CAPITOLO
II: Diagon Alley
«Forza
ragazzi! Le macchine stanno arrivando, non facciamoci trovare in
ritardo!» li esortò Percy, che li avrebbe accompagnati a
Diagon Alley per gli ultimi acquisti. Li aveva raggiunti anche
Hermione già da qualche giorno pronta anche lei a fare
shopping, forse un po’ troppo pronta per i gusti di Ron. La
signora Weasley non sarebbe potuta venire, come moglie del Ministro
della Magia anche lei aveva diversi compiti da fare per mantenere la
sicurezza. Bisognava dare atto che con la gestione del signor
Weasley, il Ministero si era ripreso molto velocemente dal terribile
attentato attacco di qualche mese prima.
I
ragazzi videro una strana automobile avvicinarsi alla Tana, molto
diversa da quelle che ricordavano d’aver usato anni prima. Era
un’automobile molto grande, alta e lunga, con ben sette posti a
sedere. Da fuori si vedeva un autista, mentre dentro non c’era
proprio nessuno.
«Ma
che cos’è questa?» domandò Ron, osservando
la strana auto.
«Si
chiama monovolume, Ron. Va molto di moda fra i Babbani ultimamente.»
gli spiegò la ragazza, mentre salivano e prendevano
comodamente posto.
«E
l’autista? Sai guidare, Percy?» domandò Harry
sporgendosi dal sedile posteriore, Hermione aveva occupato quello del
passeggero anteriore.
«Incantesimo
Autoguidante, Harry. Non serve più… Bene, allora
andiamo al Paiolo Magico.» ordinò Percy e l’auto
iniziò a muoversi silenziosamente. Tutti poterono notare come
una sottile pellicola di magia che avvolgeva la macchina, con molta
probabilità doveva trattarsi di un qualche potente incantesimo
protettivo. Intorno a loro grandi palazzi sfilavano lungo le strade
che percorrevano, ma c’era una strana aria.
«Non
deve essere una bella situazione…» commentò
Hermione sovrappensiero.
«Già…
In molti sono ricorsi all’Incanto Fidelis e papà ha
dovuto richiamare al servizio attivo anche Moody.» spiegò
serio lui, annuendo. Non fece trapelare nessuna informazione, ma
Harry notò quanto la sua mano destra rimaneva vicino alla
bacchetta.
«Ma
Hogwarts rimarrà aperta, vero?» domandò
preoccupato Draco.
«Il
castello di Hogwarts non è mai stato conquistato da nessuno
mago oscuro.» rispose Percy, ma quelle parole le aveva
pronunciante anche la professoressa Polgara Figg l’anno prima.
Non erano una vera risposta ed Harry lo capì subito, ma non
disse niente: sapeva che hai suoi amici bastava quella
rassicurazione. Pensò a spostare l’argomento su qualcosa
di più allegro, fino a quando arrivarono quasi sulla porta del
Paiolo Magico.
All’interno
del locale c’era quasi silenzio e parecchi maghi in meno,
tuttavia l’atmosfera rimaneva all’incirca la stessa. Il
vecchio Tom stava dietro al suo bancone e salutò bonariamente
i nuovi arrivati. Percy si fece dare una bibita fresca, mentre
lasciava liberi i ragazzi di passeggiare per la familiare Diagon
Alley. I negozi erano per la maggior parte aperti. C’era
diversa gente, ma in confronto a quanta folla circolava per quella
strada si poteva dire che era quasi deserta. La maggior parte di essi
erano ragazzi di Hogwarts che compravano il necessario per l’anno
scolastico alle porte.
«Devo
andare a comprare una divisa nuova. Mi accompagni, Ron?» chiese
Hermione, prendendo la sua mano e trascinandolo da Madama McClan.
«Potevano
anche dircelo, se volevano rimanere da soli!» sghignazzò
il biondo, dando una gomitata al gemello. Andarono a ritirare i nuovi
libri al Ghirigoro e Ginny si rifiutò di andare in giro
anche con i libri per Ron, poi li salutò un po’
sbrigativa per aggregarsi ad un gruppo di sue amiche, che
continuavano a fissare il bel biondo.
