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Autore: key_c    21/05/2013    0 recensioni
Per vari motivi ho letto il fumetto fino al numero 16 e dell'anime sono riuscita a vedere gli episodi fino alla serie (vista solo in parte) di Alabasta. Però la storia ed i personaggi mi sono piaciuti e ho voluto provare ad inventarmi un seguito mio della storia. Per farlo ho cercato qualche informazione su internet, ma soprattutto mi sono servita della mia mente bacata. La storia è ancora in corso, ma questo è il lavoro svolto fino adesso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap 079 - Nel labirinto

 

Avevano l’impressione di essere entrati in un altro mondo, un mondo completamente verde. Il muschio aveva ricoperto tutto il pavimento diventano un morbido tappeto che attutiva il rumore dei loro passa. I muri che li circondavano sembravano essere tutti uguali a causa dei rampicanti che li avevano fagocitati. Solo gli stretti passaggi fra un corridoio e l’altro risultavano ancora parzialmente aperti, altrimenti avrebbero potuto pensare di essere già finiti in un vicolo cieco.

Si guardarono dietro le spalle, ma in effetti avevano fatto solo pochi passi all’interno del labirinto. Riuscivano ancora a vedere una piccola porzione del lago e dell’alto muro su cui avevano camminato per giungere fino a lì.

Guardando l’ingresso del labirinto, all’improvviso Erick propose – E se dessimo fuoco a tutte queste sterpaglie?

Nami gli mollò un bel pugno in testa e lo sgridò con denti da squalo inferocito – E mentre divampa l’incendio, noi cosa facciamo? Sarebbero necessari diversi giorni perché tutta quest’erbaccia bruci. Inoltre questo è un ambiente chiuso. Gli sfiattatoi dell’aria, che di sicuro si aprono sulla volta della caverna, non saranno sufficienti per il riciclo dell’aria. Il fumo non ci metterebbe molto a riempire la grotta e noi rischieremmo di morire soffocati. Inoltre non dimenticare che se il tesoro si trovasse al centro del labirinto o nelle sue immediate vicinanze, potrebbe fondersi a causa del calore, i diamanti potrebbero tornare carbone e gli zaffiri esplodere. E allora quella fatta fino ad ora sarebbe solo fatica sprecata.

Argail studiava lo stretto passaggio che collegava al corridoio successivo. Passarci attraverso non sarebbe stato facile soprattutto per lui e suo fratello. Poco rassegnato a collezionare una bella serie di graffi, propose – Perché non camminiamo sopra ai muri come abbiamo fatto al lago? Faremmo prima ed eviteremmo le trappole.

Erick obiettò – L’idea non è male, ma non credo che questi rampicanti reggerebbero il nostro peso e se mettessimo un piede in fallo potremmo farci molto male.

Nami era d’accordo – In mancanza di idee migliori, a parte tornare indietro, e al punto a cui siamo arrivati non credo sia il caso, l’unica soluzione possibile rimane quella di percorrere il labirinto. Cerchiamo quindi di stare vicini e di seguire la mia mappa. – E fissando ostentatamente Argail concluse – Possibilmente senza toccare nulla.

Erick osservò tranquillo – Ci vorranno almeno un paio di ore per attraversarlo tutto, sempre che non sbagliamo strada e ci perdiamo… – E come se nulla fosse concluse – Tanto vale avviarci. Okay Nami, sei tu il navigatore. Io vado avanti per primo nel caso ci siano delle trappole nascoste, tu indicami la strada.

Non essendoci altre soluzioni valide e velocemente praticabili, Argail si rassegnò, ma saggiamente propose – Aspettate! E se segnassimo il percorso che facciamo? Così il ritorno sarà più facile e veloce.

Nami gli sorrise, lo stava rapidamente rivalutando – Ottima idea. – E riflettendo a alta voce – Ma come possiamo fare? Il pavimento è ricoperto d’erba e di muschio mentre i muri sono completamente rivestiti dai rampicanti. Non possiamo fare alcun segno visibile a meno di non metterci a strappare erbacce ad ogni svolta. – Malcontenta aggiunse – Ma così facendo ci metteremmo una vita ad attraversarlo.

Adocchiando di sottecchi la navigatrice, Erick disse – Nami, io un’idea ce l’avrei, ma tu dovresti fare un piccolo sacrificio personale per il bene di tutti. – E guardando significativamente il blocco che lei si stringeva al petto – Credo che una striscia di carta bianca posta nei punti strategici sarà un segnale sufficientemente visibile in mezzo a tutto questo verde.

Argail appoggiava l’idea del fratello annuendo con la testa.

Incenerendoli con lo sguardo Nami sorrise fredda – Anche quest’idea è buona, ma scordatevi di poter utilizzare il mio prezioso blocco in questo modo. Trovate qualcos’altro.

Cercando di convincerla con delle moine, Erick le sorrise con aria innocente – Sii buona.

Nami gli rispose secca – Scordatelo.

