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Autore: The_Novelist    04/12/2007    1 recensioni
Sesto anno alternativo, seguito de "La Stella di Cristallo". Dopo il fallito assalto di Voldemort, Hogwarts non è più un posto sicuro. Harry lo sa bene.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II: Diagon Alley

 

 

«Forza ragazzi! Le macchine stanno arrivando, non facciamoci trovare in ritardo!» li esortò Percy, che li avrebbe accompagnati a Diagon Alley per gli ultimi acquisti. Li aveva raggiunti anche Hermione già da qualche giorno pronta anche lei a fare shopping, forse un po’ troppo pronta per i gusti di Ron. La signora Weasley non sarebbe potuta venire, come moglie del Ministro della Magia anche lei aveva diversi compiti da fare per mantenere la sicurezza. Bisognava dare atto che con la gestione del signor Weasley, il Ministero si era ripreso molto velocemente dal terribile attentato attacco di qualche mese prima.

I ragazzi videro una strana automobile avvicinarsi alla Tana, molto diversa da quelle che ricordavano d’aver usato anni prima. Era un’automobile molto grande, alta e lunga, con ben sette posti a sedere. Da fuori si vedeva un autista, mentre dentro non c’era proprio nessuno.

«Ma che cos’è questa?» domandò Ron, osservando la strana auto.

«Si chiama monovolume, Ron. Va molto di moda fra i Babbani ultimamente.» gli spiegò la ragazza, mentre salivano e prendevano comodamente posto.

«E l’autista? Sai guidare, Percy?» domandò Harry sporgendosi dal sedile posteriore, Hermione aveva occupato quello del passeggero anteriore.

«Incantesimo Autoguidante, Harry. Non serve più… Bene, allora andiamo al Paiolo Magico.» ordinò Percy e l’auto iniziò a muoversi silenziosamente. Tutti poterono notare come una sottile pellicola di magia che avvolgeva la macchina, con molta probabilità doveva trattarsi di un qualche potente incantesimo protettivo. Intorno a loro grandi palazzi sfilavano lungo le strade che percorrevano, ma c’era una strana aria.

«Non deve essere una bella situazione…» commentò Hermione sovrappensiero.

«Già… In molti sono ricorsi all’Incanto Fidelis e papà ha dovuto richiamare al servizio attivo anche Moody.» spiegò serio lui, annuendo. Non fece trapelare nessuna informazione, ma Harry notò quanto la sua mano destra rimaneva vicino alla bacchetta.

«Ma Hogwarts rimarrà aperta, vero?» domandò preoccupato Draco.

«Il castello di Hogwarts non è mai stato conquistato da nessuno mago oscuro.» rispose Percy, ma quelle parole le aveva pronunciante anche la professoressa Polgara Figg l’anno prima. Non erano una vera risposta ed Harry lo capì subito, ma non disse niente: sapeva che hai suoi amici bastava quella rassicurazione. Pensò a spostare l’argomento su qualcosa di più allegro, fino a quando arrivarono quasi sulla porta del Paiolo Magico.

All’interno del locale c’era quasi silenzio e parecchi maghi in meno, tuttavia l’atmosfera rimaneva all’incirca la stessa. Il vecchio Tom stava dietro al suo bancone e salutò bonariamente i nuovi arrivati. Percy si fece dare una bibita fresca, mentre lasciava liberi i ragazzi di passeggiare per la familiare Diagon Alley. I negozi erano per la maggior parte aperti. C’era diversa gente, ma in confronto a quanta folla circolava per quella strada si poteva dire che era quasi deserta. La maggior parte di essi erano ragazzi di Hogwarts che compravano il necessario per l’anno scolastico alle porte.

 

«Devo andare a comprare una divisa nuova. Mi accompagni, Ron?» chiese Hermione, prendendo la sua mano e trascinandolo da Madama McClan.

«Potevano anche dircelo, se volevano rimanere da soli!» sghignazzò il biondo, dando una gomitata al gemello. Andarono a ritirare i nuovi libri al Ghirigoro e Ginny si rifiutò di andare in giro anche con i libri per Ron, poi li salutò un po’ sbrigativa per aggregarsi ad un gruppo di sue amiche, che continuavano a fissare il bel biondo.

