UNDICESIMO
CAPITOLO
Gwen
tenne lo sguardo basso, tirò di più la gonna sulle
ginocchia (non le era mai sembrata così corta!) e rimase in
religioso silenzio. L'odore di pelle e di legno d'acero che
impregnavano l'ufficio del Rettore mettevano una certa agonia
addosso, almeno per lei. Senza alzare il mento, con la coda
dell'occhio studiò l'espressione del volto di Lancelot, ma il
suo ragazzo appariva pacifico ed imperturbabile. Se non fosse stato
per l'eccessivo strato di sudore freddo che gli imperlava la fronte
(visibile sopratutto di profilo), avrebbe pensato che non fosse per
niente preoccupato.
E
se lui è preoccupato significa che c'è da preoccuparsi.
Lance
dal canto suo, si sentiva tutt'altro che pacifico ed imperturbabile.
A breve sarebbe sicuramente morto di infarto, tanta era la velocità
con cui il suo cuore batteva e se avesse continuato ad alimentare
quel suo terrore in silenzio, presto il sudore che stava accumulando
anche sulla schiena sarebbe bastato per aprirci una diavolo di
piscina, con trampolino annesso.
Anzi,
proporrò al Rettore di assumermi come irrigatore umano del
parco scolastico. Considerando che sto per essere espulso, direi che
sarebbe un lavoro più che dignitoso.
Il
Rettore in questione, niente popò di meno che Agravaine de
Bois in persona, se ne stava serenamente seduto alla sua beneamata
scrivania, i gomiti poggiati su alcuni documenti, le dita delle mani
incrociate e le nocche impegnate a sostenerne il mento liscio. I suoi
occhi scuri, all'apparenza appartenenti ad un uomo di amabile natura,
accompagnavano magnificamente il sorriso dall'aria rassicurante con
il quale studiava quei due reperti umani da poco ripescati dalla
biblioteca. Lance e Gwen erano stati colti in atteggiamenti
indecorosi, imboscati tra gli scaffali di Mitologia
della Gran Bretagna ed
Archeologia
orientale.
Il
completo scuro che quel giorno il Rettore indossava, lo faceva
sembrare un becchino. Lance sapeva che la sua ora era dunque
arrivata.
"Miei
cari ragazzi" esordì il Rettore, manifestando il suo
potere da dietro una targhetta dorata che recitava il suo nome e
cognome, "Gradite una caramella?"
Quando
l'uomo allungò verso di loro un contenitore di plastica pieno
di palline colorate, Gwen scosse subito la testa, i riccioli scuri
che deliziosamente ondeggiarono intorno al volto dai lineamenti
delicati; quando alzò gli occhi tuttavia, fu solo per
fulminare Lance con uno sguardo atterrito: il ragazzo infatti, aveva
allungato una mano e già ne stava scartando una.
Stiamo
per essere buttati fuori entrambi a calci nel sedere e lui mangia
caramelle?! Non ci voglio credere.
Ficcando
in bocca la pallina senza tante cerimonie, rispose all'occhiataccia
della sua donna con una mera stretta di spalle: se proprio doveva
firmare la sua fine, l'avrebbe fatto mangiando schifezze. Almeno
quello, nessuno avrebbe potuto impedirglielo.
Quando
masticò la pallina, questa emise uno spaventoso crack,
che nel silenzio soffocante di quell'ufficio, risuonò come una
mina antiuomo.
Gwen
si coprì la faccia con una mano e represse un lamento da
bestia ferita, preferendo puntare gli occhi scuri verso la finestra:
il cielo uggioso non le era mai sembrato tanto bello e desiderabile.
"Dunque,
permettetemi di ricapitolare!" Agravaine si appoggiò
comodamente contro lo schienale della sua poltrona e continuò
a sorridere, come stesse per raccontare a due buoni amici un vecchio
scherzo, "Prima, Signor Lake, mi posiziona dei fuochi
d'artificio all'interno delle serre scolastiche contravvenendo a più
di metà del regolamento universitario. E civile. E sociale.
Non contento, probabilmente pensando che introdursi all'interno di
quegli edifici nonostante i lucchetti alle porte non fosse stato
sufficientemente fuori da ogni schema di buona creanza sociale, lei
ha fatto letteralmente..." e qui si tese in avanti, appoggiando
i palmi aperti delle mani sulla scrivania; restò qualche
attimo in silenzio, volendo creare con sommo divertimento una certa
suspance.
"Lei
ha fatto letteralmente saltare in aria le serre! BOOM!"
Gwen
sobbalzò sulla sedia, quel grido finale e piuttosto pittoresco
non se l'era aspettato proprio; guardò le mani del Rettore,
che si erano alzate per aria, volendo imitare al meglio l'esplosione.
"Dopo
il suo incredibile exploit di creatività, con la
consapevolezza che la sua carriera scolastica era già così
appesa ad un filo tenuto in mano da un consiglio scolastico tra
l'altro da me presieduto... lei
che cosa fa?"
Agravaine emise un verso meravigliato, gli occhi grandi e stupiti, il
sorriso sempre più largo che si trasformò in una
risata. Restò in silenzio dopo, guardando entrambi con gioiosa
aspettativa, volendo che i suoi due buoni amici, terminassero quella
barzelletta per lui.
"Avanti!"
li incoraggiò con allegria, sventolando una mano per aria,
"Ditelo voi!"
Gwen
arrossì fino all'ultimo ricciolo, ma non osò aprire
bocca. Lance prese un'altra caramella.
"Ho
capito, vi piace fare i difficili" commentò il Rettore,
con un sospiro paziente, "Ve lo dirò io allora.
Nonostante la consapevolezza della consistenza irrisoria di quel filo
che ancora la teneva incollato alle aule di questa scuola, Lei Signor
Lake, con la sua deliziosa compagna di studi... si prodiga sulla via
della perdizione, si atteggia in atti osceni in luoghi pubblici!"
"Era
solo un bacio..." biascicò lui, spingendo la caramella
nella guancia sinistra con la lingua.
"Solo
un bacio!" esclamò Agravaine, marcando ancora il suo
divertimento; "E' per questo che metà sezione di
Archeologia orientale è finita per terra. Perché non
eravate spalmati
addosso alla scaffalatura, no. Signor Lake, ora mi dica: che cosa mi
impedisce da buttarla fuori da questo istituto sedutastante?"
Lance
si schiarì la gola e sostenne il suo sguardo con una certa
fermezza, come avesse un asso nella manica da poter sfoderare proprio
in quel momento. Tuttavia la sua risposta fu abbastanza deludente.
"Non
ne ho idea, me lo dica lei" disse infatti, corrugando la fronte.
Già...
perché siamo ancora qui a parlarne?
"No,
me lo dica lei" ribatté Agravaine, sfoggiando la sua
stessa identica espressione guardinga.
"Guardi,
le giuro, proprio non lo so. Me lo dica lei!"
"Oh
per l'amor del cielo..." biascicò nel mentre Gwen,
scuotendo miseramente la testa.
Il
Rettore sedette di nuovo composto ed incrociò le mani sulla
scrivania, con sguardo improvvisamente greve. Soppesò entrambi
gli studenti per degli attimi che parvero infiniti, durante i quali
la riccia torturò l'orlo della sua gonna ancora maledettamente
troppo corta.
"Glielo
dico, Signor Lake. Lei non verrà espulso"
A
Lance quella notizia fece andare di traverso la quarta caramella.
Cominciò a tossire come un disperato e le guance si fecero ben
presto violacee. Presa dal panico, Gwen si alzò in piedi e
cominciò a battergli una mano sulla schiena.
"Oh
Dio, Lance, respira, ti prego, mandala giù! Oh mio... Lance!
Lance! Preside la prego, faccia qualcosa! Chiami qualcuno, gli dia
dell'acqua!"