Argail provò a blandirla con un diverso approccio – La metà del tesoro è tua, puoi permetterti questo piccolo sacrificio.

Nami voltò loro le spalle e disse inflessibile – Ho detto di no e basta! Pensate a qualcos’altro.

 

Mentre Erick con un coltello allargava i passaggi più stretti fra un corridoio e l’altro, la navigatrice indicava la strada da seguire utilizzando come guida la mappa che aveva disegnato quando ancora si trovavano sul ponte che ormai li sovrastava. Ad ogni svolta Argail attaccava una striscia bianca di carta ad uno dei rampicanti come segnalazione di dove avrebbero dovuto svoltare al loro ritorno.

La cartografa guardò sconsolata l’ennesimo foglio che veniva strappato dal suo album e che veniva ridotto in tante lunghe e sottili striscioline di carta.

Le scappò un sospiro triste.

Il suo bel quaderno. Che spreco! Sperava solo che il tesoro ne valesse la pena, altrimenti i due fratelli gliela avrebbero pagata cara. Quella era una minaccia che si era ripetuta sin troppo spesso nelle ultime ore, ma questa volta era ben decisa ad attuarla.

Fu distratta da Argail che commentò – Se avessi saputo che qui sotto c’era una caverna così vasta, avrei insistito per portare con noi anche Fanny. Ora ci sarebbe stata di grande aiuto.

Erick – Smettila di lamentarti. Con i se e con i ma non si va molto lontano. Ormai siamo qui e a meno che tu non voglia tornare indietro a prendere Fanny mentre noi ti aspettiamo, dobbiamo continuare come abbiamo iniziato.

Nami, che stava studiando la sua cartina, li interruppe – Abbiamo sbagliato a girare. Dobbiamo tornare indietro di due incroci e girare a destra.

Argail sbottò – Ancora? Di questo passo non arriveremo mai.

Nami si sentì punta sul vivo da quelle parole. Lei stava facendo de suo meglio con il poco che aveva in mano – Se pensi di poter fare di meglio, ti lascio volentieri la cartina. Fino a mezzo labirinto vi ci ho portati, al resto pensaci tu che sei tanto bravo.

Argail non aveva inteso offenderla o criticarla in alcun modo. Anzi, la ragazza stava facendo proprio un ottimo lavoro. A lui quei corridoi sembravano essere tutti uguali l’uno all’altro. Non ci vedeva nessuna differenza. Sapeva che se fosse dipeso da lui sarebbero rimasti intrappolati in quel labirinto per almeno tre mesi. Invece grazie all’aiuto della navigatrice ne avevano già superato una buona parte e la prova era la posizione del ponte che fungeva da loro punto di riferimento.

Argail si affrettò a scusarsi – Non volevo criticarti. È solo che questo labirinto è inquietante.

La cartografa trattenne un brivido. Per lei era un sollievo sapere di non essere l’unica a provare quei sentimenti. E anche se non aveva dato voce alle sue preoccupazioni, non le piaceva nemmeno il fatto che non avevano ancora incontrato nessuna trappola. Questo solo fatto unito alla stanchezza, la facevano agitare maggiormente. Ma sapere che anche un uomo grane e grosso come Argail si sentiva inquieto fra quelle alte pareti verdi, era in un certo qual modo rassicurante.

Con un gesto inconscio, Nami si sfregò le braccia in un tentativo di tranquillizzarsi – Anch’io provo la stessa sensazione. Speriamo di uscirne velocemente. Erick, tu che ne pensi?

Ma il ragazzo non li stava ascoltando. Si era distratto perché aveva scorto nell’erba uno strano luccichio e si era chinato per vedere cosa ne fosse la causa. Grattando via il muschio con un dito, riportò alla luce l’oggetto che aveva catturato la sua attenzione. Ancora in parte nascosta dal muschio, incastrata in posizione quasi verticale nella fenditura fra due delle grosse piastre di pietra che formavano la pavimentazione del sentiero, vi era una bella moneta d’oro. Doveva essere caduta da uno dei forzieri mentre il tesoro veniva trasportato attraverso quella immensa grotta. Questo voleva anche dire che erano sulla strada giusta per trovarlo.

Allungando la mano afferrò la moneta. Gli era bastato un attimo per decidere che l’avrebbe regalata a Nami per rimborsarle il quaderno che le stavano stracciando. Anche se le aveva volutamente ignorate, non gli erano sfuggite le occhiatacce che la ragazza lanciava al loro indirizzo ogni volta che lui o Argail strappavano uno dei suoi preziosi fogli. Neanche fossero fatti d’oro! Cavoli, con quella moneta avrebbe potuto comprarsene cento e più di quei maledetti quaderni, così finalmente li avrebbe perdonati. Si complimentò con se stesso per l’idea geniale che gli era venuta.

Erick – Non è necessario tornare indietro. Credo proprio che ci troviamo sulla strada giusta. Guardate cosa ho trovato nascosto nel muschio proprio sotto a questo passaggio. – E tirò per mostrare il suo trofeo.

