Avevano l’impressione di essere entrati in un altro mondo,
un mondo completamente verde. Il muschio aveva ricoperto tutto il pavimento
diventano un morbido tappeto che attutiva il rumore dei loro passa. I muri che
li circondavano sembravano essere tutti uguali a causa dei rampicanti che li
avevano fagocitati. Solo gli stretti passaggi fra un corridoio e l’altro
risultavano ancora parzialmente aperti, altrimenti avrebbero potuto pensare di
essere già finiti in un vicolo cieco.
Si guardarono dietro le spalle, ma in effetti avevano fatto
solo pochi passi all’interno del labirinto. Riuscivano ancora a vedere una
piccola porzione del lago e dell’alto muro su cui avevano camminato per
giungere fino a lì.
Guardando l’ingresso del labirinto, all’improvviso Erick
propose – E se dessimo fuoco a tutte queste sterpaglie?
Nami gli mollò un bel pugno in testa e lo sgridò con denti
da squalo inferocito – E mentre divampa l’incendio, noi cosa facciamo? Sarebbero
necessari diversi giorni perché tutta quest’erbaccia bruci. Inoltre questo è un
ambiente chiuso. Gli sfiattatoi dell’aria, che di sicuro si aprono sulla volta
della caverna, non saranno sufficienti per il riciclo dell’aria. Il fumo non ci
metterebbe molto a riempire la grotta e noi rischieremmo di morire soffocati. Inoltre
non dimenticare che se il tesoro si trovasse al centro del labirinto o nelle
sue immediate vicinanze, potrebbe fondersi a causa del calore, i diamanti potrebbero
tornare carbone e gli zaffiri esplodere. E allora quella fatta fino ad ora
sarebbe solo fatica sprecata.
Argail studiava lo stretto passaggio che collegava al
corridoio successivo. Passarci attraverso non sarebbe stato facile soprattutto
per lui e suo fratello. Poco rassegnato a collezionare una bella serie di graffi,
propose – Perché non camminiamo sopra ai muri come abbiamo fatto al lago?
Faremmo prima ed eviteremmo le trappole.
Erick obiettò – L’idea non è male, ma non credo che questi
rampicanti reggerebbero il nostro peso e se mettessimo un piede in fallo potremmo
farci molto male.
Nami era d’accordo – In mancanza di idee migliori, a parte
tornare indietro, e al punto a cui siamo arrivati non credo sia il caso,
l’unica soluzione possibile rimane quella di percorrere il labirinto. Cerchiamo
quindi di stare vicini e di seguire la mia mappa. – E fissando ostentatamente
Argail concluse – Possibilmente senza toccare nulla.
Erick osservò tranquillo – Ci vorranno almeno un paio di ore
per attraversarlo tutto, sempre che non sbagliamo strada e ci perdiamo… – E
come se nulla fosse concluse – Tanto vale avviarci. Okay Nami, sei tu il
navigatore. Io vado avanti per primo nel caso ci siano delle trappole nascoste,
tu indicami la strada.
Non essendoci altre soluzioni valide e velocemente
praticabili, Argail si rassegnò, ma saggiamente propose – Aspettate! E se
segnassimo il percorso che facciamo? Così il ritorno sarà più facile e veloce.
Nami gli sorrise, lo stava rapidamente rivalutando – Ottima idea.
– E riflettendo a alta voce – Ma come possiamo fare? Il pavimento è ricoperto
d’erba e di muschio mentre i muri sono completamente rivestiti dai rampicanti. Non
possiamo fare alcun segno visibile a meno di non metterci a strappare erbacce
ad ogni svolta. – Malcontenta aggiunse – Ma così facendo ci metteremmo una vita
ad attraversarlo.
Adocchiando di sottecchi la navigatrice, Erick disse – Nami,
io un’idea ce l’avrei, ma tu dovresti fare un piccolo sacrificio personale per
il bene di tutti. – E guardando significativamente il blocco che lei si stringeva
al petto – Credo che una striscia di carta bianca posta nei punti strategici sarà
un segnale sufficientemente visibile in mezzo a tutto questo verde.
Argail appoggiava l’idea del fratello annuendo con la testa.
Incenerendoli con lo sguardo Nami sorrise fredda – Anche quest’idea
è buona, ma scordatevi di poter utilizzare il mio prezioso blocco in questo
modo. Trovate qualcos’altro.
Cercando di convincerla con delle moine, Erick le sorrise
con aria innocente – Sii buona.
Nami gli rispose secca – Scordatelo.
Argail provò a blandirla con un diverso approccio – La metà
del tesoro è tua, puoi permetterti questo piccolo sacrificio.
Nami voltò loro le spalle e disse inflessibile – Ho detto di
no e basta! Pensate a qualcos’altro.
Mentre Erick con un coltello allargava i passaggi più
stretti fra un corridoio e l’altro, la navigatrice indicava la strada da
seguire utilizzando come guida la mappa che aveva disegnato quando ancora si
trovavano sul ponte che ormai li sovrastava. Ad ogni svolta Argail attaccava
una striscia bianca di carta ad uno dei rampicanti come segnalazione di dove
avrebbero dovuto svoltare al loro ritorno.