Continuando
ad agitarsi sempre di più, con Lancelot oramai prossimo alla
morte tra le braccia, non poté notare che Agravaine aveva
arrotolato le maniche della camicia sin sui gomiti; registrò
la sua presenza solo quando lo vide apparire alle spalle del suo
ragazzo. Il Rettore circondò con le braccia il petto dello
studente e facendo delle forti pressioni, dopo pochi tentativi riuscì
a fargli sputare fuori la caramella, che come un proiettile puntò
verso la finestra, rompendone il vetro. Lance prese un respiro così
profondo che parve essere appena risorto dalle acque di Avalon e
Gwen, con le lacrime agli occhi, lo abbracciò di slancio.
"Metterò
in conto anche quella, Signor Lake" commentò serenamente
il Rettore, tornando al suo posto, ma lasciando le maniche della
camicia sopra i gomiti. Gettò una breve occhiata alla
finestra, per valutare l'entità dei danni. Intanto Lancelot si
era letteralmente accasciato sulla sedia e poco lucidamente,
ricambiava l'abbraccio soffocante di Gwen.
Mi...
mi ha salvato la vita! Non sarò espulso e... e mi ha salvato
la vita! Sono su Candid Camera?
"Ora
le dirò chiaramente che cosa voglio da lei, Lake"
La
voce dell'uomo calamitò completamente la sua attenzione.
Spostò la sua ragazza da un lato, che ci rimase un po' male e
si sporse verso il Rettore.
"Qualsiasi
cosa!" esclamò, con rinnovata convinzione: scampare alla
morte ci rende tutti persone migliori. "Farò qualsiasi
cosa!"
Agravaine
stese le labbra in un sorriso soddisfatto e tornò a guardarli
entrambi come fossero stati sempre quei due famosi vecchi amici sopra
citati.
*
Per
l'ennesima volta, Morgana cercò di riprendersi il suo
cellulare, ma Mordred era maledettamente svelto e sfuggì dalle
sue grinfie senza troppe difficoltà.
"Duirvir,
sto perdendo la pazienza!" ringhiò lei, continuando a
trotterellargli dietro, "Ridammelo! Hai superato ogni limite!"
Il
ragazzo, senza neanche guardarla, continuò a digitare chissà
che cosa sul telefono e si voltò di scatto nel momento in cui
Morgana, dopo aver accelerato per superarlo, ebbe allungato ancora le
mani verso di lui per riprendersi ciò che era suo.
"Se
ti calmi due secondi riesco anche a salvarlo" commentò
lui, corrugando la fronte un po' infastidito: i dispositivi touch
erano già difficili da gestire di per sé, se poi non
aveva neanche la libertà di scrivere stando fermo, la
questione si complicava. Cancellò una serie di lettere che
aveva digitato per sbaglio e Morgana iniziò a girargli attorno
come un serpente, con una tenacia davvero fuori dal comune.
"Due
secondi un cavolo! Guarda che ti faccio picchiare di nuovo da mio
fratello! Che cosa diavolo pensi di fare con il mio cellulare?!"
Mordred
neanche la degnò di una risposta e con un sorriso soddisfatto,
alzò il braccio in aria per evitare che la ragazza toccasse il
telefono; si voltò finalmente verso di lei e la guardò
con una gioia così innocente che non avrebbe potuto essere
nient'altro che diabolica.
"Adesso
che hai il mio numero in rubrica posso farmi uno squillo, così
avrò il tuo!"
I
tentativi di Morgana di riprendersi il suo cellulare aumentarono a
dismisura, tant'è che cercò letteralmente di
arrampicarsi su Mordred saltellando: nonostante fosse alta per essere
una ragazza, quello riuscì bene a tenere il dispositivo fuori
dalla sua portata. Tra una spinta e l'altra alla lottatore di sumo,
con sommo orrore di Pendragon Femmina, la suoneria del telefono di
Mordred interruppe i loro bisticci.
"Prendere
il mio numero usando questi mezzucci, ti facevo più di classe
Duirvir!" esclamò con tono di voce vibrante di
insofferenza; lo spinse di nuovo con entrambe le mani e Mordred
indietreggiò senza opporre resistenza, facendo anzi il gesto
di restituirle il cellulare.
"In
amore ed in guerra è tutto valido, Banshee. Considerando che
qui le due cose si sono un bel po' mischiate, devo improvvisare!"
E
fortunatamente sono davvero molto creativo.
"Ah
certo, ed è così che pensi di vincere
la guerra"
rispose lei, calcando con estremo sarcasmo le ultime due parole, "Mi
sa che ti sfugge qualcosa sulla buona riuscita dei rapporti
interpersonali!"
Quando
Morgana si riprese il telefono con un gesto stizzito, Mordred infilò
le mani nelle tasche dei jeans e rise con semplicità.
"Tu
che parli di rapporti interpersonali: non sapevo fossi amante delle
barzellette... Non che non possa imparare ad apprezzare anche
questo..." ammiccò con sfacciataggine, per il puro e
palese gusto di provocarla (e per provocare Pendragon Femmina,
bastava indispettirla).
Poi,
la situazione si ribaltò.
Se
prima era stato Mordred ad aver indietreggiato, costretto dalla
spinta che aveva ricevuto, adesso era Morgana quella a doverlo fare.
Mano
a mano che Duirvir le si avvicinava con dei passi dalla studiata
tranquillità, la ragazza si preoccupava di mantenere una certa
distanza tra loro e non lo perse di vista un attimo; odiava quel
sorriso particolare di Mordred, di chi sapeva che cosa stava
accadendo.
Duirvir
pareva qualcuno che stava vedendo andare le cose esattamente come
voleva lui.
Morgana
era troppo intelligente per non accorgersene, ma per una maniaca del
controllo quale era lei, la cosa non poteva certo farle piacere.
Senza contare il fatto che (sì, almeno
quello aveva dovuto ammetterlo), Mordred esercitava una certa
influenza su di lei, altrimenti non si spiegava per quale diavolo di
motivo riuscisse a farla ammutolire ogni tre per due.
L'orgoglio
di Pendragon Femmina aveva ricevuto un brusco colpo da quella segreta
ammissione, ma come sempre, era intenzionata ad affrontare le sfide a
testa alta. Mordred avrebbe anche potuto farla sentire in soggezione,
ma non avrebbe mai potuto intimidirla.
Piuttosto
che finire così, rinuncerei ad una vita di potere e gloria per
andare a fare l'eremita in un convento tibetano. Basta che non mi
rasano a zero. Potrei uccidere per i miei capelli. Ed a quel punto
l'eremita andrei a farla nel Sutton(1).
Persa
nelle sue comuni elucubrazioni mentali, passò in una
situazione di netto svantaggio in brevi istanti: Mordred non solo
l'aveva raggiunta, ma aveva afferrato una ciocca dei suoi capelli e
l'aveva arrotolata attorno all'indice.
"Morgana
Pendragon che si fa prendere di sorpresa... cominci a perdere colpi?"
mormorò, odiosamente.
Con
il volto improvvisamente caldo per l'imbarazzo di essersi lasciata
rimbeccare così facilmente, schiaffeggiò via la mano di
Mordred e si allontanò senza aggiungere una parola.
L'aveva
ammutolita di nuovo.
*
Arthur
si girò dall'altro lato e ficcò la testa sotto il
cuscino, ignorando con una volontà eccezionale la grigia luce
mattutina che filtrava oltre le tende leggere. Si avvolse nel
piumone come un bozzolo e restò immobile peggio di una mummia.
In
quello splendido giorno, non aveva lezione sino al pomeriggio e se ci
fosse stato suo padre, sicuramente l'avrebbe buttato giù dal
letto a calci nel sedere per costringerlo ad allenarsi al campo di
tiro, ma francamente Arthur non si sentiva proprio in vena. Era
andato a dormire con la luna storta e quella mattina si era svegliato
con una voglia di fare pari a quella di un invertebrato.
E
poi, diciamocelo: lui ed il letto avevano sempre avuto un rapporto
molto speciale. Erano fatti per stare insieme!
Il
cellulare cominciò a squillare di nuovo e da sotto l'accumulo
di coperte, Arthur emise un lamento d'oltretomba: era circa la decima
volta che Morgana cercava di chiamarlo, ma non aveva la minima
intenzione di rispondere.