La moneta però sembrava essere saldamente incastrata al suo posto.

Erick usò un po’ più di forza e finalmente questa cedette e seguì il movimento del suo braccio. Il ragazzo si girò con il suo trofeo stretto fra due dita ed un sorriso compiaciuto sulle labbra.

Il suo sorriso scomparve quando vide le espressioni dei suoi compagni.

Seguì i loro sguardi e vide cosa aveva acceso quella luce preoccupata nei loro occhi: alla moneta era stato praticato un piccolo foro da cui partiva un cordino con la punta sfilacciata che penzolava nel vuoto. Quello che gli aveva opposto resistenza non era stata la moneta incastrata, ma quel sottile cordino che lui, tirando, aveva strappato.

Erick comprese troppo tardi il suo errore – Oh, merda!

Come già era successo in precedenza, il silenzio fu rotto da un sinistro ciglio di ingranaggi arrugginiti che si rimettevano nuovamente in moto dopo numerosi anni di forzata inattività.

Le pareti intorno a loro cominciarono a muoversi come se fossero animate di vita propria. I rami dei rampicanti, saldamente ancorati alle pareti mobili, non riuscirono a fermarne il movimento, al massimo lo rallentarono un po’ all’inizio. Alla fine i fusti furono strappati dalle radici e le piante viaggiarono al seguito delle pareti stesse diventando delle pericolose sporgenze da evitare. Le pareti si muovevano ruotando, spostandosi lateralmente e anche obliquamente, mescolandosi come se fossero le carte di un mazzo. Probabilmente stavano scivolando lungo delle corsie che fino ad allora erano state nascoste dal muschio che ricopriva il pavimento. Infatti il muschio non era cresciuto spontaneamente come i tre avevano erroneamente pensato in un primo momento. Qualcuno lo aveva piantato con il preciso intento di nascondere le corsie di scorrimento delle pareti mobili e quindi la nuova trappola di quell’isola maledetta. Che poi il muschio avesse trovato in quella grotta un ambiente a lui congeniale in cui vivere, quella era tutta un’altra faccenda.

Per evitare di essere travolti dalle pareti mobili, i tre si raggrupparono schiena contro schiena al centro del corridoio, quello che in quel momento sembrava essere il punto più sicuro. Restarono a fissare impotenti le pareti che scorrevano e cambiavano completamente faccia al labirinto.

Dopo poco più di un minuto, il mondo intorno a loro tornò a fermarsi.

Scioccati, si resero conto che tutti i segnali lasciati sino a quel momento per ritrovare il percorso del ritorno, non avevano più alcuna utilità. Erano completamente persi all’interno del nuovo labirinto che si era andato a creare.

Con una vena pulsante in fronte, Nami accartocciò con mani tremanti di rabbia la cartina del labirinto che aveva così faticosamente disegnato e la scagliò contro Erick furiosa – Questa ormai è inutile! Più di quattro ore di lavoro per disegnarla, più altre due passate a vagare qui dentro sprecate per niente! Ma cos’è la vostra, una malattia che spinge gli esponenti della vostra famiglia a toccare tutto quello che vedete in giro? Avevamo appena finito di dire di non toccare nulla! Voi due siete proprio fratelli! Ma perché in quest’occasione dovevo essere insieme a scemo e più scemo? Cos’ho fatto di male per meritarmi questo? Un comportamento simile me lo sarei potuta aspettare da Rufy, ma da voi…

Erick intanto aveva recuperato il foglio e aveva cercato di lisciarne la carta. Ora capiva cosa aveva provato Argail quando aveva trovato la torcia. Sentendosi responsabile per averne persa una nella sala degli scacchi, aveva visto quella nuova torcia esposta in così bella vista come una possibilità di riscatto. Aveva quindi agito prima di pensare, e quello era stato il suo errore.

Adesso era toccato a lui commettere lo stesso sbaglio. Lui ed Argail avevano affrontato quella storia prendendola molto alla leggera. Se non fosse stato per l’organizzazione della navigatrice e la sua prudenza nell’affrontare ogni nuova sala, lui ed il fratello si sarebbero cacciati a capofitto in ogni trappola e probabilmente non sarebbero mai giunti fino a lì. Era stata lei a pensare a tutto: funi, corde e anche viveri. Inoltre, pagina dopo pagina, le stavano stracciando il suo quaderno. Per questo aveva visto quella moneta come una possibilità di riscatto, un modo per ripagarla per tutto quello che stava facendo per aiutarlo in quell’avventura, per aiutarlo a realizzare il suo sogno. Solo che alla fine anche lui aveva agito senza pensare.