La cartografa guardò sconsolata l’ennesimo foglio che veniva
strappato dal suo album e che veniva ridotto in tante lunghe e sottili striscioline
di carta.
Le scappò un sospiro triste.
Il suo bel quaderno. Che spreco! Sperava solo che il tesoro
ne valesse la pena, altrimenti i due fratelli gliela avrebbero pagata cara.
Quella era una minaccia che si era ripetuta sin troppo spesso nelle ultime ore,
ma questa volta era ben decisa ad attuarla.
Fu distratta da Argail che commentò – Se avessi saputo che
qui sotto c’era una caverna così vasta, avrei insistito per portare con noi
anche Fanny. Ora ci sarebbe stata di grande aiuto.
Erick – Smettila di lamentarti. Con i se e con i ma non si
va molto lontano. Ormai siamo qui e a meno che tu non voglia tornare indietro a
prendere Fanny mentre noi ti aspettiamo, dobbiamo continuare come abbiamo
iniziato.
Nami, che stava studiando la sua cartina, li interruppe –
Abbiamo sbagliato a girare. Dobbiamo tornare indietro di due incroci e girare a
destra.
Argail sbottò – Ancora? Di questo passo non arriveremo mai.
Nami si sentì punta sul vivo da quelle parole. Lei stava
facendo de suo meglio con il poco che aveva in mano – Se pensi di poter fare di
meglio, ti lascio volentieri la cartina. Fino a mezzo labirinto vi ci ho
portati, al resto pensaci tu che sei tanto bravo.
Argail non aveva inteso offenderla o criticarla in alcun
modo. Anzi, la ragazza stava facendo proprio un ottimo lavoro. A lui quei corridoi
sembravano essere tutti uguali l’uno all’altro. Non ci vedeva nessuna
differenza. Sapeva che se fosse dipeso da lui sarebbero rimasti intrappolati in
quel labirinto per almeno tre mesi. Invece grazie all’aiuto della navigatrice
ne avevano già superato una buona parte e la prova era la posizione del ponte
che fungeva da loro punto di riferimento.
Argail si affrettò a scusarsi – Non volevo criticarti. È solo
che questo labirinto è inquietante.
La cartografa trattenne un brivido. Per lei era un sollievo
sapere di non essere l’unica a provare quei sentimenti. E anche se non aveva
dato voce alle sue preoccupazioni, non le piaceva nemmeno il fatto che non
avevano ancora incontrato nessuna trappola. Questo solo fatto unito alla
stanchezza, la facevano agitare maggiormente. Ma sapere che anche un uomo grane
e grosso come Argail si sentiva inquieto fra quelle alte pareti verdi, era in
un certo qual modo rassicurante.
Con un gesto inconscio, Nami si sfregò le braccia in un
tentativo di tranquillizzarsi – Anch’io provo la stessa sensazione. Speriamo di
uscirne velocemente. Erick, tu che ne pensi?
Ma il ragazzo non li stava ascoltando. Si era distratto
perché aveva scorto nell’erba uno strano luccichio e si era chinato per vedere
cosa ne fosse la causa. Grattando via il muschio con un dito, riportò alla luce
l’oggetto che aveva catturato la sua attenzione. Ancora in parte nascosta dal
muschio, incastrata in posizione quasi verticale nella fenditura fra due delle
grosse piastre di pietra che formavano la pavimentazione del sentiero, vi era
una bella moneta d’oro. Doveva essere caduta da uno dei forzieri mentre il
tesoro veniva trasportato attraverso quella immensa grotta. Questo voleva anche
dire che erano sulla strada giusta per trovarlo.
Allungando la mano afferrò la moneta. Gli era bastato un
attimo per decidere che l’avrebbe regalata a Nami per rimborsarle il quaderno
che le stavano stracciando. Anche se le aveva volutamente ignorate, non gli
erano sfuggite le occhiatacce che la ragazza lanciava al loro indirizzo ogni
volta che lui o Argail strappavano uno dei suoi preziosi fogli. Neanche fossero
fatti d’oro! Cavoli, con quella moneta avrebbe potuto comprarsene cento e più
di quei maledetti quaderni, così finalmente li avrebbe perdonati. Si
complimentò con se stesso per l’idea geniale che gli era venuta.
Erick – Non è necessario tornare indietro. Credo proprio che
ci troviamo sulla strada giusta. Guardate cosa ho trovato nascosto nel muschio
proprio sotto a questo passaggio. – E tirò per mostrare il suo trofeo.
La moneta però sembrava essere saldamente incastrata al suo
posto.
Erick usò un po’ più di forza e finalmente questa cedette e
seguì il movimento del suo braccio. Il ragazzo si girò con il suo trofeo stretto
fra due dita ed un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Il suo sorriso scomparve quando vide le espressioni dei suoi
compagni.
