacio e la consapevolezza che il segreto di quell’amore,
fosse la totale mancanza
di segreti l’uno per l’altro.
“A
proposito, vorrei riaverlo: so che me lo hai sgraffignato di nuovo
dalla
mensola del bagno”.
“Assolutamente
no” replicò l’altro in tono divertito ma
fermo nella sua risoluzione.
“Sai
di non potermelo nascondere a lungo” proclamò con
un sorriso, le dita a
tracciare la curva dei nei sulla guancia e Sebastian annuì.
“Non
ho più segreti per te” era stata la sussurrata
risposta.
L’ennesima
promessa, l’ennesima verità.
The End
E'
il 30 Aprile (tanti auguri Dianna!) e sono passate da poco le 18.00 ed
è la
seconda volta che rileggo questo capitolo finale che verrà
pubblicato da qui a
pochi giorni. La prima revisione è stata ieri: una spruzzata
di errori
dislessici (oh, quelli ormai sono una mia firma quindi non
scandalizzatevi se
ne troverete alcuni prima che la mia Blaine me li possa far notare) e
qualche
rispolverata ai tempi verbali o correzione di parole o inserimenti di
azioni
tra i dialoghi (l'ultima scena prima del “The End”
per essere precisi). Ho
riletto il tutto ieri e, arrivata alla fine, non ero del tutto
soddisfatta.
Seconda
revisione, iniziata un'oretta fa, (altri piccoli ritocchi di grammatica
o
calcoli tempistici per sapere più o meno a che
età Kurt e Sebastian si sono
sposati e poi sono divenuti padri) e conclusa cinque minuti fa. Ho
concluso la
lettura con un reale sorriso.
Certo,
da qui a Venerdì probabilmente, saranno altre le piccole
revisioni (a livello
grammaticale, si intende!) e probabilmente fino al momento
immediatamente
precedente al “pubblica il nuovo capitolo” ci
sarà qualcosa che poco mi
convince o qualche remora.
Ma
ho una certezza, a questo punto: ho concluso il cerchio ed è
il momento che io
lasci andare Kurt e Sebastian, Nick e Jeff, Blaine e Seth per quanto
abbia la
sensazione di averli appena stretti a me.
Non
mi sembra passato molto tempo da quando ho ideato una fanfiction a
capitoli da
un semplice racconto per la Kurtbastian Week di
Dicembre ma sono passati
diversi mesi nei quali mi hanno accompagnata. Mi hanno reso
più piacevole un
tragitto in treno, l'attesa del ricevimento con la relatrice. Stavo
affrontando
i dilemmi sentimentali di Kurt per ignorare la tensione pre-laurea,
giusto la
settimana prima della discussione di tesi.
Ed
è giunto il momento più dolce ed amaro.
Questa
fanfiction non è stata semplicemente il primo esperimento di
una storia a
capitoli tra i due protagonisti; non soltanto un percorso che ha
accompagnato
un momento importante nella vita accademica. E' stato uno scoprirmi io
stessa
tra i pensieri tormentati di Kurt, tra il suo commettere errori, anche
consapevole di starlo facendo, il suo cadere rovinosamente per poi
risollevarsi, dare una direzione alla sua vita.
La
paura ancora esiste ma, come è stato suggerito da Burt,
è necessario andare
oltre per non lasciar scorrere la propria vita ed esserne il soggetto e
non
l'attore.
Ho
vissuto nella pazienza di Nick, nella sua saggezza e nella sua fiducia
incondizionata e i suoi principi saldi e irrinunciabili; ho vissuto
nell'ironia
di Sebastian a nascondere molte più fragilità e
timori di quanto si voglia
lasciar intravedere.
Ed
è ora il momento di chiudere questo progetto ma mantenere la
mente febbrile per
nuove possibilità e nuovi stimoli.
Ringrazio
tutti voi che avete seguito questo racconto dall'inizio e vi siete
appassionati
a poco a poco, voi in particolare che l'aveva selezionata tra le
ricordate, le
seguite o addirittura le preferite.
Un
ringraziamento particolare a Giulia che
non ha mancato di farmi conoscere le sue opinioni e la sua stessa
attesa e
trepidazione per i capitoli da pubblicare.
Un
abbraccio ad Annalisa e i suoi
commenti in privato e le aspettative ad ogni nuovo capitolo.
Un
ultimo (in questa sede ovviamente!) abbraccio alle mie Blaine
e Sebastian nella
vita reale: non saprei quanto di reale ci sia dei nostri rapporti
traslati in
questo scritto; ma di certo c'è tutto il mio affetto e
ringraziamento per ogni
giorno vissuto insieme. Anche per la composizione di questa fanfiction.
L'ultimissimo
ringraziamento è tutto a loro: a Kurt e Sebastian.
A
Nick e a Jeff,
A
Blaine e Seth.
Vostra,
Kiki87.
[1]
Sto immaginando le vostre espressioni interdette e stordite e,
sì, la cosa mi
diverte alquanto. Ad ogni modo, come si sarà compreso,
l’epilogo è ambientato
diversi anni dopo la conclusione del capitolo precedente. Considerate
questa
fan fiction, se volete, un breve racconto nel quale Kurt ha ripercorso
la sua
storia d’amore con Sebastian: la voce narrante del prologo e
del primo
paragrafo dell’epilogo sono le stesse
parole di Kurt per poi passare, come vedrete, alle singole
scene del
capitolo, come stato finora.
I bambini che appariranno sono Sissy e Nicolas Hummel
Smythe che ho già “presentato” in una
one-shot dalla stessa Kurtbastian Week da
cui mi sono ispirata per Our Secret. Naturalmente si è
trattata di una
gravidanza con madre surrogata: Sissy è biologicamente
figlia di Kurt e Nicolas
(nome francese che si pronuncia: Nicolà)
è biologicamente figlio di
Sebastian. Vi ricordo, inoltre, che Kurt aveva promesso a Nick, seppur
scherzosamente, che avrebbe dato il suo nome al loro primo primo figlio
maschio, quindi i conti tornano :)
[2]Ho
cambiato molte cose rispetto alla narrazione originale della seconda
stagione e
lasciatemi dire che far vincere i Warblers è stato, fin
dall’inizio, uno sfizio
che
volevo togliermi :D
[3]
Riferimento alla scena cinematografica, tratta dall’omonimo
romanzo di Nicholas
Sparks: “Le pagine della nostra vita”.
[4]Sono
tutti riferimenti alla saga di Star Wars: come già detto,
Yoda era il Sommo
Maestro Jedi; noto per la sua saggezza e per le sue eccellenti
qualità di
guerriero. Con il termine “Padawan” i Maestri Jedi
appellavano i loro allievi
durante l’addestramento, prima che diventassero essi stessi
“Maestri”.
L’augurio di Kurt è un riadattato “Che
la
forza sia con te” la formula di saluto e di augurio
che era in usanza tra i
Jedi.
[5]Kyle
Anderson Glassman, è il figlio di Blaine e di Seth,
anch’egli nato da madre
surrogata e biologicamente figlio di Blaine.
|