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Suvvia! Non cantate l’alleluia
solo perché finalmente mi sono decisa a scrivere e
a postare! U.U
potrei
offendermi. No, scherzo, avete ragione, dovevo metterci qualche giorno
e invece
ci ho messo un mese... MA! Eh sì, c’è un
“ma”, ho
preso la patente, quindi dovreste essere contente per me e soprattutto
fingete
di capirmi... l’ultimo periodo è stata
tragico, ma vi
dirò, le cose sembrano risalire. Quindi...
quindi
niente, smetto di parlare e vi lascio all’ultimo capitolo di questa
storia. Eh sì,
dobbiamo salutare Francesco, Jessica, Lea, Bec, Greta, Riccardo e
Alessandro...
e non scordiamoci di Sara! Ho adorato ogni personaggio e ogni vicenda
che è
accaduta. Spero anche voi e soprattutto mando un bacio alle persone
vere di
questa storia... non fate domande xD Buona
lettura,
ci rivediamo in una nuova avventura! ;)
Francesco – la stessa
sera.
<< Non riesco a capire perché sono così sorpreso. La
conosco, me lo sarei dovuto aspettare... ma
Jessica
non fa mai quello che ti aspetti. >> Sposto i miei occhi dal
vuoto per
guardare Elisa che senza fiatare mi affianca sul lurido scalino su cui
sono
seduto.
Non so quanto tempo sia passato da quando Jess se n’è
andata, so solo di non essermi mosso, di essere rimasto su questo
schifoso
scalino, al freddo a fumare a tutto spiano.
<< Quindi ha scelto l’altro?
>> Mi chiede giustamente lei. Inaspettatamente scoppio a ridere e
mi
passo una mano tra i capelli, fregandomi del fatto che siano ingellati e che potrebbero disfarsi.
Al momento non riesce a importarmi nulla.
<< No. Non ha scelto nessuno. >> Continuo a
ridere e lei non ribatte.
Elisa sbuffa e intreccia le mani tra le sue gambe per
scaldarle. Non mi guarda, e sinceramente non so nemmeno che cosa le passi per la testa.
<< Che cosa ci fai qui? >> Le chiedo in un
attimo di lucidità. Lei sorride e continua a non guardarmi.
<< Se te lo dico non ci
credi. >> Aggrotto la fronte.
<< Mettimi alla prova. >> Ridacchia.
<< Fra, ti ho messo alla prova tante di quelle volte
che posso assicurarti che neanche tu fai quello che ci si potrebbe
aspettare.
>> Abbasso lo sguardo e lei sospira. << Comunque stamattina
Jessica
è passata dal negozio e mi ha chiesto di passare la serata con te.
>>
Riporto lo sguardo su di lei e una miriade di pensieri mi affolla la
mente.
<< Cosa? Perché? Vuol dire che tu sapevi tutto?
>> Avete presente una bolla? Sento come una bolla che sta per
scoppiarmi nello
stomaco; è ovvio che io stia parlando di
una bolla
metaforica e che in realtà sia solo la rabbia che sta salendo a galla.
<< No! Secondo te se sapevo che cos’aveva in mente ti
avrei chiesto chi ha scelto e come mai non è qui ad amoreggiare con te?
Suvvia,
non siamo a “Uomini e Donne”, quindi parla francamente e smettila di
arrabbiarti con me, io non c’entro nulla! >> Ha ragione, perciò
cerco di
calmarmi e una volta che ci sono riuscito riporto la mia totale
attenzione su
di lei.
<< Come ha fatto a convincerti? >> Le chiedo
dopo un paio di minuti di silenzio.
<< Non lo so. So solo che ero fuori con Angela e alla
fine l’ho lasciata a casa per venire qui.
Fra... tu ci
tieni a lei, allora perché l’hai fatta andare via? >>
<< Bella domanda. Non lo so. Me lo ha
chiesto in lacrime, voleva che la lasciassi andare e l’ho fatto.
>>
<< Se ti chiedeva di buttarti sotto un ponte, lo
avresti fatto lo stesso? >> Sospira e gesticolando, torna a
parlare
seriamente. << Senti... se ho imparato una cosa, e che quando
tieni
veramente a qualcuno, non lo lasci andare. Anche a
costo di
star male da morire. Vattela a riprendere. >> Alzandosi in
piedi,
mi sorride e si volta, ma io la fermo subito, afferrandole un polso.
<< Perché lo stai facendo? >> Elisa
non mi risponde subito, ma quando lo fa, mi lascia senza parole.
<< Perché non rinnego niente del nostro rapporto, ti
ho amato e nell’ultimo periodo sono stata pessima con te e con chiunque
altro.
Merito di stare bene e lo meriti anche tu. E poco importa se quella
persona
sarà Jessica. Posso sopportarlo. >>
<< Cavolo! Un minuto! >> Allontano il pugno
dalla porta e aspetto trepidante che quella lumaca di Lea si decida ad
aprire
questa maledetta porta.
<< Ecco, ci mancavi giusto tu, quest’oggi!
>> Mi volta le spalle e io la seguo
guardandomi
attorno. La casa sembra vuota e non so se lasciarmi prendere dal panico
o meno.