Stando attento al tono e alle parole usate, Erick cercò di suonare convincente e rassicurante – Calmati, adesso cercheremo una soluzione. Ci verrà presto un’idea su come uscire di qui. – Cercando di rabbonirla e di trovare qualcosa per farla contenta, si diede la proverbiale zappa sui piedi – Questa moneta è d’oro vero. Grazie al foro che ha già, puoi trasformarla in un prezioso ciondolo in ricordo di questa avventura…

Erick non poté finire la frase. Essendosi accorto dell’errore commesso ed avvertendo il pericolo incombente, si era piegato velocemente di lato per evitare il quaderno che la navigatrice gli aveva scagliato contro. Anche se non lo raggiunse nel punto mirato dalla ragazza, il proiettile improvvisato lo colpì ugualmente ad una spalla.

Trattenuta con non poche difficoltà da Argail, Nami lo assalì con dentoni da squalo – Te lo do io il ricordo! Dall’inizio di questa storia l’unica cosa che è andata bene è che siamo ancora vivi tutti e tre! Ma se tu ed Argail non la smettete di toccare tutto quello che vi capita a tiro, credo proprio che finiremo con il fare una brutta fine! E tu eri quello che doveva proteggerci! – Liberandosi con un secco strattone dalla presa di Argail, si avvicinò ad Erick che con sguardo contrito reggeva il suo blocco da disegno in una mano mentre con l’altra si massaggiava la spalla colpita e dolorante. Con gesto brusco gli strappò di mano il quaderno, poi con fare irritato andò a sedersi in un angolo per rimuginare sulle sue sventure.

Erick si sentiva in colpa. Nami non aveva inteso ferirlo, o almeno non lo aveva fatto volontariamente, ma con le sue parole aveva colpito dritto nel segno. Era stato lui che sin dall’inizio di quella storia aveva continuato a ripeterle di non preoccuparsi, che ci avrebbe pensato lui a proteggerla e che avrebbero lasciato quell’isola sani, salvi e con le tasche piene d’oro. E poi rovinava tutto andando a fare una sciocchezza che sarebbe potuta costare caro a tutti e tre. Anche se era certo che sarebbero riusciti a togliersi anche da quell’impiccio, doveva ammettere che la ragazza aveva i suoi buoni motivi per essere arrabbiata.

Con la coda fra le gambe Erick fece il gesto di raggiungere la navigatrice per chiederle scusa, ma vedendo la sua espressione abbattuta Argail lo fermò. Non poteva permettere al fratello di affrontare la navigatrice in quello stato d’animo, soprattutto non quando la ragazza sembrava così assetata di sangue. Se si fossero affrontati adesso, di sicuro avrebbero finito con il litigare e quella era l’ultima cosa da fare se volevano uscire vivi da lì. Fino a quel punto se l’erano cavata solo grazie al gioco di squadra ed al fatto di aver unito le loro forze e le loro capacità. Una rottura in quel momento si sarebbe rivelata disastrosa. Doveva assolutamente risollevare il morale del fratello affinché potesse affrontare la navigatrice con uno spirito più sereno. In quel caso Nami aveva i suoi giusti motivi per essere arrabbiata, ma per loro fortuna si era già dimostrata una persona con cui era comunque possibile trattare e che si lasciava velocemente la rabbia alle spalle. Lui per primo non le aveva reso la vita facile, ma adesso erano diventati amici. Ma all’inizio le cose erano state molto diverse. Le aveva messo i bastoni fra le ruote in continuazione, l’aveva fatta arrabbiare solo per il gusto di farlo e solo perché era geloso del rapporto complice creatosi fra lei ed il suo fratellino. Doveva però ammettere che sin dall’inizio per lei non doveva essere stato facile. Lui ed Erick l’avevano coinvolta nei loro guai. L’avevano separata dalla sua famiglia e dai suoi amici senza pensarci nemmeno un secondo. Più per colpa sua che di Erick, era finita nei guai con Hina. Praticamente non le avevano lasciato altra scelta se non quella di accompagnarli nella ricerca di quel tesoro. E nonostante tutto lei aveva retto.

Guardando le cose da quel punto di vista doveva ammettere che fino a quel momento si era adattata con sorprendente velocità ad ogni situazione che si era ritrovata ad affrontare, anche le più difficili. Per questo contava sul fatto che la rabbia le passasse velocemente come era arrivata.

Rivolto al fratello, Argail gli diede quello che lui considerava un saggio consiglio – Lasciale un paio di minuti per sbollire, poi vedrai che le cose tra voi due andranno meglio.

