19. (just) Another grey
day in the deep blue world.
Decise che era decisamente una di quelle giornate in cui
avrebbe fatto decisamente meglio a rimanere a letto.
E lo decise circa otto
nanosecondi dopo aver aperto sonnacchiosamente un occhio.
Poiché doveva necessariamente alzarsi comunque, Sasuke
Uchiha decise anche di essere di pessimo umore.
Non solo perché oggi era stato un crampo al polpaccio a
svegliarlo. Non solo perché era l’anniversario della morte dei suoi genitori (
e anche dei prozii, zii, cugini di secondo, terzo, quarto, quinto grado, nonni
ed un paio di bisnonni - perché gli Uchiha si sposavano presto; tuttavia
tendeva a non pensare molto a loro, in quanto già la morte dei genitori era
parecchio deprimente di per sé ). Non solo.
Erano le otto e mezza, il che – se la matematica non è
un’opinione – significava anche che si era svegliato con mezz’ora di ritardo.
Il giorno dell’ennesima missione di classe D.
Oh, avrebbe potuto morire.
Non lo fece.
Stropicciandosi distrattamente un occhio, si alzò seduto
sul materasso. A tentoni, posò i piedi sul pavimento e si alzò soffocando uno
sbadiglio. Qualche passo verso la porta e scivolò sulla maglietta lasciata a
terra la sera prima.
Cadde a terra con un tonfo – sonnacchioso anche lui.
Che cosa così poco Uchiha.
Non era decisamente giornata – ripeté fra sé e sé,
lasciando scorrere lo sguardo sul soffitto. Oh, era una nuova ragnatela,
quella? Strano, eppure Ino – il nome del ragno, quello grosso, brutto e
sopratutto particolarmente fastidioso, non la ragazza – era morto
qualche giorno prima.
Lo sapeva di sicuro, perché se l’era ritrovato nel letto a
gambe all’aria, probabilmente cascato dal soffitto. Il che l’aveva indotto ad
una breve e fugace riflessione sulla caducità – astratta e letterale – della
vita. Ma i ragni non avevano ventose, sotto quelle otto zampe?
Scosse il capo, riducendo gli occhi a due fessure per
studiare al meglio il nuovo ornamento sul soffitto. L’ennesimo.
Decise distrattamente che quel ragno si sarebbe chiamato
Kiba. Così, tanto per.
Gli augurò una morte veloce e quanto mai prossima,
rialzandosi e raccogliendo la maglietta, per poi ributtarla sul letto. Litigò
un po’ con se stesso sul poterla o meno indossare anche quel giorno, ma la
vocina buona – quella che assomigliava tanto a quella di sua madre – ebbe la
meglio.
Sbadigliando, ne prese un’altra dall’armadio.
Dopo esser riuscito il più velocemente possibile
nell’impresa del vestirsi, si diresse verso la cucina. Lì, il destino decise di
dargli un altro evidente segnale dell’andamento della giornata.
Frigo vuoto.
Avrebbe dovuto seriamente occuparsi di più della casa.
Ma un sano adolescente, maschio e soprattutto Uchiha, ha
di meglio a cui pensare – si giustificò, sbattendo l’anta del frigorifero e
procedendo flemmaticamente verso la porta.
“Hic.”
E non aveva neppure varcato la soglia di casa.
Sakura era già lì al luogo dell’appuntamento, il che non
era certo cosa inusuale. Sasuke aveva il vago presentimento che la ragazza lo
facesse apposta per passare un po’ più di tempo sola con lui.
Anche Naruto era già lì, il che invece era vagamente più
preoccupante. Si chiese distrattamente che ore fossero, tenendo stretta al
cuoricino avvizzito la sicurezza che, comunque, Kakashi-sensei non sarebbe
arrivato mai in orario.
Entrambi si voltarono a guardarlo non appena si fermò a
qualche passo da loro. Lui fece per schiudere le labbra e bofonchiare un saluto
– tutto in nome della santissima buona educazione, ma…
“Hic.”
Amen.
In qualche modo riuscì a mantenere una faccia pressoché stoica e seria, sfidandoli
anche solo a pensare di commentare l’uscita poco felice.
Sakura lo fissava già come gli fosse cresciuta una testa
in più, o meglio, come se avesse dimenticato di infilarsi i pantaloni prima di
uscir di casa.
Naruto, invece, scoppiò a ridere.
Sasuke fece per replicare, ma tutto quel che uscì fu un
altro agonizzante, frustrante singhiozzo.
A quel punto la mascella di Sakura aveva raggiunto il
legno del ponticello, quasi fino a quel momento avesse fermamente creduto che
gli Uchiha – o solo Sasuke in particolare – fossero immuni a cose così
comunemente mortali quali il singhiozzo.
Sasuke concluse che probabilmente lo aveva pensato
davvero, e si chiese se faceva ancora in tempo a morire. Oltre al danno, la
beffa. Era così che funzionavano le cose, quella mattinata?
Naruto, intanto, era stato colto da uno
di quei momenti di ridarella che tardano ed esaurirsi.