<< Mi dispiace averti disturbata
ma... dov’è? >> Lea mi squadra dalla testa ai piedi e allora io
faccio
altrettanto, notando solo ora che indossa solo l’accappatoio.
<< Ti prego... dimmi che c’è Riccardo di là...
>> Lea scoppia a ridere.
<< No! Io, Jess, Greta e Bec abbiamo
deciso di darci da fare l’una con l’altra. >> Stringo le labbra e
lei
alza un sopracciglio per invitarmi a sparare qualche altra stupida
domanda.
<< Dov’è? Ho bisogno di vederla. >> Quasi
m’irrigidisco quando noto la sua espressione cambiare radicalmente.
<< Non è con te? Non mi stai prendendo in giro?
>> Scuoto il capo. << Quando sono tornata a casa, ho
trovato un suo
biglietto dove diceva che sarebbe stata con
te.
>>
<< Ci siamo visti ma poi è andata via. >>
<< Pensi sia andata da Alessandro? >>
<< No, a quest’ora sarebbe già tornata. >>
<< E da Alessandro c’è stata oggi pomeriggio. >>
Dice Riccardo, attraversando il corridoio in boxer. Ci salutiamo con un
movimento del mento e lui sparisce in cucina.
<< No, scusate, quindi cosa vorreste dirmi? Che non ha
scelto nessuno? Che è sparita? >> Ora la domanda è: la mando in
panico o
cerco di sbrigarmela da solo?
<< Ma no, figurati...
arriverà. Magari sta solo gironzolando senza meta. >> Mi guarda
non
convinta ma annuisce, perciò le raccomando di contattarmi
subito non appena torna a casa e io mi rintano in macchina, cercando di
capire
dove sia finita.
Jessica.
Mi ero dimenticata quanto verde ci fosse in questo posto. Ma è sempre meglio il verde del bianco. Se avesse
nevicato,
o lo stesse facendo, probabilmente sarei
già scappata
a gambe levate.
In questo posto c’è anche troppo silenzio, eppure dovrei
esserne contenta: è questo quello che
volevo ma oramai
è da troppo tempo che non passo interi giorni da sola, dove l’unico
suono è
quello dei miei pensieri o al massimo della musica del mio MP3.
Sto impazzendo, sono solo passati due giorni, eppure mi
sembrano mesi.
Non ho sentito nessuna mia amica, nessun
parente, e... beh, non ho sentito Francesco.
Sto cercando di convincermi che questa è la cosa giusta, che
ho bisogno di un po’ di pace e che devo stargli lontana.
Quando ho pensato alla mia fuga, il primo posto che mi è
passato per la mente è stata la casa dei miei genitori, ma poi sarei
scappata
anche da lì perché vederli amoreggiare anche alla loro età sarebbe
stato un
colpo al cuore, perciò sì, sono passata da casa loro, ma solo per
prendere le
chiavi di questo cottage dimenticato da Dio e mi sono messa in moto.
Quando ero più piccola ci venivamo
spesso, ma una volta iniziate le medie... beh, chi aveva più voglia di
passare
il weekend fuori casa, lontano dagli amici e dai ragazzi?
In questi giorni ho reso questa abitazione
fin troppo vivibile, talmente tanto che ora non c’è più niente da fare
e mi sto
annoiando a morte, perciò – stravaccata su un divano che sembra di
un’altra
epoca – decido di accendere il telefono e prepararmi ai mille mila
messaggi di
Lea. -Che fine hai fatto?
-Mi sto preoccupando! Jess, dove sei?
-Cazzo, ma rispondi?!
Sospiro e non vado avanti, ce n’è una decina, e questi tre
mi sono bastati.
Guardo le chiamate perse e noto che ce n’è cinque di
Francesco e altre delle mie amiche, ce n’è una anche di mia madre ma la
chiamerò più tardi, lei sapeva dove andavo,
di
conseguenza posso chiamarla anche dal telefono fisso che c’è qui.
Persa tra i pensieri osservo il nome di Francesco che c’è
sullo schermo ma non faccio altro che
guardare, non
pigio il tasto verde e nemmeno quello rosso per tornare alla schermata
iniziale
del telefono.
Sobbalzo quando sento suonare un clacson, non è molto vicino
ma siamo in una strada isolata, che tra l’altro porta solo a questo
cottage e
ad altri due.
Senza rendermene conto, mi trovo sul portico, avvolta da una
felpa di Fra che non mi fa gelare dal freddo e osservo una sottospecie
di Jeep
che si sta avvicinando. Mi sembra una macchina famigliare ma non saprei
dire se
la conosco o meno, e poi... nessuno sa dove
sono.
O almeno, lo penso... ma la macchina si è fermata proprio
nel mio giardino e per quanto io sappia perfettamente di dover tornare
in casa
e rinchiudermi e fare finta di niente, me ne rimango immobile, sul
portico, col
cuore a mille.
Quando la portiera si apre e vedo Francesco in piedi, che mi
guarda con un’aria contrita, mi maledico per non essere entrata e nello
stesso
tempo mi faccio i complimenti per non averlo fatto.