Vedendo che Erick si limitava a rispondergli solo con un cenno preoccupato del capo, pensò che doveva essere proprio affezionato a quella ragazzina. Anzi, ripensando al suo comportamento degli ultimi tempi sospettava che, almeno per quanto riguardava suo fratello, quella fosse già qualche cosa di più di una semplice amicizia. Suo fratello aveva sempre avuto una ristretta cerchia di amici. Pochi ma buoni, e nel suo caso non si trattava solo di un modo di dire. Come aveva già dimostrato, Erick era disposto a rischiare anche la vita per quelli che considerava suoi amici. Erano poche le persone che potevano vantare un rapporto del genere con suo fratello. E fra quelle poche, il legame con la navigatrice era da subito spiccato come qualche cosa di speciale. Il suo fratellino aveva rischiato molto per rintracciare una persona che non vedeva da anni e di cui non aveva più saputo nulla dopo il loro ultimo incontro. Contando che tutto era successo quando erano poco più che due bambini, quella di Erick era stata una mossa azzardata. A causa dell’ostinazione a restare legato al passato della loro famiglia dimostrato dal loro nonno, Erick aveva finito con l’intraprendere una strada che non era la sua. Essendo il primogenito, lui era stato in qualche modo protetto dalla parte peggiore delle loro tradizioni e si era sentito in colpa nel vedere il suo fratellino trasformarsi da un gioioso e allegro ragazzino in un uomo freddo e spietato. Quando era stato sufficientemente grande per intervenire ed aiutare il fratello, era ormai troppo tardi. Erick si era già guadagnato una brutta fama e nonostante tutti i suoi tentativi, aveva rifiutato tutte le offerte di aiuto che gli aveva rivolto. Gli aveva fatto male vedere il fratello che si faceva sempre più distante ed inavvicinabile, freddo ed intimidatorio. Questo almeno fino a quando non era ritornato improvvisamente a Tief’s Island. Il primo periodo di convivenza non era stato facile. Erano poche le persone che gli si erano avvicinate, il suo sguardo gelido aveva avuto il potere di tenere alla larga quasi tutti gli abitanti dell’isola. Ma ad Erick non era sembrato importare anzi, era sembrato quasi contento di quella solitudine e di quella quiete. Le uniche parole che diceva prima di sparire per intere giornate, erano che aveva bisogno di pensare. Non ne avevano mai discusso, ma era convinto che ad Erick fosse successo qualche cosa che lo aveva colpito nel profondo. Dopo quel primo periodo in cui non aveva saputo da che parte prenderlo, il suo fratellino era sembrato rilassarsi leggermente. Aveva iniziato a scambiare qualche battuta, ma erano rimaste ancora molte le lunghe pause di silenzio in cui scrutava l’orizzonte con sguardo assente. Poi era seguita quell’improvvisa decisione di partire per il Mare Orientale. Qualsiasi cosa fosse quella che tormentava suo fratello, sembrava comunque che grazie alla navigatrice fosse sulla strada giusta per trovare le risposte che cercava. Per la prima volta da molto tempo lo vedeva finalmente tranquillo e soddisfatto.

 Quella ragazza sapeva istintivamente come trattarlo. Dal canto sui, sin dal loro primo incontro in quella fetida prigione, Erick l’aveva trattata come una preziosa amica, accettando con piacere la sua fin troppo schietta onestà nel dirgli quello che pensava. A dire la verità lei era la prima persona estranea alla famiglia che lo trattava in modo così libero e amichevole. Viaggiando insieme e passando così tanto tempo fianco a fianco, quel rapporto si era lentamente evoluto trasformandosi in qualche cosa di più. Ogni giorno che passavano insieme Erick era diventato sempre più protettivo. Si lasciava sgridare, maltrattare e, anche se era ancora abbastanza furbo da accettarlo con una certa riserva, si lasciava dare anche ordini da quella ragazzina. Se tutto quello non stava a significare che si stava innamorando di lei, non sapeva quali altri segni cercare. Ed in tutto quel casino non aveva la minima idea di come la pensasse la navigatrice.

Accidenti, se non stava attento a come si comportava, il suo fratellino avrebbe mandato in malora il loro rapporto prima ancora che avesse la possibilità di nascere qualche cosa di serio.

Lui vestire i panni del cupido? Nemmeno per sogno. Si sarebbe limitato a vegliare su di loro elargendo qualche saggio consiglio. Una volta arrivati a Tief’s Island avrebbe lasciato a sua moglie Eleonora il compito del paraninfo. Per il momento doveva preoccuparsi solo di far fare la pace a quei due.

Per alleggerire un po’ la tensione del fratello, Argail commentò con un sorrisetto. – Se fossi in te ci penserei due volte a regalarle un coltello come le hai promesso. Vista la mira che ha, la prossima volta che la fai arrabbiare invece di un’innocua palla di carta potresti beccarti in faccia una ben più pericolosa lama affilata.

Per nulla preoccupato del pericolo prospettatogli, il viso di Erick si rischiarò in un largo sorriso compiaciuto a quel complimento indiretto rivolto alla sua protetta.

Aveva cominciato ad insegnarle a lanciare i coltelli più per ammazzare la noia che per altro. Ma man mano che le lezioni procedevano, ci aveva messo sempre più entusiasmo e determinazione. Per lui era stato come fare un salto nel passato quando, giovani e spensierati, le aveva insegnato a rubare e a difendersi con il bastone. Come avevano fatto allora, avevano trasformato gli allenamenti in un gioco che in realtà era una vera e propria sfida di abilità. Quando aveva cominciato a notare i grandi progressi che aveva fatto senza nemmeno rendersene conto, anche la navigatrice aveva cominciato ad apprezzare gli allenamenti. Anche se si faceva troppi scrupoli nel prendere la mira, si rifiutava categoricamente di mirare per uccidere l’avversario, i loro sforzi avevano comunque dato ottimi frutti.