Però
non posso spegnere il cellulare, perché se lo spengo va a
finire che quella piaga viene fino a qui per controllare di persona
dove sono finito.
Se
proprio vogliamo essere precisi fino in fondo, c'erano anche altri
motivi per i quali Pendragon Maschio non intendeva dare udienza alla
sorella Pendragon Femmina; uno di quei motivi, era l'argomento Emrys.
Arthur sapeva che chiedere a Morgana di farsi gli affari suoi era
come chiedere all'umanità di non fare la guerra, di
conseguenza sapeva anche perché sua sorella continuasse a
chiamarlo così insistentemente: voleva sapere.
Se
c'era una cosa però che Arthur poteva fare, era mettere la
vibrazione al suo stupido telefono; fu proprio così che andò
a finire: fece emergere un solo braccio oltre il bordo del piumone,
tastò poi a casaccio il comodino e dopo qualche buffo
tentativo trovò l'oggetto delle sue ricerche.
Emrys
aveva bisogno di tempo.
Sì,
ma quanto? Non ha quantificato. Avrebbe potuto fare almeno questo,
così avrei potuto, che ne so, organizzarmi.
Emrys
aveva bisogno di tempo ed a lui questa cosa dava un fastidio
tremendo.
Con
uno sbuffo si girò nuovamente, incapace di stare a lungo fermo
in una sola posizione. Ripensò a quando aveva detto a Merlin
di lasciarlo da solo ed ammise che se i ruoli fossero stati invertiti
(come stava in effetti accadendo), probabilmente avrebbe dato in
escandescenza. Merlin invece aveva abbozzato in silenzio, piuttosto
che mandarlo al diavolo era rimasto zitto ed aveva rispettato il suo
bisogno.
Questa
cosa lo faceva sentire un emerito imbecille: provava a comportarsi da
persona adulta, sul serio, ma non poteva farci niente se l'idea che
Emrys lo stesse evitando gli urtava da morire!
Tirò
fuori la testa da sotto il cuscino ed il cellulare, incastrato nella
federa, cominciò a vibrare; Arthur incrociò le braccia
sul petto e fissò con un certo astio gli occhi azzurri sul
soffitto.
Durante
la notte era sceso a patti con un dato di fatto: Merlin condizionava
il suo umore, per vie oscure e misteriose certo, fatto sta che lo
faceva. Come ci riusciva?
E'
più complicato del cubo di Rubik quello. C'è qualcosa
in lui... e devo sapere che cos'è.
Ultimamente
la sua vita era costellata da parecchi punti interrogativi, ma era
più che intenzionato a dissiparne alcuni; come aveva detto sua
sorella infatti, se c'era una situazione che poteva risolvere subito,
era proprio quella che si era creata con Merlin.
La
faccenda della ragazza in verde non aveva avuto nessuno sviluppo
utile e davvero, non sapeva più che cosa fare. Non è
che l'idea di starsene fermo ad aspettare gli facesse fare i salti di
gioia, ma al momento non poteva comportarsi diversamente.
Accantonando quindi per un tempo imprecisato quell'obbiettivo, se
n'era prefissato un altro: capire come dover interpretare Emrys.
Il
cellulare smise di fargli vibrare anche quel poco di cervello che
aveva e lui si mise a pancia sotto, con una gamba che sbucava fuori
dalle coperte, oltre il bordo del materasso.
Un'altra
cosa su cui Morgana aveva avuto ragione, era che suo fratello
ripensava per davvero alle cose come i cornuti: difatti, dopo che gli
era stato fatto notare come Merlin fosse stato disposto ad aiutarlo
in ogni modo possibile, aveva cominciato a chiedersi perché
l'avesse fatto.
Se
avesse chiesto a me una cosa così... probabilmente gli avrei
riso in faccia.
Adocchiando
i cassetti del comodino senza vederli realmente, piegò le
labbra verso il basso, mettendo su un broncio da principe viziato; in
pratica aveva appena ammesso che avrebbe riso in faccia ad un
ipotetico se stesso.
In
che posizione mi mette questa cosa?
Di
certo in quella di un asino babbeo, avrebbe detto Morgana. O forse
no, forse l'avrebbe detto Merlin.
La
compagnia di Merlin gli piaceva. Lo trovava divertente, sincero e
maledettamente altruista. Era il tipo di persona che avrebbe voluto
accanto nella vita, tra la stretta cerchia di persone di cui si
fidava sul serio. A pelle, avrebbe scommesso una mano su quel
ragazzo: non sapeva come, ma era certo che avrebbe sempre potuto
contare su di lui.
Quella
completa dimostrazione di fiducia lo fece ridere con un certo
scetticismo, non poteva credere di averlo pensato sul serio.
Poteva
permettere di lasciarsi sfuggire qualcuno di cui aveva una così
alta opinione senza nessuna ragione apparente? Qualcuno che gli era
entrato nella testa in così breve tempo?
Qualcosa
doveva pur significare...
La
risata si spense sul suo volto, che mutò i lineamenti dubbiosi
in qualcosa di più serio e reale.
Posso
lasciare che accada? Posso dargli i suoi spazi? Posso rischiare che
il suo cervello complessato lavori nel modo sbagliato?
No,
decise quella parte di lui nella quale risiedeva il Pendragon
d'azione, mentre calciava via le coperte come fossero diventate
improvvisamente un pericoloso impedimento. No che non poteva
permetterselo!
*
Merlin
ci provò a non ridere, sul serio, ma guardare la sua faccia
senza poter cedere neanche due secondi era un'impresa fuori dalla
portata di qualsiasi essere umano.
E
fino a prova contraria io sono noiosamente umano. Quindi riderò.
Riderò un sacco!
Quando
cedette, Gwen roteò gli occhi verso il cielo e Lancelot
sopportò in eroico silenzio, ben conscio che tutto avrebbe
potuto fare tranne che lamentarsi. Gli era andata anche troppo bene!
Erano
tutti e tre seduti in aula, ad una delle poche lezioni che avevano in
comune e stavano attendendo l'arrivo del professore. Non appena li
aveva visti entrare, Merlin si era fatto notare e li aveva invitati a
raggiungerlo; adesso lui stava in mezzo, alla destra c'era Gwen (in
quanto futuro bastone della sua vecchiaia era quello il posto che le
spettava) ed alla sua sinistra si trovava un mogissimo Lancelot.
Con
un sospiro piuttosto sereno, Merlin batté una pacca sulla
schiena dell'amico e sorrise.
"Su
con la vita! Non è la fine del mondo, vedrai che riuscirai a
fare entrambe le cose! Io e Gwen ti aiuteremo!" commentò,
dopo che ebbe calmato gli spasmi dovuti alle risa. Appoggiò un
gomito sul tavolo e scambiò uno sguardo di intesa con la
ragazza in questione, che annuì con aria davvero comprensiva.
"Io
ti aiuterò a preparare gli esami e Merlin la tesi, va bene?"
disse lei, carezzando con gentilezza i riccioli scuri del suo
ragazzo.
"Perché
io devo aiutarlo a preparare la tesi?" intervenne l'altro, con
un punto interrogativo al posto della faccia.
"Perché...
beh tu sei talmente organizzato che non ti verrà difficile
preparare sia la tua tesi che aiutarlo a fare la sua. A volte fai
talmente tante cose insieme in così poco tempo che se non ti
conoscessi, penserei che hai qualche potere magico di cui non mi hai
detto niente!"
Merlin
sorrise con quella sua classica scintilla di furbizia in fondo agli
occhi azzurri e si lasciò abbindolare da quel complimento.
"Lance,
stavi dicendo qualcosa prima che..."
"Prima
che tu iniziassi a ridere, intendi?"
Merlin
morse l'interno della guancia in religioso silenzio, ma le labbra
tentarono già di arricciarsi un'altra volta. Lancelot sospirò
pazientemente ed afferrò una mano di Gwen con le sue, giocando
distrattamente con le dita.
"L'università
è a corto di fondi..."