«Andiamo
fuori di qui, per favore.» sbuffò Harry, che non
sopportava essere al centro dell’attenzione. Non lontano di lì
si trovava la gelateria di Florian Fortebraccio, che, come li vide,
li costrinse ad assaggiare i suoi gelati. Osservò per un breve
secondo Draco, poi non fece problemi ad offrire anche a lui un bel
cono gelato. Mangiarli era un bel rimedio contro il caldo.
«Ciao,
Harry!» lo salutò sbrigativo Colin Canon, tuttavia Harry
ebbe il tempo di vedere la sua espressione sorpresa e un po’
turbata. Immediatamente dopo, Pik si fermò al loro tavolo sul
quale sbatté una borsa carica di libri. Sbuffò dal
caldo e dalla fatica.
«Ciao.»
li salutò, mentre ordinava un succo di frutta ghiacciato.
«Ma
saranno dieci chili di libri! Come fai a portarteli con questo
caldo?» gli chiese Harry, sgranando gli occhi.
«Non
me lo dire… Li fare lievitare, se fosse riuscito a spezzare
l’incantesimo di Voldemort.»
brontolò
frustrato, mentre beveva il suo succo.
«
Ma com’è possibile?!» domandarono in coro i due
gemelli.
«No…
Purtroppo quell’Incantesimo Congelante gli è venuto fin
troppo bene: tiene ancora sospesi i miei poteri magici.» spiegò
il giovane, incrociando le braccia.
«Come?
Non hai trovato nessuno modo? Un incantesimo? Una pozione…?»
domandò Draco un po’ preoccupato.
«Nulla,
ma sia il nonno sia io pensiamo che tu, Harry, possa fare qualcosa.»
affermò con un sorrisetto il Tassorosso.
«E
come? Non ho la minima idea di come annullare l’incantesimo.»
ammise Harry, prendendo in mano la sua bacchetta. Che poteva fare?
«La
tua bacchetta.» rispose semplicemente Pik.
«Che
c’entra la tua bacchetta, Harry?» domandò Draco al
gemello, non capendo quella risposta. Il moro non gli aveva detto
niente, anche perché non l’aveva mai detto neanche a Ron
ed Hermione.
«La
mia bacchetta ha la stessa anima di quella di Voldemort, è
come se fosse la sua gemella…» gli rivelò
controvoglia Harry, che per qualche ragione non riusciva a parlare di
quella cosa. Forse se ne vergognava.
«Sul
serio? Ma ti rendi conto che è un’arma invidiabile?!
Santo Merlino, con la Prior Incatatio si può privarlo della
sua bacchetta!» esclamò Draco dopo essere rimasto per un
attimo a bocca aperta.
«Proprio
così. Un incantesimo di quella bacchetta ha sospeso i miei
poteri, quindi solo con la tua si può annullare. Hai presente
le calamite? I poli opposti si attraggono, quelli uguali si
respingono. È un po’ la stessa cosa. – spiegò
il Tassorosso. – Devi fare questi gesti e dire: “invertus”.»
gli disse il giovane, come se non fosse niente d’eccezionale.
“Altroché!
C’è in gioca la sua futura vita di mago!”
si
disse pensieroso Harry, mentre osservava bene quei gesti.
«Dai,
funzionerà di sicuro!» lo incoraggiò suo
fratello, come se avesse sentito i suoi pensieri. Harry annuì,
mentre si faceva mostrare altre tre volte i movimenti che doveva fare
con la bacchetta. Li riprovò nervosamente per qualche attimo,
poi fece sul serio.
«Invertus!»
esclamò a mezza voce, eseguendo alla perfezione la sequenza
necessaria di movimenti. Sulla punta della bacchetta di Harry
s’accese una luce nera piuttosto inquietante, che fulminò
la mano destra di Pik con uno schiocco secco. Fortunatamente nessuno
li notò, altrimenti avrebbero pensato che stessero praticando
quelache incantesimo oscuro.
I
due gemelli videro il loro amico chiudere gli occhi e respirare
profondamente, mentre l’incantesimo dalla sua mano risaliva in
tutto il resto del corpo. Furono attimi di attesta estenuante, perché
Pik si stava giocando l’ultima possibilità di essere un
mago. Harry per qualche attimo temette di aver fallito, poi
l’italiano riaprì gli occhi.