Lentamente chiude la macchina e mi si avvicina.
E io cosa faccio? Con le
mie ciabatte antistupro, me ne rimango ferma, impietrita,
e attendo finché non si ferma sul primo gradino del portico.
<< Bella felpa. >> Stringo e le labbra per non
rispondergli male e cambio argomento, cercando di non fare i salti
della gioia
poiché mi ha trovata.
<< Come facevi a sapere dove
fossi? >> Francesco sorride, ma non è uno di quei sorrisi belli,
pieni e
divertiti... è solo uno stiramento di labbra.
<< Non lo sapevo. Ma
d’altronde sono la persona che ti conosce meglio. >> È vero, ma
nello
stesso tempo non gli credo, e quando mi rendo conto di aver alzato un
sopracciglio, le sue labbra si stendono un po’ di più – rendendo quel
sorriso
quasi più vero e divertito.
<< Ok, lo ammetto... ho scongiurato
tua madre di dirmelo. E ha funzionato. >>
Mia madre! Ecco perché ha tentato di chiamarmi, voleva
avvisarmi.
<< Beh... perché sei qua? Hai
fatto un viaggio a vuoto, sappilo. >> Cerco di muovermi, di
disincrociare
le braccia, ma tutto è inutile, il mio corpo non risponde al mio
cervello.
<< Finché si tratterà di noi, non sarà mai un viaggio
sprecato. A costo di doverti seguire in capo al
mondo.
>> Il mio cuore perde qualche battito ma credo – spero
– che non traspaia nulla dalla mia espressione.
<< E questa dove l’hai sentita? In un biglietto del
biscotto della fortuna? >>
<< Veramente me l’ha detta Elisa. Anche se... non
proprio così. Sai, >> Sale di un altro gradino e ora anche il mio
respiro
si fa più veloce. << aveva ragione. Quando tieni a qualcuno, puoi
litigarci, ammazzarti di botte e di parole, ma alla fine non le
lasci via d’uscita: la segui. Le stai accanto e cercherai sempre
di averla accanto. >>
<< Tipo uno stalker.
>> Cerco di buttarla sull’ironia, e stranamente ci riesco, poiché
riesco a farlo ridere e a farsi passare una
mano tra i
capelli. Dio! Quei capelli che sembrano così morbidi. E che
in effetti lo sono.
<< Esatto. L’unica differenza è che lo vuoi anche tu.
Ti sei rintana qui, quando l’unica cosa che dovresti dirmi è: voglio
stare con
te. >> Cerco di deglutire.
<< E perché pensi che io voglia dire una cosa del
genere? >>
<< Lo so e basta. >> Scrolla le spalle. <<
Perché siamo amici? Che cos’abbiamo fatto per volerci bene? E perché la
nostra
amicizia è durata tanto? E perché adesso ti amo e non voglio perderti?
>>
Ok. Stop. Aspettate. Che cos’ha detto?
<< Mi sono persa un pezzo. >> Francesco sorride e io mi rendo a malapena conto che le mie braccia
non sono
più attaccate al mio petto, ma bensì a penzoloni accanto al mio busto.
<< Non ti sei persa niente, perché io ora sono qui...
e sono venuto per te. Per stare con te. Per iniziare... beh quel che
sarà.
>>
<< Per iniziare quel che sarà? >> Chiedo
divertita. << Quanto sei romantico! >>
Nonostante sorrida, quando riprende la parola, è serio.
<< Non buttarla sullo scherzo. Ti amo,
Jess. E
anche se tu non sei pronta per dirmelo... amen. Aspetterò quel momento.
Non
voglio perderti perché senza vederti arricciare il naso quando qualcosa
non ti
va a genio, perché non poterti sentir ridere o vederti mangiare come un
piccolo
maiale... io non posso stare bene. Chiamami egoista, ma voglio stare
con te. Voglio
viverti a trecentosessanta gradi, anche se questo dovesse significare
averti
solo come amica. Mi sacrificherò, ma non ti lascio andare. E dovunque
andrai,
io ti raggiungerò... anche se quest’ultimo
pezzo
sembra più da stalker che da ragazzo
innamorato.
>> Scoppio a ridere e percepisco una mia lacrima solcare la
guancia.
Francesco sale anche l’ultimo gradino e la
scaccia
delicatamente, guardandomi negli occhi sorridendomi.
I suoi occhi sono luminosi, sinceri e pieni di... amore, o
comunque di affetto. E io?
Cosa posso fare?
<< Nella vita bisogna prendere al volo ogni occasione,
vero? >> Annuisce, e la speranza
sembra
avvolgerlo.
<< Promettimi solo una cosa: cerca di non farmi
affogare nella Nutella. >> Mi guarda stranito e ride.
<< Anche se non so che diamine possa significare... te
lo prometto. >> Con un mega sorrisone, gli butto le braccia al
petto e
assalgo la sua bocca.
Non so cosa mi porterà il futuro. Sicuramente tanta merda...
ma perché non credere che possa esserci anche un po’ di beatitudine?
Magari con
la mia Nutella umana.