"A
corto di fondi?" lo interruppe di nuovo Emrys, con sferzante
ironia, "Ma se tre quarti degli studenti provengono da famiglie
quasi a livello di quella di Pendragon! Con tutte le donazioni che
riceve, come fa il college a non avere fondi?"
"Non
saprei dire" intervenne Gwen, con un mezzo sorriso sarcastico
sulle belle labbra, "Ma l'arredamento nuovo di zecca
dell'ufficio del Rettore, sembra essere costato parecchie migliaia di
sterline..."
Lancelot
le lanciò un'occhiata pensierosa, ma non commentò
quella frecciatina. Era terrorizzato! Aveva paura che se avesse detto
una qualsiasi cosa negativa nei confronti del Rettore, una catastrofe
senza precedenti si sarebbe abbattuta su di lui senza pietà (e
lui di precedenti ne aveva un sacco, eh). Si limitò a
sospirare di nuovo ed osservò le unghie pulite e rotonde di
Gwen con aria abbattuta.
"Non
so come faccia a non avere fondi, fatto sta che per risparmiare il
Rettore ha deciso che non ci avrebbe espulso solamente se mi fossi
preso l'incarico di riparare la serra a mie spese, manodopera
inclusa"
E
se spendo troppo, poi sarò costretto a fare il prostituto se
davvero voglio riuscire a sposare Gwen per la fine dell'anno.
"Sì,
quello l'avevo capito" rispose Merlin, incrociando le braccia
sul tavolo, "Ma... hai mai riparato una serra?"
"Oggi
pomeriggio mi devo vedere con il guardiano... Spero mi dica lui da
dove diavolo dovrei iniziare"
"Quello
stesso guardiano che ha come animale domestico quella specie di
bestia infernale che ti ha azzannato il sedere per ben due volte?"
Lo
sguardo sconsolato di Lancelot bastò a Merlin per ricominciare
a ridere senza ritegno. Allungando un braccio, Gwen gli diede un
colpetto sulla spalla come rimprovero, ma la sua facciata durò
ben poco: alla fine si misero a ridere tutti e due.
Quando
il professore entrò, cercarono di ricomporsi il più
velocemente possibile e ad un certo punto, Gwen si chinò verso
una delle parabole che Merlin aveva al posto delle orecchie e parlò
con un tono piuttosto serio.
"A
fine lezione dobbiamo fare una chiacchierata io e te, lo sai?"
Merlin
inspirò, puntando gli occhi verso la lavagna appesa alle mura
di pietra all'altro capo dell'aula.
"Gwen,
sto bene" sussurrò di rimando, aprendo il quaderno degli
appunti, armato già di penna dalla punta a sfera, "E non
ne voglio parlare"
"Meno
male che stai bene" replicò lei con scetticismo, "E'
per questo che non ne vuoi parlare. Perché stai bene!"
"Infatti!"
si intestardì, arraffando il quaderno di Lancelot per
controllare, come faceva sempre, i suoi appunti con quelli degli
altri, "Non parlarne mi fa stare bene!"
"Ti
piacerebbe cavartela così!"
"Se
sei mia amica allora non-"
"Non
cominciare con la storia se
sei mia amica.
Dopo di quello viene specchio
riflesso e
con
te non ci gioco più!
Con me non attacca!"
"Gwen!
Quando vorrò farlo, sarai la prima a sapere cosa ho deciso!"
"Cosa?!"
lei gli afferrò il braccio, gli occhi grandi di stupore e sete
di sapere, "Hai preso una decisione senza neanche dirmi che
stavi prendendo una decisione?!
Merlin!"
"Emh
emh...
Miss Taibhse, Mr Emrys... vi sono grato per il fatto che vi impegnate
così alacremente a mantenere i toni della vostra conversazione
sotto i trenta decibel, ma la sfortuna vuole che io sia dotato di un
udito finissimo. Gradirei quindi ricevere una certa attenzione,
durante le mie lezioni"
Al
richiamo del professore, tutta l'aula si voltò verso di loro;
Merlin aveva le orecchie completamente viola e teneva lo sguardo
basso, guardando forse lo stesso esatto punto che stava guardando
Gwen, con l'unica differenza che lei aveva solo le guance tendenti al
viola.
A
proposito di specchio riflesso... mi sembra di essere tornato alle
superiori! Voglio ingoiare la penna e morire in silenzio...
*
Morgana
si massaggiò le tempie con le dita, dopo aver puntellato i
gomiti sul tavolo della biblioteca. Lanciò un'occhiata
piuttosto obliqua a Mordred che le sedeva di fronte e strinse le
labbra, facendole diventare un'unica linea sottile. Lei odiava avere
mal di testa e se c'era qualcuno che avrebbe dovuto prendersi la
colpa del suo stato, quello era proprio Duirvir!
Come
richiamato da un'aura mefistofelica ed oscura, Mordred alzò i
suoi occhi dal libro di simbologia che stava leggendo ed incontrò
quelli di Morgana, che non provò neanche a fingere di
distogliere lo sguardo con casualità, anzi: se possibile,
intensificò ancora di più le ondate di negatività
che a secchiate, cercava di gettare su quel povero, disgraziato
quasi-innocente.
"Ci
stai ancora pensando?" domandò lui con semplicità,
mettendo il tappo all'evidenziatore azzurro per evitare di
macchiarsi.
"Si
vede sai, che non te ne frega niente. Che non provi neanche il minimo
senso di colpa"
Mordred
sorrise ed incrociò le dita sul libro, stringendosi con
leggerezza nelle spalle.
"Ma
io volevo
prendere il tuo numero. Perché dovrei sentirmi in colpa per
una cosa che ho fatto proprio perché volevo farla?"
"Non
mi riferisco a quello" sbuffò Morgana, lasciando cadere
la matita tra la piega centrale delle pagine. Tirò indietro i
capelli mossi e scuri dal viso ed avvicinò la borsa,
cominciando a cercare qualcosa. Mordred continuò a guardarla
in silenzio, non avendo la più pallida idea di cosa stesse
parlando; poi, dopo qualche istante, Morgana gli schiaffò
sotto al naso una bustina chiusa di antidolorifico.
"Stai
male?" domandò il ragazzo, corrugando la fronte.
Lei
gli rivolse un sorriso di falsa cortesia ed aprendo il medicinale, lo
ingoiò senza neanche un po' di acqua.
"Non
ti posso nascondere proprio niente" ribatté quindi con
evidente sarcasmo, accartocciando la bustina vuota.
"E
perché dovrei sentirmi in colpa?"
"Perché
se non mi avessi mandato all'incirca trenta o quaranta messaggi tutti
di fila, a quest'ora sarei molto più serena di così. E
non avrei il mal di testa!"
Mordred
arcuò le sopracciglia con aria perplessa: "Beh, ma ho
dovuto farlo! Ai primi cinque mi hai risposto che non avresti mai e
poi mai accettato di studiare con me. Agli altri trentacinque non hai
risposto e basta. Non mi hai lasciato alternativa, l'unica cosa
rimasta da fare era portarti all'esasperazione. Ed ha funzionato, mi
sembra. Sei qui no?"
Morgana
avrebbe voluto arrabbiarsi, sul serio, ma Mordred le aveva fatto
ribollire il sangue talmente tante di quelle volte che una specie di
esasperazione da martire aveva iniziato a farsi strada oltre le manie
omicide che quel ragazzo le ispirava. Lo guardò per dei lunghi
istanti, prima di sospirare e tornare a dedicarsi allo studio.
"E
poi senti chi parla!" rincarò lui, accompagnando una
risatina scettica alle parole, "Quella che stamattina ha
tormentato il fratello..."
Morgana
alzò la testa di colpo e lo guardò completamente
basita.
"E
tu come lo sai?!"
"L'ho
incontrato mentre venivo qui. Mi ha chiesto se gentilmente potevo
tenerti ad una certa distanza di sicurezza da lui. Quando ho chiesto
il perché, mi ha solo detto che entro la fine della giornata
gli avresti fatto esplodere il cellulare. Ho fatto due più
due"
Pendragon
Femmina schiuse le labbra con aria piuttosto babbea e Mordred le
sorrise fascinoso ed innocentemente demoniaco come al solito.