Seguì i loro sguardi e vide cosa aveva acceso quella luce
preoccupata nei loro occhi: alla moneta era stato praticato un piccolo foro da
cui partiva un cordino con la punta sfilacciata che penzolava nel vuoto. Quello
che gli aveva opposto resistenza non era stata la moneta incastrata, ma quel sottile
cordino che lui, tirando, aveva strappato.
Erick comprese troppo tardi il suo errore – Oh, merda!
Come già era successo in precedenza, il silenzio fu rotto da
un sinistro ciglio di ingranaggi arrugginiti che si rimettevano nuovamente in
moto dopo numerosi anni di forzata inattività.
Le pareti intorno a loro cominciarono a muoversi come se
fossero animate di vita propria. I rami dei rampicanti, saldamente ancorati
alle pareti mobili, non riuscirono a fermarne il movimento, al massimo lo
rallentarono un po’ all’inizio. Alla fine i fusti furono strappati dalle radici
e le piante viaggiarono al seguito delle pareti stesse diventando delle pericolose
sporgenze da evitare. Le pareti si muovevano ruotando, spostandosi lateralmente
e anche obliquamente, mescolandosi come se fossero le carte di un mazzo.
Probabilmente stavano scivolando lungo delle corsie che fino ad allora erano
state nascoste dal muschio che ricopriva il pavimento. Infatti il muschio non
era cresciuto spontaneamente come i tre avevano erroneamente pensato in un
primo momento. Qualcuno lo aveva piantato con il preciso intento di nascondere
le corsie di scorrimento delle pareti mobili e quindi la nuova trappola di
quell’isola maledetta. Che poi il muschio avesse trovato in quella grotta un
ambiente a lui congeniale in cui vivere, quella era tutta un’altra faccenda.
Per evitare di essere travolti dalle pareti mobili, i tre si
raggrupparono schiena contro schiena al centro del corridoio, quello che in
quel momento sembrava essere il punto più sicuro. Restarono a fissare impotenti
le pareti che scorrevano e cambiavano completamente faccia al labirinto.
Dopo poco più di un minuto, il mondo intorno a loro tornò a
fermarsi.
Scioccati, si resero conto che tutti i segnali lasciati sino
a quel momento per ritrovare il percorso del ritorno, non avevano più alcuna
utilità. Erano completamente persi all’interno del nuovo labirinto che si era
andato a creare.
Con una vena pulsante in fronte, Nami accartocciò con mani
tremanti di rabbia la cartina del labirinto che aveva così faticosamente disegnato
e la scagliò contro Erick furiosa – Questa ormai è inutile! Più di quattro ore
di lavoro per disegnarla, più altre due passate a vagare qui dentro sprecate
per niente! Ma cos’è la vostra, una malattia che spinge gli esponenti della
vostra famiglia a toccare tutto quello che vedete in giro? Avevamo appena
finito di dire di non toccare nulla! Voi due siete proprio fratelli! Ma perché
in quest’occasione dovevo essere insieme a scemo e più scemo? Cos’ho fatto di
male per meritarmi questo? Un comportamento simile me lo sarei potuta aspettare
da Rufy, ma da voi…
Erick intanto aveva recuperato il foglio e aveva cercato di
lisciarne la carta. Ora capiva cosa aveva provato Argail quando aveva trovato
la torcia. Sentendosi responsabile per averne persa una nella sala degli
scacchi, aveva visto quella nuova torcia esposta in così bella vista come una
possibilità di riscatto. Aveva quindi agito prima di pensare, e quello era
stato il suo errore.
Adesso era toccato a lui commettere lo stesso sbaglio. Lui
ed Argail avevano affrontato quella storia prendendola molto alla leggera. Se
non fosse stato per l’organizzazione della navigatrice e la sua prudenza
nell’affrontare ogni nuova sala, lui ed il fratello si sarebbero cacciati a
capofitto in ogni trappola e probabilmente non sarebbero mai giunti fino a lì.
Era stata lei a pensare a tutto: funi, corde e anche viveri. Inoltre, pagina
dopo pagina, le stavano stracciando il suo quaderno. Per questo aveva visto
quella moneta come una possibilità di riscatto, un modo per ripagarla per tutto
quello che stava facendo per aiutarlo in quell’avventura, per aiutarlo a
realizzare il suo sogno. Solo che alla fine anche lui aveva agito senza
pensare.
Stando attento al tono e alle parole usate, Erick cercò di
suonare convincente e rassicurante – Calmati, adesso cercheremo una soluzione.
Ci verrà presto un’idea su come uscire di qui. – Cercando di rabbonirla e di
trovare qualcosa per farla contenta, si diede la proverbiale zappa sui piedi –
Questa moneta è d’oro vero. Grazie al foro che ha già, puoi trasformarla in un
prezioso ciondolo in ricordo di questa avventura…
Erick non poté finire la frase. Essendosi accorto dell’errore
commesso ed avvertendo il pericolo incombente, si era piegato velocemente di
lato per evitare il quaderno che la navigatrice gli aveva scagliato contro. Anche
se non lo raggiunse nel punto mirato dalla ragazza, il proiettile improvvisato lo
colpì ugualmente ad una spalla.