«Andiamo fuori di qui, per favore.» sbuffò Harry, che non sopportava essere al centro dell’attenzione. Non lontano di lì si trovava la gelateria di Florian Fortebraccio, che, come li vide, li costrinse ad assaggiare i suoi gelati. Osservò per un breve secondo Draco, poi non fece problemi ad offrire anche a lui un bel cono gelato. Mangiarli era un bel rimedio contro il caldo.

«Ciao, Harry!» lo salutò sbrigativo Colin Canon, tuttavia Harry ebbe il tempo di vedere la sua espressione sorpresa e un po’ turbata. Immediatamente dopo, Pik si fermò al loro tavolo sul quale sbatté una borsa carica di libri. Sbuffò dal caldo e dalla fatica.

«Ciao.» li salutò, mentre ordinava un succo di frutta ghiacciato.

«Ma saranno dieci chili di libri! Come fai a portarteli con questo caldo?» gli chiese Harry, sgranando gli occhi.

«Non me lo dire… Li fare lievitare, se fosse riuscito a spezzare l’incantesimo di Voldemort.» brontolò frustrato, mentre beveva il suo succo.

« Ma com’è possibile?!» domandarono in coro i due gemelli.

«No… Purtroppo quell’Incantesimo Congelante gli è venuto fin troppo bene: tiene ancora sospesi i miei poteri magici.» spiegò il giovane, incrociando le braccia.

«Come? Non hai trovato nessuno modo? Un incantesimo? Una pozione…?» domandò Draco un po’ preoccupato.

«Nulla, ma sia il nonno sia io pensiamo che tu, Harry, possa fare qualcosa.» affermò con un sorrisetto il Tassorosso.

«E come? Non ho la minima idea di come annullare l’incantesimo.» ammise Harry, prendendo in mano la sua bacchetta. Che poteva fare?

«La tua bacchetta.» rispose semplicemente Pik.

«Che c’entra la tua bacchetta, Harry?» domandò Draco al gemello, non capendo quella risposta. Il moro non gli aveva detto niente, anche perché non l’aveva mai detto neanche a Ron ed Hermione.

«La mia bacchetta ha la stessa anima di quella di Voldemort, è come se fosse la sua gemella…» gli rivelò controvoglia Harry, che per qualche ragione non riusciva a parlare di quella cosa. Forse se ne vergognava.

«Sul serio? Ma ti rendi conto che è un’arma invidiabile?! Santo Merlino, con la Prior Incatatio si può privarlo della sua bacchetta!» esclamò Draco dopo essere rimasto per un attimo a bocca aperta.

«Proprio così. Un incantesimo di quella bacchetta ha sospeso i miei poteri, quindi solo con la tua si può annullare. Hai presente le calamite? I poli opposti si attraggono, quelli uguali si respingono. È un po’ la stessa cosa. – spiegò il Tassorosso. – Devi fare questi gesti e dire: “invertus”.» gli disse il giovane, come se non fosse niente d’eccezionale.

Altroché! C’è in gioca la sua futura vita di mago!si disse pensieroso Harry, mentre osservava bene quei gesti.

«Dai, funzionerà di sicuro!» lo incoraggiò suo fratello, come se avesse sentito i suoi pensieri. Harry annuì, mentre si faceva mostrare altre tre volte i movimenti che doveva fare con la bacchetta. Li riprovò nervosamente per qualche attimo, poi fece sul serio.

«Invertus!» esclamò a mezza voce, eseguendo alla perfezione la sequenza necessaria di movimenti. Sulla punta della bacchetta di Harry s’accese una luce nera piuttosto inquietante, che fulminò la mano destra di Pik con uno schiocco secco. Fortunatamente nessuno li notò, altrimenti avrebbero pensato che stessero praticando quelache incantesimo oscuro.

I due gemelli videro il loro amico chiudere gli occhi e respirare profondamente, mentre l’incantesimo dalla sua mano risaliva in tutto il resto del corpo. Furono attimi di attesta estenuante, perché Pik si stava giocando l’ultima possibilità di essere un mago. Harry per qualche attimo temette di aver fallito, poi l’italiano riaprì gli occhi.