«Allora?
Ha funzionato?» domandò impaziente Draco, mentre l’altro
si stava stiracchiando. Il tavolo accanto a loro cadde
improvvisamente, senza essere toccato. Il giovane Tassorosso
l’osservò stupito e si sbrigò a rimetterlo a
posto, quindi afferrò la sua bacchetta magica. Dette un’ultima
occhiata indagatrice al tavolino, poi puntò la sua bacchetta
sui libri.
«Wingardium
Leviosa! – esclamò e la sua borsa si sollevò
docilmente di una dozzina abbondante di centimetri. – Grazie
mille, Harry! Avevo quasi rinunciato ad essere un mago! Grazie,
grazie, grazie!!! Posso fare qualcosa per te?!» gli chiese
gioioso il ragazzo, mettendosi quasi a ballonzolare dalla
contentezza.
«Quello
che volevo, me l’hai regalato al mio compleanno.» gli
ricordò il moro, passando un braccio intorno alle spalle di
Draco. Avrebbe potuto essere un momento di risate, se i compagni del
Serpeverde non si fossero infilati nel negozio di scope da corsa.
«Scusate.»
si congedò lui, diretto verso lo stesso negozio. I due non lo
fermarono perché capirono cosa voleva fare, anche se era
chiaro come il sole che Harry era preoccupato.
«Sono
preoccupato: deve tornare a Serpeverde. Non vorrei che gli giocassero
qualche brutto tiro, dopo quello che è successo…»
ammise il moro, senza togliere lo sguardo dal negozio lontano.
«L’avrei
anch’io, sinceramente… Ma a te tutta questa gente sembra
normale?» domandò serio Pik.
«Certo,
perché?» chiese Harry, guardandosi attorno. Non capiva
cosa l’altro intendesse dire.
«Perché
non è così. È solo un calmo nervosismo. Ognuno
di loro è preoccupato per qualcuno. Ha dimostrato di essere
forte, cercando di espugnare da solo Hogwarts ed, inevitabilmente,
qualcos’altro succederà. – gli spiegò
saggiamente Pik. – Mi dispiace dirlo, ma tu non puoi proteggere
Draco per sempre. Capisco che tu lo voglia, perché è
tuo fratello gemello, perché l’hai ritrovato da
pochissimo… Ma Draco deve imparare a gestire da solo i suoi
problemi, se ancora non sa come. Tu puoi aiutarlo, sostenerlo e
stargli vicino, ma proteggerlo completamente non potrai farlo sempre.
Inoltre rischieresti di soffocarlo.» concluse lui.
«Hai
ragione. Lo so… Però, non posso farci nulla…
Sarà un po’ stupido, ma gli regalerò un qualche
amuleto e me ne starò un pochino più tranquillo.»
borbottò pensieroso il moro.
«No,
non è una cosa stupida. – sorrise il Tassorosso. –
Ma Hermione e Ron? Dove si sono cacciati?»
«Sono
andati da Madama McClan, ma sospetto che volessero stare un po’
da soli…» ridacchiò Harry, pensando ai due amici.
«Spettegoliamo,
eh?» lo rimproverò Hermione, giungendo alle sue spalle
con Ron alle calcagna. A quel punto l’italiano scambiò
qualche battuta con tutti e tre, poi dovette salutarli e sbrigarsi a
fare qualche altra compera per Hogwarts. Evitò di parlare
d’aver appena riottenuto i suoi poteri magici.
«Beato
te, Harry… Non sai cos’ho dovuto sopportare…»
bisbigliò Ron ad un orecchio del suo miglior amico, mentre
Hermione non lo teneva sott’occhio. Harry evitò di
ridere per non offendere la ragazza, quindi le confidò le sue
preoccupazioni.
«Un
portafortuna? Non ne ho idea, però possiamo vedere da Articoli
Magici.» propose la ragazza, indicando il negozio.
Dentro
alcuni maghi discutevano dell’ultimo articolo di Maghi Moderni.
C’era un piccolo commesso, non più alto del professor
Vitious, che li raggiunse a piccoli passi. Era vestito di verde dalla
testa ai piedi, persino la bombetta che portava era di un verde
smeraldo.