Trattenuta con non poche difficoltà da Argail, Nami lo
assalì con dentoni da squalo – Te lo do io il ricordo! Dall’inizio di questa
storia l’unica cosa che è andata bene è che siamo ancora vivi tutti e tre! Ma
se tu ed Argail non la smettete di toccare tutto quello che vi capita a tiro,
credo proprio che finiremo con il fare una brutta fine! E tu eri quello che
doveva proteggerci! – Liberandosi con un secco strattone dalla presa di Argail,
si avvicinò ad Erick che con sguardo contrito reggeva il suo blocco da disegno
in una mano mentre con l’altra si massaggiava la spalla colpita e dolorante. Con
gesto brusco gli strappò di mano il quaderno, poi con fare irritato andò a
sedersi in un angolo per rimuginare sulle sue sventure.
Erick si sentiva in colpa. Nami non aveva inteso ferirlo, o
almeno non lo aveva fatto volontariamente, ma con le sue parole aveva colpito
dritto nel segno. Era stato lui che sin dall’inizio di quella storia aveva
continuato a ripeterle di non preoccuparsi, che ci avrebbe pensato lui a proteggerla
e che avrebbero lasciato quell’isola sani, salvi e con le tasche piene d’oro. E
poi rovinava tutto andando a fare una sciocchezza che sarebbe potuta costare
caro a tutti e tre. Anche se era certo che sarebbero riusciti a togliersi anche
da quell’impiccio, doveva ammettere che la ragazza aveva i suoi buoni motivi
per essere arrabbiata.
Con la coda fra le gambe Erick fece il gesto di raggiungere
la navigatrice per chiederle scusa, ma vedendo la sua espressione abbattuta Argail
lo fermò. Non poteva permettere al fratello di affrontare la navigatrice in
quello stato d’animo, soprattutto non quando la ragazza sembrava così assetata
di sangue. Se si fossero affrontati adesso, di sicuro avrebbero finito con il
litigare e quella era l’ultima cosa da fare se volevano uscire vivi da lì. Fino
a quel punto se l’erano cavata solo grazie al gioco di squadra ed al fatto di
aver unito le loro forze e le loro capacità. Una rottura in quel momento si
sarebbe rivelata disastrosa. Doveva assolutamente risollevare il morale del
fratello affinché potesse affrontare la navigatrice con uno spirito più sereno.
In quel caso Nami aveva i suoi giusti motivi per essere arrabbiata, ma per loro
fortuna si era già dimostrata una persona con cui era comunque possibile
trattare e che si lasciava velocemente la rabbia alle spalle. Lui per primo non
le aveva reso la vita facile, ma adesso erano diventati amici. Ma all’inizio le
cose erano state molto diverse. Le aveva messo i bastoni fra le ruote in
continuazione, l’aveva fatta arrabbiare solo per il gusto di farlo e solo
perché era geloso del rapporto complice creatosi fra lei ed il suo fratellino. Doveva
però ammettere che sin dall’inizio per lei non doveva essere stato facile. Lui
ed Erick l’avevano coinvolta nei loro guai. L’avevano separata dalla sua
famiglia e dai suoi amici senza pensarci nemmeno un secondo. Più per colpa sua
che di Erick, era finita nei guai con Hina. Praticamente non le avevano lasciato
altra scelta se non quella di accompagnarli nella ricerca di quel tesoro. E
nonostante tutto lei aveva retto.
Guardando le cose da quel punto di vista doveva ammettere
che fino a quel momento si era adattata con sorprendente velocità ad ogni
situazione che si era ritrovata ad affrontare, anche le più difficili. Per questo
contava sul fatto che la rabbia le passasse velocemente come era arrivata.
Rivolto al fratello, Argail gli diede quello che lui
considerava un saggio consiglio – Lasciale un paio di minuti per sbollire, poi
vedrai che le cose tra voi due andranno meglio.