Erick disse orgoglioso – Hai visto? Ha centrato il bersaglio senza nemmeno fermarsi per prendere la mira. Tutte quelle ore di duro allenamento non sono andate sprecate. Ha imparato la tecnica e l’ha perfezionata molto velocemente. Te lo avevo detto io che era un’allieva molto dotata!

Argail confermò – E avevi ragione. – E con un sorriso incoraggiante aggiunse – Ora che ti sei tirato su di morale vai a fare la pace con lei e quando andrete di nuovo d’amore e d’accordo, hai il mio permesso di regalarle un coltello. – Poi aggiunse – Piccolo però.

Erick strinse per un secondo il polso del fratello per ringraziarlo del sostegno e dell’appoggio ricevuti. Con passo reso più leggero e allegro dal ritrovato buon umore, si avvicinò alla ragazza e si lasciò cadere sull’erba vicino a lei.

Qual era il modo migliore per attaccare discorso? Essendo la prima volta da quando viaggiavano insieme che la navigatrice era così arrabbiata con lui, non sapeva bene come affrontarla per farsi perdonare. Innanzi tutto era meglio fare sparire la moneta incriminata prima che la navigatrice la vedesse e che la sua ira tornasse a divampare. Così mentre lei non lo guardava, avvolse velocemente il cordino intorno alla moneta e poi infilò in tasca l’oggetto in questione.

Non sapendo cosa dire, Erick iniziò a parlare titubante – So che è colpa mia…

Aveva lasciato apposta la frase in sospeso perché aveva sperato che Nami dicesse qualche cosa per incoraggiarlo a proseguire, magari fornendogli uno spunto da cui trarre ispirazione per trovare le parole giuste. Però lei non si decideva ad aprire bocca.

Prima che quel silenzio diventasse imbarazzante, Erick continuò – So anche che volevi tornare velocemente al tuo villaggio, ad abbracciare tua sorella ed i tuoi amici. So che non sei stata molto felice di scendere su quest’isola….

Non che quelle che Erick aveva elencato fossero delle novità. Anche se lui aveva sistematicamente ignorato tutte le sue proteste, lei gliele aveva sottolineate tutte più di una volta. Però era consolante sapere che nonostante tutto aveva prestato ascolto alle sue parole.

Ad ogni modo Nami inarcò appena le sopracciglia come a confermare quanto il ragazzo aveva appena detto, ma non aprì bocca. Non voleva fargli capire che praticamente lo aveva perdonato subito dopo la sua sfuriata. Doveva capire che non era un giocattolo da sballottare a suo piacimento qua e là, ma che anche lei aveva una testa pensante e che la sapeva usare con profitto. Che si sentisse pure in colpa ancora per un po’ di tempo. Di certo non gli avrebbe fatto male restare un po’ sulle spine. Ma nonostante tutto era contenta che Erick avesse capito e stesse ammettendo i suoi errori. Era già un passo avanti nel loro rapporto. La loro amicizia era sempre solida, sincera, ma Erick non poteva aspettarsi di poter riavere subito quel tipo di rapporto complice che avevano instaurato tanti anni prima. Erano cresciuti tutti e due, erano cambiati, maturati. Avevano affrontato avventure diverse, vissuto delle esperienze che aveva formato in modo diverso i loro caratteri. Non erano più gli stessi di sette anni prima. Crescendo erano cambiati e quindi anche il loro rapporto doveva cambiare di conseguenza. Dovevano lavorarci, confrontarsi, conoscersi. Questo lei lo aveva capito subito, non appena lo aveva rivisto incatenato in quella cella. Il ragazzo allegro e solare che aveva conosciuto era stato sostituito da uno sconosciuto dallo sguardo cupo e minaccioso. Vedendolo la prima volta si era chiesta quanta parte di quel giovane allegro che le stava tanto a cuore fosse celata dietro a quella maschera di rabbiosa indifferenza. Aveva provato un po’ di timore nell’avvicinarsi, ma al primo incrociarsi dei loro sguardi era stato come se gli anni passati senza vedersi fossero stati di colpo cancellati. Aveva capito senza ombra di dubbio che il loro legame era ancora indiscutibilmente forte, aveva solo bisogno di trovare un nuovo equilibrio. Ora sembrava che anche lui se ne fosse finalmente reso conto.

Non ricevendo risposta, Erick continuò con un sospiro – Ammetto anche che avrei dovuto consultarti prima di decidere di coinvolgerti in questa caccia al tesoro e che alle volte sono troppo apprensivo e protettivo. – E non ricevendo ancora alcuna risposta sbottò irritato – Ma cosa vuoi di più? Sto cercando di scusarmi!