«Allora? Ha funzionato?» domandò impaziente Draco, mentre l’altro si stava stiracchiando. Il tavolo accanto a loro cadde improvvisamente, senza essere toccato. Il giovane Tassorosso l’osservò stupito e si sbrigò a rimetterlo a posto, quindi afferrò la sua bacchetta magica. Dette un’ultima occhiata indagatrice al tavolino, poi puntò la sua bacchetta sui libri.

«Wingardium Leviosa! – esclamò e la sua borsa si sollevò docilmente di una dozzina abbondante di centimetri. – Grazie mille, Harry! Avevo quasi rinunciato ad essere un mago! Grazie, grazie, grazie!!! Posso fare qualcosa per te?!» gli chiese gioioso il ragazzo, mettendosi quasi a ballonzolare dalla contentezza.

«Quello che volevo, me l’hai regalato al mio compleanno.» gli ricordò il moro, passando un braccio intorno alle spalle di Draco. Avrebbe potuto essere un momento di risate, se i compagni del Serpeverde non si fossero infilati nel negozio di scope da corsa.

«Scusate.» si congedò lui, diretto verso lo stesso negozio. I due non lo fermarono perché capirono cosa voleva fare, anche se era chiaro come il sole che Harry era preoccupato.

«Sono preoccupato: deve tornare a Serpeverde. Non vorrei che gli giocassero qualche brutto tiro, dopo quello che è successo…» ammise il moro, senza togliere lo sguardo dal negozio lontano.

«L’avrei anch’io, sinceramente… Ma a te tutta questa gente sembra normale?» domandò serio Pik.

«Certo, perché?» chiese Harry, guardandosi attorno. Non capiva cosa l’altro intendesse dire.

«Perché non è così. È solo un calmo nervosismo. Ognuno di loro è preoccupato per qualcuno. Ha dimostrato di essere forte, cercando di espugnare da solo Hogwarts ed, inevitabilmente, qualcos’altro succederà. – gli spiegò saggiamente Pik. – Mi dispiace dirlo, ma tu non puoi proteggere Draco per sempre. Capisco che tu lo voglia, perché è tuo fratello gemello, perché l’hai ritrovato da pochissimo… Ma Draco deve imparare a gestire da solo i suoi problemi, se ancora non sa come. Tu puoi aiutarlo, sostenerlo e stargli vicino, ma proteggerlo completamente non potrai farlo sempre. Inoltre rischieresti di soffocarlo.» concluse lui.

«Hai ragione. Lo so… Però, non posso farci nulla… Sarà un po’ stupido, ma gli regalerò un qualche amuleto e me ne starò un pochino più tranquillo.» borbottò pensieroso il moro.

«No, non è una cosa stupida. – sorrise il Tassorosso. – Ma Hermione e Ron? Dove si sono cacciati?»

«Sono andati da Madama McClan, ma sospetto che volessero stare un po’ da soli…» ridacchiò Harry, pensando ai due amici.

«Spettegoliamo, eh?» lo rimproverò Hermione, giungendo alle sue spalle con Ron alle calcagna. A quel punto l’italiano scambiò qualche battuta con tutti e tre, poi dovette salutarli e sbrigarsi a fare qualche altra compera per Hogwarts. Evitò di parlare d’aver appena riottenuto i suoi poteri magici.

«Beato te, Harry… Non sai cos’ho dovuto sopportare…» bisbigliò Ron ad un orecchio del suo miglior amico, mentre Hermione non lo teneva sott’occhio. Harry evitò di ridere per non offendere la ragazza, quindi le confidò le sue preoccupazioni.

«Un portafortuna? Non ne ho idea, però possiamo vedere da Articoli Magici.» propose la ragazza, indicando il negozio.

Dentro alcuni maghi discutevano dell’ultimo articolo di Maghi Moderni. C’era un piccolo commesso, non più alto del professor Vitious, che li raggiunse a piccoli passi. Era vestito di verde dalla testa ai piedi, persino la bombetta che portava era di un verde smeraldo.