Vedendo che Erick si limitava a rispondergli solo con un
cenno preoccupato del capo, pensò che doveva essere proprio affezionato a
quella ragazzina. Anzi, ripensando al suo comportamento degli ultimi tempi
sospettava che, almeno per quanto riguardava suo fratello, quella fosse già
qualche cosa di più di una semplice amicizia. Suo fratello aveva sempre avuto
una ristretta cerchia di amici. Pochi ma buoni, e nel suo caso non si trattava
solo di un modo di dire. Come aveva già dimostrato, Erick era disposto a
rischiare anche la vita per quelli che considerava suoi amici. Erano poche le
persone che potevano vantare un rapporto del genere con suo fratello. E fra
quelle poche, il legame con la navigatrice era da subito spiccato come qualche
cosa di speciale. Il suo fratellino aveva rischiato molto per rintracciare una
persona che non vedeva da anni e di cui non aveva più saputo nulla dopo il loro
ultimo incontro. Contando che tutto era successo quando erano poco più che due
bambini, quella di Erick era stata una mossa azzardata. A causa
dell’ostinazione a restare legato al passato della loro famiglia dimostrato dal
loro nonno, Erick aveva finito con l’intraprendere una strada che non era la
sua. Essendo il primogenito, lui era stato in qualche modo protetto dalla parte
peggiore delle loro tradizioni e si era sentito in colpa nel vedere il suo
fratellino trasformarsi da un gioioso e allegro ragazzino in un uomo freddo e
spietato. Quando era stato sufficientemente grande per intervenire ed aiutare
il fratello, era ormai troppo tardi. Erick si era già guadagnato una brutta
fama e nonostante tutti i suoi tentativi, aveva rifiutato tutte le offerte di
aiuto che gli aveva rivolto. Gli aveva fatto male vedere il fratello che si
faceva sempre più distante ed inavvicinabile, freddo ed intimidatorio. Questo
almeno fino a quando non era ritornato improvvisamente a Tief’s Island. Il
primo periodo di convivenza non era stato facile. Erano poche le persone che
gli si erano avvicinate, il suo sguardo gelido aveva avuto il potere di tenere
alla larga quasi tutti gli abitanti dell’isola. Ma ad Erick non era sembrato
importare anzi, era sembrato quasi contento di quella solitudine e di quella
quiete. Le uniche parole che diceva prima di sparire per intere giornate, erano
che aveva bisogno di pensare. Non ne avevano mai discusso, ma era convinto che
ad Erick fosse successo qualche cosa che lo aveva colpito nel profondo. Dopo
quel primo periodo in cui non aveva saputo da che parte prenderlo, il suo fratellino
era sembrato rilassarsi leggermente. Aveva iniziato a scambiare qualche
battuta, ma erano rimaste ancora molte le lunghe pause di silenzio in cui
scrutava l’orizzonte con sguardo assente. Poi era seguita quell’improvvisa
decisione di partire per il Mare Orientale. Qualsiasi cosa fosse quella che
tormentava suo fratello, sembrava comunque che grazie alla navigatrice fosse
sulla strada giusta per trovare le risposte che cercava. Per la prima volta da
molto tempo lo vedeva finalmente tranquillo e soddisfatto.
Quella ragazza sapeva istintivamente come trattarlo. Dal
canto sui, sin dal loro primo incontro in quella fetida prigione, Erick l’aveva
trattata come una preziosa amica, accettando con piacere la sua fin troppo
schietta onestà nel dirgli quello che pensava. A dire la verità lei era la prima
persona estranea alla famiglia che lo trattava in modo così libero e
amichevole. Viaggiando insieme e passando così tanto tempo fianco a fianco,
quel rapporto si era lentamente evoluto trasformandosi in qualche cosa di più. Ogni
giorno che passavano insieme Erick era diventato sempre più protettivo. Si
lasciava sgridare, maltrattare e, anche se era ancora abbastanza furbo da
accettarlo con una certa riserva, si lasciava dare anche ordini da quella
ragazzina. Se tutto quello non stava a significare che si stava innamorando di
lei, non sapeva quali altri segni cercare. Ed in tutto quel casino non aveva la
minima idea di come la pensasse la navigatrice.
Accidenti, se non stava attento a come si comportava, il suo
fratellino avrebbe mandato in malora il loro rapporto prima ancora che avesse
la possibilità di nascere qualche cosa di serio.
Lui vestire i panni del cupido? Nemmeno per sogno. Si
sarebbe limitato a vegliare su di loro elargendo qualche saggio consiglio. Una volta
arrivati a Tief’s Island avrebbe lasciato a sua moglie Eleonora il compito del
paraninfo. Per il momento doveva preoccuparsi solo di far fare la pace a quei
due.
Per alleggerire un po’ la tensione del fratello, Argail commentò
con un sorrisetto. – Se fossi in te ci penserei due volte a regalarle un
coltello come le hai promesso. Vista la mira che ha, la prossima volta che la
fai arrabbiare invece di un’innocua palla di carta potresti beccarti in faccia
una ben più pericolosa lama affilata.
Per nulla preoccupato del pericolo prospettatogli, il viso
di Erick si rischiarò in un largo sorriso compiaciuto a quel complimento
indiretto rivolto alla sua protetta.
Aveva cominciato ad insegnarle a lanciare i coltelli più per
ammazzare la noia che per altro. Ma man mano che le lezioni procedevano, ci
aveva messo sempre più entusiasmo e determinazione. Per lui era stato come fare
un salto nel passato quando, giovani e spensierati, le aveva insegnato a rubare
e a difendersi con il bastone. Come avevano fatto allora, avevano trasformato
gli allenamenti in un gioco che in realtà era una vera e propria sfida di
abilità. Quando aveva cominciato a notare i grandi progressi che aveva fatto
senza nemmeno rendersene conto, anche la navigatrice aveva cominciato ad
apprezzare gli allenamenti. Anche se si faceva troppi scrupoli nel prendere la
mira, si rifiutava categoricamente di mirare per uccidere l’avversario, i loro
sforzi avevano comunque dato ottimi frutti.