"Che
altro ti ha detto?!" scattò Morgana, alzandosi in piedi
con evidente impazienza.
Mordred
alzò il viso verso di lei ed inarcò le sopracciglia.
"Niente"
rispose con tranquillità, "E so esattamente cosa stai per
fare. Per questo, ti dico che secondo me non è una buona idea"
"Quando
vorrò il tuo parere te lo farò sapere" il tono
sferzante di Morgana accompagnò i gesti frettolosi che compì
nel rimettere tutto a posto dentro la borsa. Voleva trovare suo
fratello, riempirlo di botte, costringerlo a rispondere alle sue
domande e poi picchiarlo di nuovo. Il tutto in quella sequenza.
Come
osa ignorare le mie telefonate e chiedere a Duirvir di tenermi
lontana da lui? Arthur Pendragon, potrai scappare a quel fesso di tuo
padre, che è anche il mio, ma non sfuggirai mai a me!
Mordred
si alzò in piedi a sua volta e chiuse il libro, prima di
incrociare le braccia contro il petto.
"D'accordo,
forse non vorrai il mio parere, ma il mio aiuto potrebbe farti
comodo..."
Morgana
lo guardò con aria scettica, i suoi occhi acquamarina stavano
praticamente chiedendo aiutarmi?
Tu? E come pensi di fare?
Il
moro sorrise pazientemente a quello sguardo di sfiducia e si strinse
con nonchalance nelle spalle.
"Se
tuo fratello ti sta evitando, andarlo a cercare in ogni caso dubito
che gli farà venire voglia di parlare, qualsiasi cosa tu
voglia sapere. Se vuoi, posso provare a parlarci io..."
Lei
lo osservò in silenzio, afferrando il labbro inferiore con i
denti. Un'idea iniziò a farsi strada nella sua mente... E se
l'avesse messo alla prova? Se avesse potuto approfittarne per capire?
Devo
sapere se posso fidarmi di qualcuno che ha tutta questa influenza sul
mio umore. Il segreto è imbrogliare prima di essere
imbrogliati.
Mordred
corrugò la fronte, incredibilmente avvertì una sorta di
disagio sotto lo sguardo attento e penetrante di Morgana. Non
ricordava di essere mai stato guardato così profondamente, di
certo non da lei. Con una sorta di silenzioso imbarazzo, cercò
di scacciare via un tipo di pensiero che non era certo abituato a
fare e che lo fece sentire un po' sciocco ed infantile.
Vorrei
che mi guardasse sempre così. Che vedesse solo me.
"E'
una questione complicata" esordì Morgana, strappandolo
dai suoi stessi desideri, "Ti annoierei soltanto"
"Puoi
lasciarlo giudicare a me?" le chiese, abbozzando un sorriso un
po' titubante. Le sembrava combattuta.
Lei
si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo: "So che Emrys
conosce l'identità della ragazza dal vestito verde e voglio
sapere se Arthur ha già parlato con lui. Solo che... Emrys mi
ha promesso che sarebbe stato lui a dirglielo, quindi mio fratello
non sa ancora che... che Emrys sa. Tra l'altro, non mi ha voluto
neanche dire chi è, quindi non posso andare da Arthur e
raccontargli ciò che so! D'altra parte Emrys è mio
amico e non farei mai qualcosa che non vuole. Mordred, mio fratello
mi crede completamente fuori da questa faccenda. Lo sto dicendo solo
a te!
Se
sapesse che gli ho tenuta nascosta una cosa così..."
Appunto.
Sono proprio curiosa di vedere se lo verrà a sapere. Magari
proprio da te, Duirvir. Vediamo quanto li sai tenere i segreti.
"Quindi
vuoi parlare con Arthur e capire per vie traverse se ha scoperto
qualcosa..." intervenne Mordred, completamente a suo agio,
nonostante lo scoop (semi falso) appena ricevuto. Lei raggrumò
le labbra, vedere un po' di stupore su quella faccia da angelo con il
forcone non le sarebbe dispiaciuto.
Ma
questo qui il controllo lo perde solo quando gli pare? Non c'è
gusto... Nemmeno la soddisfazione del gossip!
Pendragon
Femmina si ritrovò suo malgrado ad annuire ed a quel punto,
l'altro sfregò i palmi delle mani con aria pratica.
"Bene,
allora vado ad indagare!" esordì, raccattando le sue cose
con aria giuliva, "E quando avrò scoperto qualcosa ti
chiamerò, quindi farai bene a rispondere Banshee!"
"Piantala
di chiamarmi Banshee!"
"Hai
quasi ringhiato. Se fai così, sarà difficile far morire
questa mia abitudine, che è comune a quella di più
della metà del college, lo sai?"
"Ho
anche io i miei metodi!"
Mordred
si abbassò di scatto ed il libro che Morgana gli aveva tirato
contro, volò oltre la sua testa.
"Mh...
piuttosto brutale..." commentò placido il bersaglio
appena scampato al trauma cranico, tirandosi su. "Mi piace!"
A
quel punto, fu costretto a catapultarsi fuori dalla biblioteca,
perché Morgana aveva iniziato a sollevare una delle sedie del
tavolo.
Quella
potrei avere qualche difficoltà ad evitarla.
Quindo
uscì fuori con l'ombra di una risata sulle labbra, nel lasciar
vagare lo sguardo non poté credere alla sua fortuna sfacciata:
quasi alla fine del corridoio, affacciato ad una delle finestre che
stavano davanti l'aula di mitologia moderna, c'era un pensieroso
Arthur Pendragon. Mordred capì che il ragazzo stava osservando
qualcosa, perché teneva gli occhi azzurri fissi in un punto
verso il basso del cortile interno. Cercando di cucirsi addosso
un'aria innocente e casuale, il moro appiattì i capelli sulla
fronte e si diresse verso l'amico con un'andatura da lemure.
L'arte
dell'improvvisazione, volume I, di Mordred Duirvir.
"Ehilà,
Pendragon!" esordì, spintonandolo un po' per farsi spazio
con i gomiti sul davanzale della finestra, "Cos'è
quell'aria funebre?"
Seguì
la direzione dello sguardo di Arthur e vide, seduti su una delle
panchine attorno alla fontana, le tre famose grazie, il trio delle
meraviglie dopo Harry Potter & Co.: Merlin, Gwen e Lancelot; da
come se la ridevano, dovevano star bighellonando alla grande.
Pendragon
Maschio sospirò e raggrumò le labbra con stizza.
"Mantieni
le distanze" disse, con voce monocorde, "Non vorrei ci
facessero un'altra foto equivoca"
Mordred
sporse il labbro inferiore e lo guardò come fosse stato appena
bastonato.
"Ma
come! Ed io che ero venuto per sbaciucchiarti un pochettino..."
Arthur
gli regalò un'occhiataccia, simile a quelle della sorella, ma
continuò a tenere la guancia mollemente affondata nel palmo
della mano.
"Come
mai non sei in giro con quel secchio(3) di Emrys come al solito?"
continuò imperterrito Mordred, osservando il suddetto
interessato con una certa curiosità negli occhi.
"Non
mi avevi detto di mollare la presa con la faccenda della ragazza in
verde?" replicò a quel punto Arthur, piuttosto sulle sue.
Mordred lo guardò senza capire.
"Sì
che te l'ho detto, ma questo che c'entra? Frequenti Emrys solo per
andare a caccia di ragazze? Pensavo foste amici..."
Arthur
accusò la frecciatina in silenzio e si sentì in colpa
ancora un po' di più. Dal giorno prima a dire il vero, non
aveva smesso un attimo di sentirsi un imbecille.
Stamattina
sono uscito per risolvere la faccenda ma ancora non ho concluso
niente. E se dovesse mandarmi via di nuovo? Beh a quel punto credo
che dovrò ricorrere al sequestro di persona. Una volta portato
in un posto sicuro, gli farò vedere talmente tante diapositive
di me che finirà per dimenticare tutto ciò che ho detto
e vorrà diventare il mio migliore amico. Sì, il
lavaggio del cervello mi sembra la soluzione più pratica.
