Altri canti di Marte
ALTRI CANTI DI MARTE
All’inizio venne la nausea, poi venne il dolore e per ultima
la coscienza.
Così Izzy aprì gli occhi.
Giaceva disteso sotto le mostruose radici di un enorme albero, su un
letto di terriccio mucoso, foglie morte e insetti enormi.
Un pungente odore di muffa permeava l’aria stagnante della
nicchia; il giovane fisava assente i viscidi barbigli che calavano muti
da quel tetto orrendo carezzandogli il viso da bambino.
Aspettava l’impetuoso assalto della memoria,
quell’ingenuo!
Poi ricordò e in preda a una spece di spasmo
ruzzolò
dolorante fuori dal giaciglio e iniziò una disordinata
ricerca
nella bellissima radura circostante, tra gemiti e cadute.
La luce dorata sibilava tra le alte, nere fronde: il tramonto.
Doveva fare presto.
Si fermò di colpo: proprio davanti a lui si apriva una
piccola
pozza d’acqua fetida e stagnante, distesa supina, proprio al
centro, giaceva una forma esile, schiacciata sotto un enorme corpo
rigonfio e globuloso.
Izzy riconobbe la figura e nel panico urlò:
- Tk ! Tk, mi senti ? –
L’altro non rispose.
Izzy ruppe gli indugi e corse ad ampie falcate nello stagno a salvare
il compagno.
Il fondo era irregolare e nel procedere tra gli spruzzi quasi
affogò, ma riuscì comunque ad arrivare.
Si chinò su di lui per sentirgli il respiro; era ancora
vivo! Bene, bene, ma come tirarlo fuori?
Ed era quasi notte, doveva fare presto!
L’enorme cosa che stava schiacciando Tk era evidentemente
troppo pesante per essere spostata da lui solo.
Puzzava terribilmente ed era viscida al tatto; non aveva proprio idea
di cosa potesse essere.
Provò ad aggirarla per comprenderne la forma, e si
ritrovò a fissare un tumefatto grugno suino
incorniciato
da un denso, schiumoso grumo di bava e da due piccoli occhietti stupidi.
Il mostro produsse un sommesso vagito e agitò inutilmente un
paio di piccolissime ali membranose,
allora Izzy capì:
- Patamon ? –
- Tk! Svegliati Tk! Sveglia! –
Il giovinetto biondo riprese coscienza tra uno strattone e
l’altro e iniziò a tossire rumorosamente fino a
vomitare.
Era all’asciutto ora, dolorante quasi ovunque, ma ancora
vivo.
Izzy lo fissava dall’alto, talmente terrorizzato da sembrare
etereo.
Patamon giaceva ancora nello stagno, riverso e immobile.
- Ora penso che dovresti provare ad alzarti… è
quasi notte e dobbiamo trovare un riparo… -
Le mani di Izzy tremavano come la voce.
Tk sedeva ancora sulla riva della pozza col torso escoriato esposto
all’aria aliena della notte, lo sguardo appannato fisso sul
digivice che teneva tra le mani… e su Patamon qualche metro
più in là.
Il suo digimon non si muoveva più da otto minuti e
sei… sette… otto secondi…
- Tk! Dobbiamo andare! C’è pericolo qui!-
- Sta zitto idiota! - Urlò il ragazzino di rimando
– Vengo, e senza la tua carità meschina!-
Izzy fece per aiutarlo ad alzarsi ma l’altro lo
scostò bruscamente:
- Non ti azzardare mai più a toccarmi, Verme! –
Aveva lo sguardo incandescente.
Così i due si incamminarono alla ricerca di un riparo,
distanziati, assorti nei loro pensieri.
Abbandonarono Patamon nello stagno, a morire in solitudine.
La ricompensa per la sua innocenza in quel nuovo tempo.
Il pericolo permeava l’aria, eppure era tutto così
bello!
La cosa sembrava rendere il giovane Tk ancor più furente;
aveva
perso molto, forse tutto e in un lasso di tempo così
incredibilmente breve!
Ogni suo pensiero era un fantasma sullo sfondo di una perpetua cascata
di immagini, i ricordi di ciò che lo aveva riportato
lì.
Non era più lui chi viveva la sua vita, non bastava la sua
coscienza a coprire le sue sensazioni, le sue emozioni e gli impulsi.
Ora era in balia della corrente.
Non gli restava più nulla! sarebbe stato più
ortodosso se
fosse morto, e doveva anche patire l’umiliazione di pensare
di
morire.
Ripensò a Patamon.
Ma i digimon possono morire? E quel luogo, quello pieno di
digiuova… dovrebbe chiamarsi città della
rinascita, o
qualcosa di simile…Patamon non dovrebbe rinascere
lì?