Erick disse orgoglioso – Hai visto? Ha centrato il bersaglio
senza nemmeno fermarsi per prendere la mira. Tutte quelle ore di duro allenamento
non sono andate sprecate. Ha imparato la tecnica e l’ha perfezionata molto
velocemente. Te lo avevo detto io che era un’allieva molto dotata!
Argail confermò – E avevi ragione. – E con un sorriso
incoraggiante aggiunse – Ora che ti sei tirato su di morale vai a fare la pace
con lei e quando andrete di nuovo d’amore e d’accordo, hai il mio permesso di
regalarle un coltello. – Poi aggiunse – Piccolo però.
Erick strinse per un secondo il polso del fratello per
ringraziarlo del sostegno e dell’appoggio ricevuti. Con passo reso più leggero
e allegro dal ritrovato buon umore, si avvicinò alla ragazza e si lasciò cadere
sull’erba vicino a lei.
Qual era il modo migliore per attaccare discorso? Essendo la
prima volta da quando viaggiavano insieme che la navigatrice era così
arrabbiata con lui, non sapeva bene come affrontarla per farsi perdonare. Innanzi
tutto era meglio fare sparire la moneta incriminata prima che la navigatrice la
vedesse e che la sua ira tornasse a divampare. Così mentre lei non lo guardava,
avvolse velocemente il cordino intorno alla moneta e poi infilò in tasca
l’oggetto in questione.
Non sapendo cosa dire, Erick iniziò a parlare titubante – So
che è colpa mia…
Aveva lasciato apposta la frase in sospeso perché aveva sperato
che Nami dicesse qualche cosa per incoraggiarlo a proseguire, magari fornendogli
uno spunto da cui trarre ispirazione per trovare le parole giuste. Però lei non
si decideva ad aprire bocca.
Prima che quel silenzio diventasse imbarazzante, Erick
continuò – So anche che volevi tornare velocemente al tuo villaggio, ad
abbracciare tua sorella ed i tuoi amici. So che non sei stata molto felice di
scendere su quest’isola….
Non che quelle che Erick aveva elencato fossero delle
novità. Anche se lui aveva sistematicamente ignorato tutte le sue proteste, lei
gliele aveva sottolineate tutte più di una volta. Però era consolante sapere
che nonostante tutto aveva prestato ascolto alle sue parole.
Ad ogni modo Nami inarcò appena le sopracciglia come a
confermare quanto il ragazzo aveva appena detto, ma non aprì bocca. Non voleva
fargli capire che praticamente lo aveva perdonato subito dopo la sua sfuriata.
Doveva capire che non era un giocattolo da sballottare a suo piacimento qua e
là, ma che anche lei aveva una testa pensante e che la sapeva usare con
profitto. Che si sentisse pure in colpa ancora per un po’ di tempo. Di certo
non gli avrebbe fatto male restare un po’ sulle spine. Ma nonostante tutto era
contenta che Erick avesse capito e stesse ammettendo i suoi errori. Era già un
passo avanti nel loro rapporto. La loro amicizia era sempre solida, sincera, ma
Erick non poteva aspettarsi di poter riavere subito quel tipo di rapporto
complice che avevano instaurato tanti anni prima. Erano cresciuti tutti e due,
erano cambiati, maturati. Avevano affrontato avventure diverse, vissuto delle
esperienze che aveva formato in modo diverso i loro caratteri. Non erano più
gli stessi di sette anni prima. Crescendo erano cambiati e quindi anche il loro
rapporto doveva cambiare di conseguenza. Dovevano lavorarci, confrontarsi,
conoscersi. Questo lei lo aveva capito subito, non appena lo aveva rivisto
incatenato in quella cella. Il ragazzo allegro e solare che aveva conosciuto
era stato sostituito da uno sconosciuto dallo sguardo cupo e minaccioso.
Vedendolo la prima volta si era chiesta quanta parte di quel giovane allegro
che le stava tanto a cuore fosse celata dietro a quella maschera di rabbiosa
indifferenza. Aveva provato un po’ di timore nell’avvicinarsi, ma al primo
incrociarsi dei loro sguardi era stato come se gli anni passati senza vedersi
fossero stati di colpo cancellati. Aveva capito senza ombra di dubbio che il
loro legame era ancora indiscutibilmente forte, aveva solo bisogno di trovare
un nuovo equilibrio. Ora sembrava che anche lui se ne fosse finalmente reso
conto.
Non ricevendo risposta, Erick continuò con un sospiro – Ammetto
anche che avrei dovuto consultarti prima di decidere di coinvolgerti in questa
caccia al tesoro e che alle volte sono troppo apprensivo e protettivo. – E non
ricevendo ancora alcuna risposta sbottò irritato – Ma cosa vuoi di più? Sto
cercando di scusarmi!
Fingendosi ancora seccata, Nami osservò – Allora,
chiacchierone, limitati a chiedere scusa! – E guardandolo storto – Avanti, sto
aspettando.