«Shea
McFord, per servirvi. In cosa posso esservi utile?» si presentò
l’ometto, che sembrava essere in parte un Lepricaone.
«Ehm…
Ecco, cercavo un portafortuna per mio fratello.» spiegò
Harry, non sapendo bene che cosa prendere e cercando di non far
trasparire quanto lo riteneva buffo.
«Portafortuna,
eh? Sì, dovrei avere qualcosa d’esatto per il suo caso
signor Potter. – sorrise il commesso, mentre si arrampicava su
di una scala per prendere una scatoletta impolverata. – Da
tempo non mi chiedevano un portafortuna, ormai li usano solo i
Babbani!»
«E
come mai?» domandò Ron incuriosito.
«Perché
maghi e streghe hanno la magia, non hanno bisogno di fortuna. Uff…
Ecco qua! – esclamò tirando fuori dalla scatola un
piccolo quadrifoglio dorato ben lavorato, con un cristallo azzurro
liquido. Era un ciondolo, mancava solo una catenina in cui infilarlo.
– Arriva direttamente dall’Irlanda, come me. Fatti dai
Lepriacaoni, che, come si sa, sono molto fortunati!» spiegò
allegramente Shea, infilandosi in bocca una lunga pipa.
«Che
ne dici, Harry? Lo prendiamo?» domandò gentilmente
Hermione.
«Uh…
Sì. – rispose deciso il ragazzo. – Quanto costa?»
«Oh,
siete fortunati! Ve lo regalo perché il famoso Harry Potter è
venuto nel mio negozio!» rispose con un sorriso l’ometto.
In quel momento ci fu del fracasso in strada, ed il trio poté
vedere Draco rotolare fuori dal negozio di manici di scopa. Il moro
non ci pensò più di tre quarti di una volta: afferrò
il portafortuna e corse fuori, esattamente quando i Serpeverde
uscivano in strada. Ron ed Hermione lo inseguirono bacchette alla
mano.
«Ve
la farò vedere io!» ringhiò arrabbiato Draco,
agitando la bacchetta magica che brillava violentemente. Si rialzò
in un attimo e gettò a terra Tiger e Goyle. La folla iniziò
ad agitarsi attorno a loro, mentre i Serpeverde più piccoli si
allontanarono rapidamente. Theodor Nott era pronto a difendarsi,
quando improvvisamente Percy arrivò con grandi falcate.
«Cosa
diavolo sta succedendo?!» esclamò stizzito, rischiando
di far cadere i suoi occhiali. Vedendo apparire il funzionario
ministeriale, i rimanenti della combriccola di Serpeverde sparirono
quasi immediatamente.
«Ci
vediamo a scuola…» salutò in cagnesco Pansy
Parkison, rivolgendosi al biondo.
«Si
può sapere cos’è successo? Che hai combinato,
Draco?» lo accusò Percy arrivando trafelato, nello
stesso momento in cui giungevano Harry e gli altri due. Ginny,
invece, sbucò da una traversa.
«L’hanno
fatto volare in strada!» intervenne subito Ron e la stessa cosa
fu riferita da Hermione, Ginny ed Harry.
«Okay,
okay… Non è successo niente, solo una lite fra ragazzi.
Non è niente, non preoccupatevi.» disse Percy,
rinfrancando e disperdendo la piccola folla. Chissà a cosa
avevano pensato quelle persone...
«Volevo
vedere come si sarebbero comportati… Insomma, ora hanno letto
cos’ho scritto sulla Gazzetta del Profeta. Tutto qua, Percy. Ci
devo tornare in quella Casa.» ricordò il biondo al
giovane funzionario ministeriale, dopo che si sedette su di una
panchina.
«Se
avessero potuto, l’avrebbero fatto fuori: ci scommetto.»
brontolò cupamente Ron. Harry avrebbe voluto ammazzarlo.
«Ora
non esagerare, Ron. Ho capito: lo vedono come un traditore della loro
Casa. Dirò a papà di scrivere a Silente, ma non credo
che dopo essere smistati si possa cambiare Casa d’appartenenza.»
concluse Percy.
«Io
non ho detto che voglio cambiare Casa. Voglio tornare là,
dimostrare che Serpeverde non sforna solo Maghi Oscuri e Mangiamorte.