Sbatté
le palpebre, quando vide una mano sventolare davanti alla sua faccia.
Sembrando un po' smarrito, si voltò verso Mordred.
"Che
ne so" esordì quello, stringendosi nelle spalle,
"Sembravi esserti incantato! A che pensavi?"
"A
niente" rispose frettolosamente il biondo, alzando le braccia
verso l'altro per stiracchiarsi un po'.
Ok,
adesso vado giù e gli impongo la mia presenza. Se si alzerà,
io lo seguirò. Se mi accuserà di non avere rispetto per
i suoi desideri, me ne fregherò altamente. Regola numero
quattro del buon stratega: quando la situazione si fa critica, fotti
la strategia. La preda non se lo aspetta.
"Ma
non è che per caso ci hai litigato?"
La
domanda di Mordred lo investì come una secchiata di acqua
fredda. Restò congelato nel movimento di abbassare le braccia
e voltò la testa verso di lui un po' troppo velocemente.
Mordred sorrise: beccato!
"Che
cosa te lo fa credere?!"
"Non
so... sei piuttosto reticente sull'argomento. Ho solo tirato ad
indovinare..."
Arthur
assottigliò le palpebre sugli occhi con sospetto.
"Abbiamo
discusso..." pronunciò lentamente, quasi temesse lo
scoppio improvviso di qualcosa ad ogni sua parola.
"Perché,
se posso chiederlo?"
"Perché
sono un imbecille Mordred!" la stizza fu chiaramente percepibile
ed Arthur si scostò dalla finestra, "Il terzo grado
finisce qui! Con il tuo permesso
vado a recuperare il secchio"
Graziato
da un pessimo inchino cavalleresco, Duirvir restò con i gomiti
poggiati sulla finestra e guardò l'altro allontanarsi da lui.
Pensieroso come ultimamente gli accadeva spesso, tornò a
prestare attenzione al trio seduto attorno alla fontana: Gwen e Lance
si erano alzati e dopo un paio di parole, si allontanarono da Emrys.
Se
Arthur avesse litigato con lui per la questione della ragazza, non si
sarebbe mai dato dell'imbecille. Quindi Emrys non gliel'ha ancora
detto...
Morgana
sarebbe stata molto contrariata dal sapere che a Mordred la lingua
non prudeva neanche un po'. Duirvir era un tipo piuttosto riservato,
che non amava immischiarsi nelle faccende altrui; si riteneva un
osservatore, ed era proprio grazie a quella sua qualità che
aveva capito come entrare tra le attenzioni di Morgana. Anche se
Arthur era suo amico, non avrebbe mai svelato un'informazione che
Emrys custodiva in silenzio per chissà quale ragione.
Se
non glielo dice sua sorella, non vedo perché dovrei farlo io.
Avrò anche un concetto sbagliato di amicizia, ma preferisco
starne fuori, grazie tante.
Non
aspettò di vedere sbucare Pendragon fuori dal portico, per
tornarsene in biblioteca e riferire ciò che aveva scoperto.
Sperò
che Morgana avesse rimesso giù la sedia da un pezzo.
*
Quando
Merlin vide Arthur dirigersi verso di lui a passo marziale, fu invaso
da due istinti primordiali ben diversi; il primo, gli suggerì
di alzarsi e darsela a gambe levate, il secondo gli impose di non
fare il babbeo ed al massimo di ignorare quell'ammasso di biondaggine
e cocciutaggine che andava cercando proprio lui. Con un sospiro
raccattò la sua borsa e si alzò lentamente in piedi,
restando fermo accanto alla panchina.
"Ciao
Merlin!" esordì Pendragon, mettendogli le mani sulle
spalle per ributtarlo giù seduto. Merlin sfarfallò le
ciglia con un certo stupore e lo osservò sedersi accanto a lui
in una posizione piuttosto svaccata.
"Hai
pensato?"
Il
moro schiuse la bocca, praticamente senza parole... infatti non
rispose. Arthur sbuffò roteando gli occhi verso il cielo e gli
propinò una leggera gomitata.
"Meglio
così" continuò quindi, guardando quella scura
testa arruffata con aria pensierosa, "Almeno non dovrò
riparare a nessun danno"
"Arthur...
di che stai parlando?" tentò Merlin, con una certa
cautela, corrugando la fronte carezzata da alcune ciocche nere.
Pendragon
Maschio circondò le sue spalle con un braccio ed assunse
l'atteggiamento di un uomo che cerca di spiegare a qualcuno i
significati più reconditi della vita umana.
"Vedi
Merlin... oggi ho capito che non posso lasciarti i tuoi spazi. Te sei
pericoloso quando pensi. Dovessi lasciarti da solo, prenderesti
sicuramente la decisione sbagliata!"
Se
possibile, gli occhi blu di Emrys diventarono ancora più
grandi.
"Scusa?!"
sbottò, senza mezzi termini, "E che intenderesti fare?
Pedinarmi come hai fatto con le studentesse sulla lista?"
Negli
occhi azzurri di Arthur balenò un improvviso lampo di
soddisfazione e Merlin seppe di avergli appena dato una pessima,
pessima idea.
Ma
perché mi scavo sempre la fossa da solo? Perché?!
"Non
mi hai spiegato perché non sei sicuro di voler essere mio
amico"
"Non
eravamo rimasti d'accordo che avremmo evitato le domande?"
"No,
tu eri rimasto d'accordo con te stesso che avremmo evitato le
domande. Non ho mai detto che l'avrei fatto"
Merlin
spostò il braccio di Arthur dalle sue spalle e si alzò
in piedi, sistemando la borsa su una spalla. Quando iniziò a
camminare verso i portici senza aver degnato il biondo di una singola
parola, quello scattò su come una molla e lo seguì,
incrociando le braccia dietro la testa.
"Non
fa niente se non parli sai, tanto non me ne vado" commentò
con leggerezza Pendragon Maschio, determinato più che mai a
capire cosa diavolo ci fosse sotto quella zazzera di capelli neri che
marciava davanti a lui. Merlin sospirò pesantemente,
protraendo il suo stoico silenzio sino a data da destinarsi; doveva
sapere però, che l'asino alle sue spalle quando decideva di
volere qualcosa, doveva ottenerla e basta. Non c'erano vie di mezzo,
per un Pendragon.
Trotterellando
un po' più in fretta, Arthur arrivò ad affiancarlo e si
sporse in avanti per guardarlo in faccia.
"Hai
detto che non sei sicuro di voler essere mio amico. Io ti ho detto
che è una reazione un po' esagerata e tu hai risposto che non
è questo il punto. Allora qual è?"
Merlin
finalmente lo guardò, ma solo perché era rimasto
completamente spiazzato dalla memoria da falco che aveva sfoggiato
Pendragon.
Si
ricorda solo quello che gli pare però!
Il
biondo iniziò a camminare all'indietro come i gamberi per
poter continuare a guardarlo, tenendo ancora le braccia incrociate
dietro la testa.
"Se
i dubbi non te li ha fatti venire quello che ti ho detto, e tra
l'altro mi sono anche scusato se non te lo ricordi, allora deve
essere stato qualcos'altro. Ho fatto qualcosa di cui non mi sono reso
conto?"
Merlin
strinse le labbra in una linea sottile ed inspirò
profondamente, mantenendo gli occhi puntati avanti a sé.
Non
cedere, non cedere, non cedere. Fai finta che non sia qui. E' una
mosca. Una piccola mosca ronzante e tu non parli con le mosche
Merlin, perché neanche loro parlano.
"O
forse ho detto qualcosa che non avrei dovuto... a parte quel giorno
al campo di tiro, si intende. Oh!"
Arthur
si fermò improvvisamente ed allungò una mano,
poggiandola sul petto di Merlin per bloccare anche lui. Lo costrinse
a guardarlo nel bel mezzo del corridoio, completamente incurante
degli altri studenti che passavano loro affianco, diretti forse ad
altre lezioni o chissà dove.