Per un breve attimo Erick la guardò stupito poi, dimenticando
la tensione, scoppiò a ridere. Nessuno aveva mai preteso delle scuse da lui, e
che la prima che osasse farlo fosse una ragazzina che era la metà di lui, era
il massimo.
Passandole un braccio intorno alle spalle e stringendosela
contro il petto, respirando il dolce profumo dei suoi capelli Erick le disse –
Hai ragione. Scusami…– E dopo un attimo di esitazione proseguì – per tutto. Ti
prometto che cercherò di non essere troppo oppressivo e di chiedere il tuo
parere – E con un sorriso furbo concluse – ogni tanto.
A quella battutina finale Nami lo spinse via mollandogli un
pugno scherzoso allo stomaco e, tornando ad appoggiare le spalle contro il muro,
borbottò – Maschio sciovinista!
Erick, tornando serio – Amici come prima?
Nami confermò – Amici come prima. – E riportando il discorso
sui loro attuali problemi – Cerchiamo un modo per uscire di qui?
Dato che la tensione fra di loro si era sciolta, Erick si
alzò ed allungandole una mano l’aiutò a rimettersi in piedi – Certo. Forse
possiamo ritornare sull’idea di Argail di camminare sulla sommità dei muri.
Scuotendo il capo sconsolata Nami ribadì quanto avevano già
detto in precedenza – No, pesiamo troppo perché quei rampicanti riescano a
sostenere il nostro peso. Rischiamo davvero di fare un bel volo rompendoci
qualche osso.
Felice che si fossero riappacificati, Argail si intromise
proponendo – E se allargassimo il nostro punto di appoggio? Uno di noi potrebbe
camminare sul muro ed indicare di volta in volta agli altri il corridoio giusto
da seguire.
Sembrava troppo sicuro di sé per non aver già escogitato un
modo per attuare la sua idea, quindi Nami chiese interessata – Ed in che modo
ti proponi di agire?
Argail – Avete presente le racchette che si usano per
camminare sulla neve? Con un po’ di cordino e alcuni dei rami più spessi di
questi rampicanti non ci vorrà molto per costruirne un paio. Sono giusto quello
che ci serve per distribuire il peso sui rampicanti, così non dovrebbero
cedere. Per arrampicarsi lì in cima si può usare lo stesso metodo usato al
laghetto. – E rivolto verso il fratello – Con un paio di quelle ai piedi, per
Nami non ci dovrebbe essere nessun problema a seguire il labirinto dall’alto.
Erick era poco contento dell’idea del fratello – Aspetta un
attimo. Perché deve andarci proprio lei? Posso farlo benissimo io.
Argail gli spiegò pazientemente – Punto primo perché fra noi
tre, lei è la più leggera. Di conseguenza le basteranno delle racchette di
dimensioni più contenute e quindi si muoverà più agevolmente. Punto secondo
perché lei è una navigatrice e, fino a prova contraria, dovrebbe avere un senso
dell’orientamento più spiccato dei nostri. Punto terzo, ma non per questo meno
importante dei precedenti, per oggi io e te abbiamo già combinato la nostra dose
di idiozie quotidiane e ci siamo presi le meritate parole per questo. Ora è il
suo turno. Vediamo se riesce a fare meglio di noi due.
Nami li interruppe – Poco ma sicuro.
Argail – Cos’è, una sfida?
Nami disinteressata – Anche se fosse?
Argail si sentì piccato da quel tono di sufficienza – Allora
l’accetto. Se vinco io dovrai fare il mio bucato e rammendarmi i calzini fino a
Tief’s Island.
Nami gli rivolse un sorrisetto di superiorità – Ci sto. Ti
sei messo nel sacco con le tue mani: le rotte sono il mio pane quotidiano.
Vediamo, se vinco io tu ti occuperai di lavare tutti i piatti e di fare il
bucato fino alla tua isola. Accetti?
Anche se non del tutto convinto, visto che ormai non poteva
più tirarsi indietro, Argail fu costretto ad accettare. – Okay, ma non
esagerare. Se perdo mi occuperò solo del bucato. Però viste tutte le trappole
che abbiamo incontrato, non credere di riuscire a superare impunemente questo
labirinto.
Nami era sicura di sé – Staremo a vedere come andrà a
finire.
Erick li interruppe esasperato – La volete smettere voi due?
Io non ho ancora acconsentito al fatto che debba essere lei a salire e a
camminare su quei maledetti muri!
Nami gli rispose tranquilla – Non hai gran voce in capitolo.
Non siamo una dittatura. La maggioranza ha deciso che tocca a me, quindi andrò
io. Ed ora smettila di rompere con questa storia. – E girandosi verso Argail lo
ignorò completamente – Credi davvero di essere in grado di costruire le racchette?
Nello zaino c’è la corda che abbiamo usato prima. Per tagliarla e ricavarne
delle strisce più sottili puoi usare uno dei coltelli di Erick.