– affermò Draco, con voce determinata e pugni chiusi. –
Voglio spezzare quest’assurda tradizione.»
«Ambizioso,
eh?» osservò Hermione, punzecchiandolo.
«Certo,
ma è una giusta ambizione.» le rispose il biondo,
annuendo vigorosamente.
«Secondo
me, Silente la pensa alla stessa maniera, altrimenti non mi spiego
come mai permette ai Serpeverde di mettere piede ad Hogwarts.»
commentò Ron, incrociando le braccia.
«Va
bene! Va bene! Ora basta, torniamocene a casa. Non voglio sentire
questi discorsi.» sbottò Percy un po’ alterato.
«Ma
tu non dovevi andare da Penelope?» gli ricordò Harry
malizioso, dando un’occhiata all’orologio.
«Accidenti!
Arriverò tardi!» esclamò Percy, scappando via di
fretta dopo aver controllato l’ora.
«Lui
in ritardo? Farò prima a passare gli esami con il massimo a
Pozioni!» rise divertito il sesto di Casa Weasley.
Non
tornarono alla Tana, visto che il giorno seguente sarebbero dovuti
andare a King’s Cross. La signora Weasley aveva detto loro che
si sarebbero fermati al Paiolo Magico per la notte, così
quella mattina avevano portato anche i loro bauli stracarichi alla
locanda.
Il
gruppetto, Ron, Hermione, Harry, Draco e Ginny, arrivò
solamente con dieci minuti di ritardo e Percy fece loro una paternale
di quasi altrettanti minuti, prima che sua madre intervenne a
salvarli dalla sue grinfie. Quindi, si sedettero tutti al tavolo
insieme al signor Weasley per la cena. Bill e Charlie erano da
qualche parte in missione, mentre Fred e George erano andati ad
Hogsmeade per cercare dei locali per il loro negozio di scherzi.
«Andato
tutto bene oggi, ragazzi?» domandò la mamma di Ron, per
fare un po’ di conversazione. Non sapeva che quello era il
momento che Percy aspettava per fare il resoconto di ciò che
era successo: sembra di ascoltare il bollettino di una guerra.
«Ne
parlerò con Silente, ci pensarà lui.» borbottò
stancamente il signor Weasley.
«Grazie,
signore.» borbottò un po’ imbarazzato Draco, che,
come suo fratello, non riusciva proprio a non dare del “lei”
ai genitori di Ron.
«Su,
ragazzi dovete finire i vostri bauli. Domani ci sveglieremo presto e
poi dritti a King’s Crosso a prendere l’Espresso di
Hogwarts.» concluse la signora Weasley. I tre annuirono e
salirono nelle camere, mentre Draco si trattenne due minuti per
ringraziare ancora una volta di più il padre di Ron.
«Oh!
Non mi ero accorto d’averlo preso… - disse sorpreso
Harry, ritrovandosi in tasca il portafortuna. – Domani gli
spedisco dei soldi con Edvige.»
«Beh…
Avevo detto che te lo dava gratis.» sbadigliò Ron
buttandosi sul suo letto. Hermione, invece, tirò fuori una
catenina argentata.
«Prendi
questa, l’ho presa apposta. È stregata, non dovrebbero
esserci problemi con la misura.» disse la ragazza,
consegnandogli la catenina e lanciando un bacio verso Ron, quindi
uscì. Harry infilò il ciondolo nella catenina,
ottenendo il suo portafuna.
«Grazie,
fratellino!» lo ringraziò con un sorriso Draco,
rientrato poco dopo in camera ed infilandoselo subito al collo.
Rimasero
ancora un po’ svegli, anche se ben presto il primo a capitolare
a sonno fu Ron. Anche quell’ultima sera Harry occupò un
posto nel letto del gemello e s’addormentò lì,
insieme a Draco.
NOTE:
Eh, la storia sta iniziando.
Suppongo che per questo capitolo non ci sia niente di spettacolare :P
ihihihih
grazie del commento ashara, però
è Pik, non Pix. Pix è il folletto rompiscatole che va
in giro per Hogwarts :) ! Come hai visto in questo capitolo, sì
Pik c'è :)
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