Emrys
poteva quasi sentire il calore delle dita di Arthur attraverso la
stoffa della maglia, lo poteva sentire diffondersi sulla sua pelle.
Una sorta di disagio esplose come una bolla di sapone dentro il suo
stomaco e sentì le orecchie scaldarsi.
"Sei
arrabbiato per la sera della festa?" domandò Pendragon,
scrutandolo con l'attenzione di chi non voleva lasciarsi sfuggire
nemmeno una smorfia.
Merlin
fu silenzioso come una tomba. Non si fidava di quello che avrebbe
potuto dire, ma c'era qualcosa che gli premeva nella gola e che
cercava di risalirla per uscire fuori. Sentì il proprio cuore
cominciare a battere più velocemente, come di solito faceva
quando stava per commettere qualcosa di molto, molto stupido, di cui
poi si sarebbe sicuramente pentito.
"E'
perché ho detto che era Freya, ad avere ragione?"
Di
colpo, Emrys afferrò con rabbia il polso di Arthur e quel
qualcosa che strusciava lungo la gola, finalmente uscì fuori.
"Sono
arrabbiato perché sei un cieco asino imbecille! Come,
dico, com'è possibile che tu ancora non abbia capito un
accidente!"
Arthur
guardò prima la mano di Merlin che lo stringeva con una forza
che non gli avrebbe mai attribuito, poi di nuovo lui.
"Che
cosa dovrei aver capito?" domandò con una voce sommessa,
sentendo che qualcosa di importante gli stava sfuggendo tra le dita
come l'acqua.
Merlin
rise seccamente e scacciò in malo modo la sua mano, compiendo
poi un passo indietro.
"Facile,
vero, quando le cose ti vengono sbattute in faccia. E per quanto in
questo momento vorrei farlo, non te la renderò così
semplice Arthur, mi dispiace. Se non l'hai ancora capito, significa
che non è destino"
Notando
la voglia che Merlin aveva di andarsene e lasciarlo di nuovo lì
come un povero idiota, Arthur disse la prima cosa che gli passò
per la testa.
"Non
è vero che non hai influenza su di me"
Il
moro rimase in silenzio e lo guardò con una tale rabbia
disillusa che sentì di dover continuare, perché oramai
il danno era fatto.
"Sei
tu che non capisci" proseguì allora, distogliendo lo
sguardo e passando con un gesto nervoso la mano tra i capelli, "Se
fosse stato vero non mi sarei arrabbiato così tanto. Nel
momento stesso in cui te l'ho detto, ho capito che era una bugia e
non so come diavolo ci riesci, Merlin, ma certe volte mi fai sentire
davvero un... cretino, oppure l'opposto, dipende da quello che mi
dici. Non lo vedi?" allargò le braccia in una sorta di
dichiarazione d'arresa e rise senza volerlo fare davvero; "Anche
adesso, il fatto che tu ce l'abbia con me ed il non sapere per quale
diavolo di motivo, mi manda ai pazzi. Non lo sopporto!" si
avvicinò di nuovo a lui e lo afferrò per le spalle con
una presa un po' prepotente. "Non
lo sopporto!"
Quell'inaspettata
vicinanza, congelò Merlin come una statua di granito.
Trattenne il respiro, ma trovò il coraggio di non abbassare lo
sguardo. L'ultima volta che si era trovato in quella situazione, era
finita con un bacio; quel pensiero scatenò nella sua memoria
una serie di immagini confuse risalenti a quel momento, il calore
sulle orecchie divenne anche più intenso ed Arthur le guardò
con una sorta di meravigliato interesse. Se le avesse toccate, le
avrebbe sentite bruciare?
"Perché
mi hai aiutato per tutto questo tempo?" chiese, appena in tempo
per sentirlo inghiottire con una certa difficoltà.
Poi
lo notò.(2)
Un
odore, non troppo forte, ma che attirò la sua attenzione.
Conosceva quell'odore, o almeno così credeva... l'aveva già
sentito? Se così era... dove?
Senza
rendersene nemmeno conto, spinto solo dall'istinto di
quell'intuizione, si sporse per accostare il volto ai capelli di
Merlin.
Lo
so, so di averlo già sentito. Ma quando?!
Non
riuscì neanche ad inspirare che il moro sgusciò via
come un'anguilla dalla sua presa e se la diede letteralmente a gambe
levate. Lance che correva inseguito da Attila in quel momento sarebbe
sembrato una lumaca, in confronto.
Arthur
restò completamente basito, con gli occhi grandi come palline
da golf incollati alla schiena dell'insospettabile flashboy.
Emrys
gli stava decisamente
nascondendo qualcosa.
*
"E
lui è lì adesso?"
Gwen
appoggiò un gomito sul tavolino e giocò con il cibo nel
piatto, stuzzicandolo con la forchetta. Annuì mestamente alla
domanda di Morgana ed infilzò un fagiolino, guardandolo con
scarso interesse. Erano arrivate un po' tardi in mensa e per quello,
erano davvero pochi i posti ancora occupati.
Morgana
prese il bicchiere con l'acqua e ne mandò giù un sorso,
allontanando il vassoio da sé; i residui di un'insalata mista
giacevano miseramente nel suo piatto.
"Pensi
che il custode lo aiuterà?" domandò ancora, prima
di essere interrotta dall'ennesima vibrazione del suo telefono. Gwen
lo adocchiò con una punta di curiosità e corrugò
la fronte.
"Si
può sapere chi è che ti sta mandando tutti questi
messaggi? Non fa altro che vibrare da quando ci siamo sedute"
commentò senza risultare infastidita, anzi: sembrava che
vedere Morgana così insofferente la divertisse un po'.
Pendragon Femmina pigiò velocemente alcuni tasti per
rispondere al messaggio e poi mostrò lo schermo all'amica:
smettila
di tormentarmi! c'era
scritto e Gwen arcuò le sopracciglia.
"Dici
che sono stata abbastanza esplicita?" chiese l'altra, prima di
premere l'invio e gettare il telefono nella borsa.
"Secondo
me più dei messaggi, ti dà fastidio che non abbia fatto
la spia con Arthur"
Morgana
la guardò con tanto d'occhi e Gwen stese le labbra in un
sorriso comprensivo; sapeva come dover trattare con certe psichi
distorte.
"Non
ti ho raccontato tutto soltanto per permetterti di fare sciocche ed
infondate congetture Gwen!"
La
riccia sospirò con leggerezza e mangiò una forchettata
di fagiolini, con l'aria di una che la sapeva lunga al riguardo.
"Non
sono sciocche ed infondate" rispose dopo aver mandato giù
il boccone, "E tu lo sai!" concluse, puntandole la
forchetta contro.
L'altra
roteò gli occhi verso il cielo ma non disse niente, iniziando
a rigirarsi tra le dita il bicchiere di plastica vuoto. Sapeva dove
Gwen voleva andare a parare, quindi era meglio lasciar cadere così
quel discorso. La sua coscienza rediviva bastava già da sola a
scombussolarle le idee.
Ma
prima o poi troverò il modo di ammazzarti, che ti credi. E'
solo questione di tempo gioia mia!
"Sai
perché Merlin e tuo fratello non si vedono più tanto
spesso insieme? E' colpa della foto che è stata messa in giro,
quella dove c'è anche Mordred?"
"Ma
come, non lo sai?" Morgana alzò gli occhi, piuttosto
stupita dal fatto che Gwen non fosse al corrente di qualcosa che
riguardava il suo amichetto del cuore.
"Merlin
non ne vuole parlare" rispose l'altra semplicemente,
stringendosi nelle spalle, "Ma di solito te sai sempre tutto,
quindi..."
"Credo
abbiano discusso, ma anche Arthur è stato molto criptico al
riguardo..."
Gwen
lasciò cadere la forchetta nel piatto e si stiracchiò
pigramente, prima di appoggiare la schiena contro la spalliera della
sedia.
"Morgana...