«Shea McFord, per servirvi. In cosa posso esservi utile?» si presentò l’ometto, che sembrava essere in parte un Lepricaone.

«Ehm… Ecco, cercavo un portafortuna per mio fratello.» spiegò Harry, non sapendo bene che cosa prendere e cercando di non far trasparire quanto lo riteneva buffo.

«Portafortuna, eh? Sì, dovrei avere qualcosa d’esatto per il suo caso signor Potter. – sorrise il commesso, mentre si arrampicava su di una scala per prendere una scatoletta impolverata. – Da tempo non mi chiedevano un portafortuna, ormai li usano solo i Babbani!»

«E come mai?» domandò Ron incuriosito.

«Perché maghi e streghe hanno la magia, non hanno bisogno di fortuna. Uff… Ecco qua! – esclamò tirando fuori dalla scatola un piccolo quadrifoglio dorato ben lavorato, con un cristallo azzurro liquido. Era un ciondolo, mancava solo una catenina in cui infilarlo. – Arriva direttamente dall’Irlanda, come me. Fatti dai Lepriacaoni, che, come si sa, sono molto fortunati!» spiegò allegramente Shea, infilandosi in bocca una lunga pipa.

«Che ne dici, Harry? Lo prendiamo?» domandò gentilmente Hermione.

«Uh… Sì. – rispose deciso il ragazzo. – Quanto costa?»

«Oh, siete fortunati! Ve lo regalo perché il famoso Harry Potter è venuto nel mio negozio!» rispose con un sorriso l’ometto. In quel momento ci fu del fracasso in strada, ed il trio poté vedere Draco rotolare fuori dal negozio di manici di scopa. Il moro non ci pensò più di tre quarti di una volta: afferrò il portafortuna e corse fuori, esattamente quando i Serpeverde uscivano in strada. Ron ed Hermione lo inseguirono bacchette alla mano.

 

«Ve la farò vedere io!» ringhiò arrabbiato Draco, agitando la bacchetta magica che brillava violentemente. Si rialzò in un attimo e gettò a terra Tiger e Goyle. La folla iniziò ad agitarsi attorno a loro, mentre i Serpeverde più piccoli si allontanarono rapidamente. Theodor Nott era pronto a difendarsi, quando improvvisamente Percy arrivò con grandi falcate.

«Cosa diavolo sta succedendo?!» esclamò stizzito, rischiando di far cadere i suoi occhiali. Vedendo apparire il funzionario ministeriale, i rimanenti della combriccola di Serpeverde sparirono quasi immediatamente.

«Ci vediamo a scuola…» salutò in cagnesco Pansy Parkison, rivolgendosi al biondo.

«Si può sapere cos’è successo? Che hai combinato, Draco?» lo accusò Percy arrivando trafelato, nello stesso momento in cui giungevano Harry e gli altri due. Ginny, invece, sbucò da una traversa.

«L’hanno fatto volare in strada!» intervenne subito Ron e la stessa cosa fu riferita da Hermione, Ginny ed Harry.

«Okay, okay… Non è successo niente, solo una lite fra ragazzi. Non è niente, non preoccupatevi.» disse Percy, rinfrancando e disperdendo la piccola folla. Chissà a cosa avevano pensato quelle persone...

«Volevo vedere come si sarebbero comportati… Insomma, ora hanno letto cos’ho scritto sulla Gazzetta del Profeta. Tutto qua, Percy. Ci devo tornare in quella Casa.» ricordò il biondo al giovane funzionario ministeriale, dopo che si sedette su di una panchina.

«Se avessero potuto, l’avrebbero fatto fuori: ci scommetto.» brontolò cupamente Ron. Harry avrebbe voluto ammazzarlo.

«Ora non esagerare, Ron. Ho capito: lo vedono come un traditore della loro Casa. Dirò a papà di scrivere a Silente, ma non credo che dopo essere smistati si possa cambiare Casa d’appartenenza.» concluse Percy.