Fingendosi ancora seccata, Nami osservò – Allora, chiacchierone, limitati a chiedere scusa! – E guardandolo storto – Avanti, sto aspettando.

Per un breve attimo Erick la guardò stupito poi, dimenticando la tensione, scoppiò a ridere. Nessuno aveva mai preteso delle scuse da lui, e che la prima che osasse farlo fosse una ragazzina che era la metà di lui, era il massimo.

Passandole un braccio intorno alle spalle e stringendosela contro il petto, respirando il dolce profumo dei suoi capelli Erick le disse – Hai ragione. Scusami…– E dopo un attimo di esitazione proseguì – per tutto. Ti prometto che cercherò di non essere troppo oppressivo e di chiedere il tuo parere – E con un sorriso furbo concluse – ogni tanto.

A quella battutina finale Nami lo spinse via mollandogli un pugno scherzoso allo stomaco e, tornando ad appoggiare le spalle contro il muro, borbottò – Maschio sciovinista!

Erick, tornando serio – Amici come prima?

Nami confermò – Amici come prima. – E riportando il discorso sui loro attuali problemi – Cerchiamo un modo per uscire di qui?

Dato che la tensione fra di loro si era sciolta, Erick si alzò ed allungandole una mano l’aiutò a rimettersi in piedi – Certo. Forse possiamo ritornare sull’idea di Argail di camminare sulla sommità dei muri.

Scuotendo il capo sconsolata Nami ribadì quanto avevano già detto in precedenza – No, pesiamo troppo perché quei rampicanti riescano a sostenere il nostro peso. Rischiamo davvero di fare un bel volo rompendoci qualche osso.

Felice che si fossero riappacificati, Argail si intromise proponendo – E se allargassimo il nostro punto di appoggio? Uno di noi potrebbe camminare sul muro ed indicare di volta in volta agli altri il corridoio giusto da seguire.

Sembrava troppo sicuro di sé per non aver già escogitato un modo per attuare la sua idea, quindi Nami chiese interessata – Ed in che modo ti proponi di agire?

Argail – Avete presente le racchette che si usano per camminare sulla neve? Con un po’ di cordino e alcuni dei rami più spessi di questi rampicanti non ci vorrà molto per costruirne un paio. Sono giusto quello che ci serve per distribuire il peso sui rampicanti, così non dovrebbero cedere. Per arrampicarsi lì in cima si può usare lo stesso metodo usato al laghetto. – E rivolto verso il fratello – Con un paio di quelle ai piedi, per Nami non ci dovrebbe essere nessun problema a seguire il labirinto dall’alto.

Erick era poco contento dell’idea del fratello – Aspetta un attimo. Perché deve andarci proprio lei? Posso farlo benissimo io.

Argail gli spiegò pazientemente – Punto primo perché fra noi tre, lei è la più leggera. Di conseguenza le basteranno delle racchette di dimensioni più contenute e quindi si muoverà più agevolmente. Punto secondo perché lei è una navigatrice e, fino a prova contraria, dovrebbe avere un senso dell’orientamento più spiccato dei nostri. Punto terzo, ma non per questo meno importante dei precedenti, per oggi io e te abbiamo già combinato la nostra dose di idiozie quotidiane e ci siamo presi le meritate parole per questo. Ora è il suo turno. Vediamo se riesce a fare meglio di noi due.

Nami li interruppe – Poco ma sicuro.

Argail – Cos’è, una sfida?

Nami disinteressata – Anche se fosse?

Argail si sentì piccato da quel tono di sufficienza – Allora l’accetto. Se vinco io dovrai fare il mio bucato e rammendarmi i calzini fino a Tief’s Island.

Nami gli rivolse un sorrisetto di superiorità – Ci sto. Ti sei messo nel sacco con le tue mani: le rotte sono il mio pane quotidiano. Vediamo, se vinco io tu ti occuperai di lavare tutti i piatti e di fare il bucato fino alla tua isola. Accetti?

Anche se non del tutto convinto, visto che ormai non poteva più tirarsi indietro, Argail fu costretto ad accettare. – Okay, ma non esagerare. Se perdo mi occuperò solo del bucato. Però viste tutte le trappole che abbiamo incontrato, non credere di riuscire a superare impunemente questo labirinto.

Nami era sicura di sé – Staremo a vedere come andrà a finire.

Erick li interruppe esasperato – La volete smettere voi due? Io non ho ancora acconsentito al fatto che debba essere lei a salire e a camminare su quei maledetti muri!

Nami gli rispose tranquilla – Non hai gran voce in capitolo. Non siamo una dittatura. La maggioranza ha deciso che tocca a me, quindi andrò io. Ed ora smettila di rompere con questa storia. – E girandosi verso Argail lo ignorò completamente – Credi davvero di essere in grado di costruire le racchette? Nello zaino c’è la corda che abbiamo usato prima. Per tagliarla e ricavarne delle strisce più sottili puoi usare uno dei coltelli di Erick.