Non sentendosi particolarmente minaccioso in quel momento,
fra un singhiozzo e l’altro, Sasuke rimase in attesa del silenzio, che tardò ad
arrivare.
“Hic.”
E giù di nuovo a ridere, finchè la pazienza dell’Uchiha –
conosciuta a Konoha come proverbialmente poca – finì con l’esaurirsi prima
della risata dell’idiota.
“Mai sentito qualcuno con il –hic - singhiozzo
prima d’ora, dobe?” sbottò, contrito.
Il risultato fu ben meno che minaccioso, il che lo frustrò
non poco. Fortunatamente Sakura intervenne per placare i bollenti spiriti: più
precisamente, Sasuke si ritrovò con una borraccia rosa shocking piantata sotto
il naso.
Rivolse un singhiozzo interrogativo alla ragazza, il cui
volto era vagamente arrossato.
“Bevisettesorsivelocementediseguitosenzarespirare!”
asserì lei, tutto d’un fiato, determinazione nello sguardo.
Lui inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo dalla
borraccia rosa alla proprietaria.
“Come prego?”
“Sette sorsi!” ripetè lei, ferma, occhi verdi fissi nei
suoi. “Velocemente e di seguito. Senza respirare o interruzione.” Concluse,
aggrottando appena le sopracciglia. Nella sua mente si aggirava un unico
pensiero, sulle false righe del ‘bacio indiretto! Bacio indiretto! Bacio
indiretto!’.
Sasuke concluse che le ragazze erano semplicemente una
razza spaventosa.
Ribattezzò mentalmente il ragno Kiba in ragno Sakura. Tanto per.
Tuttavia, quando lei diede uno spintone alla borraccia,
mandando un paio di gocce sulla sua maglietta pulita, Sasuke
decise che era meglio accontentarla.
Sette sorsi, tutti di fila e con in nervi a fior di pelle,
dato che Naruto non la smetteva ancora di ridere.
Sakura lo guardava ancora con occhi adoranti.
Finita la casereccia terapia, Sasuke ripassò la borraccia
rosa shocking alla ragazza, asciugandosi le labbra con il dorso della mano.
Attese.
Ed attese.
E proprio quando la speranza si stava piano piano
accendendo… “Hic”.
… morì sul nascere, quella speranza.
Naruto non smise di ridere neppure quando arrivò
Kakashi-sensei, e neppure mente quest’ultimo spiegava le condizioni
dell’ennesima, emozionante missione di classe D.
Sasuke si ritrovò a chiedersi quale fosse la probabilità
statistica di morire in una missione di classe D.
La risposta non gli sollevò minimamente il morale.
Durante la missione – ripulire il bagno all’aperto di una
vecchina dalle foglie secche era così eccitante! – non era andata tanto
meglio.
Naruto gli aveva fatto trattenere il fiato per mezzo minuto.
Sakura gli era saltata addosso dalle spalle, gridando un “buh!” che non avrebbe
fatto paura neppure da un bambino di due anni.
Naruto gli aveva fatto trattenere il fiato per un minuto.
Sakura gli aveva teso un agguato da dietro ai cespugli,
gettandolo nell’acqua e gridando un poco convincente “ti ho preso!”
Naruto gli aveva fatto trattenere il fiato per un minuto e
mezzo.
Sakura aveva iniziato a gridare “Sasuke-kun, sta
attento!”, gettandoglisi addosso ed indicando un punto non meglio indefinito
alle sue spalle.
Naruto aveva cercato di fargli trattenere il fiato per due
minuti, ma l’Uchiha lo aveva beatamente mandato a quel paese tra un singhiozzo
e l’altro.
Sasuke aveva il cattivo, pessimo sentore che Naruto stesse
cercando di ucciderlo e che Sakura stesse cercando semplicemente pretesti per
saltargli addosso.
A missione quasi finita, quindi, aveva abbandonato i
compagni al loro lavoro, per rintanarsi in un angolo e deprimersi, per la prima
volta nella mattina, come si deve.
“Hic.”
“Devi mangiare di fretta, Sasuke-kun.” Aveva asserito
Kakashi-sensei, a pranzo, mentre erano seduti ad Ichiraku. “Ho letto che fa
passare davvero il singhiozzo.”
Sasuke aveva trattenuto a stento un gemito all’ingresso
del maestro in quella piccola gara a chi riusciva a frenar per primo le
diaboliche contrazioni del diaframma.
“E dove l’ha letto? In uno di quei suoi libri vietati ai
minori?!” sbottò Naruto, a bocca piena di Ramen. “No, senti Sas’ke! Me lo sono
ricordato! Devi respirare velocissimamente, e poi trattenere il respiro!”
Sasuke, con un singhiozzo, sollevò gli occhi al cielo. Se
era così che il destino aveva deciso, avrebbe dovuto trovare il tempo di
mangiare tra un singhiozzo e l’altro. Non aveva neanche fatto colazione.
Oh, l’umiliazione.
La sua fama di essere stoico e virtualmente perfetto era
andata semplicemente in frantumi.
Oh, la beffa.
Altro non era che la vittima di quella grandissima
bastarda meglio conosciuta come Vita!