No! Questa volta è tutto diverso! Ricorda quel che
è successo quando hai tentato di farlo digievolvere.
Dunque?
Che cosa vuoi Tk?
Vuoi comunque portare ordine e giustizia come al tuo solito?
O vuoi solo tornartene a casa questa volta?
Arde ancora il fuoco dell’indignazione in te di fronte di
questo nuovo sopruso?
Questa volta però sei stato colto alla sprovvista, hai perso
tutto sin dall’inizio e non hai più nulla da
difendere.
Hai ancora il coraggio di lottare per la… giustizia?
Quale giustizia, Tk?
Intanto era arrivata, bellissima, la notte.
I lievi rumori e i delicati fruscii, all’udito disperso dei
ragazzi, parevano note di una remota melodia fuori dal tempo e
l’orrendo, che onnipresente regnava in quella foresta,
diventava
sublime.
Camminavano ormai da quasi quindici minuti e ancora non avevano
incontrato nulla che potesse somigliare a un riparo.
Poi gli alberi si aprirono in un’altra piccola
radura al
cui centro si alzavano due muri diroccati disposti ad angolo. I resti
di una casetta o di qualcosa di simile.
Sotto l’ombra di quelle misere protezioni giacevano un letto,
un
baule e, sul freddo pavimento di pietra, un fragile corpo di giovane
donna coperto di terra e foglie.
La luce spettrale della luna bagnava d’argento le linee
delicate,
la camicia da notte e i lunghi capelli castani che le ricadevano sul
volto come una larga macchia di sangue rappreso.
I due rimasero ad osservarla incantati per alcuni lunghi istanti: era
irreale ed onirico.
- Chi sarà ?- sussurrò Izzy tra sé e
così
dicendo si avvicinò cautamente al centro dello spiazzo.
Un dubbio, tra i passi scostanti, si apriva la strada in lui.
Cercò lo sguardo di Tk, ma non lo trovò.
Allungò una mano verso la fanciulla, le scostò la
chioma
e la luce lunare che ora le rivelava i lineamenti delicati la
destò.
La ragazza si mise lentamente a sedere e assonnata guardò i
due ragazzi tra le palpebre ancora semi chiuse.
- Mio Dio, non è stato un incubo allora!-
Un nuovo fuoco si accese negli occhi di Tk:
- Invece è proprio un incubo, Mimi!- poi guardò
izzy:
- Fin dove si è spinto il tuo egoismo, eh bastardo?-
sibilò, e dopo un breve momento incerto si
avventò su di
lui buttandolo a terra e iniziò a tempestargli il viso di
pugni
mentre l’altro, tra lacrime e urla dimenava le mani
convulsamente.
- Ora anche Mimi! E poi che altro succederà? Chi altri
dovrà finire come noi, eh? Cos’altro dobbiamo
perdere,
eh?- Le sue nocche erano impastate di sangue ed il viso di Izzy quasi
irriconoscibile.
Poi si fermò.
Mimi era immobile sopra di lui. Aveva tentato di fermarlo , ma lui non
l’aveva nemmeno sentita.
Gli ochhi sgranati della ragazza tradivano incredulità e
soprattutto un profondissimo disgusto.
Sotto di lui Izzy non dimenava più le braccia, non aveva
più nemmeno un’espressione tanto era deformato il
volto.
Allora il terrore s’impadronì di Tk.
- E’ancora vivo ! – disse con un filo di voce, ma
Izzy non si muoveva.
- Ora basta ! Ora basta, svegliati ! Non puoi farmi anche questo! Non
mi puoi punire con un simile rimorso! Con quello che hai fatto non hai
diritto di difenderti! -
Fu allora che si accorse che respirava ancora.
- E’ tutto cambiato, Mimi. Digiworld è
cambiato… e non solo lui!-
- E allora andiamocene!- disse Mimi indicando il digivice che Tk ancora
stringeva in mano.
Il ragazzo scoppiò a ridere e la ragazza
indietreggiò, lo sguardo tra il perplesso e lo spaventato.
Non era ancora svanita dalla sua mente quell’immagine
bestiale di
Tk che picciava Izzy, non era lui, non lo riconosceva! Il piccolo Tk
non avrebbe mai fatto una cosa simile!
Non capiva più nulla, voleva solo tornare a casa.
Izzy, intanto si stava riprendendo, rigirandosi su un fianco per
sollevarsi da terra.
- Non si torna a casa, Mimi!- disse Tk interrompendo bruscamente la
sadica risata.
- Sono successe un sacco di cose mentre te la spassavi in America!
Izzy…dai, spiegale tu che cos’è
accaduto, spiegale
cos’hai fatto!-
Con il volto tirato dal dolore, Izzy prese a spiegare…
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