Divertito dall’espressione offesa assunta dal fratello quando gli era stato ingiunto di non rompere per poi essere completamente snobbato dalla ragazza, non doveva capitargli spesso di vivere un’esperienza simile, sogghignando divertito sotto i baffi Argail, disse – Certamente. Mettiamoci all’opera. – Poi, come a rivolgerle un complimento, aggiunse – Sono poche le donne che trattano il mio bel fratellino a quel modo. Se non fossi già felicemente sposato ci farei un pensierino.

Nami, guardandolo da sotto le ciglia, rispose – Allora è una fortuna che tu sia già sistemato. Non mi interessano gli uomini senza un soldo in tasca.

Argail – Come fai a dire che sono un poveraccio?

Nami – Ho tratto le mie conclusioni. Se fossi ricco non ti saresti imbarcato in questa strampalata avventura per la ricerca di un fantomatico tesoro per costruire una casetta per tua moglie.

Argail – Non una misera casetta. Le costruirò un vero palazzo. E comunque la situazione cambierà quando troveremo il tesoro. Diventerò un uomo ricco.

Sorridendo Nami lo prese in giro – Io sarò una donna ricca. Se tu non la smetti di accumulare debiti come altri collezionano francobolli, una volta che avrai saldato la cifra che mi devi sarai si e no un uomo benestante.

Si, sapeva che la navigatrice stava scherzando, ma la situazione rischiava davvero di diventare quella. Se non voleva correre quel rischio doveva darsi una mossa per concludere quell’avventura e ritornare al loro accordo originale. In fondo le aveva ceduto la sua parte della Victory con l’intesa di avere tutte le spese di vitto e alloggio pagate fino alla loro isola.

Dopo essersi fatto dare dal fratello uno dei suoi coltelli, il maggiore dei Dangerfield si avvicinò ad una delle pareti mobili del labirinto. Approfittando del fatto che i fusti fossero già stati strappati dalle loro radici dal movimento delle pareti, ne staccò alcuni rami di diversi spessori. Aiutandosi con il coltello li ripulì dalle foglie e dai rametti secondari e ne tastò la flessibilità e la resistenza. Sempre aiutandosi con il coltello tagliò un pezzo della corda che la cartografa aveva nello zaino e la sfilacciò ricavandone una decina di cordini più sottili. Quando fu soddisfatto dei materiali raccolti si sedette a terra e cominciò ad intrecciare con maestria le due racchette.

Mentre osservava Argail seduto a terra a gambe incrociate e concentrato sul suo lavoro, Nami chiese al fratello – Dove hai messo la mia moneta?

Erick, che era rimasto immusonito a guardare storto i due compagni che si erano coalizzati contro di lui, cadde dalle nuvole – Quale moneta?

Nami non nascose il sarcasmo – Quella che sarebbe diventata un bel ricordo per il futuro. Anche se ci ha creato dei problemi è pur sempre d’oro.

Il ragazzo prese dalla tasca la moneta e gliela lanciò. La navigatrice la afferrò al volo e fece il gesto di metterla nel sacchetto con le altre monete che aveva trovato vicino allo scheletro abbandonato nel primo tunnel che avevano percorso.

Restando concentrato sul suo lavoro Argail sentenziò – Un attimo. Se quella moneta fa parte del tesoro, la metà è mia.

La cartografa lo fulminò con gli occhi. Da una parte l’uomo aveva ragione. In effetti quelli erano gli accordi presi, ma dargli tutto quell’oro… Le piangeva il cuore. Fissando la moneta in questione e quello stupido pezzo di corda che vi era avvolto intorno, le venne un’idea.

Nami disse decisa – È giusto, hai ragione. I patti sono patti. Dobbiamo dividerci questo trofeo.

A quelle parole i due uomini sollevarono lo sguardo a fissarla stupiti e forse un po’ preoccupati. Si erano aspettati un secco rifiuto ed un mare di proteste e non una resa così docile ed immediata.

Ignorando le loro facce stupite, Nami continuò imperterrita – Come da accordi il cinquanta per cento è mio ed il resto è tutto tuo. – E con uno smagliante sorriso – Bene, io mi tengo la moneta e a te cedo questo bellissimo cordino quasi nuovo che puoi riutilizzare per finire le racchette. Contento?

Argail non trovò molto da ribattere a quella inaspettata trovata della ragazza – Per niente! La tua divisione non è affatto giusta!

Grondando innocenza da tutti i pori, Nami disse – Di che ti lamenti? La tua parte corrisponde a più del cinquanta per cento pattuito. Sono stata generosa. Da questa divisione ci perdo, ma per questa volta e solo per te faccio questo sacrificio. Dovresti esserne contento e ringraziarmi invece di lamentarti sempre.

Argail, suo malgrado divertito, borbottò – Strega! – E si rimise all’opera sollevato dal constatare che la navigatrice, nonostante gli ultimi guai che lui ed il fratello avevano combinato, non era per nulla cambiata.

   
 
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