è Merlin la ragazza dal vestito verde" confessò ad
un certo punto, con uno sguardo maledettamente serio, "Lo so
perché me lo ha detto lui. L'ho incrociato la sera stessa che
è successo. Era fuori di sé dall'euforia"
Pendragon
Femmina restò in silenzio. Non aveva detto a nessuno di aver
scoperto la verità la sera del compleanno di Gwaine, ma aveva
ancora senso continuare a nascondere quello che sapeva? Strinse le
labbra tra loro e non rispose, limitandosi ad osservare il volto di
Gwen senza mostrare la minima traccia di sorpresa; a quel punto,
l'altra sembrò cogliere la verità tra le righe, tant'è
che schiuse le labbra senza poter reprimere un verso strozzato, di
completo sbigottimento.
"Tu
lo sai!"
esclamò, cercando di elaborare quella notizia e cosa avrebbe
potuto comportare; "Tu lo sai!" ripeté ancora, "Da
quanto?!"
"Da
un po'" si sentì rispondere la riccia, piuttosto
blandamente.
"E
non hai detto niente! Non ci posso credere! Dov'è Morgana e
chi sei tu?"
"Ehi,
per chi mi hai preso? Stiamo parlando di mio fratello e di un amico
qui, anche io a volte so pensare prima di fare la stronza, cosa
credi?"
Gwen
assottigliò le palpebre ed incrociò le braccia contro
il petto, scrutando gli occhi chiari della ragazza con estrema
attenzione.
Se
non l'ha detto deve averci sicuramente guadagnato qualcosa.
Nonostante
fosse convinta di quel pensiero, a parole diede ad intendere
tutt'altro.
"Sei
umana anche tu allora..."
Morgana
sbuffò con divertimento e scosse la testa.
"Perché
me lo stai dicendo?" domandò invece, cercando di capire
dove volesse andare a parare Gwen.
"Perché
non ne posso più di vedere Merlin sempre di malumore! Puoi
parlare con tuo fratello? Cercare di fargli capire... la faccenda?"
"Perché
non lo fai tu?"
"Perché
Merlin è il mio migliore amico e se venisse a sapere che ho
aperto bocca finirei tra gli impiccati di Paint, te lo posso
assicurare!"
"Emrys
disegna gente impiccata su Paint?"
"E'
un modo che ha per sfogare la sua frustrazione!"
"E
poi danno a me della disadattata..."
"Non
è questo il punto!"
Gwen
appoggiò i gomiti sul tavolino e si sporse verso di lei, con
due occhi vagamente supplicanti e dolciosi come quelli dei suoi
ventordici peluche (peluche per cui Morgana aveva sviluppato un
intimo disagio).
"Morgana...
per favore!"
Pendragon
Femmina accartocciò il bicchiere di plastica e lo gettò
sul vassoio con stizza.
"Partendo
dal fatto che Emrys è anche amico mio e per quanto possa
condividere i suoi propositi omicidi, non mi piacerebbe vedermi
riprodotta impiccata su Paint... Sappi che con Arthur ci ho già
parlato. Non esplicitamente, ma l'ho fatto. Non è colpa mia se
ho un fratello cieco come una talpa, ho cercato di indirizzarlo verso
Emrys, ma per ora non ha funzionato molto bene. Più di questo
non posso fare Gwen, non mi puoi chiedere di sbattergli in faccia le
cose come stanno. Non lo farò, per i tuoi stessi motivi! Io
non rischio solo l'impiccagione su Paint, ma anche nella vita reale,
perché mio fratello sa essere piuttosto rancoroso quando ci si
mette!"
Gwen
sospirò pesantemente ed abbassò la testa con aria
sconfitta; sentì Morgana prendere il vassoio ed alzarsi in
piedi, ma lei non si mosse.
"Mi
dispiace Gwen, sul serio. Ma ci ho provato e non posso fare più
di così!" concluse, allontanandosi dal tavolo per buttare
gli avanzi del pranzo. La mensa stava per chiudere, era ora di
ritornare a sgobbare sui libri.
Nonostante
le addette ai tavoli stessero iniziando a pulire la sala, la riccia
rimase seduta al tavolino e puntò lo sguardo fuori da una
delle finestre, guardando il cielo senza vederlo realmente.
Non
poteva lasciar perdere, che bastone della vecchiaia sarebbe stata se
l'avesse fatto? Anche se Merlin l'avesse odiata, doveva fare
qualcosa, in nome del bene che gli voleva! Si lasciò scappare
una risatina, al pensiero che tutto era cominciato da una stupida
scommessa che Merlin aveva perso... Era stato costretto ad indossare
uno degli abiti di Morgana e questo aveva scatenato una vera odissea!
Si
alzò in piedi di scatto, folgorata da un'improvvisa
illuminazione divina.
Il
club di rievocazioni storiche del quale Morgana faceva parte metteva
a disposizione di tutti gli studenti resoconti e fotografie, come
testimonianza degli eventi che avevano organizzato!
Come
ho fatto a non pensarci prima! Stupida, stupida Gwen!
Raccattando
in fretta e furia le sue cose, lasciò addirittura il vassoio
sul tavolo: adesso sapeva cosa doveva fare!
NOTE
DELL'AUTORE:
questo capitolo è stato un vero casino. C'erano così
tante cose che volevo dire ed ho avuto qualche problema di
organizzazione. Spero che il risultato sia abbastanza soddisfacente.
Ebbene, a questo punto posso dirvi che mancano solo due capitoli alla
fine. Siete felici? ù_ù Sappiate soltanto che il
tredicesimo sarà il più lungo mai pubblicato sino ad
ora (credo) e che sarà così pieno di demenzialità
che finirete per farmi causa, ve lo assicuro. Proprio a causa della
sua lunghezza, dovrete forse aspettare ancora di più del
solito per averlo. Mi vorrete bene comunque però, non è
vero? ç_ç Come al solito grazie a Ryta Holmes che beta
le mie bestialità, grazie a tutti i recensori pazzi, i lettori
silenziosi e quelli che approderanno qui in futuro. Aggiorno
piuttosto lentamente, è vero, ma almeno lo faccio u_u
guardiamo il lato positivo! Ecco le note, solo tre, ma una è
corposa e forse noiosa XD:
(1) Nel
Sutton, zona Surrey, c'è un penitenziario femminile.
(2) Ok
raga, qui c'è un po' da filosofeggiare. In questa occasione ho
voluto ricollegarmi un po' a Proust ed alla sua 'Alla ricerca del
tempo perduto'. Sorseggiando del tè con all'interno alcune
briciole di Madeleine, gli ritorna alla mente un episodio del suo
passato che aveva completamente dimenticato. Per chi voglia un po'
annoiarsi, cito testualmente: "La grande intuizione di Proust
fu, dunque, che l’olfatto e il gusto hanno un ruolo
fondamentale per la memoria e per il recupero dei ricordi. Nel 1911,
l’anno della madeleine appunto, gli scienziati non avevano
ancora idea di come i nostri sensi comunicassero all’interno
del cervello. Oggi le neuroscienze sanno che Proust aveva ragione. I
sensi dell’olfatto e del gusto sono quelli più
“sentimentali”, più soggettivi e meno
trasmissibili. Non è facile, infatti, descrivere a qualcun
altro il profumo di gelsomino o l’aroma del caffè,
perché si tratta di percezioni intime e difficilmente
condivisibili. Questo perché gusto e olfatto sono gli unici
due sensi direttamente collegati all’ippocampo, che guarda
caso, è il centro della memoria a lungo termine".
(3) Secchio è
semplicemente il diminutivo di secchione.
Tutto
questo per cercare di spiegarvi che non è così irreale
collegare un odore a qualcosa o qualcuno, accade più spesso di
quanto pensiamo, sopratutto se quell'odore è connesso a
qualcosa che ha lasciato il segno, che ne siamo consapevoli oppure
no. Ho cercato di rendervi l'intuizione di Pendragon Maschio meno
assurda possibile, per intenderci XD
Ciao
a tutti u_u
Asfo
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