«Io non ho detto che voglio cambiare Casa. Voglio tornare là, dimostrare che Serpeverde non sforna solo Maghi Oscuri e Mangiamorte. – affermò Draco, con voce determinata e pugni chiusi. – Voglio spezzare quest’assurda tradizione.»

«Ambizioso, eh?» osservò Hermione, punzecchiandolo.

«Certo, ma è una giusta ambizione.» le rispose il biondo, annuendo vigorosamente.

«Secondo me, Silente la pensa alla stessa maniera, altrimenti non mi spiego come mai permette ai Serpeverde di mettere piede ad Hogwarts.» commentò Ron, incrociando le braccia.

«Va bene! Va bene! Ora basta, torniamocene a casa. Non voglio sentire questi discorsi.» sbottò Percy un po’ alterato.

«Ma tu non dovevi andare da Penelope?» gli ricordò Harry malizioso, dando un’occhiata all’orologio.

«Accidenti! Arriverò tardi!» esclamò Percy, scappando via di fretta dopo aver controllato l’ora.

«Lui in ritardo? Farò prima a passare gli esami con il massimo a Pozioni!» rise divertito il sesto di Casa Weasley.

 

Non tornarono alla Tana, visto che il giorno seguente sarebbero dovuti andare a King’s Cross. La signora Weasley aveva detto loro che si sarebbero fermati al Paiolo Magico per la notte, così quella mattina avevano portato anche i loro bauli stracarichi alla locanda.

Il gruppetto, Ron, Hermione, Harry, Draco e Ginny, arrivò solamente con dieci minuti di ritardo e Percy fece loro una paternale di quasi altrettanti minuti, prima che sua madre intervenne a salvarli dalla sue grinfie. Quindi, si sedettero tutti al tavolo insieme al signor Weasley per la cena. Bill e Charlie erano da qualche parte in missione, mentre Fred e George erano andati ad Hogsmeade per cercare dei locali per il loro negozio di scherzi.

«Andato tutto bene oggi, ragazzi?» domandò la mamma di Ron, per fare un po’ di conversazione. Non sapeva che quello era il momento che Percy aspettava per fare il resoconto di ciò che era successo: sembra di ascoltare il bollettino di una guerra.

«Ne parlerò con Silente, ci pensarà lui.» borbottò stancamente il signor Weasley.

«Grazie, signore.» borbottò un po’ imbarazzato Draco, che, come suo fratello, non riusciva proprio a non dare del “lei” ai genitori di Ron.

«Su, ragazzi dovete finire i vostri bauli. Domani ci sveglieremo presto e poi dritti a King’s Crosso a prendere l’Espresso di Hogwarts.» concluse la signora Weasley. I tre annuirono e salirono nelle camere, mentre Draco si trattenne due minuti per ringraziare ancora una volta di più il padre di Ron.

«Oh! Non mi ero accorto d’averlo preso… - disse sorpreso Harry, ritrovandosi in tasca il portafortuna. – Domani gli spedisco dei soldi con Edvige.»

«Beh… Avevo detto che te lo dava gratis.» sbadigliò Ron buttandosi sul suo letto. Hermione, invece, tirò fuori una catenina argentata.

«Prendi questa, l’ho presa apposta. È stregata, non dovrebbero esserci problemi con la misura.» disse la ragazza, consegnandogli la catenina e lanciando un bacio verso Ron, quindi uscì. Harry infilò il ciondolo nella catenina, ottenendo il suo portafuna.

«Grazie, fratellino!» lo ringraziò con un sorriso Draco, rientrato poco dopo in camera ed infilandoselo subito al collo.

Rimasero ancora un po’ svegli, anche se ben presto il primo a capitolare a sonno fu Ron. Anche quell’ultima sera Harry occupò un posto nel letto del gemello e s’addormentò lì, insieme a Draco.


NOTE:

Eh, la storia sta iniziando. Suppongo che per questo capitolo non ci sia niente di spettacolare :P ihihihih


grazie del commento ashara, però è Pik, non Pix. Pix è il folletto rompiscatole che va in giro per Hogwarts :) ! Come hai visto in questo capitolo, sì Pik c'è :)

  
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