Divertito dall’espressione offesa assunta dal fratello
quando gli era stato ingiunto di non rompere per poi essere completamente snobbato
dalla ragazza, non doveva capitargli spesso di vivere un’esperienza simile, sogghignando
divertito sotto i baffi Argail, disse – Certamente. Mettiamoci all’opera. –
Poi, come a rivolgerle un complimento, aggiunse – Sono poche le donne che
trattano il mio bel fratellino a quel modo. Se non fossi già felicemente
sposato ci farei un pensierino.
Nami, guardandolo da sotto le ciglia, rispose – Allora è una
fortuna che tu sia già sistemato. Non mi interessano gli uomini senza un soldo
in tasca.
Argail – Come fai a dire che sono un poveraccio?
Nami – Ho tratto le mie conclusioni. Se fossi ricco non ti
saresti imbarcato in questa strampalata avventura per la ricerca di un
fantomatico tesoro per costruire una casetta per tua moglie.
Argail – Non una misera casetta. Le costruirò un vero
palazzo. E comunque la situazione cambierà quando troveremo il tesoro.
Diventerò un uomo ricco.
Sorridendo Nami lo prese in giro – Io sarò una donna ricca.
Se tu non la smetti di accumulare debiti come altri collezionano francobolli,
una volta che avrai saldato la cifra che mi devi sarai si e no un uomo
benestante.
Si, sapeva che la navigatrice stava scherzando, ma la
situazione rischiava davvero di diventare quella. Se non voleva correre quel
rischio doveva darsi una mossa per concludere quell’avventura e ritornare al
loro accordo originale. In fondo le aveva ceduto la sua parte della Victory con
l’intesa di avere tutte le spese di vitto e alloggio pagate fino alla loro
isola.
Dopo essersi fatto dare dal fratello uno dei suoi coltelli,
il maggiore dei Dangerfield si avvicinò ad una delle pareti mobili del
labirinto. Approfittando del fatto che i fusti fossero già stati strappati
dalle loro radici dal movimento delle pareti, ne staccò alcuni rami di diversi
spessori. Aiutandosi con il coltello li ripulì dalle foglie e dai rametti
secondari e ne tastò la flessibilità e la resistenza. Sempre aiutandosi con il
coltello tagliò un pezzo della corda che la cartografa aveva nello zaino e la
sfilacciò ricavandone una decina di cordini più sottili. Quando fu soddisfatto
dei materiali raccolti si sedette a terra e cominciò ad intrecciare con
maestria le due racchette.
Mentre osservava Argail seduto a terra a gambe incrociate e
concentrato sul suo lavoro, Nami chiese al fratello – Dove hai messo la mia
moneta?
Erick, che era rimasto immusonito a guardare storto i due compagni
che si erano coalizzati contro di lui, cadde dalle nuvole – Quale moneta?
Nami non nascose il sarcasmo – Quella che sarebbe diventata
un bel ricordo per il futuro. Anche se ci ha creato dei problemi è pur sempre
d’oro.
Il ragazzo prese dalla tasca la moneta e gliela lanciò. La
navigatrice la afferrò al volo e fece il gesto di metterla nel sacchetto con le
altre monete che aveva trovato vicino allo scheletro abbandonato nel primo
tunnel che avevano percorso.
Restando concentrato sul suo lavoro Argail sentenziò – Un
attimo. Se quella moneta fa parte del tesoro, la metà è mia.
La cartografa lo fulminò con gli occhi. Da una parte l’uomo
aveva ragione. In effetti quelli erano gli accordi presi, ma dargli tutto
quell’oro… Le piangeva il cuore. Fissando la moneta in questione e quello
stupido pezzo di corda che vi era avvolto intorno, le venne un’idea.
Nami disse decisa – È giusto, hai ragione. I patti sono
patti. Dobbiamo dividerci questo trofeo.
A quelle parole i due uomini sollevarono lo sguardo a
fissarla stupiti e forse un po’ preoccupati. Si erano aspettati un secco
rifiuto ed un mare di proteste e non una resa così docile ed immediata.
Ignorando le loro facce stupite, Nami continuò imperterrita –
Come da accordi il cinquanta per cento è mio ed il resto è tutto tuo. – E con
uno smagliante sorriso – Bene, io mi tengo la moneta e a te cedo questo
bellissimo cordino quasi nuovo che puoi riutilizzare per finire le racchette.
Contento?
Argail non trovò molto da ribattere a quella inaspettata
trovata della ragazza – Per niente! La tua divisione non è affatto giusta!
Grondando innocenza da tutti i pori, Nami disse – Di che ti
lamenti? La tua parte corrisponde a più del cinquanta per cento pattuito. Sono
stata generosa. Da questa divisione ci perdo, ma per questa volta e solo per te
faccio questo sacrificio. Dovresti esserne contento e ringraziarmi invece di
lamentarti sempre.
Argail, suo malgrado divertito, borbottò – Strega! – E si
rimise all’opera sollevato dal constatare che la navigatrice, nonostante gli
ultimi guai che lui ed il fratello avevano combinato, non era per nulla
cambiata.