Suo padre si stava sicuramente rivoltando nella tomba, in
questo momento.
Oh, già, era l’anniversario della morte dei suoi genitori
(più parenti). Stupido il singhiozzo che glielo aveva fatto quasi dimenticare.
O meglio, stupido lui che se lo andava anche a ricordare.
Sbuffò, singhiozzò e diede un pugno a Naruto quando questi
cercò di tappargli il naso.
Sakura, bacchette ancora in bocca per il ramen appena
trangugiato, scoppiò a ridere.
E suddetto ramen evidentemente le andò di traverso, perché
prese a tossicchiare ed annaspare per aria e a diventare di un bel rosso
pomodoro e a stringere spasmodicamente la mano sul bordo del bancone. Sia
Naruto che Kakashi si fondarono su di lei, mentre Sasuke – che ci mise un po’
per connettere la situazione – si limitò a batter ciglio e soffocare un
singhiozzo.
In attesa che i colpi di tosse finissero.
Ma non finirono, e gli annaspi per aria si facevano sempre
più frequenti.
Era una cosa seria?
Il ramen sono fettuccine lunghe e liquido, per l’amore del cielo!
Quando ti strozzi con entrambi, poi…
“Ohi, piantala dobe! Non la stai facendo respirare!”
sbottò verso il biondo, che melodrammaticamente le si aggirava intorno in
perfetto stile avvoltoio.
“Ne, Sakura-chan! Respira piano! Respira piano!”
“E piantala! Cos’è, oggi riesci a dire solo come deve
respirare la gente? Sakura, datti una calmata!”
Il maestro, durante il battibecco, non fece altro che dare
un po’ di pacche dietro la schiena della ragazza che, imperterrita, continuava
a tossire.
“Sasuke-kun…” annaspò fievolmente la voce della ragazza,
ancora china sul tavolo.
Il ragazzo si girò, battendo ciglio. “Hai finito?”
“… non hai più il singhiozzo.” Mormorò lei, con voce
flebile.
E Sasuke attese.
Attese.
Attese, ma il singhiozzo non tornò.
Riportando lo sguardo sulla ragazza, la vide sorridere,
maleficamente soddisfatta.
Fu allora che comprese che razza veramente
terribile fossero le ragazze.
“Tu…” esordì, minaccioso. Oh, il tono minaccioso degli
Uchiha. Quanto gli era mancato!
Fu Naruto però ad esprimere in poche parole il concetto.
“Stavi facendo finta, Sakura-chan! Non vale!”
“Ne, Naruto, te l’avevo detto che il metodo migliore era
uno spavento! Mi devi 450 yen!”
Sasuke rimase semplicemente immobile, eccezion fatta per
un piccolo, leggero tic all’occhio.
“Io vi ammazzo. Semplicemente vi ammazzo.”
In angolino del suo cuoricino atrofizzato, però, non potè
fare a meno di riflettere su quanto quei due presto-cadaveri fossero
inesorabilmente arrivati a contare per lui. Se un semplice pseudo-soffocamento
da ramen di Sakura lo aveva spaventato tanto da sconfiggere un singhiozzo così
ostinato…
… oh santissimo dio, la fine del mondo era più vicina di
quanto pensasse. Forse avrebbe dovuto mettere in ordine la casa, così, tanto
per non aver scrupoli di coscienza.
Osservò i due ridere, con un lieve pungolio nel cuore
avvizzito: infine, si concesse un sorriso.
Era un po’ arrugginito, certo, ma avrebbe dovuto
funzionare lo stesso.
“Oh, no! Sas’ke ha una paralisi facciale!”
“Sasuke-kun, è per caso un crampo?! Ti fa tanto male?”
Evidentemente no.
Evidentemente oggi era la giornata nazionale del “prendiamocela-con-l’Uchiha”.
“Piantala, stupido!” sbottò, mentre cercava di liberarsi
dalla presa di Naruto, tutto intento a tirargli le guance in perfetto stile
vecchia zia barbuta, con la dedizione di un crociato per liberarlo dalla
fantomatica paralisi.
Sasuke pensò che, amici o meno, li avrebbe ammazzati lo
stesso.
Ed anche abbastanza volentieri.
“Hic.”
Insieme al novantanove percento del resto del mondo. O
dell’universo.
Perché ci sono anche giornate così.
Fortuna che con gente del genere, il tempo per deprimersi
è notevolmente ridotto.
D’altronde, gli amici servono anche a questo – ci
tenne a suggerire la vocina buona, quella che assomigliava a sua madre. E
Sasuke, per puro rispetto dell’anniversario della sua morte, riluttantemente le diede ragione.
A/N: diversa dalle solite flavour. Molto più
leggera, ma pregava di farsi scrivere. Poi, Sasuke che si deprime è uno
spettacolo a cui trovo difficile rinunciare. Per ora mi dedicherò però ai
Sopravissuti di Hamelin, per mio puro piacere personale e per il mio fangirling
sul crack-pairing. XD Oh, si, era pubblicità gratuita, per chi non l’avesse
notato :P
La prossima flavour, sempre per amor dei crack-pairing,
sarà la KarinxTayuya.